POLCASTRO, Girolamo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 84 (2015)

POLCASTRO, Girolamo

Valentina Dal Cin

POLCASTRO, Girolamo. – Nacque a Padova il 30 aprile 1763 dal conte Sertorio, esponente di una famiglia aggregata al nobile Consiglio cittadino nel 1406 e confermata nel 1626, e da Caterina del conte Giovanni Battista Salvi, di famiglia aggregata al nobile Consiglio di Vicenza nel 1753. Ebbe due fratelli minori: Domenico, morto nel gennaio 1790, e Giovanni Battista, nato nel 1767, studioso di fisica e di chimica, morto celibe e senza prole il 30 settembre 1813.

Ebbe un’infanzia travagliata per via di una malattia cutanea che riuscì a debellare soltanto in età matura e perciò, dopo aver frequentato per cinque anni il Collegio dei nobili di Modena, dov’era stato educato anche suo padre, nel 1779 fu ricondotto in famiglia per intraprendere nuove cure.

Riprese la propria istruzione a Padova nel collegio dell’abate Gian Antonio Brontura sino al 1782, quando iniziò a frequentare l’università intraprendendo studi fisico-matematici, ma senza conseguire la laurea, «ciò che allora presso i nobili non era in uso» (Memorie, c. 3). Riprese poi gli studi letterari sotto la guida dell’abate Melchiorre Cesarotti, professore di lingua greca ed ebraica e letterato di grande fama, su consiglio del quale iniziò la traduzione del Telemaco di François Fénélon (Padova, 1793-94, 1796, 1799). A partire dal 1786 aveva iniziato anche la redazione del Compendio istorico degli avvenimenti accaduti nella città di Padova o ad essa appartenenti (Padova 1887) e delle Memorie di letteratura e grammatica, istoria e mitologia (terminate nel 1830, ma tutt’ora inedite).

Il 2 maggio 1794 fu nominato socio corrispondente dell’Accademia di scienze, lettere ed arti fondata a Padova nel 1779, di cui divenne socio onorario il 20 novembre 1806.

Assunse i primi incarichi politici nel 1793, quando entrò a far parte del Consiglio dei XVI in qualità di deputato, l’incarico cittadino più rilevante cui poteva aspirare come esponente della nobiltà di terraferma; ruolo al quale venne più volte chiamato sino alla caduta della Repubblica di Venezia.

Per volere del padre, il 14 settembre 1795 sposò la ventunenne Caterina Papafava, figlia del conte Giacomo, morto nel 1785, stringendo così i propri legami con una famiglia discendente dai Carraresi. Già da alcuni anni infatti egli era un habitué del salotto della futura suocera, la nobildonna friulana Arpalice Brazzà, punto di riferimento mondano dell’élite padovana, frequentato da Giovanni e Girolamo Lazara, Girolamo Da Rio, Antonio Vigodarzere, Francesco Scipione Dondi dall’Orologio, Melchiorre Cesarotti, Giuseppe Greatti, Luigi Mabil e Simone Stratico. Non risulta invece affiliato alla massoneria, nonostante vi appartenessero alcuni fra i suoi più stretti contatti, come il patrizio veneziano Costantino Zacco.

I salotti e i club ebbero un ruolo nella diffusione di orientamenti filofrancesi, e molti dei loro aderenti entrarono a far parte degli organi di governo della stagione democratica. Il 28 aprile 1797 una parte dell’Armée d’Italie, che a seguito di Bonaparte sin dalla primavera dell’anno precedente era penetrata all’interno dei territori della neutrale Repubblica di Venezia, entrò a Padova guidata dal generale Pietro Teulié. Il giorno seguente il comandante francese soppresse le magistrature cittadine e istituì una Municipalità democratica, all’interno della quale nominò anche Polcastro il quale fu completamente assorbito dai suoi nuovi compiti: «non respirava che amor di patria e di libertà» (Memorie, c. 12). Compì due ambascerie presso Bonaparte, la prima a Treviso il 29 aprile insieme con il cugino Giovanni Lazara e a Cesarotti, e la seconda a Milano all’inizio di maggio. Ebbe così modo di conoscere personalmente Napoleone che, in occasione della sua visita a Padova il 2 maggio, fu ospitato proprio a palazzo Polcastro. Quando il 2 luglio l’amministrazione padovana fu riorganizzata con la creazione di un governo centrale, che assommava anche la gestione del Polesine, Rovigo e Adria, egli rientrò nuovamente nella rosa dei prescelti a parteciparvi, e in tale ruolo cercò di preservare gli interessi cittadini di fronte alle richieste sempre pressanti dell’esercito francese.

Il 17 ottobre, con il trattato di Campoformio, Bonaparte cedette all’Austria gran parte dei territori già della Repubblica di Venezia. Nel gennaio 1798 Polcastro insieme con Stefano Gallini fu designato ad accogliere le nuove autorità in veste di rappresentante del Padovano. Identificati come «giacobini» per il loro coinvolgimento nei governi democratici, entrambi furono salutati dalla folla con «un’ingrata sinfonia d’urli e di fischi» (Memorie, c. 71). Deluso dalla poca riconoscenza mostrata dai concittadini per le «fatiche sostenute per molti mesi in servizio della mia Patria in tempi difficilissimi e colle più pure intenzioni» (c. 71), si ritirò a vita privata riprendendo i suoi studi. Nel 1799 con la nomina di Francesco Pesaro a commissario straordinario del governo austriaco alcuni protagonisti della stagione democratica furono arrestati e Arpalice Brazzà fu confinata nella sua villa di Frassanelle, lì raggiunta dalla figlia e dal genero. Lo stesso anno perse il padre Sertorio, mentre il 14 dicembre 1800 morì la moglie, da cui il 28 luglio 1796 aveva avuto un figlio, chiamato come l’avo, che morì di tisi nell’agosto 1811.

Tenutosi in disparte anche in occasione della breve occupazione francese di Padova al principio del 1801, accettò nuovamente l’incarico di deputato del ripristinato nobile Consiglio cittadino soltanto nell’ultimo quadrimestre del 1805. Nel 1802 in compagnia della suocera aveva compiuto un viaggio in Toscana passando per Milano, allora capitale della Repubblica italiana, dove aveva incontrato Leopoldo Cicognara, suo amico sin dal collegio. «Ritornato in Patria, pieno la mente delle cose vedute e udite, e collo spirito infiammato dall’idee liberali che la condizione dei tempi permetteva di concepire» (Memorie, c. 136) si era dedicato a studi di filosofia politica, amministrazione ed economia, leggendo tra gli altri Machiavelli, Guicciardini, Smith, Colbert, Turgot e Mengotti.

Nel novembre 1805, con il ritorno dei francesi in Veneto, entrò a far parte del governo provvisorio del Padovano presieduto da Antonio Nalin, sostituendolo poco dopo. Nel 1806 fu quindi nominato magistrato civile del Dipartimento del Brenta con l’incarico di introdurvi il sistema amministrativo napoleonico. Contestualmente all’entrata ufficiale delle province venete all’interno del Regno d’Italia il 1° maggio 1806 fu nominato cavaliere dell’ordine della Corona di ferro, e il 13 agosto fu promosso all’interno del Consiglio di Stato, sezione uditori, alle cui sedute presenziò a partire dal 15 ottobre.

Da quel momento si trasferì a Milano in compagnia del figlio Sertorio, stringendo i legami con l’élite napoleonica. «Estimable à tout égard» secondo Francesco Melzi d’Eril (Casini, 1916, p. 49), il 19 febbraio 1809 fu nominato senatore grazie ai 133 voti espressi dal Collegio elettorale dei possidenti, cui lui stesso apparteneva sin dal dicembre 1807.

Con la nomina nel Senato, «passato rapidamente da un assiduo lavoro ad una assoluta mancanza di esso» (Memorie, c. 190), si dedicò alla pubblicazione degli scritti dello zio Giandomenico con il titolo Dell’antico Stato e condizione di Padova (Milano 1811), alla redazione del poema epico Napoleoneide, ovvero la Francia salvata (G. Tambara, ‘La Napoleonide’..., 1896, pp. 11-45) e all’Elogio del fu conte sen. Luigi Lambertenghi, recitato in occasione delle esequie di quest’ultimo il 13 aprile 1813.

Dopo la caduta del Regno d’Italia tornò a Padova e nel dicembre 1815 fu nominato all’interno della Congregazione provinciale, organo istituito dal restaurato governo asburgico. Nel 1816 ottenne la conferma del titolo comitale concessogli da Napoleone nel 1810. A partire dallo stesso anno fu nominato consigliere comunale in diversi luoghi del Padovano, mentre nel 1818 divenne ispettore scolastico provinciale. Negli anni seguenti ricoprì numerose mansioni amministrative all’interno di istituzioni pubbliche locali.

Il 4 maggio 1818 sposò la ventiduenne Caterina Cecilia Querini Stampalia, figlia del patrizio veneziano Alvise, anch’egli ex consigliere di Stato, allora gran dignitario del Regno Lombardo-Veneto, e di Maria Teresa Lippomano. Pur godendo «opinione di probità e moderazione nei suoi principi» (Archivio di Stato di Venezia, Presidio di governo veneto, b. 17), continuò a nutrire opinioni filonapoleoniche, condivise anche dalla moglie – il cui salotto fu frequentato anche da Stendhal – la quale nel 1818 venne sospettata di riunire «partigiani del cessato governo, e propensi all’italiana indipendenza» (b. 64).

Salvo alcuni viaggi, visse gli ultimi anni fra Loreggia, Padova e Venezia, dove morì il 26 settembre 1839.

Da testamento lasciò al Comune di Padova i suoi manoscritti e la sua biblioteca di 4135 volumi, fra i quali spicca l’imponente Encyclopédie méthodique; lascito che costituì il nucleo fondante della Biblioteca civica di Padova.

Opere. Le Opere del conte Girolamo Polcastro padovano, I-IV, a cura di G. Vedova, Padova 1932, contengono tutti gli scritti, salvo quelli pubblicati posteriormente già indicati; le Memorie per servire alla vita civile e letteraria d’un padovano, redatte fra il 1833 e il 1837 e pubblicate solo parzialmente (Padova 1889), sono manoscritte e conservate a Padova, Biblioteca civica, Biblioteca padovana, 1016.XIII. Di altri inediti minori il catalogo completo si trova presso la Biblioteca civica di Padova, Biblioteca padovana, 1499.I, insieme con l’inventario dei libri donati.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Padova, Archivio Polcastro; Archivio di Stato di Venezia, Commissione araldica, bb. 57, 147; Presidio di governo veneto, bb. 17, 64; Archivio di Stato di Milano, Uffici e tribunali regi, parte moderna, b. 611; Annali della libertà padovana, ossia Raccolta compiuta di tutte le carte pubblicate in Padova dal giorno della sua libertà, disposte per ordine de’ tempi, I-VI, Padova 1797, passim; G. Tambara, La “Napoleoneide” ossia La Francia salvata, poema inedito di G. P., in Miscellanea napoleonica, II, a cura di A. Lumbroso, Roma 1896, pp. 1-45; O. Ronchi, La serie inedita dei reggenti il Comune di Padova fra gli anni 1797-1852, in Bollettino del Museo civico di Padova, XV (1912), pp. 71-99; G. Gennari, Notizie giornaliere di quanto avvenne specialmente a Padova dall’anno 1739 al 1790, a cura di L. Olivato, Cittadella 1982, passim.

T. Casini, I candidati al Senato del Regno italico, in Rassegna storica del Risorgimento, III (1916), pp. 9-55; L. Lazzarini, Le origini del partito democratico a Padova fino alla Municipalità del 1797, in Nuovo Archivio veneto, n.s., XXIII (1920), pp. 5-97; V. Giormani, La casa di Gerolamo e Caterina Polcastro, frequentata dallo Stendhal, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Classe di scienze morali, lettere ed arti, CLIII (1995), pp. 597-625; G. Monteleone, Padova tra Rivoluzione e Restaurazione (1789-1815), Padova 1997, ad ind.; B. Stevanin, Attività politica e percorso culturale in un esponente della nobiltà padovana tra municipalità e regime napoleonico: G. P. (1763-1839), in Studi storici Luigi Simeoni, XLVII (1997), pp. 233-244; E. Tonetti, Governo austriaco e notabili sudditi. Congregazioni e municipi nel Veneto della Restaurazione (1816-1848), Venezia 1997, ad ind.; La municipalità democratica di Padova (1797): storia e cultura, a cura di A. Balduino, Venezia 1998, passim; R. Marconato, La famiglia Polcastro (sec. XV-XIX): personaggi, vicende e luoghi di storia padovana, Camposam-piero 1999, pp. 121-343.

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