GIUDICATI

Enciclopedia Italiana (1933)

GIUDICATI

Enrico Besta

. Con tale denominazione si indicano gli ordinamenti autonomi che nel Medioevo si diedero le quattro partes, in cui si trovò divisa la Sardegna, nominate dalle città di Cagliari e Torres e dalle regioni di Arborea e Gallura. Si dissero anche rennos. Erano infatti governati da iudices de logu, che si chiamarono reges. Le pergamene arborensi hanno loro attribuita un'origine rivoluzionaria, facendoli sorgere nel sec. VI in seguito a una violenta sommossa causata dal malgoverno bizantino: ma Gialeto e i suoi successori vanno relegati nel mondo delle favole. L'unità dell'isola e la sua dipendenza da Bisanzio sotto gli ordini di un solo iudex che portava i titoli di dux e consul e, magari, di patricius, è sicuramente attestata fino alla metà del sec. IX. Il fatto che sino al sec. XI il giudice di Cagliari abbia portato il titolo di arconte e sia fregiato della dignità di protospatario potrebbe anche far pensare che quella unità sia stata conservata in tempi assai più recenti. Ma qualcuno pensa che fosse rotta già nell'864, quando papa Nicolò I parlò al plurale di iudices Sardiniae e di gubernationes, cui era soggetto il loro popolo. Troppo presto forse. Le denominazioni date ai giudicati fanno pensare che delle maggiori città sarde, ridotte già a quattro nel sec. IX (Cagliari, Torres, Sulci, Pausania), restassero solo in piedi Cagliari e Torres. Il giudicato di Arborea trovò il suo centro in Oristano e la Gallura restò per così dire acefala (v. arborea; cagliari; gallura; torres). La difesa contro la perenne minaccia dei Musulmani aveva probabilmente consigliato di collocare nei principali centri dell'isola dei lociservatores dell'arconte cagliaritano; tutti erano giudici, anche se non dello stesso grado. Ormai nessuno dubita più che la costituzione dei giudicati non si ricolleghi, senza brusche rotture, agli ordinamenti che la Sardegna ebbe da Giustiniano. Essa certo non è sorta per una riorganizzazione ex novo della proprietà e come un'arbitraria imposizione di coloro che si erano fatti i più grandi proprietarî; né fu una conseguenza di quel rampollare dei diritti politici dal possesso delle terre, che si reputa caratteristico del feudalesimo. Che fosse imposta dal di fuori già ebbero a sostenere sin dal sec. XIII i cronisti pisani, ma l'isola era già quadripartita quando, dopo la sconfitta di Museto, le potenze marinare del Tirreno cominciarono ad avere più attive relazioni coi porti sardi (v. sardegna). La divisione si era maturata, con uno spontaneo riorganamento delle forze locali, perché la dominazione bizantina, sempre formalmente affermata, aveva cessato di essere effettiva. I giudici riguardarono come un diritto proprio i poteri già delegati da Bisanzio; tanto più che erano già ereditariamente legati a determinate famiglie.

I quattro giudicati furono organizzati in modo uniforme. Si ebbe intorno al giudice una curia che fungeva da governo centrale, costituita da diversi ministri di cui qualcuno portò in tempi recenti denominazioni germaniche come il siniscalco e il maniscalco, ma che originariamente avevano designazioni volgari come quelle di armentariu de rennu, di maiore de camera, di maiore de vestare, ecc. I nomi li rivelano per la maggior parte addetti a funzioni amministrative e finanziarie. Una specie di guardia di palazzo parrebbe costituita dai buiachesos; e per questo il vecchio ordinamento per scholae si riflette nelle kitas, gerarchicamente assoggettate al loro maiore. L'amministrazione locale si svolse dalle iscolcas, che sotto la direzione del maiore de iscolca, raccoglievano in un corpo e villas e castra. Nelle maggiori città come Cagliari e Oristano vi fu inoltre un lociservatore. Nei territorî rurali le diverse ville erano raggruppate in curatorias. Intorno al giudice si raccolse come supremo ordine giudiziario (ma anche con funzioni amministrative) la corona de logu. Intorno al curatore la corona de curatore; intorno al maiore de iscolca la corona de iscolca. Il mandatore de liveros sembra esorbitare dalla normale gerarchia delle giurisdizioni.

L'egemonia della curia romana, che cercò di raccogliere su di sé i diritti dell'Impero bizantino in tempi posteriori però alla formazione dei giudicati, impedì che questi si presentassero anche esternamente come pienamente sovrani. E la loro indipendenza politica fu pure coartata dalle pressioni di Pisa e Genova, che, potendo dominare direttamente solo in qualche parte, cercarono di insinuare i loro cittadini fra le dinastie locali e di sostituirli a loro.

Le ingerenze esterne e le rivalità tra i giudici che volevano mantenersi reciprocamente indipendenti, trascinarono a rovina l'intero sistema. Non pur la Chiesa, ma l'Impero (con Enzo) contrapposero alla tetrarchia dei giudici la concezione della Sardegna come un unico regnum. E l'investitura fatta dal regnum Sardiniae al re di Aragona, quando già erano spenti i giudicati di Cagliari e Torres, compromise anche la vita di quello di Gallura (spento poco dopo) e di quello di Arborea, che fu il più resistente.

Bibl.: G. Zirolia, Ricerche storiche sul governo dei giudici in Sardegna, Sassari 1897; E. Besta, Nuovi studi sulle origini, la storia e la organizzazione dei giudicati sardi, in Archivio storico italiano, s. 5ª, III (1901); P. Pinna, L'origine dei giudicati di Sardegna, in Filangeri, XXV (1900); Sanna, Le incursioni degli Arabi e l'origine dei giudicati in Sardegna, Cagliari 1900; A. Solmi, Osservazioni sull'origine dei giudicati sardi, in Bullettino bibliografico sardo, III (1903); E. Besta, La Sardegna medievale, Palermo 1908-1909; A. Solmi, Studi storici sulle istituzioni della Sardegna nel medioevo, Cagliari 1917.