LENO, Giuliano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)

LENO, Giuliano (Leni, de Lenis, Lena)

Pier Nicola Pagliara

Nacque a Roma da Mariano, di nobile famiglia romana, e da Antonina de Tebaldi, in una data compresa tra il marzo 1467 e il 1477-78, periodo in cui si colloca la morte di suo padre. Non aveva, infatti, ancora 24 anni quando, il 10 marzo 1491, si stipulò il patto dotale per il suo matrimonio con Paolina di Giovan Francesco Muti (Ait - Vaquero Piñeiro, pp. 234-238).

Curatore della Fabbrica di S. Pietro (Frey, p. 5), soprintendente con D. Bramante alla Fabbrica di Belvedere, stando a quanto scrisse nel 1521 il cardinale Francesco Armellini (Bottari - Ticozzi; Frommel, 1976, p. 80 n. 80), il L. è considerato da un contemporaneo "inzignere" e "architeto" (Lancillotto, in Campori, p. 282; Frommel, 1973) e Andrea Fulvio lo accosta addirittura a Bramante (Frommel, 1976, p. 80 e doc. 389). Vasari scrive che "molto valse ne le fabbriche de tempi suoi per provvedere ed eseguire la volontà di chi disegnava, più che per operare di mano sua; sebbene aveva giudizio e grande esperienza".

Doveva avere acquisito, comunque, qualche pratica di architettura e una buona fama anche come tecnico se nel marzo 1520 il duca di Ferrara, Alfonso I d'Este, reputandolo "uno […] che si diletta et intende molto de architectura", lo consultò da Ferrara su problemi di tiraggi di camini (Pacciani) e a Modena nel 1526 gli chiesero un parere su modifiche da apportare al coro del duomo (Campori, p. 282). Di solito, però, il L. non doveva disegnare progetti, né tantomeno realizzarli come capomastro costruttore. Era invece un singolare organizzatore della produzione edilizia, che, precorrendo il ruolo dei grandi imprenditori edili, contribuì a realizzare alcune delle architetture di Bramante, di cui era amico, e in seguito le maggiori opere di Leone X.

A partire dall'ultimo decennio del Quattrocento il L. concluse affari di ogni genere incrementando il proprio patrimonio fondiario e concentrando nelle proprie mani parte dei casali della famiglia (Ait - Vaquero Piñeiro, p. 92).

Il commercio di bestiame, carne e lana, esteso ben oltre i prodotti ottenuti dalle sue proprietà, il monopolio del mercato del grano in città, la lavorazione del pellame (ibid., pp. 116-119), con le gabelle ottenute in appalto grazie agli stretti rapporti con la Curia pontificia e il Campidoglio, procurarono al L. una disponibilità di danaro liquido che impiegherà poi anche nell'attività creditizia (ibid., pp. 81, 89, 92, 132).

Tra gli innumerevoli affari sono da ricordare alcuni con i Borgia. Nel 1496 il L. forniva carri e bestie da traino per trasportare le artiglierie di Alessandro VI (M. Menotti, Documenti sulla famiglia e la corte di Alessandro VI, Roma 1917, p. 92) e nel 1503, dopo la morte del papa, acquistò la casa di Vannozza Catanei (la donna che aveva dato ad Alessandro VI almeno quattro figli), la quale, con una finta vendita, voleva prevenirne la confisca (Ait - Vaquero Piñeiro, pp. 259-262). Coi Borgia la famiglia del L. dovette essere in buoni rapporti, visto che un suo rappresentante accompagnò Cesare Borgia duca del Valentino in Francia (Menotti, cit., p. 106) e un altro fu tra i giovani nobili romani che nel 1501 scortarono Lucrezia Borgia a Ferrara (Amayden, p. 7). Questa dimestichezza coi Borgia non impedirà a Giulio II Della Rovere, acerrimo nemico del suo predecessore, di affidare al L. la realizzazione di alcune grandi imprese architettoniche, dando così l'avvio alla più interessante delle sue attività. Il papa Della Rovere più di una volta ricorse senza preclusioni a fedeli collaboratori di Alessandro VI di cui riconoscesse il valore; inoltre doveva ricordare che suo zio Sisto IV aveva affidato incarichi delicati a un altro membro della famiglia, Luca Leno, decano dei chierici di Camera (Ait, in Ait - Vaquero Piñeiro, pp. 37-40). A meno che il L. in questo campo non avesse avuto già esperienze di cui non è rimasta traccia, il papa doveva avere intuito le potenzialità rare delle sue capacità organizzative per affidargli la costruzione del grandioso palazzo dei Tribunali quando, per quanto si sa, non aveva ancora avuto in mano nemmeno un piccolo cantiere e non aveva avviato quel commercio di ogni sorta di materiali edili che sarà ben documentato solo dal 1510 in poi (Vaquero Piñeiro, ibid., pp. 152, 173-195).

È certamente il L., comunque, il "romano" imprecisato che compare in una fonte fiorentina dell'ottobre 1508, quando erano già iniziati i lavori nel palazzo dei Tribunali, visto che più tardi, nel 1510-11, risulterà fornitore di materiali per questa costruzione. Ulteriore conferma della sua attività nella fabbrica viene dalla testimonianza fornita mezzo secolo dopo dall'amico A. Labacco, il quale dichiarava, in una causa in favore del figlio del L. Emilio, che il padre "maneggiava S. Pietro, il palazzo belvedere et S. Biagio [I Tribunali] e pigliava queste fabbriche sopra di sé" (Biblioteca apost. Vaticana, Arch. del Capitolo di S. Pietro, Miscellanea I, XXIX, c. 499). Da parte sua il L. doveva aver colto tempestivamente quali opportunità di affari gli offrisse la crescente richiesta di nuove costruzioni e l'apertura di grandi cantieri, alcuni dei quali di dimensioni senza precedenti a Roma. In questo campo il L. poteva mettere a frutto un insieme di risorse di ogni genere per cui aveva pochi rivali: ampia disponibilità di denaro liquido, proprietà di mezzi di trasporto, grandi capacità ed esperienza nell'organizzare e abitudine secolare della famiglia a utilizzare i legami col potere politico per sviluppare i propri affari.

All'incarico dei Tribunali ne seguirono altri riguardanti costruzioni papali o collegate a nipoti del papa. Nel 1510 il L. si impegnava col priore di S. Pietro in Vincoli, di cui allora era titolare il cardinale Sisto Gara Della Rovere, a costruire "a tute sue spese" due chiostri e una cisterna (Ippoliti); nello stesso anno reclamava il pagamento per i lavori di "vari edifici a lui locati" in Vaticano (Frommel, 1976, p. 80 e doc. 318), forse già riferibili anche al Belvedere (per il quale il L. è documentato nel 1515: J. Ackerman, The cortile del Belvedere, Città del Vaticano 1954, doc. 25), e in novembre assunse l'incarico di realizzare venti case a schiera negli orti di Paolo Planca (L. Spezzaferro, in L. Salerno - L. Spezzaferro - M. Tafuri, Via Giulia, Roma 1973, pp. 369-380; Frommel, 1976, p. 80 n. 81), resi edificabili in seguito all'apertura connessa ai Tribunali della via poi detta Giulia.

Nei documenti del cantiere di S. Pietro il L. compare con compiti circoscritti sotto Giulio II, dapprima nel novembre 1511, quando si attesta che ha soddisfatto obblighi imprecisati, verosimilmente per forniture di materiali, e per il pagamento di un acconto il 4 marzo 1512 (ibid., p. 80 e docc. 359, 360, 374). Con Leone X il L. in S. Pietro assunse un ruolo crescente, grazie anche ai solidi rapporti della sua famiglia coi Medici (Vaquero Piñeiro, in Ait - Vaquero Piñeiro, pp. 58, 76-78) e i documenti in cui è menzionato diventano innumerevoli (Frey).

Il papa assegnò la cura della Fabbrica al L., che stipulò nel 1513-14 il contratto con gli scalpellini per i capitelli e la trabeazione esterna del coro (Frommel, 1976, doc. 390a); sempre come "curator fabrice Sancti Petri" il 4 ag. 1514 il L. sottoscriveva i patti con Francesco da Cremona per la costruzione di parte delle fondazioni (ibid., p. 80 n. 79); Ait - Vaquero Piñeiro (pp. 264-273) pubblicano cinque contratti per S. Pietro datati tra il 1518 e il 1524.

Proprietario di fornaci da calce e possessore temporaneo di cave e quindi produttore di materiali edili, fornito di bufali, carri e barche per trasporti su strada e fluviali, il L., di fatto come imprenditore indipendente, forniva alle fabbriche papali non solo materiali, di cui assicurava l'afflusso costante, ma anche e soprattutto organizzazione, coordinando l'intervento dei diversi tipi di maestranze, e inoltre anticipava i mezzi finanziari, ripagato con acconti e il saldo al completamento delle opere. Labacco attesterà che, grazie alle fabbriche che "maneggiava" e "pigliava sopra di sé", il L. era ricchissimo (Biblioteca apost. Vaticana, Arch. del Capitolo di S. Pietro, Miscellanea I, XXIX, c. 499); numerosi documenti ne attestano anche la caratteristica sciatteria e la proverbiale avarizia (Campori, p. 282).

I lavori per Leone X, iniziati con gli allestimenti per l'incoronazione nel 1513, proseguirono anche fuori Roma, in particolare a Civitavecchia dove nel 1517, quando si stava costruendo il recinto fortificato della città, il L. è citato come "curatore fabriche Civitatis Vetule" (Vaquero Piñeiro, in Ait - Vaquero Piñeiro, pp. 168, 185). A tempi imprecisabili, ma forse gli stessi del recinto urbano, risale una partecipazione del L. alla costruzione della rocca nella stessa città, a cui accenna un solo documento (F. Fagliari Zeni Buchicchio, La rocca del Bramante a Civitavecchia: il cantiere e le maestranze da Giulio II a Paolo III, in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, XXIII-XXIV [1988], p. 318).

Contemporaneamente a villa Madama, dove ebbe un ruolo fondamentale nell'organizzazione logistica del cantiere (Frommel, 1975), si occupò di altre residenze papali: il L. lavorò a ponti e scuderie nella villa papale della Magliana (Dezzi Bardeschi), nelle stalle del castello di Palo (ibid., p. 174; Vaquero Piñeiro, in Ait - Vaquero Piñeiro, pp. 167, 174, 191, 208), cantieri attivi nel 1519-21, insieme con Giovan Francesco da Sangallo, e nella villa di Palidoro.

Le rimanenti opere edilizie del L. sono ancora in massima parte connesse a imprese papali. In via Giulia, accanto al cantiere interrotto dei Tribunali, nel 1514 iniziò a costruire un edificio di sua proprietà (poi palazzo Sacchetti: Frommel, 1973, pp. 292-314). Si tratta dell'unico caso noto in cui il L. potrebbe aver disegnato un progetto.

In palazzo Sacchetti i resti dell'inizio della costruzione del L. (Frommel, 1973, p. 300; Id., L'architettura, in Palazzo Sacchetti, a cura di S. Schütze, Roma 2003, p. 49) limitati al piano terreno, in origine file di botteghe sui tre lati liberi del lotto, non mostrano l'ambizione di realizzare un'architettura notevole tanto che Antonio da Sangallo il Giovane, quando più tardi riprese i lavori con un progetto per edificarvi il proprio palazzo dovette ingegnarsi molto per riuscire a inserire in modo soddisfacente una scala principale e un cortile. È verosimile che il L. volesse solo trarre profitto dalla vicinanza del lotto al palazzo dei Tribunali e al Tevere, realizzando una speculazione. L'edificio di via Giulia sarebbe stato vicino ai tanti cantieri del L. e in riva al fiume su cui faceva trasportare con barche i materiali da costruzione (Biblioteca apost. Vaticana, Arch. del Capitolo di S. Pietro, Miscellanea I, XXIX, c. 502).

Vicino a S. Pietro nel 1523 il L. prese in enfiteusi dal capitolo della basilica una casa (ibid., Censuali, 37, 1531, c. 84v; R. Lanciani, Notae topographicae de Burgo Sancti Petri, in Memorie della Pontificia Accademia di archeologia, I [1923], 1, p. 289), in primo luogo base per dirigere il cantiere principale.

Nello stesso anno il L., per la rettifica di Borgo S. Spirito, ricevette in compenso dal cardinale camerario terreni al margine della strada, liberati con le demolizioni (Arch. segr. Vaticano, Indici, 101; F. Contelori, Historia Cameralis, III, cc. 139v-140; Tomassetti, II, p. 545). Negli stessi anni dovette consolidare la facciata del palazzo del vescovo di Corfù, Cristoforo Marcello, accanto a S. Giacomo alla Lungara, uno dei pochi incarichi che non gli vennero dal papa o da committenti pubblici (S. Deswarte, Il perfetto cortegiano: d. Miguel da Silva, Roma 1989, p. 62 n. 220; Biblioteca apost. Vaticana, Arch. del Capitolo di S. Pietro, Cappella Giulia, 2: Censuale… ab anno 1520 ad annum 1523, c. 45).

Al tempo del sacco di Roma Clemente VII utilizzò in campo militare le capacità organizzative del L. e l'esperienza di architetture militari che egli aveva acquisito a Civitavecchia. Nel 1526, il pontefice prima lo inviò con altri architetti a ispezionare le rocche papali dalla Romagna a Piacenza (Vasari, V), poi il 18 novembre lo nominò commissario e rettore "omnium castrorum […] Columnensium" (Contelori, Historia Cameralis, III, cit., c. 261). L'anno seguente, nominato commissario delle artiglierie pontificie, fu catturato in febbraio vicino a Roma. Fu poi incaricato di consegnare Parma e Piacenza agli Imperiali, e infine in settembre fu inviato a Perugia. Negli ultimi due anni di vita, non più curatore della Fabbrica di S. Pietro, ricevette l'incarico di commissario delle miniere di Tolfa per conto degli eredi di Agostino Chigi e fu nominato tesoriere del Patrimonio di S. Pietro (Vaquero Piñeiro, in Ait - Vaquero Piñeiro, pp. 60 s.), rallentando così la sua intensa attività imprenditoriale.

Morì a Roma il 12 sett. 1530 (Arch. di Stato di Roma, Collegio dei Notai Capitolini, 613, c. 48).

Ebbe un unico figlio legittimo, Ottaviano, del quale sappiamo solo che si sposò nel 1525 (Vaquero Piñeiro, in Ait - Vaquero Piñeiro, pp. 58, 62, 64) e che forse morì prima del padre, in quanto questi nel 1530 non lo menziona nel proprio testamento. Ebbe anche un figlio naturale, Emilio, a cui nel 1516 donò diversi beni (Arch. di Stato di Roma, Coll. dei Notai Capitolini, 1094, c. 146v) e a favore dei cui discendenti fece testamento nel 1530 (Biblioteca apost. Vaticana, Arch. delCapitolo di S. Pietro, Miscellanea I, XXIX, c. 484r). A sua volta Emilio dopo il 1530 ebbe un figlio, Giuliano jr. e, morto questo, un secondo che chiamò ugualmente Giuliano, anch'egli deceduto prima del 1567, quando il padre ne proseguì una causa per rivendicare diritti su un palazzo iniziato dal L. in via Giulia (ibid., cc. 484-504). Ait - Vaquero Piñeiro (pp. 239-244) pubblicano altre disposizioni testamentarie del L., del 10 e 11 sett. 1530.

Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, Firenze 1879, IV, p. 165; V, p. 458; Raccolta di lettere sulla pittura, scultura e architettura, a cura di G. Bottari - S. Ticozzi, VI, Milano 1822, pp. 32-34; G. Campori, Gli artisti italiani e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, pp. 281-283; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI, XVII, Milano 1881, p. 54; D. Gnoli, La Cancelleria ed altri palazzi di Roma attribuiti a Bramante, in Arch. stor. dell'arte, V (1892), pp. 183, 187, 343 e passim; K. Frey, Zur Baugeschichte des St. Peter, in Jahrbuch der Preussischen Kunstsammlungen, XXXI (1910), Ergänz., pp. 1-95; T. Amayden, La storia delle famiglie romane, a cura di C.A. Bertini, II, Roma 1914, pp. 6-8; A. Mercati, Le spese private di Leone X, Roma 1927, p. 108; J. Schmidt, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, Leipzig 1929, pp. 53 s.; G. Gennaro, Mercanti e bovattieri nella Roma della seconda metà del Trecento, in Bull. dell'Istituto stor. italiano per il Medio Evo, LXXVIII (1967), p. 186; M. Dezzi Bardeschi, L'opera di Giuliano da Sangallo e di Donato Bramante nella fabbrica della villa papale della Magliana, in L'Arte, n.s., IV (1971), pp. 111-174; C.L. Frommel, Der römische Palastbau der Hochrenaissance, II, Tübigen 1973, p. 300, n. 991; Id., Die architektonische Planung der Villa Madama, in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, XV (1975), p. 59; Id., Die Peterskirche unter Papst Julius II. in Licht neuer Dokumente, ibid., XVI (1976), pp. 57-136; G. Tomassetti, La Campagna romana…, a cura di L. Chiumenti - F. Bilancia, Roma 1975-77, II, pp. 505, 545; III, pp. 18, 324; V, p. 32; VI, pp. 28, 35, 176, 470; C.L. Frommel - S. Ray - M. Tafuri, Raffaello architetto, Milano 1984, ad indicem; R. Pacciani, New information on Raphael and G. L. in the diplomatic correspondence of Alfonso I d'Este, in The Art Bulletin, LXVII (1985), 1, pp. 137-145; C.L. Frommel, Il cantiere di S. Pietro prima di Michelangelo, in Les chantiers de la Renaissance. Actes des Colloques, Tours… 1983-84, a cura di J. Guillaume, Paris 1991, pp. 175-190; S.B. Butters - P.N. Pagliara, Il palazzo dei Tribunali e via Giulia a Roma, in Zodiac, n.s., 1995, n. 14, p. 25; P.N. Pagliara, in The Dictionary of art, XIX, London-New York 1996, pp. 158 s.; M. Vaquero Piñeiro, Affari e architettura: G. Leni nel cantiere del nuovo S. Pietro prima del 1530, in Quaderni dell'Istituto di storia dell'architettura, 1995-97, nn. 25-30, pp. 157-160; A. Ippoliti, Il complesso di S. Pietro in Vincoli e la committenza Della Rovere (1467-1520), Roma 1999, pp. 147-150; I. Ait - M. Vaquero Piñeiro, Dai casali alla Fabbrica di S. Pietro. I Leni: uomini d'affari delRinascimento, Roma 2000; P.N. Pagliara, Materiali, tecniche e strutture in architetture del primo Cinquecento, in Storia dell'architettura italiana. Il primo Cinquecento, a cura di A. Bruschi, Milano 2002, pp. 540 s.

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