FERRARIO, Giulio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 46 (1996)

FERRARIO, Giulio

Stefano Nutini

Nacque a Milano, da Giovanni e dalla patrizia Antonia Lanzavecchia, il 28 genn. 1767 ed ebbe come padrino al fonte battesimale il marchese G. P. Litta Visconti; già con questo primo atto ufficiale si sanciva un legame che avrebbe poi segnato a più riprese la vita del Ferrario. Avviato a nove anni al seminario arcivescovile di Arona e poi passato a quello di Milano, lo ritroviamo dal 1786 a Pavia, studente presso il seminario generale, aperto ufficialmente proprio in quell'anno. Quattro anni dopo, nel maggio del 1790, si laureò in utroque iure:un intenso periodo di formazione all'interno dell'istituzione riformata da Giuseppe II, che avrebbe lasciato un segno nel giovane F., sia per i precoci interessi culturali, sia per la venatura fortemente razionalistica della sua religiosità.

Avviatosi definitivamente alla carriera ecclesiastica, dopo l'ordinazione approfondì lo studio dei classici e delle belle arti. E mentre il fratello Vincenzo, di un anno più giovane, non si peritava dall'intervenire attivamente nel dibattito politico del triennio cisalpino, il F., di temperamento più appartato, si dedicò tra il 1796 e il 1797 alla stesura di un catalogo ragionato della biblioteca Litta.

L'impresa, di cui restano tre volumi manoscritti, mostra già alcuni sicuri giudizi di merito, oltre a una solida preparazione di base; ma, quel che più interessa, anche in prospettiva, indicava chiaramente il modello di "sistema bibliografo" (p. VII) che il F. proponeva "all'erudito lettore", ossia il paradigma classificatono di Bacone e poi di D'Alembert, applicato all'ordinamento per soggetti. P, lo stesso modello che si ritrova nel Progetto per un catalogo bibliografico secondo il sistema delle cognizioni umane di Bacone e D'Alembert, la prima pubblicazione del F. (Milano 1802), che vi trasfuse l'esperienza precedente e che servì come titolo per la sua entrata alla Biblioteca di Brera.

Comunque, a conferma del suo interesse per i problemi bibliografico-catalografici, risulta che almeno nel periodo dei tredici mesi dell'occupazione austro-russa (1799-1800), e forse anche in precedenza, il F. abbia lavorato al riordinamento dei fondi di libri e manoscritti dei monasteri soppressi nella Lombardia austriaca: incarico sul cui espletamento il prefetto generale degli archivi e delle biblioteche, L. Bossi, trovava parecchio da ridire, nel gennaio 1802, per i sospetti che correvano sulla gestione discutibile e trascurata di questo patrimonio in momenti tanto travagliati; senza poter appurare il fondamento di queste accuse, è certo che una loro possibile, anche se parziale, spiegazione è da trovare nel risentimento tuttora vivo nei confronti di chi aveva, a vario titolo, collaborato con gli invasori della Cisalpina.

Sta di fatto che l'opposizione del Bossi all'inserimento del F. nell'organico braidense fu superata, dimodoché venne assunto nel luglio dello stesso anno come "assistente", addetto alla compilazione del catalogo per materie. Iniziava così la sua proficua e intensa opera all'interno di un'istituzione nella quale profuse doti di competenza e di dedizione riconosciutegli a più riprese; dal 1813 divenne "coadiutore ed economo" e successivamente, sotto la dominazione austriaca, fu nominato "primo custode" (1818), "secondo sottobibliotecario" (1820), "primo sottobibliotecario" (1826), fino a giungere alla direzione alla morte di R. Gironi, nel 1838.

Proprio Brera, con l'ambito dei colleghi e degli studiosi e l'agibilità dei testi di riferimento, avrebbe propiziato l'avvio della nota e meritoria iniziativa della Società tipografica dei classici italiani, costituita nell'aprile 1802 e propagandata in un apposito programma nel luglio dello stesso anno, proprio nel momento in cui il F. entrava a prestare la propria opera nella Biblioteca; fin dall'inizio il suo apporto appare quello del "socio delegato per gli oggetti letterari", più genuinamente rivolto al versante culturale, dalla prima delineazione del "canone" dei testi e degli autori da pubblicarsi (un suo minuzioso e ricco Prospetto viene sottoposto ad alcuni "dotti" consulenti, che lo esaminano e lo rimaneggiano) ai contatti con i curatori-prefatori, dalla convulsa correzione delle bozze alla curatela stessa di alcuni volumi (come per esempio il Paradiso dantesco e il Decamerone);d'altronde, il F. stesso firmava, a nome degli altri soci, varie istanze indirizzate al governo nei primi, delicati momenti del decollo della iniziativa.

Per quello che traspare sia dalle scelte espresse nel Prospetto sia dalle prefazioni del F., occorre dire che troviamo nelle sue opzioni una generale, esplicita e prevalente sintonia con i principi e le proposte pariniane di una letteratura di seria e sobria incisività, su cui però, come un tenue contrappunto, interferisce un gusto in certo modo attardato ancora su posizioni puristico-nazionalistiche, come quello che si fa luce nella riedizione del Libro di novelle e di bel parlar gentile contenente cento novelle antiche illustrate con note tratte da varj ("cisforziamo di riprodurre con ogni diligenza gli eccellenti modelli dei primi Scrittori affine di ridestare il gusto della purità ed eleganza della nostra lingua", contro quelli che, "accostumati ... già da più anni a vedere questa nostra nobile e veneranda matrona vestita quasi da ballatrice oltramontana, mal soffrono, che alcuni si sforzino di restituirle il natio suo decoro" [p. XIII], fino ad alcuni apprezzamenti, presenti nella prefazione alle Poesie drammatiche alle Poesie drammatiche rusticali, sulla "leggiadria" delle locuzioni dell'italiano antico che sconfinano quasi convenzionalmente nell'invocazione di un'ingenuità primigenia. Evidentemente si tratta, in questi casi come in altri, di residui puristici che l'intento civile e nazionale inerente all'impresa dei Classici italiani recupera, senza comunque che essi vengano enfatizzati o sopravvalutati.

Se l'iniziativa dei Classici italiani coprì tutto l'arco del periodo napoleonico, il periodo della dominazione austriaca vide il F. impegnato su vari fronti, in cui l'originario approccio del biblioteconomo-bibliofilo (e solo secondariamente filologo) si applica ad altre imprese, in cui una non comune erudizione si sposa all'intento divulgativo e all'attenzione verso quelle forme di espressione artistica, dal teatro alle "stampe", in cui una tradizione "classica" si incontra e si feconda con le forme moderne, rivolte al diletto e all'istruzione dei "molti".

Per un verso, quindi, il F. proseguì lo sforzo di documentazione delle elaborazioni più alte e concentrate della cultura italiana, con la collaborazione alla Edizione delle opere classiche italiane del sec. XVIII (1818-1839); per l'altro, pubblicò una serie di opere che di una divulgazione "alta", almeno negli intenti, facevano il proprio centro d'interesse.

È caso soprattutto del celebre e monumentale Costume antico e moderno (Milano 1817-1834), il cui sottotitolo ("Storia del governo, della milizia, della religione, delle arti, scienze ed usanze di tutti i popoli antichi e moderni provata con monumenti dell'antichità e rappresentata cogli analoghi disegni") dava conto di un serio e generoso impegno, rivolto alla sistematizzazione "enciclopedica" di un insieme di cognizioni disparate, in cui l'erudizione si faceva tramite dell'"istruzione" e dell'"intrattenimento" del lettore, interessato all'esotico e al diverso; e se talvolta il livello dell'esposizione e della documentazione non si manteneva all'altezza di questa divulgazione, era per l'oggettiva difficoltà di coprire argomenti e discipline così varie.

A suo modo, il Costume antico e moderno costituì un esempio di compilazione erudita che fece scuola rispetto alla pubblicistica "enciclopedica" ottocentesca; ancora fino a metà secolo se ne ritrovano ripetute ristampe extramilanesi (se ne contano almeno sette, fino agli anni '40 inoltrati), tra cui quella fiorentina di V. Batelli che intraprese nel 1823 una riedizione corretta e assai più economica, occasionando una vivace polemica con l'estensore ed editore originale.

I ventuno volumi dell'edizione milanese del Costume rappresentano certamente un notevole sforzo tecnico-compilativo e costituiscono la componente più rilevante della produzione editoriale del F., che proseguì fino alla metà degli anni '30 e che, a confronto con l'intraprendenza e il rigore culturale del fratello Vincenzo, si caratterizza per iniziative più sporadiche (talvolta, come nel caso delle traduzioni dei romanzi di W. Scott, con la ripresa della sua linea), in prevalenza rivolte al teatro, all'erudizione storica o all'araldica: è il caso della pubblicazione delle Famiglie celebri di Italia del conte P. Litta. Coi propri torchi il F. avrebbe stampato tutta la propria produzione, tranne l'ultima fatica, le Memorie per servire alla storia dell'architettura milanese dalla decadenza dell'Impero romano fino ai giorni nostri, pubblicato da G. Bernardoni a Milano nel 1843.

"Antico" e "moderno", secondo la dialettica della querelle classico-romantica, tornano negli interessi prevalenti del F. verso, appunto, le incisioni (cui avrebbe dedicato un'opera, Le classiche stampe dal cominciamento della calcografia fino al presente, Milano 1835-1836) e il teatro (al quale restò sempre fedele, sia con il periodico I Teatri - che fondò e pubblicò con G. Barbieri e G. Ricordi e a cui collaborò per la pane musicale e coreografica [1827-1829] -, sia con ricorrenti interventi e appunti, conservati tra le sue carte, sia, ancora, con la pubblicazione della Storia e descrizione dei principali teatri si antichi che moderni [Milano 1830]): in entrambi i casi, la ricostruzione storica e i criteri di valore che presiedevano esplicitamente a queste analisi, riferibili ad un classicismo duttile, ragionevole, aperto alla valutazione delle tecniche, non impedivano il confronto con forme di cultura che di recente si erano diffuse presso il grande pubblico, proprio per la loro più diretta capacità evocativa e comunicativa: di qui un'attenzione, certo non inedita né isolata nella cultura del tempo, verso le condizioni materiali del loro manifestarsi, dall'architettura teatrale alle dimensioni e ai costi medi vigenti nel mercato delle "stampe".

Peraltro, il versante erudito degli interessi del F. non era affatto rimasto in ombra, se vi si devono annoverare opere come i Monumenti sacri e profani dell'i.r. basilica di S. Ambrogio in Milano (Milano 1824), la Storia ed analisi degli antichi romanzi di cavalleria (ibid. 1828), la Descrizione della Palestina (ibid. 1831) e le già citate Memorie per servire alla storia dell'architettura milanese. Proprio nel 1843 il F., affiliato all'I. R. Istituto lombardo di scienze, lettere ed arti dal 1839, fu nominato socio pensionato, così come si era ritirato dall'incarico braidense; di lì a quattro anni, il 2 apr. 1847, morì a Milano.

Fonti e Bibl.: Milano, Arch. storico civico, Famiglie, c. 655; Arch. di Stato di Milano, Autografi, c. 126, f. 38; Ibid., Commercio, p.m., cc. 334, 348; Ibid., Dono Galletti. Autografi, F, c. 48; Ibid., Studi, p. a, c. 28, f. 3; Studi, p.m., c. 67, f. 10, 248 f. a; Archivio di Stato di Pavia, Università. Registri, c. 810; Milano, Bibl. naz. Braidense, Mss. AE. XV. 1-3; AG. XIII. 1-8; AC. X. 34; AG. XV. 6. 64; Aut. B. III, 70; Aut. B. XXVI. 29; Necrol. in Gazzetta privilegiata di Milano, 3 apr. 1847, p. 369; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese, Milano 1891, pp. 91 s.; B. Perugini, Osservazioni sulla seconda edizione dell'opera intitolata Storia del governo..., Firenze 1823; F. Rossi, Cenni storici e descrittivi intorno all'I. R. Biblioteca di Brera, Milano 1841, p. 85; G. Labus, Dottor G. F., in Giorn. dell'I. R. Istit. lomb. di scienze, lettere ed arti, I (1847), pp. 291-294; P. F. [errario], Brevi cenni sopra gli onori funebri resi al sacerdote G. F. ... nei giorni tre e sei aprile 1847, Milano 1847; F. Predari, Bibliografia enciclopedica milanese, Milano 1857, pp. 107 s.; G. Gazzino, Indice cronologico e bibliografico degli illustri italiani..., Milano 1857, pp. 55, 434; I. Ghiron, in Milano vecchia. Strenna del Pio Istituto dei rachitici di Milano, Milano 1888, pp. 63 s., ad vocem;E. Bellorini, in Enc. Ital., XV, Roma 1932, p. 56, ad vocem;M. Berengo, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, Torino 1980, ad Indicem;C. Frati, Diz. bio-bibliografico, Firenze 1934, pp. 221 s.; M. Parenti, Rarità bibliografiche dell'Ottocento, Firenze 1953, pp. 174 ss., 286; Id., Aggiunte al Dizionario bio-bibliografico..., II, Firenze 1959, p. 73; Catalogo dei libri italiani dell'Ottocento (1801-1900), III, Milano 1991, p. 1837; VIII, ibid. 1991, pp. 6603-6607;C. Wurzbach, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Osterreich, IV, pp. 197 s.;G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae, Florence 1905, p. 31.

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