GIUNTI, Filippo, il Vecchio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 57 (2001)

GIUNTI (Giunta), Filippo, il Vecchio

Massimo Ceresa

Nacque a Firenze, verso il 1450 secondo Bandini (p. 24) e Decia (p. 19), nel 1456 secondo Pettas (p. 336), da Giunta di Biagio; della madre si conosce solo il diminutivo, Pippa. Allora, la famiglia, registrata nel quartiere di S. Spirito, abitava nel "popolo" di S. Lucia d'Ognissanti.

La famiglia, di origine fiorentina, risale al secolo XIII. Giunta di Biagio ebbe sette figli, due dei quali (Lucantonio e il G.), scelsero l'arte tipografica; dal G. derivò il ramo fiorentino, mentre Lucantonio fu il capostipite del ramo veneziano.

Per qualche tempo il G. fu garzone orafo di Antonio Pollaiolo. Nel 1487 sposò Lucrezia, figlia del mercante di lana Benedetto di Michele di Zanobi, che gli portò una dote di 500 fiorini. Nel 1489 stipulò un contratto d'affitto con la badia fiorentina, cioè il convento benedettino di S. Maria, la più antica abbazia di Firenze, nella zona dove si trovavano gran parte di coloro che esercitavano mestieri relativi alla carta o ai libri, per una bottega "a uso di chartoleria", all'angolo tra via del Proconsolo e via dei Pandolfini, di fronte alle Scalee di Badia. Il "giornale" della badia, nel giugno 1490, registra la fornitura di miniature e legature da parte del Giunti. Nel 1491 il G. si unì in società con il fratello Lucantonio, operante a Venezia, ma rispetto a quest'ultimo ebbe una posizione subalterna, pur impegnando capitali propri nella misura di 2250 fiorini, pari alla metà del totale: il suo compito doveva essere quello di esercitare l'attività di libraio e di assicurare a Firenze e altrove lo smercio dei libri editi e stampati da Lucantonio a Venezia, centro librario di maggiore importanza rispetto a quello fiorentino. A questo scopo, nel gennaio 1490, si era già procurato un'altra bottega, in via dei Librai. La società prosperò, tanto che nel 1499 il capitale iniziale era più che raddoppiato, ammontando a 11.032 fiorini d'oro. Negli anni immediatamente successivi, l'attività di cartolaio del G. si ampliò, ed egli prese in affitto un'altra bottega nel luglio 1497. Nei primi contratti d'affitto di locali della badia compare, tra gli altri, quale rogatario anche il padre di Leonardo da Vinci.

Nel luglio 1497 il G. allestì una stamperia propria, probabilmente rilevando l'attrezzatura di Lorenzo Morgiani, alcuni caratteri del quale passarono all'officina giuntina; altri provennero dalla tipografia di Benedetto Riccardini. Nello stesso 1497, peraltro, si ha notizia della vendita di un torchio e del prestito di caratteri da parte del G. a Lucio Bellanti. Il G. sfruttò la sua esperienza di orafo per incidere il suo corsivo cancelleresco, derivandolo da quello di Aldo Manuzio; la pratica come cartolaio lo rese accurato nella scelta della carta, che presenta, nel corso della sua attività, una grande varietà di filigrane. Un inventario dei beni della bottega redatto nel 1499 dà un'idea del prosperare del commercio del Giunti. Ben presto egli stabilì anche la sua casa presso la badia, in via del Proconsolo.

Prima di divenire stampatore in proprio, il G., a iniziare dal 1497, fece stampare libri da altri, come faceva pure Lucantonio a Venezia, pagando le spese allo stampatore e vendendo i libri una volta impressi. Per la prima edizione conosciuta a sua cura e spese, il sofista Zenobio del 1497, i caratteri greci furono gli stessi dell'Omero stampato da Bartolomeo de' Libri nel 1488-89.

Tra il 1503 e il 1515, limitò il suo campo ai testi letterari latini e volgari, escludendo i testi greci, e mirando in questo modo a raggiungere un pubblico più largo. Con il suo corsivo di tipo manuziano, stampò edizioni in piccolo formato (in ottavo) degli autori classici latini, sempre sulla scia di Aldo. Già dalle prime due edizioni da lui stampate, il G. introdusse due novità nella produzione libraria fiorentina: il piccolo formato e il carattere corsivo. Propose poi questo tipo di libro anche per i classici italiani: la Commedia di Dante del 1506, le opere in volgare di F. Petrarca (1510, 1515), il Decameron di G. Boccaccio del 1516, quest'ultimo interessante per le xilografie. Nel 1505 stampò Gli Asolani di Pietro Bembo, riproducendo, con qualche differenza tipografica, l'edizione aldina del medesimo anno, dotata di un privilegio ventennale, valido però solo per il dominio veneziano. Nello stesso anno stampò le Commedie di Terenzio, nel consueto piccolo formato e in corsivo, prima edizione economica e maneggevole di questo classico latino, che ebbe una notevole diffusione. Nel 1507 stampò, con le stesse caratteristiche, il De consolatione philosophiae di Boezio, edizione, anche questa, che incontrò notevole successo.

Nel 1509 si sciolse la società con il fratello, anche se le questioni per la spartizione dei beni durarono fino al 1517. Nel 1512 apparve per la prima volta nelle edizioni del G. la marca tipografica, con il giglio sostenuto da due putti, che in seguito ebbe parecchie varianti: nel 1517 è affiancato dalle lettere "F. G." e nel 1522 si aggiunge il motto "Nil candidius". Si conservano alcuni esemplari di edizioni del G. stampati su pergamena, con pagine miniate, come, per esempio, il De poetis Latinis di Pietro Del Riccio Baldi, detto Pietro Crinito, del 1505 conservato nella Biblioteca apostolica Vaticana (Ross. 3770). Dal punto di vista dell'illustrazione, non sono molte le edizioni che offrono elementi interessanti o di qualità. Un Giulio Cesare del 1514 presenta otto xilografie, tra le quali una carta della Gallia e una della Spagna. Le dediche delle edizioni pubblicate dal G. sono firmate per lo più dai collaboratori dell'officina, spesso umanisti, e rivolte a patroni e amici fiorentini, o a loro giovani allievi. Nel 1515 la grammatica greca di Costantino Lascaris è dedicata all'allora quindicenne Pietro Vettori.

Il G., pur senza disdegnare le opere in volgare, prediligeva il filone classico. Quanto alla veste grafica, delle stampe, pur partendo dai modelli aldini, egli cercò di avvicinarli alla tradizione fiorentina. Soprattutto per le opere greche, finché Aldo fu in vita, il G. non trovò di meglio che imitarlo, facendo in qualche caso seguire di pochi mesi le stesse edizioni; peraltro, il G. conteneva la tiratura a un numero limitato di esemplari. L'editoria del G. era propriamente umanistica, al servizio della scuola e dei buoni letterati, ma le sue escursioni in campi differenti si dimostrarono sempre scelte editoriali felici.

L'inizio dell'attività del G. fu accompagnato dalla frequente presenza, come autore o destinatario di dedicatorie, di Pietro Del Riccio Baldi, seguace ed erede del Poliziano, presente almeno in una circostanza alle riunioni degli Orti Oricellari. Altri letterati importanti collaborarono in seguito, soprattutto per le edizioni dei classici latini. Il primo è anche uno dei più abili editori-curatori dell'epoca, Benedetto Riccardini, filologo di chiara fama, tanto da essere conosciuto con il soprannome di Benedictus Philologus, autore di una grammatica latina pubblicata postuma dal G. nel 1510 (il Riccardini era morto nel 1506). Il Philologus collaborò con la tipografia giuntina dal 1497 al 1506 per sedici edizioni; rilevò l'incarico Luca Robbia, frate, suo allievo e seguace di G. Savonarola, dal 1507 al 1514 per otto edizioni; Francesco Alfieri, fiorentino, curò le edizioni del Petrarca del 1504, 1510 e 1515; Mariano Tucci, anch'egli fiorentino, collaborò dal 1510 al 1514 per nove edizioni, tra le quali il Virgilio del 1510, probabilmente iniziato già dal Riccardini e da lui solo concluso. Niccolò Angeli da Bucine fu costantemente occupato a emendare e a corredare di dotte prefazioni i classici giuntini (undici edizioni dal 1514 al 1522: Plauto, nel 1514 e 1522, quasi tutte le opere di Cicerone, Macrobio, Quintiliano, gli Scriptores de re rustica nel 1515); Eufrosino Bonini, medico, allievo del Poliziano, collaborò dal 1514 al 1517 per sei edizioni, soprattutto greche. Tra i collaboratori saltuari furono Niccolò Cresci, monaco cistercense, Lorenzo Romuleo nel 1508, Carlo Aldovrandi nel 1513, Marco Musuro nel 1515, Francesco Zeffi nel 1515, Ambrogio Nicandro nel 1515, Carlo Viviani, specialista di Ovidio, nel 1522, Giovanni Giocondo, ovvero fra Giocondo da Verona, monaco e abile architetto, che curò due edizioni di Vitruvio (1513 e 1522). Tuttavia, nonostante questo cospicuo impegno culturale ed editoriale, il G. non godette di una grande reputazione, almeno negli ambienti letterari fiorentini. Nel 1506 Agostino Vespucci, amico di N. Machiavelli, a proposito di un'edizione scorretta del Decennale primo del Machiavelli, la paragonò a quelle del G., di cui biasimava la scorrettezza, la mancanza di spazio e di bianchi.

Il 28 nov. 1513 Leone X, da poco eletto, concesse ad Aldo Manuzio il privilegio per la stampa in corsivo di autori greci e latini. Gli Otto di pratica di Firenze esposero a Francesco Vettori, ambasciatore fiorentino presso il papa, le lamentele dei Giunti, rivendicando addirittura a essi la creazione del corsivo minuto usato da Aldo. Il papa fiorentino, l'anno successivo, dette ampia soddisfazione ai richiedenti, concedendo inoltre al G. e ai suoi figli, con un breve, un privilegio decennale sui libri da loro editi. Rassicurato dal privilegio papale, morto Aldo Manuzio nel 1515, il G. intensificò la sua attività, ricominciando a pubblicare testi greci, soprattutto grammatiche a uso scolastico, ma anche testi nuovi, come l'Oppiano curato da Marco Musuro (1515), che fino a pochi mesi prima era stato il maggiore collaboratore greco di Aldo.

In questo rinnovato fervore, quando si apprestava a dedicarsi a edizioni più belle e accurate, il G. morì a Firenze il 16 sett. 1517.

Gli Annali del Decia registrano poco più di cento edizioni a nome del Giunti. La sua attività fu continuata dai figli Bernardo e Benedetto.

Fonti e Bibl.: M. Bandini, De Florentina Iuntarum typographia eiusque censoribus, Lucae 1791, pp. 24 ss.; D. Marzi, Una questione libraria fra i Giunti ed Aldo Manuzio il Vecchio, Milano 1896; P. Kristeller, Early Florentine woodcuts, London 1897, nn. 63, 78, 219, 227e, 307, 328b, 363, 435a; A.A. Renouard, Annali delle edizioni aldine. Con notizie sulla famiglia dei Giunta e repertorio delle loro edizioni fino al 1550, Appendice, Bologna 1953, pp. IX-XI; E.J. Norton, Italian printing 1501-1520, London 1958, pp. 29 s.; R. Ridolfi, La stampa in Firenze nel secolo XV, Firenze 1958, pp. 27 s.; W.A. Pettas, An international Renaissance publishing family: the Giunti, in The Library Quarterly, XLIV (1974), pp. 334-349 passim; C. Di Filippo Bareggi, Giunta, Doni, Torrentino: tre tipografie fiorentine fra Repubblica e Principato, in Nuova Rivista storica, LVIII (1974), pp. 318-348; D. Decia, I Giunti tipografi editori di Firenze, 1497-1570, I, Annali 1497-1570, Firenze 1978, pp. 1-216 passim; C. Dionisotti, Stampe giuntine, in Id., Machiavellerie, Torino 1980, pp. 177-192; L. Perini, Editoria e società, in Firenze e la Toscana dei Medici nell'Europa del Cinquecento, Firenze 1980, pp. 270-273; Id., Firenze e la Toscana, in La stampa in Italia nel Cinquecento. Atti del Convegno, … 1989, a cura di M. Santoro, Roma 1992, pp. 432-435.

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