BINI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BINI, Giuseppe

Armando Petrucci

Nacque a Varmo nel Friuli, il 22 apr. 1689, da Giovanni Battista e da Bernardina dei conti di Varmo. Avviato alla carriera ecclesiastica, prese gli ordini minori nel 1710 e studiò quindi teologia e filosofia ad Udine, mostrando subito una viva inclinazione per gli studi storici e per la letteratura. Il 1º maggio 1712 fu ordinato sacerdote e tentò invano di farsi nominare bibliotecario della Biblioteca patriarcale di Udine; entrato nelle grazie del conte Niccolò Madrisio, fu fatto ascrivere da questo all'Arcadia nella primavera del 1713 col nome di Tegeso Acroniano, e quindi all'Accademia degli Sventati di Udine. Ai primi del 1714 ricevette l'incarico di precettore del giovane Fabio di Colloredo, figlio del marchese Rodolfo, e accompagnò il suo discepolo a Roma, ove rimase fino alla primavera del 1716. A Roma entrò in contatto con i dotti originari della sua regione, e in particolare con G. Fontanini, G. M. Crescimbeni e L. Porcia.

Tali incontri, e l'atmosfera stessa dell'ambiente ecclesiastico romano, determinarono una svolta nei suoi interessi, fino ad allora volti prevalentemente alle esercitazioni poetiche, e fecero nascere in lui una vocazione agli studi eruditi. Contribuì l'aggregazione alla Conferenza dei concili, un'accademia ecclesiastica già fondata da G. Ciampini, che si riuniva in Roma nella sede della Congregazione di Propaganda Fide, e davanti alla quale il B. recitò, fra il 1714 e il 1716, tre dissertazioni di storia ecclesiastica. Fu nel periodo romano che egli progettò una Storia della provincia ecclesiastica di Aquileia, che avrebbe vagheggiato per tutta la vita senza mai compiere, e fu nel 1715 che scoprì nella Biblioteca Vallicelliana gli atti del concilio di Mantova dell'827, da altri pubblicati.

Tornato nel Friuli nella primavera del 1716, il B. riordinò e ampliò il materiale documentario già raccolto; quindi nel 1719 divenne segretario di gabinetto del conte Girolamo di Colloredo, allora nominato governatore imperiale di Milano. A Milano il B. svolse, per sette anni, importanti funzioni amministrative e politiche, intraprendendo nello stesso tempo lo studio e lo spoglio degli archivi ecclesiastici di Milano e di Monza e la stesura di una genealogia dei Colloredo. Nel 1719 entrò in contatto epistolare con L. A. Muratori, e fra il 1722 e il 1723 si adoperò per favorire la stampa in Milano dei Rerum Italicarum Scriptores. Sul finire del 1725 il Colloredo, nominato supremo maresciallo di corte e presidente del Consiglio d'Italia, si trasferì a Vienna, portando con sé il B., ma la morte improvvisa del suo protettore (2 febbr. 1726) lasciò di colpo l'ancor giovane ecclesiastico privo di impiego e di appoggi. Ritornato perciò in patria, nel marzo del 1727, fu fatto dal conte Carlo di Savorgnan vicario della pieve di Flambro, e ivi condusse avanti con maggior lena i suoi lavori d'erudizione restringendoli definitivamente, nella solitudine del luogo, ad un ambito meramente regionale. Ciò gli fece sentire con sempre maggiore evidenza quanto male avesse fino ad allora arrecato all'erudizione locale il geloso esclusivismo di G. Fontanini, con cui, del resto, egli, filoimperiale per impiego e filomuratoriano per amicizia, doveva essere venuto già in contrasto sin dagli anni milanesi, quando più vivace si svolgeva la polemica relativa a Comacchio. Perciò il B. da una parte tentò di dare nuovo impulso alla vita culturale friulana attraverso l'insegnamento privato e la istituzione nel 1731 ad Udine di una nuova accademia erudita, dall'altra volse ogni sforzo alla valorizzazione dei documenti di storia regionale ancora reperibili, che offriva ad amici e conoscenti, dal Muratori al De Rubeis, al Liruti, al Coleti.

La solitudine di Flambro, e forse anche la sempre crescente coscienza dell'inanità dei suoi sforzi, dovettero incupire il B., che nel 1733 confessava al Muratori: "In questa religiosa mia filosofica solitudine, io non posso ricordarmi se non con rossore e con pena di ciò che feci nelle Accademie di Roma e di ciò che fui nella corte di Milano" (Degani, p. 193). Sentimenti, questi, che rafforzarono maggiormente in lui la sua riluttanza a pubblicare quelle dissertazioni che pure veniva componendo e quelle ricche sillogi documentarie che veniva raccogliendo indefessamente. Egli pensava che soltanto l'ampiezza delle informazioni consentisse conclusioni sicure (ibid., p. 188); ma intanto G. F. B. De Rubeis pubblicava in vece sua nel 1740 quei Monumenta ecclesiae Aquileiensis, di cui ancora nel 1736 egli andava preparando il disegno definitivo (ibid., p. 199); e il Muratori rifiutava quasi tutto il materiale da lui offerto, osservando che il "tesoro" del B. cominciava "ben tardi", cioè, per quanto si può giudicare ora, dal Trecento circa.

Nel 1739 il patriarca d'Aquileia, D. Delfino, nominava il B. arciprete di Gemona, località più grande e amena della isolata Flambro; nella nuova sede il B. raddoppiò le sue attività di educatore e di riordinatore di patrie memorie, organizzando inoltre in Udine nel 1742 la biblioteca e l'archivio vescovile di nuova istituzione. In questo stesso periodo ebbe modo di raccogliere un gran numero di notizie documentarie sulla presenza e l'attività nel Friuli, e a Gemona in particolare, di numerose famiglie di mercanti toscani nei secoli XIII, XIV e XV, e ne diede notizia in una ampia e interessante relazione ad A. F. Gori, per il cui interessamento fu, il 30 ag. 1747, nominato accademico colombario.

Nel 1750, giunta a definitiva maturazione l'annosa questione del patriarcato di Aquileia, che Benedetto XIV, dietro le insistenze imperiali, si apprestava a sopprimere, per sostituirvi i due arcivescovadi di Gorizia e di Udine, il B. fu incaricato di recarsi a Roma insieme con il cardinale veneto Carlo Rezzonico, in qualità di consultore, per sostenervi le ragioni della Repubblica. In realtà pare abbia sostenuto la decisione del pontefice, e si sia adoperato, d'accordo con il Rezzonico, per favorire una composizione pacifica della vertenza, guadagnandosi l'inimicizia del patriarca Delfino, ma la stima e l'affetto di Benedetto XIV, che rimase con lui in corrispondenza negli anni seguenti, e del Rezzonico, futuro Clemente XIII. A questo, quando fu divenuto papa, il B. inviò in dono numerosi manoscritti da lui posseduti, che oggi fanno parte dei fondi della Biblioteca Vaticana.

Tornato a Gemona nel 1753 al termine della difficile missione romana (della quale ha lasciato un Diario manoscritto, oggi nella Biblioteca Comunale di Udine, ms. n. 11), il B. riprese le sue antiche abitudini di vita e di studio. Il 16 marzo 1773 morì lasciando un gran numero di manoscritti, oggi per la maggior parte conservati nell'Archivio Capitolare di Udine, ma anche in altre biblioteche della città. Da essi furono in tempi diversi estratte sue dissertazioni e lettere, che praticamente rappresentano tutto quanto di lui è divulgato a stampa (cfr. l'elenco delle sue opere a stampa in Marchetti, p. 416).

Difficile è oggi dare un giudizio sul vero valore come erudito del B., che pure in vita godette di alta fama. La sua lettera allo Zeno su S. Maria di Sesto (in D. M. Manni,Osservazioni sopra i sigilli antichi, IV, Firenze 1740, pp. 138-41), le sue Memorie delle famiglie fiorentine stabilite in Gemona (edite in Beccaria, pp. 24-49), la sua dissertazione sulla parrocchia di Gemona (De parochia Glemonensi... relatio..., Gemona 1887), scritti tutti scrupolosamente basati su un gran numero di documenti, mostrano buona critica e grande conoscenza della storia friulana del basso Medioevo. Ma prevalente dovette essere in lui la capacità di stringere rapporti umani e di comunicare agli altri quanto sapeva, né per caso egli, allievo di un erudito di stampo secentesco quale il Fontanini, fu maestro carissimo dell'illuminista G. R. Carli.

Fonti e Bibl.: L'archivio del B., con il suo ampio epistolario, è attualmente conservato nell'Archivio Capitolare di Udine; per altri suoi manoscritti, cfr. G. Mazzatinti,Inventari dei manoscritti delle Bibl. d'Italia, III, pp. 211, 223, 226, 238; per la sua corrispondenza, cfr. E. Degani,La corrispondenza epistolare di L. A. Muratori con mons. G. B. friulano, in Nuovo arch. veneto XIII (1897), pp. 159-200; G. Vale,La corrispondenza del pp. Benedetto XIV con l'arciprete G. B., in Miscell. Pio Paschini..., II, Romae 1949, pp. 396-408; Id.,Due lettere di L. A. Muratori a G. B., in Riv. di storia della Chiesa in Italia, IV (1950), pp. 147-51; P. S. Leicht,Corrispondenti friulani di L. A. Muratori, in Mem. stor. forogiuliesi, XL (1952-1953). pp. 175-88. Cfr. inoltre su di lui: G. R. Carli,Lettera intorno ad alcune monete..., in Raccolta di opuscoli scientificie,filologici…, XXV (1741), pp. 117-51; G. M. Mazzuchelli,Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 1241-44; G. G. Liruti,Notizie delle vite ed opere scritte da' letterati del Friuli, IV, Udine 1830, pp. 343-46; A. Beccaria,Appunti inediti di G. B. sulle famiglie toscane dimoranti in Gemona nei secoli XIII,XIV e XV, in Atti della Soc. Colombaria, LI-LII (1908-1909), pp. 195-226; G. Vale,Contributi di un friulano alla Bibl. Vaticana, Udine 1923; P. Paschini,Arcadia in Friuli e Friuli in Arcadia, in Mem. stor. forogiuliesi, XXX (1934), pp. 65-82; Id.,Mons. G. Ciampini e la conferenza dei concili a "Propaganda", in Rend. della Pontif,Acc. rom. di arch., XI (1935), pp. 101-06; G. Marchetti,Il Friuli. Uomini e tempi, Udine 1959, pp. 410-417 (con bibl.).

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