GIUSEPPE Bonaparte, re di Napoli, poi re di Spagna

Enciclopedia Italiana (1933)

GIUSEPPE Bonaparte, re di Napoli, poi re di Spagna

Piero Pieri

Nacque il 7 gennaio 1768 a Corte, poco più d'un anno e mezzo prima del suo grande fratello Napoleone. Fu dapprima, grazie a una borsa di studio, nel collegio di Autun; in seguito studiò legge a Pisa e nel 1788 divenne avvocato a Bastia. Abbracciò decisamente il partito francofilo della sua isola, e quando nel 1793 il Paoli cacciò, con l'aiuto inglese, i Francesi dalla Corsica, G. riparò in Francia, a Parigi prima, e a Marsiglia poi. Quivi il 1 agosto 1794 egli sposò Julie Clary, figlia di un ricco negoziante di seta. Nel 1795 fu mandato in missione a Genova, per studiare anche il modo di ricuperare la Corsica. Nel 1796 Napoleone lo chiamò all'amministrazione dell'esercito d'Italia, e si servì di lui per le trattative dell'armistizio di Cherasco. Poi, verso la fine dell'anno, riconquistata dai Francesi la Corsica, Giuseppe fu mandato nell'isola a riorganizzarvi l'amministrazione e il partito francese e fu eletto poscia membro dell'Assemblea dei 500. Nel marzo 1797 ebbe la carica di residente presso la corte di Parma, e nel maggio fu nominato ambasciatore a Roma, col delicato incarico di giacobinizzare la città. Sembrando però poco energico, gli fu messo accanto il gen. Duphot, fidanzato della sorella Paolina. Ma costui veniva ucciso dalle milizie pontificie in un grave incidente il 28 dicembre dello stesso anno. Rotte le relazioni diplomatiche, Giuseppe se ne tornò in Francia e durante la spedizione d'Egitto visse piuttosto appartato, a Parigi. Ebbe poi qualche parte nel preparare il colpo di stato del 18 brumaio, trattando col Sieyès e col Moreau; dopo di che Napoleone lo nominò consigliere di stato e tribuno, e prima lo incaricò dei negoziati con gli Stati Uniti d'America per il trattato d'amicizia di Montfontaine, poi gli affidò le traitative con l'Austria che condussero alla pace di Lunéville (9 febbraio 1801), quindi quelle (insieme al consigliere di stato Crétet e all'abate vandeano Bernier), che approdarono alla conclusione del famoso Concordato del 15 luglio 1801, e infine le trattative per la pace di Amiens con l'Inghilterra del 27 marzo 1802. In seguiio G. fu innalzato a principe imperiale, grande elettore dell'impero, luogotenente dell'esercito, massimo grado militare dopo l'imperatore.

Nel 1806 Napoleone lo pose sul trono di Napoli, e dal 30 marzo G. prese a governare. In poco più di due anni di regno si compirono grandi cose, prima fra tutte l'abolizione della feudalità, così che Murat trovò poi la via molto spianata nel campo delle riforme. Nominato il 7 luglio 1808 re di Spagna e delle Indie, G. promulgò da Baiona il giorno stesso una costituzione che significava per la Spagna la fine dell'antico regime. Dovette ciò nonostante aprirsi la via con le armi fra gl'insorti spagnoli, e il 25 luglio entrava in Madrid. Ma l'abbandonava sette giorni dopo a cagione degl'improvvisi disastri delle armi francesi. E realmente egli non aveva seguito nel nuovo regno: i "giuseppini" non erano che un esiguo numero di liberali che aspettavano dal regime napoleonico la fine dei vecchi abusi e riforme in senso moderno. Ma la maggior parte degli stessi liberali voleva innanzi tutto il paese libero dallo straniero. L'8 dicembre 1808, grazie all'intervento diretto di Napoleone, G. poté rientrare nella capitale spagnola. E vi rimase fino all'11 agosto 1812, allorché gl'Inglesi l'obbligarono a fuggire. Rientrò nuovamente il 2 novembre, ma per ritirarsi poi definitivamente e da Madrid e dalla Spagna dopo la grande rotta dei Francesi a Vittoria, il 21 giugno 1813. Dietro ordine di Napoleone, egli riconobbe poi nel dicembre Ferdinando VII come re di Spagna. La fortuna napoleonica ormai declinava; nel gennaio 1814 G. era nominato da Napoleone comandante supremo della guardia nazionale, e posto accanto all'imperatrice nella reggenza. Egli preparò alcuni apprestamenti difensivi, e diresse, almeno di nome, la difesa della capitale il 30 marzo, contro gli eserciti alleati. Dopo la prima abdicazione di Napoleone si recò nel cantone svizzero di Vaud; ma durante i Cento giorni fu di nuovo a Parigi come principe francese e presidente del consiglio di reggenza. Seguì poi il fratello dopo Waterloo, e quando questi si diede agl'Inglesi, egli s'imbarcò per l'America, dove, sotto la veste di conte di Survilliers acquistò vaste tenute e non mancò di proteggere quanti Francesi gli s'avvicinavano. Dopo cinque anni ottenne la cittadinanza americana. Caduta in Francia la dinastia dei Borboni, il 18 settembre 1830 G. protestò da New York in un indirizzo alla Camera dei deputati, contro l'avvenuta esclusione del duca di Reichstadt dalla successione. Nel 1832 poi si portò a Londra, sperando di poter presto tornare in Francia. Ma invano. Nel 1841, dopo d'esser stato qualche tempo a Genova, ottenne di stabilirsi a Firenze, dove la moglie, che per ragioni di salute non aveva potuto seguirlo in America, aveva posto la propria sede nel 1823. E a Firenze G. spirò il I8 luglio 1844. Sepolto in Santa Croce, le sue ceneri vennero trasportate a Parigi agl'Invalidi nel 1862. La moglie lo seguì nella tomba il 7 aprile 1845.

G. ebbe due figlie: Zenaide Carlotta Giulia, nata l'8 luglio 1801, che sposò nel 1822 il cugino Carlo Luciano, principe di Canino, figlio di Luciano Bonaparte, ebbe quattro maschi e cinque femmine e morì a Napoli, separata dal marito, l'8 agosto 1854; e Carlotta Napoleone, nata il 31 ottobre 1802, che sposò anch'essa un cugino, Napoleone Luigi, figlio di Luigi ex re d'Olanda (morto il 17 marzo 1831 a Forlì durante la rivoluzione dell'Italia centrale) e morì d'improvviso a Sarzana il 3 marzo 1839.

Carattere debole e poco energico, amante dei piaceri senza attitudini militari, e senza grande resistenza al lavoro, G. era poco adatto alle alte cariche cui la fortuna lo chiamò. Napoleone stesso, nell'affidargli il regno di Napoli, dichiarava che gli offriva l'occasione di rivelarsi. Pure, G. era ambizioso e non privo d'una certa vanità: amava farsi chiamare il re filosofo, e di filosofico era in lui al più un'abituale bonomia unita a una certa filantropia sentimentale. A Napoli tuttavia mostrò la parte migliore di sé e molte delle più illuminate riforme ebbero da lui vigoroso impulso. Ma in Spagna, al contrario, in una situazione ben più difficile, rivelò soprattutto le sue manchevolezze; nel 1810 Napoleone gli tolse di fatto il governo delle provincie di nord e di nord-est, affidandole a generali dipendenti direttamente da lui. Ugualmente poi egli si dolse dell'insufficiente energia del fratello nel 1814. Del resto non sembra che fra i due sia stato mai un profondo affetto.

Bibl.: Du Casse, Mémoires et correspondance politique et militaire du roi Joseph, voll. 10, Parigi 1854-55; id., Les rois frères de Napoléon I, Parigi 1883; J. S. C. Abbott, History of Joseph Bonaparte in America, New York 1869; F. Masson, Napoléon et sa famille, voll. 9, Parigi 1897-1909; R. M. Johnston, The napoleonic Empire in Southern Italy, ecc., voll. 2, Londra 1904; J. Rambaud, Naples sous Joseph Bonaparte, Parigi 1911.