CARADONNA, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 19 (1976)

CARADONNA, Giuseppe

Maria De Giorgi De Notaristefani

Figlio di Giulio e Giulietta Di Roma, nacque a Cerignola (Foggia) il 5 ott. 1891. Dopo aver compiuto gli studi ginnasiali nella scuola locale, frequentò il liceo al convitto nazionale di Lucera e si iscrisse poi alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Napoli, dove si laureò in legge prima della guerra.

Allo scoppio delle crisi balcaniche, appena ventenne, si arruolò volontario in Albania al seguito del gen. Ricciotti Garibaldi. Fautore dell'intervento, combatté nella prima guerra mondiale come capitano. Di ritorno dal fronte, mutilato e pluridecorato al valore, emerse nella vita politica locale, muovendo i primi passi nella sezione mutilati di Cerignola, della quale nel 1919 venne eletto presidente.

La sua influenza si estese rapidamente nel movimento combattentistico della Capitanata; collaborò infatti all'organizzazione dei reduci con una propaganda che lo pose a livelli di notorietà regionale, ma che gli attirò i sospetti delle autorità perché manifestava un ambiguo proposito di sovvertire le strutture statali. In effetti il C., proveniente da una famiglia di grossi proprietari terrieri, rappresentò la difesa del ceto agrario dalla cui parte si era schierata sin dall'inizio l'Associazione nazionale combattenti del Foggiano. Con il sorgere dei Fasci di combattimento, che in Puglia si configuravano come reazione padronale alle rivendicazioni del bracciantato, assurse a ruoli preminenti nello squadrismo regionale, del quale fu riconosciuto l'animatore e l'organizzatore.

Nel novembre del '20 fondò il Fascio di Cerignola e guidò le squadre d'azione contro gli organismi proletari, ingaggiando scontri violenti con i contadini; nella notte del 25 febbraio 1921, in occasione dello sciopero proclamato dai socialisti, i leghisti appiccarono il fuoco alla sua masseria, ma tra la fine del mese e gli inizi di marzo il C. occupò il comune di Cerignola di fronte a una forza pubblica il cui immobilismo offrì il fianco ad accuse di connivenza della polizia locale con i fascisti. Le spedizioni punitive si irradiarono da Cerignola verso tutti i centri della Capitanata (San Severo, Stornara ecc.) e si estesero in Terra di Bari dove la Federazione provinciale dei Fasci si costituì con l'aiuto del C. (31 luglio '21) e visse protetta dalla sua influenza. L'offensiva - che proseguirà ininterrotta fino a quando con la caduta di Andria (luglio, '22) i fascisti si saranno garantiti il controllo di tutte le amministrazioni - si intensificò, in funzione elettorale, con la formazione dei Blocchi nazionali del '21 (nella sola giornata delle votazioni a Cerignola si registrano nove morti).

Nelle politiche del '21 il C. presentò la propria candidatura alla Camera per la circoscrizione Bari-Foggia e risultò eletto con 133.414 voti; uno scarto di preferenze dunque, che lo pose terzo solo dopo i liberali Salandra e Spada. La sua elezione, che a Montecitorio rientrava in quelle contestate perché il deputato non aveva raggiunto i trent'anni richiesti per la eleggibilità, fu approvata il 2 giugno 1922, avendo egli varcato il limite d'età al momento della convalida. Raggiunta una posizione di primo piano a livello nazionale, il C. si impose per l'"estremismo" che caratterizzò la sua linea politica. Legato alla tradizione monarchica meridionale, si oppose al discorso di Mussolini sulla "tendenzialità repubblicana" del fascismo e nel congresso dei Fasci a Milano (2-3 giugno '21) votò in favore della partecipazione dei deputati alla seduta reale per l'inaugurazione della XXVI legislatura. All'apertura della nuova Camera fu nel gruppetto di fascisti che assalì il comunista F. Misiano accusato di diserzione (13 giugno). Esponente del "rassismo" provinciale, si schierò alla sinistra del movimento sulle posizioni dell'ala farinacciana. Nell'agosto del '21 contrastò il patto di pacificazione con i socialisti, ritenendolo frutto di un cedimento agli avversari e aderì alle iniziative degli intransigenti per la riaffermazione del carattere rivoluzionario del fascismo. Nel settembre, infatti, partecipò con Balbo, Grandi e Misuri alla spedizione degli squadristi dissidenti a Ravenna e intervenne alle riunioni segrete che gli oppositori di Mussolini tennero a Ferrara e Todi; nel convegno ferrarese anzi, secondo il resoconto del Chiurco, si sarebbe progettato di uccidere Nitti nell'eventualità di un suo ritorno al potere e il C. sarebbe stato tra i fascisti designati a espletare tale compito. In Puglia mantenne nei confronti di G. Di Vittorio un atteggiamento ostile tanto da rendere nullo ogni tentativo di riconciliazione tra le parti. La situazione regionale si inasprì quando il 25 settembre l'on. socialista G. Di Vagno venne assassinato dai fascisti a Mola di Bari.

La responsabilità diretta del C. non emerse, ed egli stesso, scrivendo a Bonomi e polemizzando con Mingrino, l'organizzatore degli Arditi del popolo, tentò di spoliticizzare l'accaduto. Ma, nonostante ciò, l'opinione pubblica, scossa da quest'ulteriore violenza, inscenò una campagna a lui ostile, accusandolo di essere il mandante morale del delitto.

Al congresso dell'Augusteo a Roma (10 nov. 1921) per la trasformazione del movimento in partito, il C., già delegato della Puglia nel Consiglio dei fasci, entrò negli organi direttivi del P.N.F. come rappresentante regionale al Comitato centrale. Nell'ottobre del '22 ebbe un peso notevole nell'organizzazione della marcia su Roma. I capi che elaborarono il piano tattico per la conquista dello Stato lo designarono al comando della colonna proveniente dal Sud (Bordighera, 18 ottobre) e lo nominarono ispettore generale di Puglia e Calabria (Firenze, 20 ottobre). Il C., mobilitate le squadre a cavallo le concentrò all'adunata di Napoli (24 ottobre) e di là spinse i reparti all'attacco contro i comuni meridionali e diresse di persona le operazioni per la presa di Foggia (29 ottobre). Alla costituzione del nuovo gabinetto, presieduto da Mussolini, entrò nel ministero delle Poste, in sostituzione di M. Terzaghi, come sottosegretario di G. A. Colonna di Cesarò prima, e di C. Ciano poi (10 nov. '22-3 luglio '24).

Con la fine del '22 e gli inizi del '23, quando scoppiò il dissidentisma fascista ed emersero aspre contese nelle gerarchie del partito, la vita politica pugliese fu sconvolta dalle rivalità clientelistiche per il controllo del potere comunale, lotte che le fazioni locali mascherarono dietro la bandiera della dissidenza. Così in Terra di Bari il C. entrò in diverbio con Starace per le risoluzioni da adottare nella caotica situazione dei Fasci. Il dissidio più acuto si verificò però in Capitanata dove il contrasto tra il C. e il membro del Gran Consiglio G. Postiglione oltrepassò i limiti personalistici per configurarsi come antagonismo tra il fascismo provinciale e quello del capoluogo. Nel conflitto tra fascisti e nazionalisti ('22-'23), che assunse dimensioni macroscopiche nel Salento, il C. appoggiò questi ultimi, scontrandosi ulteriormente con Starace ostile ai nazionalisti.

Nelle elezioni del 1924 fu rieletto deputato nel collegio pugliese; in seguito al delitto Matteotti prese parte alle riunioni del Gran Consiglio (luglio '24) per discutere sulla situazione politica e sugli indirizzi del fascismo. Negli anni dal 1923 al 1926, con il dibattito tra sindacalismo fascista e agrari insofferenti d'ogni vincolo contrattuale, si schierò con i proprietari terrieri contro i locali dirigenti del sindacato.

Il 1926 segnò nella carriera politica del C. l'avvio a una fase di declino che, se fu l'immediata conseguenza di uno scandalo regionale, ebbe tuttavia radici più profonde e risaliva al generale disagio che avvertirono gli ex squadristi con l'avvento di A. Turati alla segreteria del partito.

All'inizio dell'estate il gen. D'Alfonso, esponente del Fascio di San Severo, lo accusava in un pubblico comizio di essere "ladro e capo della Ceka di Capitanata". La vertenza tra i due assumeva una risonanza di vaste dimensioni per lo stato di disordine in cui versava il fascismo regionale. Il C. infatti si dimise da segretario della federazione del Fascio e, seguito per solidarietà dalla maggioranza dei consiglieri, si ritirò dal Consiglio provinciale di Capitanata, del quale era stato eletto all'unanimità presidente nelle elezioni amministrative del 1923.

Nel luglio dello stesso 1926 pervenne inoltre alle gerarchie superiori del partito l'informazione che il C. preparava, in collegamento con le squadre di Farinacci, una rivolta dei fascisti meridionali contro Federzoni, allo scopo di epurare la direzione dagli elementi moderati. Mussolini, che già dopo il discorso del 3 gennaio puntava alla revisione dei quadri del partito per colpire ogni nucleo di dissidenza, tentò di allontanare il C. dall'Italia. Nel '28 infatti giunse al C. la nomina a ministro plenipotenziario a Cuba, carica che egli rifiutò, adducendo motivi di famiglia. L'anno seguente le difficoltà del gerarca aumentarono perché fu invischiato nel dissesto economico della Banca regionale pugliese, istituto del quale era consigliere d'amministrazione. Fallita la manovra tendente a confinarlo all'estero, venne messo in condizione di innocuità attraverso l'inquadramento nei ranghi consultivi e amministrativi del fascismo. Riconfermato deputato nelle elezioni plebiscitarie del 1929, nella successiva legislatura (aprile '34-marzo '39) gli fu affidata la vicepresidenza della Camera.

Nel febbraio del 1936 assunse la presidenza dell'Ente nazionale per la cellulosa e per la carta. Nei Consigli delle corporazioni del '34 e del '39, fu chiamato a rappresentare i lavoratori dell'agricoltura nella corporazione Acqua-Gas-Elettricità. Nel '39 con la riforma della rappresentanza nazionale, subì uno scacco politico quando P. De Francisci fu designato vicepresidente della nuova Camera sostituendolo; il C. entrò dunque nella Camera dei fasci e delle corporazioni come consigliere nazionale. Nel novembre del '40 infine fu nominato commissario straordinario per i consorzi di bonifica in provincia di Cosenza.

Nella seconda guerra mondiale, con l'approfondirsi della crisi del regime conseguente allo sbarco degli Anglo-americani in Sicilia, il C. partecipò al clima di tensione che attraversarono i gerarchi; il 16 luglio del '43 fu nella delegazione di fascisti che investirono Mussolini di recriminazioni e ottennero la convocazione del Gran Consiglio. Dopo l'arresto di Mussolini fu condannato dall'Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo (ottobre '44) e ricercato per i fatti di Foggia del '22 dietro mandato di cattura del procuratore generale della Corte d'appello di Bari (maggio '45). Rimase però in libertà sino al febbraio del '46. Nel marzo dello stesso anno fu rinchiuso nel carcere milanese di S. Vittore, dove venne coinvolto nell'ammutinamento dei detenuti capeggiato dal bandito Barbieri in occasione della Pasqua (21 aprile).

Nonostante la stampa, il giorno seguente, commentasse l'accaduto nominando il C. tra gli organizzatori, non fu provato quanta parte egli avesse avuto nella preparazione della rivolta. Il suo nome non figurò perciò tra i condannati al processo contro i capi della sedizione e d'altronde il colore politico che alcune fonti giornalistiche credettero di individuare nell'insurrezione, collegando i fatti al contemporaneo trafugamento della salma di Mussolini, appariva contrastante con il carattere spontaneo e incidentale della sommossa.

Trasferito nel carcere di Viterbo, fu poi rilasciato da un'ordinanza del procuratore di Bari con un foglio di via per Roma (12 ag. '46). Ritornò alla ribalta nel febbraio del 1948, quando sulla stampa nazionale corse voce che l'ex gerarca si candidava in Puglia per le elezioni alla Camera dei deputati. La notizia, che fu pubblicata da più parti, riveste tuttavia un assetto poco chiaro, sia perché i giornali discordano nell'indicare la lista in cui si sarebbe presentato il C., sia perché la sua candidatura non figura in nessuna delle liste definitive.

Ritiratosi dalla vita politica ufficiale il C. moriva a Roma il 14 marzo 1963.

Fonti e Bibl.: Arch. centr. dello Stato, Segreteria partic. del duce, fasc. Caradonna Giuseppe; Arch. di Stato di Bari, Gabinetto del Prefetto di Bari, bb. 146, 214; Arch. di Stato di Foggia, Atti del commissariato di P.S. di Cerignola, fasc. 29; Arti parlamentari Camera dei deputati. Discussioni, legisl. XXVI-XXIX (1921-39), ad Indices; E. Savino, La nazione operante, Milano 1934, p. 413; A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo, Firenze 1950, ad Indicem; B. Mussolini, Opera omnia, a cura di D. E. Susmel, Firenze 1956-1963, ad Indices; G. Salvemini, Scritti sul fascismo, Milano 1966, ad Indicem; R. De Felice, Mussolini il fascista, I, Torino 1966, ad Indicem; S. Colarizi, Dopoguerra e fascismo in Puglia(1919-1926), Bari 1971, ad Indicem; G. A. Chiurco, Storia della rivoluzione fascista, I-II, Milano 1972, passim; A. Repaci, La marcia su Roma, Milano 1972, ad Indicem; E. Santarelli, Storia del fascismo, I, Roma 1973, ad Indicem; G. Sabbatucci, I combattenti nel primo dopoguerra, Bari 1974, ad Indicem.

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