CASTELLUCCI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)

CASTELLUCCI, Giuseppe

Giuseppe Miano

Figlio di Luigi e di Maria Seri, nacque ad Arezzo il 28 aprile del 1863. Fu allievo degli architetti Crescentino Caselli e Vincenzo Micheli; proseguì successivamente gli studi con Luigi Del Moro; contribuirono inoltre alla sua formazione lo scultore Odoardo Tabacchi e il pittore Luigi Belli. Karl von Stegmann e Heinrich von Geymüller lo vollero, dal 1891, "... come aiuto per la parte disegnativa..." nell'opera Die Architektur der Renaissance in Toscana, pubblicata a Monaco fra il 1885 e il 1908. Per quest'opera il C. approntò "... gran parte dei disegni, dei profili, dei particolari degli interni, delle mille peculiarità ornative e tutta la parte concernente a Michelangelo" (Forti).

Dal gennaio dei 1901, in seguito alla morte di Giuseppe Boccini (31 dic. 1900), il C. rivestì la carica di direttore dell'Opera del duomo di Firenze; nel 1892 frattanto era divenuto architetto dell'Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti della Toscana, dedicandosi in massima parte a opere di tutela, conservazione e restauro, soprattutto di edifici medievali e rinascimentali, in varie province toscane. Ai primissimi anni della sua attività di restauratore risalgono interventi nel ricetto della Biblioteca Laurenziana, in cui egli completò decorazioni parietali, e nella chiesa di S. Trinita in Firenze, dove diresse i lavori di restauro (da lui completati nel 1897), succedendo al Dei Moro, a sua volta subentrato nell'impresa alla morte di G. Castellazzi, iniziatore del ripristino nel 1884. Il Del Moro lo volle inoltre al suo fianco nei delicati interventi sul palazzo Pretorio di Prato (Forti).

Fra il 1894 e il 1897 il C., nella sua mansione di conservatore di monumenti, completò il fronte meridionale del duomo di Grosseto (Arte e storia, XIV [1895], 2, p. 16; Rivista d'arte, XX [1938], pp. 49-59); contemporaneamente, vinto il concorso del 1893, iniziava la costruzione della facciata della cattedrale di Pescia, la cui prima pietra fu posta il 28 apr. 1895: nel 1899 era giunta quasi a metà; fu completata nel 1933 con l'esecuzione del portale (Arte e storia, XIII [1894], 14, p. 111;E. Nucci, La chiesa cattedrale di Pescia. Note stor., Pescia 1938, pp. 50 s.). Il C. fu a più riprese attivo anche a Cortona; nel 1896 subentrò al fiorentino M. Falcini nel proseguimento della facciata del santuario di S. Margherita.

Mutò lo schema della fronte, e compì l'opera nel 1900. Vi ritornò a lavorare nel 1917, quando costruì la cappella votiva ed espiatoria per i caduti della grande guerra, aperta sul fianco orientale della chiesa. Sorta su pianta quadrata coperta a crociera, illuminata con tre finestre circolari, decorata dal lodigiano O. Bignami e dal fiorentino A. Innocenti, venne consacrata il 17 nov. 1918.

Nel 1896, sempre a Cortona, il. C. aveva rimaneggiato - eccessivamente - il palazzo comunale e ripristinato nel contempo la casa Salvini. Presso la cittadina toscana restaurò la chiesa di S. Angelo di Metelliano, rivalorizzandone la primitiva struttura romanica.

Il restauro, iniziato nel 1906 per volontà di monsignor G. Pompilj, interessò la rimozione degli intonaci, la demolizione dei setti murari fra le colonne, la restituzione dell'altare originale e l'asportazione degli altari addossati alle pareti laterali. Il C. ritornò più volte, fino alla sua morte, a porre mano nella chiesa.

Ancora sullo scorcio dell'Ottocento e nel primo decennio del nostro secolo, il C., febbrilmente impegnato in opere di restauro in varie località della Toscana, curò i lavori di ripristino dell'oratorio di S. Giulia (iniziati nel luglio del 1899) in Lucca, dove lavorò anche nel duomo e nelle chiese di S. Andrea a Gattaiola, di S. Frediano, di S. Gennaro, di S. Leonardo e di S. Maria in Corteorlandini; restaurò il campanile di S. Domenico (1899-1900) e quello dei duomo a Fiesole, e a Pisa quello di S. Francesco (1900 circa: vedi A. Bellini-Pietri, Guida di Pisa, Pisa 1913, p. 217); quivi fu attivo anche nella chiesa degli Scalzi.

In S. Maria del Fiore a Firenze, il C. fu impegnato in vari lavori, fra cui ebbe risonanza la ricostruzione della cantoria di Luca della Robbia (L. Becherucci-G. Brunetti, Il Museo dell'opera del Duomo..., [Milano] s. d., I, p. 278. con bibl.). Contemporancamente iniziava una serie di interventi su palazzi fiorentini spesse volte seguendo criteri che oggi non si possono più condividere: tra questi, quello su palazzo Canacci in piazza di Parte Guelfa.

Il ripristino, che nel 1904 era ormai compiuto, fu da molte parti biasimato: si disse che il C. aveva "rifatto più che restaurato" (Ginori Lisci, I, p. 161). Il progetto era stato redatto nell'anno 1900 per invito della Associazione per la difesa di Firenze antica, e la proposta accolta dall'Amministrazione Comunale, proprietaria dell'immobile. Il C. aveva avuto la direzione artistica dei lavori, che per il rimanente furono affidati al decoratore G. Giovannozzi e al maestro scalpellino G. Cipriani sotto la sorveglianza dell'Ufficio tecnico comunale. Nel 1904 era quasi terminato il lato su piazza S. Biagio e fu subito data mano al restauro della facciata su via delle Terme.

La stessa Associazione per la difesa di Firenze antica, della quale il C. era membro, si fece promotrice di una iniziativa volta alla formulazione di un piano di risanamento del quartiere d'Oltrarno.

Il progetto, che avrebbe dovuto completare, estendendo a quel settore della città, gli interventi di riordinamento del tessuto urbano, che avevano avuto il primo episodio nello sventramento dell'area del Mercato Vecchio e nella conseguente creazione del nuovo centro di Firenze, era già stato affrontato, qualche tempo prima della sua morte, dall'architetto G. Boccini. Gli obiettivi del piano vennero indicati nella Deliberazione della Giunta Comunale di Firenze. Adunanza del 12 febbr. 1901 (in Bollettino dell'Associazione per la difesa di Firenze antica, II[1901], p. 37); della commissione istituita allo scopo facevano parte, fra gli altri, Luca Beltrami, Camillo Boito e lo stesso Castellucci. Successivamente l'Accademia di Belle Arti di Firenze bandì un concorso, con scadenza il 31 genn. 1902, su tre ben definiti temi: "Studio relativo alla piazzetta di S. Biagio", "Comunicazione fra il Centro e Oltr'Arno" e "Risanamento del quartiere compreso fra via Guicciardini, Borgo S. Iacopo e via Maggio".

Vincitore del concorso fu, a "gran maggioranza di voti", il progetto contrassegnato dal motto "Per Firenze Antica", redatto da G. Carocci e dal Castellucci. La proposta prescelta fu vivamente raccomandata al Comune per l'adozione nella seduta della Commissione comunale dell'8 febbr. 1903. "Per Firenze Antica" seguiva, modificandone solo alcuni punti, il progetto Boccini e per aver ricalcato quella traccia il C. e il Carocci fornivano circostanziate motivazioni. La proposta prospettava due zone di intervento: in una veniva risolto il tratto di percorso fra il Mercato Nuovo e l'accesso al Ponte Vecchio, dando anche un nuovo assetto alla piazza di S Stefano; nell'altra si pianificava la comunicazione fra il lungarno Torrigiani e la porta S. Frediano mediante una "grande arteria", che rimediava "all'angustia delle attuali", servendo "l'igiene e il decoro pubblico, portando aria, luce, pulizia in mezzo a laberinti infetti di straducole e di catapecchie, che sono asilo e ricettacolo di depravazione e di vizio" (G. Carocci, Relazione annessa al progetto Castellucci-Carocci presentato all'Accademia delle Belle Arti col titolo "Per Firenze Antica", in Bullettino della Associazione per la difesa di Firenze antica, III[1902], pp. 75-88).

Le concezioni del C. e del Carocci, tutte all'interno di un atteggiamento dualistico fra malintesa conservazione e smanie di risanamento, per quanto riguarda gli interventi su tessuto urbano antico, evitavano di toccare gli "edifici di monumentale valore" e autorizzavano la demolizione di molta parte di tessuto edilizio minore, pur cercando, a dire il vero, di non infierire troppo profondamente. Bisogna dar atto sia alla proposta Boccim sia a quella Carocci-C. di non aver previsto tagli radicali, ma raddrizzamenti e razionalizzazioni di percorsi viari, delineati con indicazioni di allargamenti stradali che seguivano più o meno l'andamento esistente. Veri e propri squarci non venivano previsti, salvo "una comoda piazza" a S. Frediano, l'isolamento dell'abside di S. Spirito e il rifacimento della piazza di S. Stefano. Negli schizzi approntati dal C. per quest'ultima si può ben cogliere come l'aspetto architettonico degli spazi urbani fosse volto ad evocare e recuperare la frusta immagine di un Medioevo oleografico e teatrale, e come i criteri informatori degli interventi non registrassero istanze di ripristini corretti o inserimenti attendibili di elementi, la cui restituzione fosse scientificamente giustificabile.

Molte chiese e numerosi palazzi fiorentini ospitarono dai primi anni dei Novecento in poi, e in certi casi ripetutamente, interventi e opere di restauro promossi e curati dal Castellucci.

Dopo la ricomposizione della cantoria robbiana, il C. fino al 1903 aveva compiuto in S. Maria del Fiore la restituzione sul luogo originario del sepolcro del vescovo A. d'Orso di Tino di Camaino. la pulitura e il rinvenimento di affreschi e la stesura di un progetto di trasformazione della cappella della Neve in camera del Tesoro. Nel battistero di S. Giovanni ricostruì il fonte, tolto più tardi.

Nella chiesa di S. Maria Maggiore il C. intervenne sull'altar maggiore nel 1902, e nel 1934 fornì i disegni della balaustra e del Pulpito (I restauri nella chiesa di S. Maria Maggiore, in La Nazione, 15 giugno 1934); fra il 1911 e il 1912 restaurò, rimaneggiandola, S. Maria della Croce al Tempio; nel 1922 fu attivo in S. Margherita. Prima del 1911 aveva preparato un progetto di restauro della cappella e di ricostruzione della tomba di s. Giovanni Gualberto di Benedetto da Rovezzano, in S. Trinita.

Le case e il palazzo Guicciardini sulla via omonima furono ripristinati fra il 1915 e il 1922 dal C., che vi apportò trasformazioni interne, riordinandone le facciate (R Guicciardini-E. Dori, Le antiche case e il palazzo dei Guicciardini..., Firenze 1952, pp. 68, 72, 74, 135, XXXI). Il C. intervenne inoltre nelle case-torri di via dello Studio e nei palazzi Corsi, Cuccoli-Fiaschi, Martelli (ricostruzione di un tabernacolo, 1918), Portinari-Salviati (oggi Banca Toscana), rimaneggiato integralmente nel 1924 per trasformarlo in banca (A. Chiappelli, Le case dei Portinari..., Firenze 1924), Montauto (dove il C. ricostruì nel 1929 il lato meridionale del cortile), e Mazzei (1930 circa).

Fin dai primi anni dei secolo il C., oltre che attendere a restauri e conservazione di monumenti, esplicò anche attività di progettista, realizzando opere originali per committenti privati: fra queste si ricordano la villa Marchi a Fiesole, già finita nel 1911, il padiglione delle ceramiche a Signa, la cappella funebre della famiglia Levi a Rifredi e di quella Cuccoli-Fiaschi a Fiesole, dove nel 1913 costruì l'edificio del Museo Bandini (G. Caldini, in Arte figurativa, VI[1958], 6, p. 34): tutte architetture eclettiche che rivelano in lui un abile manipolatore di stili, mediante incursioni in molte epoche storiche effettuate con disinvoltura.

A Fiesole il C. lasciò la più significativa testimonianza della sua attività di restauratore, ripristinando la chiesa di S. Francesco, in cui sono ben rilevabili i suoi discutibili criteri di restituzione stilistica attraverso manomissioni, completamenti e aggiunte non indispensabili, il tutto nell'ambito della pratica generalmente accettata, specie nella cultura fiorentina dei momento, dell'eliminazione degli interventi postrinascimentali.

Il C., che attese ai lavori nella chiesa fiesolana dall'ottobre del 1905, tolse tutte le aggiunte barocche esterne e interne, rimosse la cantoria, riaprì il rosone, rifacendone il traforo, e le finestre del presbiterio, alle quali furono apposte vetrate di U. De Matteis; disegnò inoltre il nuovo altar maggiore, eseguito da G. Angeloni e figli di Lucca, e i quattro altari laterali neogotici, in cui lavorarono gli artisti fiesolani E. Bichi e A. Benvenuti; il pittore tedesco K. Plückebaum. affrescò l'archivolto dell'altare della famiglia Marchi, primo a sinistra. Nel 1907 l'opera era compiuta: il lavoro eseguito ebbe vasta eco. Ancora a Fiesole il C. restaurò radicalmente la villa Pratellino, oggi villa Sparta (G. C. Lensi Orlandi Cardini, Le ville di Firenze..., Firenze 1965, p. 78).Col concorso del C. e sotto la direzione dell'Ufficio regionale dei monumenti dell'Umbria fu restaurata, nel primo decennio del Novecento, la pieve romanica di Canoscio presso Città di Castello. Nella medesima cittadina il C. portò a termine il camposanto (ideato nel 1855 da P. Polenzani, continuato da E. De Fabris e poi da L. Del Moro), curando in particolare l'erezione della facciata in stile gotico lombardo e del monumento-mausoleo in memoria del De Fabris, del Del Moro e del conte C. Della Porta nel 1900 c. (Arte e storia, XIX[1900], 18-19, p. 127). Il C. fu impegnato anche nel ripristino dell'interno e nel completamento esterno del santuario dell'Immacolata di Canoscio. sulla cui facciata costruì il portico con severo colonnato dorico (1907).

A più riprese fu attivo in restauri nella sua città natale e nell'Aretino. Gli interventi di ripristino e conservazione che il C. compì ad Arezzo, per l'arco di oltre un trentennio, ebbero il loro primo episodio nel restauro della chiesa di S. Maria delle Grazie, deciso nel 1898 dall'Ufficio regionale dei monumenti della Toscana, che gli affidò l'incombenza.

Nello stesso anno fece eseguire i primi saggi nella chiesa, che aveva già subito un restauro nel 1824. I lavori presero avvio il 10 gennaio 1900, mentre l'amministrazione comunale avversava l'impresa ostacolandone la prosecuzione. Nonostante questa spiacevole situazione, il C. riuscì a concludere l'opera nelle sue linee generali entro il 22 luglio del medesimo anno; nel 1901 isolò l'altare dì A. Della Robbia, l'8 sett. 1906 il restauro dell'interno era finito anche nei dettagli, mentre l'esterno non fu toccato.

L'intervento, condotto con una certa discrezione, quale non fu usata altre volte dal C., consistette nell'abbassamento dell'inipiantito, nella riapertura delle finestre del coro, schermate da vetrate del De Matteis, nel già ricordato isolamento dell'altare, sul quale si effettuarono alcuni arbitrari ritocchi, e nella restituzione di affreschi in varie parti del tempio, specialmente nella volta, che fu curata dal pittore G. Chini.

Nel 1895 e nel 1896 il C. aveva preso parte al concorso per la facciata della cattedrale aretina, vinto nell'ultimo grado da D. Viviani.

Dopo essersi classificato primo per ben due volte, divenne, per "una brusca mossa da Roma, terzo", così che, come argutamente scrisse A. Forti, imparò "a non far più... Castellucci in aria, nell'esito dei concorsi".Fra il 1925 e il 1928, sempre in Arezzo il C. attese al progetto di un "belvedere sulla fortezza medicea (1926), e al restauro, incominciato nel 1914 e quasi finito nel 1926, della chiesa di S. Domenico, restituita "in gran parte al suo primitivo splendore" (Brigata aretina..., II, p. 34). Dal '26 al '27 curò, con finanziamento del podestà, quella che la Brigata aretina dagli Amici dei monumenti chiamò "la fedele, storica ricostruzione completa" del palazzo pretorio. Dal dicembre del 1927 rifece ampiamente il palazzo Cofani Brizzolari sulla piazza Grande, restituendo ricostruita la torre di Uguccione della Faggiuola, inglobata nell'edificio. Nel 1928 terminò il restauro dell'interno della chiesa romanica dei SS. Michele e Adriano, per la quale progettò una facciata goticheggiante, inaugurata nel 1934, mentre attendeva ai lavori di ripristino della casa petrarchesca in Borgo dell'Orto.

Si ricordano altri suoi interventi in chiese aretine: il 21 genn. 1932 fu inaugurata la facciata di S. Agnese, rifatta su suo progetto; nel giugno del 1932 fu compiuto il restauro della cripta di S. Maria in Gradi e il 28 ottobre dello stesso anno fu scoperta la nuova facciata di S. Lorenzo. Il C. disegnò poi la facciata di S. Pier Piccolo (1933 circa), intervenne con radicali lavori di riordinamento nell'ex convento degli olivetani, ed eseguì lavori minori nella pieve e nel campanile di S. Agostino.

Nei dintorni di Arezzo restaurò alcune ville, fra cui "La Striscia" della famiglia Occhini, e ripristinò numerose chiese, delle quali si citano la pieve di S. Donnino a Maiano, S. Maria Assunta in Chiassa (inizi del restauro, 19231, la pieve di S. Antonino a Socana, la prepositura di Laterina (1920-21) e la cappella del cimitero di Castiglion Fibocchi (rifacimento, 1929-30). Inoltre presso Anghiari restaurò S. Maria di Casanovole (trasformazione, 1924-26), a Monte San Savino lavoro nelle chiese di S. Agostino, dei SS. Tiburzio e Susanna in Gargonza (restauro, 1928-29) e nei pressi costruì il campanile della parrocchiale di S. Andrea a Oliveto, compiuto nel 1933. Nel 1925 compì i lavori di completamento della nuova chiesa di Rigutino; nel 1927 terminò il ripristino del chiostro di S. Francesco a Castiglion Fiorentino.

Si menzionano qui di seguito solo alcuni fra gli altri interventi eseguiti in vari centri della Toscana e dell'Umbria. A Lucignano in Vai di Chiana intorno al 1902 il C. liberò la chiesa e il convento di S. Francesco da aggiunte e superfetazioni, restaurando nel contempo la facciata, e il fianco dell'adiacente palazzo del podestà (G. Poggi, in L'Arte, VII [1904], pp. 188-190); in Casentino, a Stia, in stretta collaborazione col committente avvocato C. Beni, ricostruì sulle antiche fondamenta e in forme medievaleggianti il castello di Palagio, quasi compiuto nell'anno 1908 (C. Beni, Guida illustrata del Casentino, Firenze 1908, p. 139); a Bibbiena l'architetto intervenne nella chiesa di S. Lorenzo; a Barberino Vai d'Elsa lavorò nella pieve di S. Bartolomeo e a Empoli nella collegiata (1912). Il C. rimaneggiò inoltre, fra il 1910 e il 1911, il castello di Prodo sulla carrozzabile da Todi a Orvieto e poi, dal 1928 al 1934, ripristinò la badia di S. Fedele a Poppi, rifacendo interamente l'altar maggiore e la balaustra della cappella centrale e riportando in uso la cripta.

Il C. si spense in Firenze l'8 apr. 1939.

Degli scritti del C. si segnalano: Rinnovamento della "Cantoria" di Luca della Robbia, in Il Marzocco, IV (1899), 41 p. 6; Per i tabernacoli fiorentini, ibid., IX (1904), 51, p. 6; I progetti per la Biblioteca nazionale di Firenze, ibid., X (1905), 8, p. 2; La facciata della Basilica di S. Lorenzo in Firenze, ibid., 23, pp. 2 s.

Fonti e Bibl.: Oltre a A. Forti, Un sognatore del passato, in Fieramosca, 22-23 nov. 1906, si vedano i seguenti riferimenti ordinati per città e luoghi di intervento. Arezzo: sul restauro della chiesa di S. Maria delle Grazie: D. Neri, in L'Appennino, 1899, App.; Arte e storia, XIX (1900), p. 27; G. Poggi, in L'Arte, VII (1904), pp. 187 s.; Tarcisio del SS. Sacramento, S. Maria delle Grazie..., Firenze 1906; A. Tafi, S. Maria delle Grazie, Arezzo 1973, pp. 79-81. Su tutti i restauri su edifici sacri nella diocesi di Arezzo: F. Bigi, Arte sacra nella diocesi aretina (1920-1934) Arezzo 1934, passim. Su altri restauri aretini: Brigata aretina degli Amici dei monumenti, Relazioni sull'attività sociale, anni 1925-1928, Arezzo s.d., I, p. 26; II, pp. 15, 34, 80; III, pp. 42, 72, 82; IV, pp. 11, 31, 34, 81 (chiesa di S. Michele); M. Salmi, San Domenico e San Francesco di Arezzo, Roma 1951, p. 4; A. Del Vita, Guida di Arezzo, Arezzo 1953, p. 80; F. Carpanelli, I castelli dell'Aretino, Arezzo 1961, p. 179. Cortona: sulla chiesa di S. Margherita: Archivio del convento: Registro delle entrate e delle uscite..., ad annos;D. Mirri, La nuova chiesa di S. Margherita, Cortona 1916; D. Bacci, IlSantuario di S. Margherita..., Arezzo 1921; D. Mirri, Il santuario di S. Margherita, Cortona 1923; A. Bernardini-A. Castri, Cortona, Arezzo 1960, pp. 33, 46. Sul ripristino di S. Angelo a Metelliano, presso Cortona: B. Frescucci, La chiesa di S. Angelo..., Cortona 1961, p. 19; Id., in Annuario dell'Acc. Etrusca di Cortona, XII (1961-64), s, pp. 285-287, Città di Castello: E. Giovagnoli, Città di Castello. Monografia storico-artist., Città di Castello 1921, pp. 21 s., 168-170, 172 s.; A. Fanfani, Città di Castello, guia storico-artist., Città di Castello 1927, p. 124. Grosseto: A. Ademollo, I monumenti medioevali e moderni della provincia di Grosseto, Grosseto 1894, pp. 72-95 passim. Fiesole: sulla chiesa di S. Domenico: L. Ferretti, La chiesa e il convento di S. Domenico di Fiesole, Firenze 1901, p. 65; Id., in L'Illustratore fiorentino, IV (1907), p. 122; S. Orlandi, Il convento di S. Domenico a Fiesole, in Mem. domenicane, LXXVII(1960), I, pp. 3 s.; sulla chiesa di S. Francesco: B. Dei, S. Maria del Fiore... ora S. Francesco..., in occasione del recente restauro, Firenze 1907; v. anche L'Illustrat. fiorentino, VII (1910), pp. 130-139. Firenze: sui restauri nelle chiese fiorentine di S. Margherita, S. Maria della Croce al Tempio, S. Maria del Fiore, S. Maria Maggiore, S. Trinita: W. e E. Paatz, Die Kirchen von Florenz, VI (Indice), Frankfurt ain Main 1954. Su restauri in palazzi fiorentini: IlPalazzo dei Canacci, in La Nazione, 2-3 febbr. 1904; R. Pantini, in Emporium, XXII (1905), pp. 225-238; Facciata del Palazzo Canacci, in Boll. dell'Ass. per la dif. di Firenze antica, II (1901), p. 40; M. Bucci-R. Bencini, Palazzi di Firenze. Quartiere di S. Croce, Firenze 1971, pp.37, 85; L. Ginori Lisci, I palazzi di Firenze nella storia e nell'arte, I-II, Firenze 1972, ad Indicem. Lucca: sul restauro dell'oratorio di S. Giulia: P. Bartelloni, in Arte e storia, XVIII (1899), 16-17, pp. 112 s.

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