ELENA, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 42 (1993)

ELENA, Giuseppe

Gianluca Kannès

Figlio di Antonio, nacque a Codogno (Milano) il 2 luglio 1801. Abbandonò per la pittura gli studi in seminario. Entrato a Brera probabilmente già ventenne, è dubbio che vi abbia potuto svolgere studi regolari; nel 1822 e 1824 era presente come miniatore all'esposizione annuale dell'accademia e nel 1826 vinse il concorso di seconda classe di figura per l'invenzione del disegno. Sposatosi, nel 1826, con Teresa Comi, ne ebbe nel 1827 l'unico figlio, Paolo.

Testimonianza di un esordio non privo di ambizioni è la richiesta per aprire nella propria casa una stamperia litografica, presentata nel luglio 1826 alla I. R. Direzione di polizia. La licenza, negata in un primo tempo, fu concessa nel marzo 1827, in considerazione dell'essere l'artista "non sprovveduto" di mezzi, "possedendo alcuni terreni", e tenendo presenti la sua affermazione dell'anno precedente al concorso di Brera e l'esito di alcuni "esperimenti litografici sopra delineazioni dei professori Hayez e Palagi" (Arch. di Stato di Milano, Commercio, cart. 347).

Il Calabi (1958, pp. 55, 76) segnala l'E. come già attivo a Milano nel 1816 e ritiene che si sia formato presso la Stamperia reale, che, dopo la chiusura dello stabilimento di G. De Werz, il primo ad introdurre nel 1808 la tecnica litografica in Lombardia, ne aveva ereditato parte dell'attività. Più probabilmente l'E. si accostò invece al nuovo mezzo come autodidatta, stimolato, durante gli studi a Brera, dal crescente interesse che verso gli sviluppi della litografia all'estero andavano dimostrando F. Hayez ed altri artisti, e dalle prospettive aperte negli anni '20 dalla rapida espansione del mercato artistico e letterario milanese. Esauritosi fra il 1813 e il 1815 l'esperimento del De Werz, l'assenza di torchi la cui capacità andasse oltre la stampa di circolari, spartiti musicali o etichette commerciali era, in Lombardia, un problema da tempo segnalato come critico. Lo stabilimento dell'E., che l'artista stesso presentava, sulla Gazzetta di Milano del 30 apr. 1827 come aperto "non solo per mire di interesse, ma ancora per passione alle belle arti", fu il primo a tentare una specializzazione in campo figurativo e deve a questo un posto di rilievo nella storia della litografia milanese.

Attraverso i bollettini mensili dell'Ufficio censura (cfr. Arrigoni, 1974) abbiamo conoscenza di circa una settantina di opere, cui vanno aggiunte le sessanta tavole dell'album Costumi vestiti alla festa da ballo data dal conte Giuseppe Batthyany … (1828-1829), testo fondamentale del romanticismo storico milanese, e l'impostazione di un ambizioso Viaggio pittorico nel Regno Lombardo Veneto disegnato da Migliara, Bisi ed altri artisti…previsto in 100 tavole, che non andò oltre la pubblicazione del primo fascicolo (1827-28) con frontespizio e cinque vedute. Tra gli artisti di cui la stamperia Elena litografò opere risultano, oltre a F. Hayez e G. Migliara, c. Cornienti, M. Gozzi, L. Bisi e R. Focosi, che fece qui le prime prove per il suo ciclo di illustrazioni dai Promessi sposi (storicamente urlo dei primi dedicati a questo tema), poi proseguito presso Vassalli. L'impresa dell'E., il cui avvio è calorosamente recensito nel 1827 da G. Caselli, fu tuttavia messa in difficoltà dal moltiplicarsi fra 1828 e 1830 di iniziative consimili, fornite di una base artigiana e patrimoniale più solida. La stamperia è citata fra le poche "ancora in attivo" in un rapporto di polizia del 21 genn. 1830 (Arch. di Stato di Milano, Commercio, cart. 348), anche se già a quell'epoca la sua attività risultava non paragonabile a quella di altre ditte quali Vassalli, Vallardi o Ricordi; cessava tuttavia l'attività nel 1831 dopo avere, pare, seriamente compromesso la situazione finanziaria dell'artista.

Le difficoltà economiche e l'irrequietezza del carattere limiteranno nei decenni successivi l'attivita artistica dell'E. a piccole commissioni nei più disparati settori. Centrale resta l'attività di litografo, particolarmente intensa fra fl 1835 e il 1845, svolta al servizio di altri editori e soprattutto di Pietro Bertotti, che aveva aperto la propria tipografia nel 1828. Mentre, fino al 1830, l'E. si era occupato soprattutto di stampe di riproduzione, prevalsero in seguito l'impegno per fitografie su propria composizione e l'attività di disegnatore per tavole o vignette affidate a terzi.

Una produzione, oggi in gran parte dispersa, di pittore è documentata da una partecipazione quasi costante alle esposizioni di Brera tra il 1833 e il 1860.

Quanto ce ne è noto conferma la preferenza dell'artista, che già emerge dal complesso dell'opera grafica, per soggetti di vita cittadina e per la veduta di genere, resi, al di là di un certo gusto di maniera per il pittoresco, con vivace interesse per i nuovi aspetti della realtà industriale. Punto debole dell'E. si rivelò sempre il disegno di figura, forse anche a causa di un incompleto tirocinio accademico: questo può essere fra i motivi della scarsa attenzione che i contemporanei sembrano aver riservato alle sue opere presentate alle esposizioni accademiche di Brera. Comunque, la sua produzione soprattutto di litografo si stacca costantemente, per cura e franchezza di mano, da quella commerciale corrente in quegli anni nel Lombardo-Veneto.

A partire dal 1841 l'E. aveva iniziato a pubblicare presso il libraio Santo Bravetta i volumetti dell'Esposizionedellebelle arti del nel palazzo di Brera, che, fra le guide a basso prezzo messe annualmente in commercio per i visitatori di queste manifestazioni, sono forse le più interessanti e ricche di indicazioni critiche. Se ne conoscono nove volumi, dal 1841 al 1854, con una interruzione fra 1846 e 1852. Attorno agli stessi anni, l'E. sviluppò una occasionale attività di scrittore e poeta di cui sono episodi principali il romanzo La serva della serva, edito a Milano nel 1841, il bozzetto Il pittore nel volumetto miscellaneo, L'Italia descritta e dipinta nei costumi de' suoi abitanti, Milano 1841, la Vita e testament de l'omm de preja, ibid. 1850, in 42 strofe, e le altre poesie milanesi comparse sulla strenna Desmenteghet minga de mi del 1843 e '44.

Mentre queste ultime hanno assicurato all'E. un posto di rilievo fra i poeti dialettali minori dell'Ottocento, decisamente più impacciata è la produzione in lingua, che oscilla tra schemi romantici convenzionali e ambizioni di piccolo cronista sociale e rivela appieno i limiti di un temperamento estroso ma discontinuo e non privo di ingenuità. Meritano interesse, però, l'attenzione quasi autobiografica con cui vi sono testimoniate le condizioni di vita dei ceti poveri milanesi e i dettagli del costume popolare dell'epoca. Particolarmente esplicita è poi la documentazione che questi scritti forniscono sulla mentalità e le idee dell'artista, del quale contribuiscono a mettere in evidenza il costante sforzo per mantenere un proprio margine di individualità e per distinguersi dai copisti che la nascente industria editoriale andava moltiplicando: irrequietudine e varietà di obiettivi rendono infatti l'E. un caso a parte e singolarmente interessante all'interno del piccolo artigianato sorto all'epoca ai margini delle botteghe di riproduzione.

Nelle cronache di vita milanese l'E. è ricordato per il temperamento arguto e irregolare, un po' ai limiti della macchietta, e per tratti di carattere che ne fanno una sorta di antesignano della scapigliatura milanese. Aneddoti, che risalgono in parte alla testimonianza di G. Rovani (cfr. Dossi, 1946; Id., 1964), ce ne testimoniano i motti di spirito, l'abilità come giocatore di biliardo e i sentimenti antiaustriaci documentati anche, secondo un'attribuzione proposta da Arrigoni (1974), pp. 124-127), da un gruppo di stampe satiriche non firmate risalenti all'epoca delle Cinque giornate.

L'attività di caricaturista riguarda soprattutto gli ultimi anni, quando collaborò con lo pseudonimo di Moschino, ai numeri (fra l'ottobre 1858 e il febbraio 1859) del periodico milanese L'Uomo di pietra; ed è questa una delle poche testimonianze che abbiamo dell'attività dell'E. in tarda età, dal momento che la sua produzione litografica nota si ferma al 1856.

L'E. mori a Milano il 25 febbr. 1867 (Milano, Arch. stor. civico, Registro gen. dei morti…, I, 1867, p. 43); alcune fonti (Romussi, 1913, p. 90) accennano alle sue condizioni di indigenza in quegli anni.

Di suo figlio Paolo sappiamo solo che svolse attività di "pittore nella direzione costruzioni ferrovie" e che era ancora vivo nel 1885, quando si trasferi a Cantù (Arrigoni, 1974, p. 62).

Fonte essenziale per una ricostruzione dell'attività dell'E. è l'Arrigoni (1974), che scheda in catalogo circa 350 litografie, una produzione che fa dell'E. un cronista insostituibile della vita e dell'ambiente lombardo e milanese dell'epoca. Tra le serie successive alla chiusura della stamperia, quelle maggiormente degne di nota sono le 113 tavole tra le 200 che illustrano la Lombardia pittoresca (Milano 1836-38), su testi di C. Cantù e M. Sartorio; le 30 di Studi di G. Elena per passatempo agli amatori di disegno (Milano 1836-38); le 10 di una serie di oltre 20 vedute di Milano edita da P. Bertotti (Milano) dal 1831; le 12 di una Miscellanea pittorica-ricreativa agli ammiratori delle belle arti edita nel 1837 dal Pagani (Milano); le 40 di Curiosità naturali e monumentali di Lombardia disegnate dal vero, stampate da Corbetta (Milano 1852-53) e le 13 di Costumi popolari lombardi (Milano 1856), che costituiscono l'ultima serie litografica da lui realizzata. Si devono inoltre all'E. i disegni di parte delle vignette xilografiche per i volumi Milano e il suo territorio, Milano 1844, e per la Grande illustrazione del Lombardo Veneto, ibid. 1857-59.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Atti diGoverno, Commercio, parte moderna, cart. 347, 348; G. Caselli, Nuovo ritratto di Milano in riguardo alle belle arti, Milano 1827, pp. 78 s.; [R. Gironi] Litografia milanese, in Bibl. ital., XLIX (1828), pp. 59 s.; Pinzo [C. Cima], La caricatura aMilano, in L'Uomo di pietra, 18 sett. 1886, p. 52; F. Fontana, Antologia meneghina, Bellinzona 1900, pp. 259-263; C. Romussi, Milano che sfugge, Milano 1913, p. 90; L. Ozzola, La litografia italianadal 1805 al 1870, Roma 1923, p. 10; A. Bertarelli-A. Monti. Tre secoli di vita milanese nei documenti iconografici 1630-1875, I, Milano 1927, p. 772; C. Dossi, Rovaniana, a cura di G. Nicodemi, I, Milano 1946, pp. 8, 184, 189, 343; L. Medici, Letteratura milanese dagli albori ai nostri giorni, Milano 1947, pp. 315, 343 s.; A. Calabi, Saggio sulla litografia, la prima produzione italiana sino al 1840, Milano 1958, pp. 5 s., 14, 39, 42, 55, 57, 59, 76-81 e passim; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, IV, Bergamo 1959, p. 456; Storia di Milano, XIV, Milano 1960, ill. pp. 25, 74, 89, 102, 120, 219; P. Arrigoni, L'incisione e l'illustrazione del libro a Milano nei secoli XV-XIX, ibid., XV, ibid. 1962, pp. 481, 710 s., 713; C. Dossi, Note azzurre, a cura di D. Isella, Milano 1964, pp. 385, 437 s., 876; G. Mezzanotte, Architettura neoclassica, in Lombardia, Napoli 1966, p. 355; P. Arrigoni, Milano nelle vecchie stampe, I, Le vedute, Milano 1969, pp. XXIX-XXXI, 15 s., 18 s., 53 s., 63 s., 69 s.; R. Bossaglia, L'arte dal manierismo al primo Novecento, in Storia di Monza e della Brianza, V, Milano 1971, pp. 250 s.; Milano nelle stampe dell'800, a cura di C. Alberici, Milano 1972, pp. 7 s., 18 s., figg. 4 s.; P. Arrigoni, Il pittore litografo G. E., in Rassegna di studi e notizie, II (1974), 2, 61-160; M. C. Gozzoli-M. Rosci, Ilvolto della Lombardia da Carlo Porta a Carlo Cattaneo; paesaggi e vedute 1800-1859, Milano 1975, pp. 102, 126, 128, 137, 139 s., 172, 227 s., 237, 280; G. Baretta-M. G. Griffini, Strenne dell'800 a Milano, Milano 1976, pp. 50, 53, 240; M. C. Gozzoli, in M. C. Gozzoli-M. Rosci-G. Sisto, L'opera grafica di G. Migliara in Alessandria, Alessandria 1977, pp. 70-74; F. Mazzocca-M. C. Gozzoli, Lettor mio, hai tu spasimato?, Firenze 1979, pp. 23, 34 s., nn. 1, 5, 43, 46; M. C. Gozzoli, Contributi alle esposizioni di Brera 1805-1859, in Quaderni del Seminario di storia della critica d'arte, I (1981), pp. 11, 28, 35; M. C. Gozzoli-F. Mazzocca, Hayez, Milano 1983, pp. 147, 346, 354; F. Mazzocca, Quale Manzoni? Vicende figurative dei Promessi sposi, Milano 1985, pp. 30, 51; Ospedale maggiore / Ca Granda, III, Collezioni diverse, a cura di M. T. Florio, Milano 1988, p. 112; Iltramonto di un regno. Il Lombardo-Veneto dalla Restaurazione al Risorgimento (1814-1859), Milano 1988, pp. 34, 41, 58, 228, 353, 357, 373, 382, 384; P. Pallottino, Storia dell'illustrazione italiana dal XV al XX secolo, Bologna 1989, pp. 113 s.; Brescia, Bari 1989, figg. 138, 143; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, X, p. 450.

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