FARAVELLI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 44 (1994)

FARAVELLI, Giuseppe

Paola Caridi

Nacque a Broni (Pavia) il 29 maggio 1896 da Giovanni, esattore delle imposte, e da Maria Cambieri, donna brillante e raffinata. Cresciuto in una famiglia della media borghesia di campagna, nell'atmosfera permeata dalla profonda cultura e dal mazzinianesimo della figura paterna, il F. compì i suoi studi liceali tra Voghera e Milano. Nell'ottobre del 1915 si iscrisse alla facoltà di lettere dell'università di Pavia, che dovette abbandonare nel dicembre dopo il richiamo alle armi. Nel genio partecipò alla ritirata di Caporetto; fu ferito e gli furono conferite la medaglia di bronzo e la croce di guerra al valor militare. Si congedò col grado di capitano del genio nel dicembre 1918.

Nel 1917 aveva deciso di modificare il proprio indirizzo di studi, iscrivendosi, sempre a Pavia, alla facoltà di giurisprudenza. Presa la tessera del partito socialista nel 1919, il F. iniziò la sua attività politica partecipando al Gruppo studentesco socialista, fondato nel maggio 1920 da F. Ghinaglia, G. Bulferetti, R. Veratti, R. Jucker, E. Pennati, cui più tardi si aggiunsero E. Vanoni, P. Della Giusta, L. Basso e R. Morandi.

Quasi tutti erano allievi di B. Griziotti, noto esponente del socialismo riformista nonché ordinario di scienza delle finanze all'ateneo pavese. Insieme con Veratti, Bufferetti, Jucker e Pennati, il F. faceva parte di quella minoranza della federazione provinciale socialista, dissenziente dalla linea rivoluzionaria del suo leader, Ghinaglia, che avrebbe dato luogo all'adesione in massa dei giovani pavesi al costituendo Partito comunista d'Italia. Il F. si muoveva già, invece, nel solco della tradizione riformista e turatiana, caratteristica di quella zona dell'Oltrepò pavese da cui proveniva, sostenendo l'unità del partito contro le tensioni scissionistiche.

Nonostante la giovane età, il F. aveva già assunto incarichi di rilievo nel socialismo locale, divenendo segretario della federazione pavese del Partito socialista italiano (PSI) e della Camera confederale del lavoro, e direttore del giornale di partito La Plebe. Rivestiva anche la carica di consigliere del Comune di Broni, da cui si dimise per entrare nella giunta provinciale amministrativa di Pavia. Dopo la scissione della corrente turatiana nel XIX congresso socialista, aderì al Partito socialista unitario (PSU), dove continuò una incessante attività politica.

Laureatosi con una tesi su Vincenzo Cuoco, consigliatagli da U. G. Mondolfo e da A. Levi, il F. fu costretto dalle pressioni fasciste ad abbandonare la Camera del lavoro di Pavia e a spostarsi definitivamente a Milano, dove sin dal 1920, a causa della morte del padre, si era trasferito con la madre e la sorella Camilla. Qui, il 5 ott. 1921, era entrato per concorso come impiegato nell'amministrazione comunale. Divenne consigliere delle leghe nella Camera del lavoro di Milano, collaborando inoltre al quotidiano La Giustizia come critico musicale, a Battaglie sindacali e al quindicinale della gioventù socialista Libertà! come vicedirettore.

Nel capoluogo lombardo fu sempre molto vicino a Turati, di cui frequentò assiduamente la casa insieme ad Antonio Greppi. Proseguì anche la collaborazione con l'on. Luigi Montemartini, con cui preparò il congresso provinciale del PSU, tenutosi il 30 nov. 1924. Sempre a Milano prese parte al cosiddetto "congresso delle opposizioni", che il 7 dicembre di quell'anno riunì i partiti aventiniani.

Nel 1925 era membro del comitato provvisorio della federazione provinciale socialista unitaria di Milano; fu relatore per la commissione dello statuto al convegno nazionale del PSU organizzato dal 28 al 30 marzo. Dopo la promulgazione delle leggi eccezionali da parte del regime fascista, il F. si servì del suo impiego al Comune per fornire agli antifascisti democratici in clandestinità le carte d'identità e l'aiuto necessario per espatriare, tentando contemporaneamente di organizzare una rete cospirativa contro la dittatura. Nonostante il noto passato di socialista, il F. era infatti considerato nell'amministrazione comunale un impiegato modello e di condotta morale ottima, che non palesava alcuna attività politica.

Ma la polizia fascista riuscì a scoprire nel 1927 che il F., insieme col Greppi, aveva rapporti continui con il fuoruscitismo in Francia, e che rivestiva inoltre la funzione di curatore degli interessi di Turati in Italia, ma le perquisizioni cui fu sottoposto non diedero alcun risultato.

Il F. aveva già, in effetti, iniziato il lavoro organizzativo clandestino: dapprima creando con Veratti e Fernando Santi una formazione illegale, collegata con l'emigrazione attraverso Sandro Pertini e Fernando De Rosa; e quindi, sul piano interno al movimento socialista, tentando una fusione tra socialisti unitari e un gruppo del PSI, con la mediazione di Raffaele Fiorio. Fece poi parte, con Santi, Veratti e Greppi, del comitato socialista collegato con l'altro nucleo illegale di R. Bauer, E. Rossi, U. Ceva e F. Parri, con i quali organizzò il convegno dell'unità antifascista nel gennaio 1929.

Ma l'opposizione al fascismo ebbe uno sviluppo decisivo dopo la firma, nel settembre 1930, da parte della direzione emigrata di Giustizia e libertà (GL), del "Patto d'unione e d'azione" stilato dalla Concentrazione antifascista a Parigi. Giustizia e libertà venne difatti delegata dal PSI a sviluppare l'azione antifascista in Italia. A Milano si costituì un comitato misto PSI-GL, composto per i socialisti dal F., Veratti e Dino Gentili; per GL da Rossi, Bauer e Parri, nonché Pietro Zani e Giovanni Mira come indipendenti. Dopo la catena di arresti che nell'ottobre 1930 decimò il gruppo milanese di GL (cui scamparono solo lo stesso F. e Veratti), egli si occupò di ricostituire un embrione di organizzazione antifascista, partendo dal nucleo clandestino da lui creato nel 1928. Diede così vita al secondo comitato clandestino di GL che, pur mantenendo frequenti contatti con la direzione del movimento, a Parigi, era composto esclusivamente da esponenti socialisti: oltre al F., B. Maffi, V. Albasini Scrosati e R. Morandi. Responsabile a Milano di tutta la parte socialista di GL, il F. rimase allo scoperto verso la metà del 1931 a seguito del cosiddetto "affare Moulin", che determinò l'arresto di buona parte del nucleo antifascista lombardo.

Nell'aprile di quell'anno, difatti, al professore belga Leo Moulin in viaggio in Italia il fuoruscito Giovanni Bassanesi aveva affidato un baule a doppio fondo e i nominativi degli antifascisti milanesi. Seguito dalla polizia politica, Moulin consentì con il suo arresto quello di Albasini Scrosati, Roggi, Maffi e Damiani.

Ormai nelle liste dei ricercati, il F. si nascose in una villetta di amici svizzeri in città, poi nel circondario di Milano, infine presso i genitori di Carlo Levi sulla collina torinese. Dopo quattro inutili tentativi di fuga, il 29 maggio 1931 riuscì, con l'aiuto di R. Morandi e dei socialisti ticinesi e corrompendo alcune guardie confinarie, a espatriare prima in Francia, poi in Svizzera, a Lugano, da dove venne espulso perché sprovvisto di documento d'identità. Ritornò quindi a Parigi, prendendo casa a boulevard Ornano, da cui si spostava però di frequente per viaggi in Svizzera o anche in Gran Bretagna.

Nel movimento clandestino di Milano, l'esilio del F., che rappresentava lo stretto legame tra socialisti e giellisti, significò l'indebolimento dei contatti tra i due gruppi, che si chiusero del tutto alla fine di ottobre del 1931 ad opera di Morandi, che dirigeva il residuo nucleo di socialisti più intimamente legato al marxismo. Nonostante la vivace protesta contro la linea d'azione seguita a Milano, il F. continuò a mantenere i contatti con gli antifascisti in Italia con frequenza settimanale, tanto da affermarsi ufficialmente come sovrintendente per la direzione socialista al lavoro di lotta interna in Italia contro il fascismo. Ma per questo lavoro di coordinamento il F. aveva necessità di una base più vicina all'Italia, come la Svizzera. A tale scopo, Turati si adoperò affinché fosse approvata la richiesta del F. per un permesso di soggiorno, preferibilmente a Lugano, che sino a quel momento gli era stato rifiutato con la motivazione che egli non proveniva dall'Italia come esule politico, bensì dalla Francia.

Dopo sollecitazioni d'ordine politico e varie richieste inoltrate, finalmente il F. poté stabilirsi a Lugano nell'autunno del 1933. Durante la permanenza a Parigi, il F. aveva continuato la sua opera di strenuo sostenitore della presenza socialista in Giustizia e libertà: appena giunto nella capitale francese, nel giugno 1931, fu mediatore di un tentativo poi fallito di accordo tra GL e repubblicani. In seguito fu l'ispiratore dell'accordo del 31 luglio 1931 tra PSI e GL, che delegava al movimento di Carlo Rosselli la responsabilità della lotta d'opposizione al fascismo in Italia.

Il F. fu designato, dopo l'accordo, rappresentante socialista nel comitato comune, costituitosi tra le due organizzazioni per coordinare il lavoro clandestino contro il regime mussoliniano, nonché rappresentante del PSI nel comitato centrale giellista. Sin dal 1929 la sua era stata una posizione inusuale nelle due formazioni, poiché per entrambe la sua era una figura di militante, che andava oltre la funzione di raccordo tra le due organizzazioni. Ciò gli consentì, tra l'altro, anche di rappresentare GL al XXII congresso socialista che si tenne a Marsiglia il 17 e 18 apr. 1933.

Nell'esilio il F. collaborò molto intensamente alla stampa dell'emigrazione: da La Libertà, giornale della Concentrazione antifascista, a Politica socialista, dall'Avveniredei lavoratori di Zurigo alla Libera Stampa di Lugano, dai Quaderni di Giustizia e libertà al Nuovo Avanti! Gli pseudonimi più usati erano Joseph, Ricciardetto, Giuseppe Lombardi.

L'obiettivo politico prioritario del F. fu quello di far comprendere ai circoli del fuoruscitismo l'assoluta necessità del lavoro politico in Italia e della creazione di una rete cospirativa efficiente. In ciò egli rappresentò un caso atipico nel panorama dell'emigrazione socialista italiana, impegnata piuttosto a dirimere divisioni politico-ideologiche al suo interno: anche in questa concretezza sta il significato del profondo legame con Giustizia e libertà, che però si interruppe con una netta rottura nei primi mesi del 1934, contemporaneamente alla crisi che GL aprì nella Concentrazione antifascista e alla modificazione in atto nei rapporti tra PSI e PCd'I. Da Lugano, dove si era definitivamente trasferito, il F. lanciò subito dopo l'idea del "nuovo fronte", vale a dire l'impianto di una azione politica autonoma del partito socialista in Italia, con l'unificazione in un solo fronte di tutte le forze sociali (contadini, artigiani, ceti medi, oltre al proletariato cui comunque andava il ruolo d'avanguardia) per creare una opposizione di massa al fascismo.

Stimava necessario, a tale scopo, la ricostruzione concreta della struttura partitica del PSI in Italia: su questa linea si mossero gli interventi del F. pubblicati a Parigi sul Nuovo Avanti!, come anche la posizione da lui espressa al consiglio nazionale del partito, tenutosi nel luglio 1934, in cui si delineò sempre più nettamente l'opposizione tra la linea del F. e quella di P. Nenni.

Avvenimento importante nell'esilio del F. fu l'incontro con Angelo Tasca, da cui sortì un legame profondo che si sarebbe mantenuto, con alterne vicende, sino al dopoguerra. Tasca fu l'interlocutore primo del F. nel lavoro di coordinamento tra emigrazione e antifascismo interno. Con lui e con Giuseppe Sardelli, promosse nel 1933 l'uscita della rivista Politica socialista, che avrebbe dovuto ospitare articoli dei socialisti in Italia, per poi essere diffusa clandestinamente nel paese.

Nell'estate del 1934 favorì l'instaurazione di stretti contatti tra l'emigrazione e l'appena costituitosi Centro socialista interno (CSI), diretto a Milano da Morandi, di cui il F. e con lui il centro di Lugano furono il punto di riferimento nonostante le evidenti differenze di matrice ideologica.

Dopo la scoperta del CSI nel 1937 da parte della polizia fascista, che costò al F. il deferimento al Tribunale speciale con l'accusa di essere il tramite tra i centri antifascisti di Parigi e Milano, egli continuò la sua opera di collegamento con la clandestinità stabilendo un canale con Eugenio Curiel.

Insieme con Tasca, G. E. Modigliani, G. Saragat, il F. fu espressione, nella seconda metà degli anni Trenta, di quel vasto settore del socialismo di destra, che si poneva in contrasto con la linea maggioritaria di Nenni: la critica più ferma fu quella contro il patto d'unità d'azione firmato nel 1934 con il partito comunista, cui la destra socialista avrebbe preferito una collaborazione che salvaguardasse la reale autonomia dei due partiti. Il suo sostanziale anticomunismo sì acuì con il passare degli anni, sino a divenire nel dopoguerra una costante della sua linea politica.

Nel 1937 si trasferì nuovamente nella capitale francese, dove collaborò con Radio Parigi, alternandosi come speaker a Vera Modigliani. Nel giugno dello stesso anno partecipò al XXIII congresso del PSI, con una relazione sul lavoro svolto dal Centro interno. Designato in quella assise membro della direzione come rappresentante della federazione svizzera, il F. si adoperò per organizzare la minoranza di destra contro la leadership di Nenni e la collaborazione col partito comunista, cercando soprattutto appoggio nella potente sezione parigina. La tensione all'interno della dirigenza socialista raggiunse il punto di rottura con la firma del trattato tedesco-sovietico del 23 ag. 1939, a seguito della quale il F. chiese la denuncia del patto d'unità d'azione e propose formalmente l'espulsione di Nenni dal partito per l'atteggiamento poco risoluto da lui assunto sul patto Molotov-Ribbentrop. La mediazione di Modigliani risolse la questione.

Con l'avanzata dei Tedeschi su Parigi, il F. abbandonò la città il 10 giugno 1940 dirigendosi verso il Sud della Francia insieme con i coniugi Modigliani. Fino al maggio 1941 risiedette a Tolosa e quindi a Luchon.

Confinato dal 24 marzo al 3 apr. 1942 dalla polizia di Vichy, con Mario Levi e G. Faraboli, nel campo di concentramento di Vernet, il F. evitò l'estradizione in Italia grazie all'intervento di Angelo Tasca presso le autorità francesi, e fu rimesso in libertà a Tolosa. Qui venne nuovamente arrestato pochi mesi dopo, il 25 giugno, e consegnato presso Mentone alle autorità fasciste, che il 24 ottobre lo condannarono a trenta anni di reclusione per l'attività antifascista svolta con Giustizia e libertà nel paese e a Parigi. Rinchiuso prima nel carcere di Portolongone, poi in quello di Parma ed infine a Castelfranco Emilia, restò in prigione anche durante il governo Badoglio, per poi riuscire a evadere il 17 sett. 1944 durante un bombardamento aereo. Rifugiatosi dapprima presso lo scultore Alfeo Bedeschi a Milano, il F. - nonostante fosse ammalato - espatriò nuovamente il 14 febbr. 1945 in Svizzera, nel Canton Ticino, dove si trovava buona parte della destra autonomista del PSI.

Nel maggio tornò in Italia, a Milano, prendendo subito parte attiva nel nuovo Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP), fondato nel 1943.

Il F. si distinse subito come elemento di spicco di quell'ala moderata e autonomista del partito riunita attorno a Critica sociale, la rivista che insieme con U. G. Mondolfo fece rinascere nel settembre 1945. Membro della direzione del PSIUP dal consiglio nazionale del partito del luglio 1945 sino al congresso di Firenze dell'aprile 1946, il F. mise in atto una opposizione sempre più intransigente alla sinistra interna, contrastando il patto d'unità d'azione, firmato da PCI e PSIUP nel 1943, in difesa dell'autonomia del partito socialista e del socialismo democratico. Nello scontro tra le frazioni socialiste, il F. si distinse come organizzatore della corrente degli "Amici di Critica sociale", vicina per molti versi alle posizioni di Saragat. Il suo lavoro si orientò a limitare l'egemonia nelle federazioni locali della corrente guidata da Lelio Basso, fintanto che ciò fu possibile. Ma, alla fine del 1946, fu protagonista insieme con i giovani di "Iniziativa socialista" della scissione socialdemocratica di palazzo Barberini: nella frazione di "Critica sociale" rappresentò l'elemento più deciso a condurre sino in fondo il processo di rottura nel PSIUP che diede luogo alla nascita, l'11 genn. 1947, del Partito socialista dei lavoratori italiani (PSLI).

Elaborato dallo stesso F. fu lo statuto del nuovo partito, che lo elesse segretario insieme con Alberto Simonini e Giuliano Vassalli. Fu poi condirettore con Virgilio Dagnino e Aldo Valcarenghi dell'edizione milanese del quotidiano socialdemocratico L'Umanità, poi direttore unico dell'edizione nazionale.Tra i socialdemocratici fu uno degli interlocutori privilegiati dei sindacalisti italo-americani, che sul piano finanziario e politico sostennero il PSLI sin dalla sua costituzione: fu lui a intraprendere un viaggio negli Stati Uniti per il partito presso i rappresentanti dell'Italian-American Labor Council prima delle elezioni del 18 apr. 1948. Rappresentò, con "Critica sociale", il centrosinistra del partito, allontanandosi gradualmente dalle posizioni assunte da Saragat, soprattutto in politica estera. Contro di lui si schierò, infatti, sulla questione dell'adesione italiana al Patto atlantico, contribuendo a metterlo in minoranza nella riunione direttiva del marzo 1949 ed appoggiando la breve segreteria politica di U. G. Mondolfo.

Nell'estate 1949 si prodigò per la riunificazione socialista, progetto in cui si erano impegnati con il sostegno internazionale del COMISCO (Committee for International Socialist Conference) la corrente socialdemocratica di "Iniziativa socialista", l'Unione dei socialisti ed il gruppo di Giuseppe Romita, transfuga dal PSI. Ma, a seguito delle dure posizioni assunte dalla dirigenza moderata socialdemocratica, fu costretto a uscire dal PSLI, partecipando alla fondazione del Partito socialista unitario (PSU) nel dicembre 1949 e assumendo l'incarico di direttore dell'organo di stampa della nuova formazione, Lotta socialista. Nel gennaio 1952 fu eletto nella direzione del Partito socialista democratico italiano (PSDI), sorto dalla unificazione tra PSLI e PSU. Fu tra i socialdemocratici che si schierarono - contro Saragat - a sostegno della proporzionale pura, opponendosi alla cosiddetta "legge truffa". Espressione di quell'area di dissenso fu il quindicinale Nuova Repubblica, che il F. fondò e diresse insieme con Paolo Vittorelli, Tristano Codignola e U. G. Mondolfo. Ciononostante, non partecipò nel 1953 al tentativo, di Unità popolare, rimanendo nel PSDI.

Di questo periodo è anche il suo impegno politico sul piano locale. Reintegrato subito dopo la guerra nel suo ruolo di funzionario nell'amministrazione comunale e collocato a riposo nel 1947, il F. fu consigliere comunale di Milano dal 1951 al 1956 e assessore alla Polizia urbana dal 1951 al 1953. Sempre a Milano continuò il suo lavoro a Critica sociale, di cui assunse formalmente la direzione nel 1958, dopo la morte di U. G. Mondolfo. In realtà, già dal 1955 il F. aveva sostituito il vecchio esponente socialista alla guida della rivista, dalle cui pagine perseguì con tenacia il suo disegno di una riunificazione dei socialisti all'insegna del riformismo e della democrazia. Dopo aver promosso un lungo dibattito interpartitico sull'argomento presentando nel 1958 le "Tesi per l'unità e il rinnovamento socialista", il F. partecipò nel febbraio 1959 all'esperienza del Movimento unitario di iniziativa socialista con Mario Zagari, Matteo Matteotti ed Ezio Vigorelli, entrando nel PSI alla metà dello stesso anno.

Nonostante la militanza socialista, continuò, tuttavia, a sostenere un ruolo di raccordo tra PSI e PSDI in vista di una possibile fusione dei due partiti, contribuendo alla convocazione della Costituente del socialismo del 30 ott. 1966. Fu tra i più accesi sostenitori dell'esperimento del partito unico socialista tra 1966 e 1969, condannando apertamente la scissione socialdemocratica che lo concluse.

Dopo aver lavorato sino all'ultimo a Critica sociale, morì a causa di un enfisema polmonare a Milano il 15 giugno 1974.

Fonti e Bibl.: Molte sono le fonti documentarie relative al F., a cominciare dall'archivio personale, conservato presso l'Istituto storico del socialismo dì Firenze, ma per il momento non consultabile. Sono state pubblicate, tratte da questo archivio e dai fondi di Ernesto Rossi e di Angelo Tasca, 307 lettere del F. e dei suoi corrispondenti da P. C. Masini e S. Merli, Ilsocialismo al bivio. L'Archivio di G. F. 1945-1950, in Annali della Fondazione G. Feltrinelli, XX (1988-1989), Milano 1989, con "Introduzione" e "note" biografiche dei curatori (cfr. anche recens. di P. Neglie, in Storia contemporanea, XXIV [1993], pp. 454-61). Cfr., poi, il fascicolo personale nel Casellario politico centrale, b. 1957, f. 707-69, presso l'Archivio centrale dello Stato a Roma. Per il periodo relativo all'emigrazione, cfr. le lettere conservate nell'Archivio Angelo Tasca presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano, quelle contenute negli Archivi di Giustizia e Libertà, Carteggi Carlo Rosselli e Fondo Alberto Tarchiani, presso l'Istituto per la storia della Resistenza in Toscana a Firenze, e le notizie contenute nello Schweizerischer Bundesarchiv di Berna. Per il periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, cfr. l'Archivio privato Ernesto Rossi a Roma, il Fondo Foscolo Lombardi conservato presso il già cit. Istituto per la storia della Resistenza in Toscana; per i rapporti con i sindacati italoamericani, The Martin P. Catherwood Library of the New York State School of Industrial and Labor Relations, Labor-Management Documentation Center, International Ladies' Garment Workers Union Archives, Luigi Antonini Correspondence, ad Nomen, e le Carte private Vanni Buscemi Montana a New York. Abbondante anche la bibliografia sul F., la cui storia abbraccia quella del socialismo italiano tra primo e secondo dopoguerra. Oltre ai vari volumi di storia del Partito socialista italiano, cfr. A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Bari 1953, pp. 71-77, 109, 206; A. Schiavi, Esilio e morte di F. Turati, Roma 1956, pp. 453 s., 489-499; S. Merli, La ricostruzione del movimento socialista in Italia e la lotta contro il fascismo dal 1934 alla seconda guerra mondiale, in Annali dell'Ist. G. Feltrinelli, V (1962), pp. 541-846; P. Moretti, I due socialismi, Milano 1975, ad Indicem; Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, a cura di F. Andreucci-T. Detti, II, Roma 1976, ad nomen; S. Fedele, Storia della Concentrazione antifascista 1927-1934, Milano 1976, ad Indicem; A. Landolfi, Il socialismo italiano. Strutture, comportamenti, valori, Cosenza 1977, pp. 39-51; L'emigrazione socialista nella lotta contro il fascismo, Firenze 1982, pp.28-33, 75-84, 145-148, 162-169, 206 s.; E. Signori, La Svizzera e i fuorusciti italiani, Milano 1983, pp. 162-168, 179-185; F. Taddei, Il socialismo italiano del dopoguerra: correnti ideologiche e scelte politiche (1943-1947), Milano 1984, ad Indicem; A. De Grand, Angelo Tasca, un politico scomodo, Milano 1985, pp. 135-46, 151-158, 172, 178-181, 206-210, 213-222, 227-231, 248, 258-261; S. Sechi-S. Merli, Dimenticare Livorno. Sul partito unico dei lavoratori 1944-1947, Milano 1985, ad Indicem; G. Averardi, I socialisti democratici. Da palazzo Barberini alla scissione del 4 luglio 1969, Roma 1986, ad Indicem. Cfr. inoltre il numero speciale dedicato al F. da Critica sociale, 1977, nn. 1-2, in cui è anche possibile rintracciare una bibliografia sommaria; Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza, II, ad nomen.

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