GALLETTI, Giuseppe

Enciclopedia Italiana (1932)

GALLETTI, Giuseppe

Alberto Maria Ghisalberti

Patriota, nato a Bologna l'11 agosto 1798, morto ivi il 26 luglio 1873. Compì gli studî legali nella sua città ed entrò presto nelle file degli avversarî del governo papale. Già sospetto alla polizia nel 1821, ebbe notevole parte nella rivoluzione del 1831, durante la quale rivestì cariche militari e fu eletto deputato al parlamento delle Provincie unite. Oppositore accanito alla riforma giudiziaria di Gregorio XVI, combatté con la Civica bolognese contro le milizie pontificie del Barbieri e dello Zamboni a Cesena (20 gennaio 1831). Sottoposto, insieme con i suoi, a vigilanza continua, non tralasciò l'opera di propaganda e di organizzazione rivoluzionaria, segnatamente dopo il 1838. Sorvegliato per le sue ingerenze nel moto romagnolo dell'estate del 1843, il G. fu arrestato il 1° maggio 1844 dopo il sequestro della sua corrispondenza con M. Montecchi. Condotto a Roma e sottoposto a processo dal tribunale della Sagra Consulta, fu con il Montecchi, G. C. Mattioli, A. Rizzoli e Ruggero Colonnello, condannato alla galera a vita per cospirazione (21 agosto 1845). Liberato dall'amnistia di Pio IX, si illuse anch'egli sulla possibilità di un papato riformatore e liberale. Nel biennio delle riforme fu tra i più zelanti sostenitori del nuovo indirizzo, procacciandosi le simpatie e la stima di Pio IX. Nominato ministro di polizia nel gabinetto Recchi-Antonelli (10 marzo 1848), fu presto popolarissimo per la sua attività e per la parola calda e suadente. Eguale ufficio conservò anche durante i successivi ministeri Mamiani e Fabbri, dandovi prova più di buona volontà che di capacità reale. L'intervento austriaco nelle Romagne spezzò la vita al ministero Fabbri, e per il momento la carriera politica del G. Messo in disparte da P. Rossi, si ritirò per qualche tempo a Bologna. L'uccisione dello statista carrarese lo riportò sulla scena. Ministro dopo le tragiche ore del 16 novembre 1848, fu sorpreso dalla fuga del papa. Invano tentò d'indurre il sovrano al ritorno; creata la Suprema giunta di stato, ne fece parte. Nominato rappresentante del popolo alla Costituente, divenne subito presidente dell'assemblea repubblicana, restando nell'ufficio sino alla caduta della Repubblica Romana. Generale dei carabinieri fin dal 21 novembre 1848 e per qualche giorno capo dello S. M., partecipò allo scontro del 30 aprile, alla breve campagna contro i Napoletani (maggio 1849) e alle fazioni dell'assedio. Spenta la repubblica, rifiutò le offerte dell'Oudinot e si ritirò in Piemonte. Alla fine del '50 si trasferì in Sardegna a dirigervi una miniera. La sua parte era ormai compiuta. Troppo ardito per i moderati, troppo temperato per i liberali, fu lasciato in disparte nelle successive fasi del Risorgimento, sebbene egli si fosse rivolto a Cavour e a Garibaldi offrendo l'opera propria. Tornato a Bologna nel 1860, vi ebbe funzioni civiche e fu per breve tempo deputato di Poggio Mirteto (IX legislatura). Di lui si hanno, oltre mediocri versi, alcune interessanti memorie autobiografiche: Intorno alla pretesa sconoscenza verso Pio IX (Genova 1850; ristampato con aggiunte e con altro titolo a Bologna nel 1863) e La mia prigionia (Bologna 1870).

Bibl.: A. M. Ghisalberti, Ricordi autobiografici inediti di G. G., Padova 1923; id., G. G. ministro di Pio IX, in Rass. stor. del Risorg., 1929, fasc. 2°; id., Il ritorno di G. G. al ministero, ibid., 1930, fasc. 2°; id., Il presidente della Assemblea costituente, in Roma, 1932.