GATTI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)

GATTI, Giuseppe

Domenico Palombi

Figlio di Giovanni, nacque a Roma il 23 nov. 1838. Compì gli studi di lettere e filosofia presso il Collegio romano ove alla passione per le discipline umanistiche affiancò quella per l'astronomia, assistendo nei suoi esperimenti il gesuita p. Angelo Secchi, che dal 1849 dirigeva la specola dell'istituto. Conseguito il diploma, a sedici anni il G. si iscrisse alla facoltà di diritto dell'Archiginnasio della Sapienza, laureandosi il 18 luglio 1859. Dopo il tirocinio di procedura e di pratica presso uno studio privato, fu nominato magistrato del Tribunale supremo della Sacra Rota, e ricoprì tale incarico fino all'annessione di Roma al Regno d'Italia, senza mai tralasciare però gli studi storici.

Dopo il 1870, con lo scioglimento del Tribunale, il G. preferì abbandonare la carriera in magistratura per dedicarsi completamente alle ricerche archeologiche ed epigrafiche.

Nell'Instituto di corrispondenza archeologica di palazzo Caffarelli (divenuto Istituto archeologico germanico nel 1870), centro degli studi di antichità nella Roma dell'epoca, il G. guadagnò l'amicizia e la stima dell'allora direttore W. Henzen, impegnato - su incarico di Th. Mommsen e con l'ausilio di G.B. De Rossi ed E. Bormann - nella redazione dei volumi del Corpus inscriptionum Latinarum dedicati a Roma.

Fondamentale per la formazione e la carriera del G. risultò l'incontro con il De Rossi (già amico del fratello Francesco, appassionato epigrafista dilettante). Del grande studioso di Roma cristiana il G. divenne, oltre che allievo e amico, strettissimo collaboratore e fedele segretario per trent'anni, a partire dal 1864. Fu appunto il De Rossi a conferirgli l'incarico di pubblicare il terzo volume delle Inscriptiones christianae urbis Romae septimo saeculo antiquiores. Dell'opera, che per espressa volontà di Pio IX era stata sottratta alle iniziative dell'Accademia di Berlino - che l'avrebbe redatta a complemento del Corpus inscriptionum Latinarum -, erano apparsi i primi due volumi (Romae 1861-88) a cura dello stesso De Rossi. Alla morte di quest'ultimo, nel testamento olografo del 3 febbr. 1890, tra le disposizioni inerenti la continuazione delle "iscrizioni cristiane", il De Rossi destinava alla Biblioteca Vaticana le schede originali dei materiali già editi e disponeva che si affidasse la continuazione dell'opera al G. che definiva "dottissimo in epigrafia e praticissimo delle mie schede". Le volontà del De Rossi vennero ratificate dal ministro G. Baccelli il 13 dic. 1894; ma difficoltà di ordine amministrativo e finanziario, come pure gli impegni e i numerosi incarichi ufficiali ormai ricoperti dal G., ne ritardarono continuamente la pubblicazione. Solo nel 1909 la R. Società romana di storia patria si assunse l'onere di portare a compimento l'opera: l'uscita del nuovo volume avrebbe dovuto commemorare i venti anni della scomparsa del De Rossi (20 sett. 1894), ma la morte dello stesso G. sopravvenne a impedire il rispetto di questa ennesima scadenza. Finalmente il volume (Inscriptiones christianae urbis Romae septimo saeculo antiquiores, I, 1: iscrizioni con data consolare fino al 410 d.C. scoperte dopo il 1888) vide la luce a Roma nel 1915.

Oltre alla Miscellanea di notizie bibliografiche e critiche per la topografia e la storia dei monumenti di Roma, e alle importantissime Notizie di trovamenti riguardanti la topografia e l'epigrafia urbana, edite a partire dal 1886, in collaborazione col De Rossi, nel Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma, il G. scrisse più di 120 articoli. La sua produzione bibliografica (non trascurabile considerando che il primo lavoro a stampa comparve soltanto nel 1878), comprende saggi di argomento assai vario, costantemente caratterizzati da una rara erudizione antiquaria e dalla solida convinzione che la fonte epigrafica, per le sue caratteristiche intrinseche, debba essere considerata la base più sicura per la ricostruzione storica (il tema era stato dal G. lucidamente affrontato nella conferenza inaugurale del corso di epigrafia giuridica dell'Accademia storico-giuridica, in Studi e documenti di storia e diritto, VI [1885], pp. 3-23).

Con tale angolatura, e stimolato dai frequenti e fortunati rinvenimenti che si susseguivano in special modo nell'ambito dei lavori di urbanizzazione della Roma umbertina, il G. si applicò allo studio della topografia e della storia giuridica, istituzionale e amministrativa di Roma antica e medievale.

Tra le sue ricerche meritano di essere ricordate quelle sulla organizzazione e la conduzione degli horrea urbani (Bull. della Comm. archeol. com. di Roma, XIII [1885], pp. 110-129; Bull. dell'Istituto archeol. germanico. Sez. romana, I [1886], pp. 65-78; Bull. della Comm. archeol. com. di Roma, XXXIX [1911], pp. 120-128), con soluzioni ancora largamente condivise; la definizione cronologica della lex Fufia Caninia de manumissionibus, datata al secondo semestre del 2 a.C. grazie al rinvenimento di un'ara compitale con indicazione dell'era vicanica e con i nomi di una nuova coppia consolare (Bull. dell'Ist. di diritto romano, XVIII [1895], 1-3, p. 115), datazione in seguito universalmente accolta; l'edizione del decreto di Gneo Pompeo Strabone circa le gratificazioni per la Turma Salluitana presente ad Ascoli nell'89 a.C. (Bull. della Comm. archeol. com. di Roma, XXXVI [1908], pp. 169-226; XXXVIII [1910], pp. 273-280: il documento bronzeo, individuato dal G. presso privati, fu acquistato dal Comune di Roma nel 1908-10 grazie all'interessamento del sindaco E. Nathan per la somma complessiva di lire 2800).

Fondanti contributi per la ricostruzione della storia amministrativa di Roma, ancora una volta stimolati da recenti ritrovamenti epigrafici, il G. dedicò all'analisi della riorganizzazione compitale urbana promossa da Augusto e al conseguente problema delle cosiddette ere vicaniche "anomale" (ibid., XVI [1888], pp. 221-239; XXXIV [1906], pp. 186-208, con soluzioni attualmente superate); alla organizzazione della prefettura urbana a partire dall'epigrafe del prefetto Giunio Valerio Bellicio (Rend. della R. Acc. dei Lincei, s. 5, VI [1897], pp. 105-108); con la esemplare edizione dell'editto del prefetto urbano Tarracio Basso del 375-376 d.C. (Bull. della Comm. archeol. com. di Roma, XIX [1891], pp. 342-349, con importanti osservazioni di Chr. Hülsen), tutti materiali che risultano di primaria importanza anche per la localizzazione topografica della prefettura urbana nell'area del colle Oppio.

Nell'ambito degli studi di topografia romana, che rappresentarono una costante degli interessi scientifici del G., andrebbero almeno ricordate (oltre alle osservazioni e notizie sugli eccezionali scavi che allora si conducevano al foro Romano: Bull. della Comm. archeol. com. di Roma, 1898-99, 1904; Rend. della R. Acc. dei Lincei, 1898, 1906): l'edizione della necropoli della via Salaria (1896-1901) ove si rinvennero oltre 15 colombari e più di 1500 epigrafi (Bull. della Comm. archeol. com. di Roma, XXXIII [1905], pp. 154-188; 1906, pp. 90-101); le ricerche sul quartiere del Caput Africae al Celio (Annali dell'Instituto di corrispondenza archeol., LIV [1882], pp. 191-220: l'impostazione del G. risulta insuperata), l'identificazione del culto della Dea Caelestis al Campidoglio (Dissertazioni dell'Acc. romana di archeologia, s. 2, VI [1896], pp. 329-352), e, meno felicemente, quella dei Doliola al Velabro (ibid., VIII [1898], pp. 253-270).

Nel campo dell'epigrafia romana, oltre al progetto non realizzato per una nuova edizione dei Fasti consolari (se ne fa cenno nei necrologi e l'iniziativa si sarebbe collocata tra la redazione delle monumentali voci di E. De Ruggiero, Consul, e di D. Vaglieri, Consules, in Diz. epigrafico, II, 1, Roma 1900, pp. 679-862, e II, 2, ibid. 1910, pp. 869-1181, e l'edizione di A. Degrassi, Inscriptiones Italiae, XIII, 1, Fasti consulares et triumphales, Romae 1947), andrebbero almeno ricordate la sintesi Arvales fratres in E. De Ruggiero, Diz. epigrafico, I, Roma 1885, pp. 682-710, senza aggiunte sostanziali rispetto alle edizioni di G. Marini (1787) e soprattutto di W. Henzen (1874), e la pubblicazione di numerosi nuovi frammenti di calendari recentemente scoperti (A. Degrassi, Inscriptiones Italiae XIII, 2, Romae 1963, p. XXXIII). Infine, oltre a diversi saggi dedicati dal G. alla storia e alla topografia di antiche città del Lazio (Capena, Veio, Tivoli, Palestrina e Segni), merita menzione la rassegna delle scoperte avvenute in Roma e nel Lazio pubblicata in Cinquant'anni di storia italiana (1860-1910), II, Roma 1911, ove, sulla scorta delle esperienze maturate negli incarichi ministeriali, si trovano pure riassunti i lineamenti dell'evoluzione dei provvedimenti legislativi in materia di salvaguardia del patrimonio archeologico, mentre, tra gli studi di storia urbana medievale, è da segnalare almeno la pubblicazione degli Statuti dei mercanti di Roma dal secolo XIII al XVI e tutti gli atti ufficiali della loro università sino al secolo XVIII (Roma 1885).

Il lungo tirocinio alla scuola di G.B. De Rossi e la tardiva notorietà nell'ambito degli studi storici e archeologici parrebbero aver giovato alla fulminea e prestigiosissima carriera del G.: dal 1885 professore di epigrafia giuridica prima nell'Accademia storico-giuridica e poi nel seminario romano dell'Apollinare; membro della Società romana di storia patria dal 1888; accademico nazionale di S. Luca dal 1892; membro del Consiglio superiore di antichità e belle arti, capo dell'Ufficio scavi di Roma e del suburbio tra 1892 e 1907 e direttore del Museo nazionale romano dal 1897; socio corrispondente (dal 1878) e poi ordinario (1882) dell'Istituto archeologico germanico; membro della Commissione archeologica comunale di Roma, di cui fu vicesegretario effettivo dal 1890, e direttore del Bullettino dal 1902; socio corrispondente (dal 1888), nazionale (dal 1896) e poi amministratore (dal 1905) della R. Accademia dei Lincei; socio ordinario (dal 1881) e poi presidente (dal 1900 fino alla morte) della Pontificia Accademia romana di archeologia.

Già seriamente malato, il G. trascorse l'estate del 1914 nella quiete di Oriolo Romano, ove morì il 2 sett. 1914.

Apprezzato antiquario ed epigrafista (più incline all'approfondita indagine analitica che alla concezione e alla realizzazione di quelle grandi iniziative di ricerca e sistematizzazione del sapere che caratterizzano le discipline storiche e archeologiche al passaggio tra i secoli XIX e XX), il G. appare particolarmente attivo e presente nelle istituzioni accademiche e nelle strutture amministrative dello Stato postunitario, sebbene la sua figura di intellettuale si riveli (già nella considerazione dei contemporanei) decisamente subordinata a quella dei suoi maestri. Capostipite di una dinastia di cultori e studiosi dell'antichità romana, il G. trasmise la sua passione al figlio Edoardo (più versato nell'indagine archeologica e apprezzato disegnatore) e certo il suo esempio influenzò la formazione del nipote Guglielmo (celebre archeologo, autore di fondamentali studi e scoperte sulla topografia di Roma antica, scomparso nel 1981).

Alla sensibilità degli eredi, si devono la recente donazione del vastissimo Archivio Gatti (diverse migliaia di schede di appunti, disegni e notizie di topografia romana raccolti da Giuseppe, Edoardo e Guglielmo, che ne fu pure ordinatore) all'Archivio centrale dello Stato, e l'acquisizione, da parte dell'Università di Perugia e per cura di F. Coarelli, dell'altrettanto ricca biblioteca di famiglia.

Fonti e Bibl.:Correspondance de Giovanni Battista De Rossi et de Louis Duchesne (1873-1894), a cura di P. Saint-Roch, Rome 1995, ad indicem (le lettere nn. 558bis e 572 sono tra il G. e il Duchesne). La bibliografia completa degli articoli del G. per il Bullettino, redatta dal figlio Edoardo, venne pubblicata da F. Barnabei e E. Josi nei necrologi sotto citati. Sulla collaborazione del G. al Corpus inscriptionum Latinarum si veda la prefazione al volume VI, 1 (Berolini 1882) di W. Henzen, p. VI.

Sul G. mancano trattazioni monografiche e la sua figura non viene considerata nemmeno in opere recenti sull'ambiente culturale romano della fine dell'Ottocento e dell'inizio del Novecento. Si rimanda per l'essenziale ai necrologi di B. Nogara, in Dissertazioni della Pontificia Acc. romana di archeologia, s. 2, XII (1915), pp. 1-26; F. Barnabei, in Rend. della R. Accademia dei Lincei, s. 5, XXIII (1914), pp. 358-378; E. Josi, in Studi romani, II (1914), pp. 357-371; F. Barnabei, in Bull. della Commissione archeol. comunale di Roma, XLII (1914), pp. 236-240; A. Silvagni, in Inscriptiones christianae urbis Romae septimo saeculo antiquiores, a cura di G. Gatti, I Suppl., 1, Romae 1915, p. I. Si vedano inoltre G. Carettoni, in Studi romani, XXX (1982), pp. 241-243; C. Pericoli Ridolfini, in Strenna dei Romanisti, XLIII (1982), pp. 593-596; L. Cozza - Gianlorenzo Gatti, in Guglielmo Gatti, Topografia ed edilizia di Roma antica…, Roma 1989, pp. VII-XII.

Per i riflessi dell'opera del G. sulla più recente storia degli studi: V. Arangio-Ruiz, in Fontes iuris Romani anteiustiniani, III, Florentiae 1943, pp. 455-457; A. Chastagnol, La préfecture urbaine à Rome sous le Bas-Empire, Paris 1960, pp. 243-248; G. Rotondi, Leges publicae populi Romani, Hildesheim 1962, pp. 454 s.; N. Criniti, L'epigrafe di Asculum di Gn. Pompeo Strabone, Milano 1970, pp. 3-8; G. Rickman, Roman granaries and store buildings, Cambridge 1971, pp. 194-209; F. Coarelli, Il foro Romano, I, Roma 1983, pp. 282-298; L. Cordischi, La dea Caelestis e il suo culto attraverso le iscrizioni, in Archeologia classica, XLII (1990), pp. 178-181; A. Fraschetti, Roma e il principe, Roma-Bari 1990, pp. 265-268; J. Scheid, Romulus et ses frères. Le Collège des frères arvales, modèle du culte public dans la Rome des empereurs, Rome 1990, pp. 1-8; A. Chastagnol, Trente ans après: les préfets de la ville de Rome (290-423 après J.-C.), in Scienze dell'antichità, VI-VII (1992-93), pp. 487-497; Caput Africae, a cura di C. Pavolini, I, Roma 1993, pp. 19-72 passim; M. Parca, The Franchetti collection in Rome. Inscriptions and sculptural fragments, Roma 1995, pp. 27-35; D. Palombi, Tra Palatino ed Esquilino. Velia Carinae Fagutal. Storia urbana di tre quartieri di Roma antica, Roma 1997, pp. 53, 57 s., 149-153.

CATEGORIE