GAZZERI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)

GAZZERI, Giuseppe

Ferdinando Abbri

Nacque a Firenze il 9 nov. 1771; indirizzato dal padre Vincenzio alla carriera ecclesiastica, compì i primi studi presso le Scuole pie fiorentine, quindi presso i padri della Missione, dove svolse, per breve tempo, anche funzioni di tutore per gli allievi più giovani. Abbandonata la carriera ecclesiastica, si trasferì all'Università di Pisa, dove si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza. Al rientro a Firenze, nel 1795, non intraprese tuttavia la carriera forense, ma si dedicò allo studio delle scienze naturali, privilegiando la chimica.

La ricerca chimica conobbe in quegli anni una grande espansione. In particolare in Toscana vivace era il dibattito sviluppatosi intorno ai fondamenti teorici di questa scienza a seguito della diffusione della rivoluzione introdotta da A.-L. Lavoisier. Importante luogo di ricerca era a Firenze sin dal 1775, il R. I. Museo di fisica e storia naturale (diretto da F. Fontana e G. Fabbroni); inoltre il conte Girolamo de' Bardi aveva creato un laboratorio chimico nel proprio palazzo, dove si riunivano giovani naturalisti e medici fiorentini.

Il G. individuò nella R. Accademia dei Georgofili - della quale divenne socio ordinario non ancora trentenne - un punto di riferimento istituzionale per la sua attività scientifica. Ai Georgofili presentò nell'arco di molti anni memorie su argomenti di chimica applicata e di agronomia; fra esse una dedicata alla questione dell'imbiancamento delle tele col cloro (memoria premiata il 5 giugno 1799 e pubblicata nel 1801 a Firenze) e un'altra dedicata al problema degli ingrassi (concimi). Il 5 giugno 1802 il G. lesse ai Georgofili una memoria intitolata Della necessità, ed utilità dello studio della chimica, come conducente al perfezionamento delle arti (in Atti della R. Acc. dei Georgofili, VI [1810], pp. 186-204). In questo lavoro egli sottolineava la "rigenerazione" della chimica, che aveva ormai acquisito lo status di scienza esatta, e ne rivendicava l'importanza ai fini dello sviluppo delle manifatture e dell'agricoltura. Il G. notava che, nonostante il rilievo scientifico e sociale della chimica, di essa mancava a Firenze un insegnamento pubblico, istituzionalizzato. Proponeva pertanto una riforma dell'istruzione onde poter garantire la diffusione delle conoscenze chimiche.

Con motu proprio del 17 febbr. 1807 Maria Luisa di Borbone, reggente del Regno di Etruria, allontanò G. Fabbroni dalla direzione del R. I. Museo di fisica di Firenze; fu sostituito dal conte Girolamo de' Bardi. Dieci giorni dopo venne ufficialmente aperto, presso il museo, un "Liceo di supplemento alle nostre università", che prevedeva sei cattedre di discipline scientifiche (quelle di botanica e di anatomia erano già state istituite dal Fabbroni). La cattedra di chimica fu affidata al G. (non del tutto gradito al Fabbroni, ma amico del Bardi), il quale diede così inizio all'insegnamento pubblico, cioè riconosciuto e sanzionato dallo Stato, della chimica a Firenze. Nel 1808 apparve il primo volume degli Annali del R. I. Museo, nel quale il G. stampò un Rapporto che illustrava i metodi e i contenuti del suo corso. Da questo Rapporto emerge con chiarezza che il G. aveva fatto proprie le innovazioni rivoluzionarie del Lavoisier e che la chimica aveva acquisito anche in ambito fiorentino uno status epistemologico preciso, quello di scienza autonoma. In una memoria, dal titolo Osservazioni sopra vari oggetti chimici - stampata nel primo volume degli Annali (pp. 1-12) - il G. rinviava alle ricerche di elettrochimica di H. Davy, J.-L. Gay-Lussac e L.-J. Thenard, dimostrando così una conoscenza aggiornata dei nuovi filoni di indagine chimica, ma egli ebbe sempre un interesse assai circoscritto verso la teoria chimica in sé e continuò a dedicare attenzione, in linea con la gran parte dei chimici italiani del tempo, alla ricerca applicata. Non a caso nel secondo volume (1810) degli Annali produsse solo un lavoro (pubblicato anche come opuscolo a sé) sull'analisi delle acque di un antico acquedotto fiorentino e una breve nota sulla terra dei lagoni del Volterrano.

Durante il governo di Elisa Bonaparte Baciocchi il G. cercò, anche in conseguenza del blocco continentale decretato da Napoleone, di approntare, col sostegno del governo, processi chimici validi ed economicamente convenienti per l'estrazione dello zucchero da varie sostanze (uva, barbabietole e, soprattutto, castagne), per l'ottenimento della potassa dalle ceneri di Maremma e per l'estrazione dell'indaco dal guado (Isatis tinctoria). Anche dopo la Restaurazione continuò a occuparsi dell'applicazione della chimica all'industria, ma i suoi tentativi non si concretizzarono in produzioni su grande scala: il contesto economico e finanziario toscano era strutturalmente troppo debole per consentire la nascita di un'industria chimica nazionale.

Nel 1814, con il ritorno del granduca Ferdinando III di Asburgo Lorena, l'insegnamento delle scienze presso il museo venne soppresso e la cattedra di chimica fu trasferita alla scuola di farmacia dell'arcispedale di S. Maria Nuova, dove il G. insegnò chimica farmaceutica per quasi quarant'anni. Da questa esperienza didattica nacque la sua opera più fortunata, il Compendio d'un trattato elementare di chimica (I-II, Firenze 1819; 2ª ed., ibid. 1828; 3ª ed., ibid. 1833).

Il Compendio è costituito da cento lezioni che organizzano la trattazione della chimica secondo un modello che guarda alla prima parte del Traité élémentaire de chimie (1789) di Lavoisier, alle opere di A.-F. Fourcroy, quindi al Lärbok i Kemien (1808-18) di J.J. Berzelius. Alla definizione di chimica e dei principî, ovvero le sostanze semplici o "indecomposte" (il G., fedele alle idee lavoisieriane, non accettava il termine troppo "metafisico" di elemento) segue, nel Compendio, l'illustrazione del calorico, dei gas, degli acidi, degli alcali, dei sali e dei metalli. Le cinquanta lezioni del secondo volume riguardano invece la chimica "vegetale e animale", cioè la chimica organica.

Il Compendio si indirizzava agli studenti della scuola di farmacia, ma non vi manca la segnalazione di temi teorici importanti, quali la teoria chimica atomistica e la legge delle proporzioni definite. D'altra parte l'istituzione di altre cattedre di chimica presso l'arcispedale di S. Maria Nuova (nel 1819 Gioacchino Taddei [1792-1860] divenne il primo titolare della cattedra di farmacologia e in seguito passò a quella di chimica organica e fisica medica) indusse il G. a occuparsi di una possibile limitazione dell'oggetto della sua trattazione, come risulta dalle Due lezioni con le quali cominciò i suoi corsi pubblici negli anni 1840-41 e 1841-42, e che vennero stampate come opuscolo a Firenze nel 1841.

Il G. ricoprì importanti incarichi ufficiali nel Granducato. Nel 1822 fu nominato commissario degli stabilimenti della magona e delle miniere di Toscana, carica tenuta sino al 1835 - anno di soppressione della magona - e che lo portò a compiere studi sulle tecniche metallurgiche più aggiornate. Si occupò anche dell'assistenza ai poveri, sostenne la fondazione a Firenze delle sale d'asilo per i fanciulli poveri, divenendo il primo presidente degli asili infantili.

La pubblicazione (Firenze 1815) della traduzione italiana degli Elements of agricultural chemistry (1813) di H. Davy rinnovò l'interesse del G. per il problema degli ingrassi, al quale dedicò una memoria dal titolo Degli ingrassi e del più utile e ragionevole impiego di essi in agricoltura (Firenze 1819), contenente notevoli esperienze sui concimi e sul loro uso più appropriato ed efficace. A questa importante memoria il G. ne fece seguire altre due, nel 1839 e nel 1840, che vennero lette all'Accademia dei Georgofili e pubblicate nella Continuazione degli Atti dell'Accademia stessa. In tarda età guardò con attenzione critica alle ricerche di J. von Liebig e la pubblicazione dell'edizione francese (1841) dell'opera del chimico tedesco Die organische Chemie in ihrer Anwendung auf Agricultur und Physiologie (1840) lo indusse a preparare delle Osservazioni (Bologna 1844) sulle idee del Liebig, che suscitarono un'aspra polemica testimoniata dalle Risposte ingenue e chiare del prof. G. Gazzeri alle false, artificiose e torbide imputazioni del professore Domenico de' Vecchi contro un suo libretto, Firenze s.d.).

Il G. si interessò anche degli sviluppi della fisica, in particolare dell'elettromagnetismo, compiendo esperimenti col Bardi e V. Antinori. Le ricerche fiorentine, e quelle del G. in particolare, vennero seguite e segnalate dalla Bibliothèque britannique di Ginevra e da M.-A. Pictet. Nei suoi lavori di fisica il G. invocò sempre un approccio metodologico improntato a un severo empirismo, ma a livello teorico non esitò a rifiutare l'ipotesi dell'attrazione e a proporre spiegazioni di tipo meccanico, basate sull'esistenza di un "fluido etereo". I movimenti di questo etere erano, secondo lui, causa dei fenomeni "luminosi, calorifici, elettrici e magnetici".

Il G. si collocò al centro della rete dei rapporti fra le tre principali istituzioni scientifiche fiorentine del primo Ottocento: il Museo di fisica - che riprese le attività didattiche nel 1833 grazie all'Antinori -, l'Accademia dei Georgofili e il nuovo Gabinetto di Giovan Pietro Vieusseux. Il G. collaborò all'Antologia del Vieusseux con diversi lavori di fisica (elettromagnetismo e critica della Meccanica della materia di L. Nobili), con la compilazione del Bullettino scientifico (al quale contribuirono personaggi di primo piano, come V. Antinori, C. Ridolfi, G. Libri, J. Tartini, G. Raddi), curando la Rivista critica delle opere recentemente pubblicate e fornendo resoconti delle riunioni dell'Accademia dei Georgofili e delle scoperte scientifiche più recenti.

Il G. arrivò dunque a occupare una posizione di rilievo nel contesto scientifico toscano preunitario e svolse un ruolo significativo nel campo dell'organizzazione e della diffusione del sapere scientifico a Firenze. In occasione del III congresso degli scienziati italiani, che si tenne a Firenze nel 1841, l'Antinori ebbe l'incarico di ristampare i Saggi dell'Accademia del Cimento. L'edizione fiorentina del 1841 non solo comprendeva le Notizie istoriche dell'Antinori, ma anche 90 pagine di Aggiunte ai Saggi preparate dal G., il quale aveva, tra l'altro, collaborato con il Ridolfi all'organizzazione del congresso stesso.

Al nome del G. non sono legate scoperte scientifiche specifiche, ma le sue innumerevoli ricerche di chimica farmaceutica e applicata - si occupò anche del problema della salubrità dell'aria, delle saline di Corneto (1805) e dello stato e natura delle acque di diverse sorgenti naturali toscane (1810, 1822, 1826) -, di fisica e di agronomia testimoniano da un lato una innegabile vivacità del contesto scientifico e culturale del Granducato, dall'altro i limiti locali di tale contesto e, in generale, le difficoltà incontrate, nell'Italia dell'Ottocento, da discipline "nuove", come la chimica e la fisica sperimentale, a trovare una collocazione istituzionale adeguata, capace cioè di favorire anche lo sviluppo dell'indagine puramente teorica.

Il G. fu membro di tutte le Accademie fiorentine, tra cui quella della Crusca, e di diverse straniere. Fu autore di Elogi di personaggi toscani illustri e della commemorazione più attendibile, storicamente, di G. Fabbroni (Continuazione degli Atti dei Georgofili, IV [1825], pp. 70-83).

Morì a Firenze, dopo una lunga malattia, il 22 giugno 1847.

Fonti e Bibl.: L. Calamai, Cenni necrol. del cav. professore G. G., Firenze 1847; A. Cozzi, Sulla vita scientifica del cav. prof. G. G., in Atti della R. Accad. dei Georgofili, XXVI (1848), pp. 28-65; M. Tabarrini, Degli studi e delle vicende della R. Accad. dei Georgofili, Firenze 1856, passim; F. Sestini, Dei singolari meriti di G. G. nell'avanzamento della chimica, in Atti della Soc. toscana di scienze natur., VIII (1886), 1, pp. 77-100; R. Grassini, G. G. e la chimica agraria, Firenze 1931; Id., G. G. e i tentativi di chimica industriale in Toscana sotto la dominazione francese, Firenze 1931; Id., G. G. chimico-igienista e idrologo, Firenze 1932; Id., Il chimico G. G. e gli studi fisici, Napoli 1932; G. Provenzal, G. G. (1771-1847), in Profili bio-bibliografici di chimici italiani, Roma s.d. [ma 1938], pp. 99-102; M. Miniati, Nobili e l'ambiente scientifico fiorentino, in Giorn. di fisica, XXV (1984), pp. 187-195; F. Abbri, Scienza, potere e istituzioni nella Toscana lorenese, in Le meraviglie dell'ingegno, a cura di F. Gravina, Firenze 1990, pp. 49-68.

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