GRISONI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)

GRISONI, Giuseppe

Maria Elena Massimi

Figlio di un fiammingo originario di Mons, nacque a Firenze nell'aprile del 1692 (Gabburri, 1739, cui si fa riferimento quando non altrimenti indicato; Griffo).

Dopo aver ricevuto da T. Redi, suo maestro nella città natale, un'impostazione pittorica classicistica e accademica, il G. si trasferì a Roma, dove venne impiegato, dall'architetto e antiquario inglese J. Talman, come disegnatore dall'antico. Con quest'ultimo, nel 1716, lasciò la città per Londra, dove avrebbe soggiornato per più di un decennio.

L'attività londinese del G. si svolse, sin dagli esordi, sotto la protezione di Talman, che introdusse il pittore nei circuiti culturali cittadini facendo leva sulle sue capacità di disegnatore: il G. lavorò infatti come illustratore per la Society of antiquaries, della quale il Talman era membro. Al 1718 o al 1719 va datato il Ritratto della famiglia Talman (Londra, National Portrait Gallery).

Il dipinto si pone al confine fra il genere storico e la modernissima conversation piece, denunciando la cultura del G., per un verso debitore al rigoroso classicismo romano del primo Settecento, per un altro sensibile alla ritrattistica e alla pittura di costume di W. Hogarth.

Nell'ottobre 1720 fu tra i sottoscrittori dell'Accademia londinese fondata da L. Cheron e J. Vanderbank in St. Martin's lane; presumibilmente nello stesso anno licenziò il Ritratto del lord cancelliere Thomas Parker, primo conte di Macclesfield (Hinton Ampner Manor, Ralph Dutton Collection).

Concepito secondo i moduli della ritrattistica ufficiale di marca francese, il dipinto presenta una complessa figurazione allegorica che allude al programma amministrativo del cancelliere, con echi formali da F. Trevisani e da B. Luti.

Di un progressivo inserimento del G. nell'ambiente londinese testimonia la Mascherata al King's theatre di Haymarket (1724 circa: Londra, Victoria and Albert Museum), soggetto alla moda condotto dal pittore con un gusto per le macchiette di chiara ascendenza fiorentina.

Presso il duca di Chandos, James Bridges, conobbe il compositore G.F. Händel, del quale eseguì il Ritratto (Cambridge, Fitzwilliam Museum); intorno al 1725 va datato il Ritratto dell'attore Colley Cibber (Londra, Garrick Club), dipinto con esiti assai prossimi a quelli di N. de Largillière e A. Watteau.

L'anno successivo moriva J. Talman e la sua scomparsa comportò per il G. un progressivo restringimento delle occasioni di committenza. Nel 1727 licenziava il Ritratto di George Parker, secondo conte di Macclesfield; ma già nella primavera del 1728, dopo aver venduto all'asta i suoi beni, partiva alla volta di Firenze, accompagnato dalla moglie, una gentildonna inglese, e dall'allievo W. Hoare (Woodward; Waterhouse).

Più noto come ritrattista, il G. si dedicò durante il soggiorno inglese anche all'attività grafica, fornendo illustrazioni per il Pastor Fido di B. Guarini curato da P. Rolli (1718) e per l'edizione del 1726 dei Gulliver's travels di J. Swift (di queste, incise da B. Baron e C. Du Bosc, non rimane traccia). Nel 1728 fornì dodici tavole per il testo A view of sir Isaac Newton's philosophy, pubblicato sotto il patronato di G. Parker; è nota solo la scena con Britannia pronta ad offrire la corona d'alloro a Newton, incisa da J. Pine (Londra, British Museum).

A Firenze il G. entrò nell'ambito della committenza medicea e nobiliare (Sestieri); e le sue opere furono presto immesse nel circuito collezionistico.

All'annuale esposizione d'arte dell'Accademia del disegno, che si teneva nel chiostro della Ss. Annunziata, venne presentato nel 1729 un suo foglio raffigurante il Ritratto di A.M. Zanetti. Tre anni dopo realizzava il cartone con il Ratto di Proserpina, allusivo al Fuoco, per la serie dei Quattro elementi commissionata dall'Arazzeria medicea.

Nel 1735 soggiornò per sei mesi a Roma con la famiglia, lasciando in città una pala d'altare per la chiesa dei carmelitani scalzi.

All'esposizione d'arte fiorentina del 1737 vennero presentati un suo Autoritratto a pastello e una Samaritana (entrambi di ubicazione ignota), quest'ultima appartenente al marchese A. Gerini, il quale possedeva vari quadri di diverse dimensioni di mano del G., collezionista a sua volta (gli appartenne sicuramente un'Adorazione dei magi di A. Gherardini; Borroni Salvadori, Le esposizionid'arte…, 1974).

Nel 1739 gli moriva la moglie; l'anno successivo, in qualità di provveditore della Compagnia dei tedeschi e dei fiamminghi, l'artista organizzò la radicale ristrutturazione e la ridecorazione della cappella di S. Barbara nella chiesa della Ss. Annunziata: per l'altare maggiore dipinse di sua mano la S. Barbara, pagatagli 200 lire nel febbraio del 1741.

A partire dal quinto decennio del secolo soggiornò a Pisa, dove eseguì Il discorso dell'Areopago per la chiesa di S. Anna (1749) e realizzò, per il salone del palazzo del nobile R.B. D'Angiolo (ante 1750), due raffinati dipinti con scene tassiane (Erminia fra i pastori; Erminia e Tancredi), caratterizzate da una ampia ma plumbea ambientazione paesistica. Su basi stilistiche Frosini (1974) riteneva che fosse da attribuire al G. anche l'ovale con Ercole vittorioso sul leone nemeo collocato nel soffitto dello scalone del palazzo.

Per quanto attiene alla successiva attività del pittore sono databili intorno al 1760 due Scene della vita di s. Giuliana Falconieri destinate alla cappella omonima nella chiesa della Ss. Annunziata a Firenze.

Il G. viene descritto da Gabburri come un raffinato gentiluomo; così egli intese immortalarsi nell'Autoritratto (Firenze, Galleria degli Uffizi) a figura intera su fondo paesaggistico, venduto nell'aprile del 1781 al direttore G. Bencivenni Pelli dalle due figlie dell'artista.

Tra la produzione del G. successiva al suo rientro in Italia sono da ricordare alcune pale d'altare fiorentine: la Morte di s. Romualdo per S. Maria degli Angeli e una Visitazione e una S. Francesca di Chantal per S. Francesco di Sales; inoltre continuò a produrre scene di genere e paesaggi (Borroni Salvadori, 1983).

Il G. morì a Roma, dove probabilmente trascorse gli ultimi anni della sua vita, nel 1769.

Fonti e Bibl.: F.M.N. Gabburri, Vite di pittori (circa 1730-41), in Settecento pisano, Pisa 1990, p. 350; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia…, I, Firenze 1834, pp. 237 s.; M. Marangoni, La pittura fiorentina nel "Settecento", in Rivista d'arte, VIII (1912), 3-6, pp. 92 s., 99; J. Woodward, A portrait by G. G., in The Burlington Magazine, CII (1960), 683, p. 71; J.L. Nevinson, G.'s portrait of Thomas lord Parker of Macclesfield, ibid., CII (1960), 685, p. 167; M. Gregori, 70 pitture e sculture del '600 e '700 fiorentino, Firenze 1965, p. 36; F. Borroni Salvadori, Francesco Maria Niccolò Gabburri e gli artisti contemporanei, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, classe di lettere e filosofia, IV (1974), 4, p. 1532; Id., Le esposizioni d'arte a Firenze dal 1674 al 1767, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XVIII (1974), pp. 89, 93; D. Frosini, Pisa nel Settecento e il pittore G., in Antichità pisane, I (1974), 4, pp. 22-30; Gli Uffizi. Catalogo generale. La collezione degli autoritratti, Firenze 1979, p. 891; E. Waterhouse, Dictionary of British art, II, Woodbridge 1981, p. 152; F. Borroni Salvadori, A passo a passo dietro a Giuseppe Bencivenni Pelli al tempo della Galleria, I, in Rassegna storica toscana, XXIX (1983), 1, pp. 47 s.; A. Padoa Rizzo, La cappella della Compagnia di S. Barbara dei tedeschi e fiamminghi alla Ss. Annunziata di Firenze. Opere d'arte e di arredo sec. XVI-XVIII, in Antichità viva, XXVI (1987), 4, pp. 13 s.; Storia dell'arte in Italia, G. Sestieri, La pittura del Settecento, Torino 1988, pp. 310, 315; Settecento pisano, Pisa 1990, ad indicem; S. Meloni Trkulja, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, p. 745; A. Griffo, G. Andrea G. (1726-1728): viaggio in Inghilterra e soggiorno londinese di un artista fiorentino tra Hogarth, Händel, Kent e Swift, in Gazzetta antiquaria, n.s., 1994, nn. 22-23, pp. 30-61 (con bibl.); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, pp. 56 s.; The Dictionary of art, XIII, pp. 677 s.

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