GUASTALLA, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 60 (2003)

GUASTALLA, Giuseppe

Stefano Grandesso

Nacque a Firenze il 2 luglio 1867 da Claudio e Benedetta Todros in una famiglia di origine piemontese che si sarebbe trasferita a Roma nel 1870, all'indomani dell'annessione al Regno d'Italia. Le notizie sul primo apprendistato artistico del G. sono scarse: A.M. Corbo (G. G. scultore…, 1994, p. 100) ipotizza che potesse essere stato indirizzato alla scultura da quel Carlo Guastalla, forse un parente, che nel 1888 firmò il busto di Annibal Caro collocato sulla passeggiata del Pincio. Accertato è invece il successivo alunnato nello studio di Ettore Ferrari, il maestro che doveva condizionarne la carriera sia nelle scelte formali, sia nella volontà di caratterizzare ideologicamente l'impegno artistico vissuto come impegno civile, al servizio di ideali risorgimentali e libertari.

Nel 1883 esordì con il busto in gesso di Quintino Sella esposto alla Società degli amatori e cultori di belle arti. Nel 1889 avanzò istanza al Comune di Roma per eseguire un'erma per la passeggiata del Pincio (Cremona - Gnisci - Ponente, 1999, p. 180). Nel 1890 espose alla Mostra della città di Roma il gesso patinato Sorpresa piacevole! e nel 1891, all'Esposizione di belle arti di Palermo, l'opera Gavinana 1530, raffigurante la morte di Francesco Ferrucci. La premiazione della scultura gli assicurò una prima notorietà.

I lavori successivi ci sono restituiti nella loro serie cronologica dalla periodica comparsa alle esposizioni. Alternò soggetti storici, allegorici a destinazione pubblica, busti di uomini illustri, temi di genere e studi dal vero. Nel 1893 inviò alla Mostra nazionale di Roma i bronzi Mercurio Campestre e Anna Maria: tipo di donna romana del popolo, opera premiata con la medaglia d'argento, e collocò sul Pincio il busto del patriota e storico Michele Amari, incarico affidatogli per concorso.

Nel 1894 figurava come "cultore" della Società degli amatori e cultori di belle arti e partecipava al concorso nazionale per il monumento romano a Nicola Spedalieri, presentando però il bozzetto oltre i termini consentiti; un secondo concorso premiò Mario Rutelli (Berggren - Sjöstedt, 1996, p. 201).

All'anno seguente, quando realizzò anche il busto del principe Tommaso Corsini per la Galleria Corsini (oggi Galleria nazionale d'arte antica), risale la prima importante commissione pubblica del G.: Ferrari, incaricato dalla Società per il bene economico di Roma di realizzare il bozzetto della colonna commemorativa del venticinquesimo anniversario della breccia di porta Pia, affidò all'allievo il compito di realizzare la statua della Vittoria e all'ingegnere e architetto Carlo Aureli il disegno generale del monumento.

Senza compenso, in settanta giorni il G. realizzò il modello, poi fuso in bronzo dalla ditta Brugo-Piernovelli. La figura, ispirata all'iconografia classica, si protende dal globo recante la data della breccia accompagnata dai simboli della stella d'Italia a cinque punte, della palma della vittoria e dei fasci della concordia. Secondo una voce della cronaca artistica contemporanea il "sapore di modernità" infuso nel canone classico era il merito della statua (Roux, 1895, p. 232); mentre Ugo Fleres (1895-96) vedeva come ormai superata l'adozione del repertorio allegorico della tradizione per celebrare eventi contemporanei.

Da allora la sua partecipazione alle rassegne nazionali e internazionali fu intensa, così come la sua attività per opere a destinazione pubblica. Nello stesso 1895 espose il modello della Vittoria alata e la statua in bronzo Il duellista - un alt agli Amatori e cultori. Cinque anni più tardi presentò il gruppo Prometeus victor, o Il genio umano che si libera del pregiudizio all'Esposizione universale di Parigi, dove fu premiato; e nel 1901, alla IV Biennale di Venezia, il bronzo Ettore Ferrari e l'erma in marmo di M. Gavius Apicius.

Nel 1903 ricevette la proposta da Achille D'Orsi di realizzare uno dei due leoni affidatigli da Giuseppe Zanardelli per gli attici dei prospetti laterali del palazzo di Giustizia. Tuttavia la procedura di assegnazione a trattativa privata delle sculture fu messa in discussione e nel 1907 un concorso assegnò l'incarico, mai condotto a termine, a Pietro Piranio e Benedetto D'Amore.

Nel 1907 il G. scolpì i busti di Mario Pagano per il Pincio e di Fra Pantaleo per il Gianicolo. Due anni prima aveva partecipato al concorso per il Monumento ad Alberico Gentili da erigere in San Ginesio, città natale del giureconsulto e filosofo cinquecentesco.

Già nel 1875, nel clima liberale e anticlericale seguito al processo risorgimentale, era stato costituito un comitato internazionale per onorare la memoria di Gentili come martire del libero pensiero e fondatore del diritto internazionale. L'iniziativa era stata ripresa all'inizio del Novecento; e nella fase finale della competizione il G. prevalse su Carlo Panati e Giuseppe Inghilleri. Per quello che è forse il suo capolavoro il G. si ispirò al Monumento a Giordano Bruno del suo maestro Ferrari, ideando una figura stante in atteggiamento meditativo, dalla forte tensione morale e dalla caratterizzazione plastica legata al verismo accademico. Per la verosimiglianza storica della figura il G. rappresentò Gentili nell'antico costume dei docenti di Oxford, mentre per la fisionomia studiò quella del fratello Scipione, modificata secondo un processo di idealizzazione morale suggerito dalle vicende biografiche del pensatore: "un tipo magro piuttosto, dallo sguardo vivo e profondo, dall'aspetto nervoso e scrutatore", come scriveva lo stesso G. nella relazione che accompagnava il bozzetto al concorso (Corbo, G.G. scultore…, 1994, p. 5). Nel 1908 la statua di Alberico Gentili, realizzata anche questa volta senza compenso economico, fu collocata sul piedistallo ornato dall'erma alata simboleggiante la Pace.

Sempre nel 1907 fu nominato professore all'Istituto di belle arti di Roma e nel 1909, alla Mostra internazionale di palazzo delle Esposizioni organizzata dagli Amatori e cultori - dei quali dal 1900 al 1910 fu consigliere e commissario di accettazione per le mostre - gli fu dedicata una sala personale dove espose quindici opere tra cui Barberina, busto in marmo acquistato dal re, il Pro-dittatore A. Mordini, Titubanze, Studio di Leone, il busto di E. Romagnosi, Cicerone, Contadina e Leonessa (catal., pp. 81 s.).

Iscritto alla massoneria, al pari del maestro e amico Ferrari, fu consigliere comunale nella giunta presieduta da Ernesto Nathan, negli anni (tra il 1906 e il 1911) che coincidono con il vertice della sua carriera professionale.

Se nel 1909 non ebbe successo nel concorso per le due Vittorie di ponte Vittorio Emanuele II, nel 1910 realizzò la decorazione scultorea in stucco del fondale architettonico effimero di piazza Colonna progettato da Pio Piacentini, articolata in un fregio con putti e festoni, due stemmi colossali a figure sulle testate del prospetto, sei statue muliebri allegoriche e le Vittorie del Commercio e della Civiltà collocate a decorazione interna dei timpani laterali. L'iniziativa provocò aspre polemiche da parte dei giornali di ispirazione cattolica, come il Corriere d'Italia, che attaccarono il G. attribuendo i suoi incarichi al legame con la massoneria (Piantoni, 1980, p. 166).

Per l'Esposizione romana del 1911, celebrativa del cinquantenario dell'Unità, come commissario di reggenza dell'Unione degli artisti il G. predispose le sale spettanti al sodalizio nell'Esposizione. Fu inoltre componente della seconda sezione del Comitato esecutivo delle belle arti - con Ferrari, Calderini, Giulio Aristide Sartorio, Duilio Cambellotti - e, come direttore per la scultura, coordinò e sovrintese all'intera decorazione plastica in stucco degli edifici dell'esposizione a vigna Cartoni e piazza d'Armi, garante, come sottolineava Lionello Venturi, dell'impronta nazionale della scultura italiana contemporanea, individuata nel legame con la tradizione classica, ovvero nel "carattere romano, di cui egli è compenetrato per facoltà spontanea e lungo esercizio" (1911, p. 101). All'Esposizione egli stesso presentò Sensazioni e Vindex semper vigil, opera acquistata dal Comitato e poi concessa in deposito alla Galleria nazionale d'arte moderna, dove risulta perduta.

Nel 1914 all'Esposizione mondiale inviò Sensazioni e Visioni e fu premiato con la medaglia di bronzo per la scultura; mentre Titubanze, esposto a Bruxelles, venne acquistato dallo Stato ospite (Ferroni, 1915, p. 102 fig. 2). Nello stesso anno donò al governo della Cirenaica la Roma vittoriosa, ispirata dai versi di Gabriele D'Annunzio ed eretta sulla punta della Giuliana, presso Bengasi, per il monumento ai caduti della guerra di Libia. Nello stesso periodo eseguì quattro pannelli decorativi destinati all'ingresso della Banca d'Italia a Bergamo con Il Lavoro, Il Risparmio, La Fortuna, L'Abbondanza.

Altre opere a destinazione pubblica dell'immediato dopoguerra furono i busti collocati sul Pincio di Cesare Battisti e Guglielmo Oberdan, e alcuni monumenti ai caduti per paesi dell'Italia centrale come Agnone, in piazza XX Settembre, e Pietrabbondante, in piazza Vittorio Veneto. In questi anni condusse a termine la Tomba Scotti per il cimitero del Verano (1919) e il rilievo dell'Industria per il fastigio del palazzo della galleria di piazza Colonna (1923), animato da ritmi floreali, a paragone dell'altro più severo del Commercio scolpito da Ercole Drei.

Nel 1924, immediatamente dopo il delitto, modellò il busto di Giacomo Matteotti; ma l'opera venne collocata presso la Camera dei deputati soltanto nel secondo dopoguerra. Avverso al regime fascista, fu rimosso dalla cattedra che ricopriva presso l'Istituto di belle arti, e nel 1929 fu inviato al confino nell'isola di Ponza. Al rientro a Roma la sua attività si ridusse considerevolmente, sia perché sgradito al potere politico, sia perché incapace di rinnovare il suo stile plastico a confronto con le nuove correnti artistiche.

Del resto fin dal 1915 il G. si era descritto come un artista volontariamente isolatosi in un percorso autonomo, alieno dalle "inquiete, affannose ricerche del cubismo, del secessionismo, del futurismo e di tutte le altre cose in ismo" (Ferroni, 1915, p. 106).

Ebbe comunque ancora committenze private come la Tomba Dalmas per il Verano del 1930. Con la necessità di ottenere nuovi incarichi si spiega forse l'iscrizione al Sindacato interprovinciale fascista del Lazio del 1935 e la partecipazione alla Sindacale dell'anno seguente con Ritratto del poeta.

Il G. morì a Roma il 15 genn. 1952.

Fonti e Bibl.: Nel XXV anniversario del XX settembre, in L'Illustrazione italiana, XXII (1895), 37, p. 174; O. Roux, La colonna commemorativa del XX settembre, in Emporium, II (1895), 9, pp. 231 s.; U. Fleres, I monumenti di Roma a Cavour, Garibaldi, Minghetti e Cossa, in Natura ed arte, V (1895-96), 3, p. 186, tav. p. 189; L. Serra, La mostra di belle arti a Roma, ibid., XXXV (1908-09), p. 265; L. Callari, Storia dell'arte contemporanea italiana, Roma 1909, p. 57; Il padiglione di piazza Colonna, in Roma. Rassegna illustrata dell'esposizione del 1911, I (1910), 9, p. 14; L. Venturi, La scultura degli edifici dell'Esposizione, ibid., II (1911), 4, pp. 2, 101; La befana del signor G., in Corriere d'Italia, 7 genn. 1911; La scandalosa concessione di piazza Colonna…, ibid., 12 genn. 1911; V. Pica, L'arte mondiale a Roma 1911, Bergamo 1912, pp. 158, 481; G. Ferroni, Una visita allo studio dello scultore G., in Picenum. Riv. marchigiana illustrata mensile, XII (1915), 4, pp. 101-106; O. Montenovesi, Il campo santo di Roma. Storia e descrizione, Roma 1915, p. 100; A. Riccoboni, Roma nell'arte. La scultura nell'Evo moderno dal Quattrocento ad oggi, Roma 1942, p. 475; F. Sapori, Scultura italiana moderna, Roma 1949, pp. 192, 456; Abruzzo e Molise. Guida d'Italia del Touring Club Italiano, Milano 1979, pp. 434, 437; Roma 1911 (catal.), a cura di G. Piantoni, Roma 1980, pp. 71, 97, 166 s.; Roma capitale. 1870-1911. Architettura e urbanistica. Uso e trasformazione della città storica (catal., Roma), Venezia 1984, pp. 257, 260, 390, 397; Il palazzo delle Esposizioni. Urbanistica e architettura. L'esposizione inaugurale del 1883… (catal.), a cura di R. Siligato - M.E. Tittoni, Roma 1990, p. 181; La capitale a Roma. Città e arredo urbano 1870-1945 (catal.), a cura di L. Cardilli - A. Cambedda Napolitano, I, Roma 1991, p. 175; B. Tobia, Una patria per gli Italiani. Spazi, itinerari, monumenti, Bari 1991, p. 143; A. Del Bufalo, Il Verano. Un museo verde per Roma, Roma 1992, p. 144; A.M. Corbo, G. G. scultore celebrativo, in Lazio ieri e oggi, XXX (1994), 4, pp. 100 s.; Id., Il monumento ad Alberico Gentili in San Ginesio, San Ginesio 1994; L. Berggren - L. Sjöstedt, L'ombra dei grandi. Monumenti e politica monumentale a Roma (1870-1895), Roma 1996, pp. 201, 227, 231; A.M. Corbo, Un problematico ritratto di Alberico Gentili al Pincio, in Lazio ieri e oggi, XXXV (1999) 1, pp. 4 s.; Il giardino della memoria. I busti dei grandi italiani al Pincio, a cura di A. Cremona - S. Gnisci - A. Ponente, Roma 1999, ad indicem; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 180; P.A. Corna, Diz. della storia dell'arte in Italia, II, Piacenza 1930, p. 542; A. Panzetta, Diz. degli scultori italiani dell'Ottocento e del primo Novecento, I, Torino 1994, p. 153; V. Vicario, Gli scultori italiani dal neoclassicismo al liberty, I, Lodi 1994, p. 569.

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