GIUSEPPE II imperatore

Enciclopedia Italiana (1933)

GIUSEPPE II imperatore

Heinrich Kretschmayr

Nato il 13 marzo 1741 a Vienna. ove morì il 20 febbraio 1790, era il quarto figlio e primo di sesso maschile del granduca e più tardi imperatore Francesco I di Lorena-Toscana e dell'imperatrice e regina Maria Teresa. Sposato prima con Isabella di Parma (il frutto di tale unione morì nel 1770) poi con Giuseppa di Baviera (senza prole), divenne re dei Romani il 27 marzo 1764, alla morte del padre (18 agosto 1765), imperatore e conreggente con la madre Maria Teresa per gli stati ereditarî; e finalmente, dal 1780 al 1790, unico sovrano. "Desideroso d'imparare ma senza la pazienza d'istruirsi" (Federico II), sin da principio ammiratore delle teorie e spregiatore della tradizione, egli tracciò nel 1761 nelle sue Träumereien (Rêveries), in una specie di programma, le sue vedute mai mutate sulla necessità del potere assoluto del sovrano in uno "stato di benessere" (Wohlfahrtstaat) e sulla possibile soppressione delle tradizionali prerogative aristocratico-costituzionali. E scrisse in seguito sulle questioni concernenti l'amministrazione statale. Durante la conreggenza egli fu quasi sempre, e specialmente negli affari ecclesiastici, in contrasto insanabile con sua madre e spesso anche col Kaunitz (v.). Si devono attribuire a lui, come veri successi personali, la soppressione della tortura, conseguita (1775) malgrado l'opposizione di sua madre, e la riforma dell'esercito in unione col consigliere aulico di guerra, il presidente Lacy. Durante questi anni di politica a tre" egli prese, assai più che in seguito, interesse alla politica estera, dimostrando anzi in certe occasioni appassionato desiderio di conquista. Dovette strappare al senso legalitario dell'imperatrice la partecipazione alla prima divisione della Polonia (5 agosto 1772), che condusse all'annessione all'Austria della Galizia e della Lodomiria. Nel 1775 la Turchia fu ridotta a cedere la Bucovina.

Di fronte alla Prussia, benché ancor più attaccato che la madre ai diritti della corona imperiale in Germania, egli assunse un atteggiamento più favorevole di quello di Maria Teresa, che non poteva dimenticare la perdita della Slesia. In due convegni col re di Prussia Federico II (ch'egli ammirava molto) a Neisse dal 25 al 28 agosto 1769 e, insieme con Kaunitz, a Mährisch-Neustadt dal 3 al 7 settembre 1770, egli tentò di stabilire un accordo fra le due potenze, specialmente nelle questioni dell'Europa orientale (Polonia e Turchia). Ma, dopo la morte dell'elettore bavarese Massimiliano Giuseppe, il 30 dicembre 1777, G., spinto dal Kaunitz, in recisa opposizione ai voleri di sua madre, determinò il nuovo elettore Carlo Teodoro a un trattato di spartizione bavarese, il 3 gennaio 1778; e provocò in tal modo una guerra di successione bavarese con la Prussia, che non fu combattuta seriamente e finì il 13 maggio 1779 con la pace di Teschen, principalmente grazie a Maria Teresa, segnando, malgrado l'acquisizione di alcuni territorî, un insuccesso per l'Austria. Non ostacolò il progetto del Kaunitz di alleanza con la Francia, benché non avesse preferenze per la Francia, che aveva visitato nel 1777 quale attento osservatore.

Divenuto unico sovrano, G. rivolse alla politica interna la sua attenzione principale, ma non trascurò la politica estera. Nella primavera del 1780, in una visita fatta a Mohilev e a Pietroburgo, egli preparò un'alleanza difensiva fra l'Austria e la Russia, conclusa nel maggio 1781 con la zarina Caterina II. G. chiedeva per compenso d'una guerra con la Turchia, oltre alla Piccola Valacchia e Belgrado, anche la terra ferma veneziana contro la reintegrazione della repubblica veneta nei suoi antichi possessi orientali dell'arcipelago Egeo, in Creta, in Cipro e nella Morea. Nel 1782 e nel 1784 G. voltosi fortemente contro l'Olanda per le difficoltà da essa create contro il commercio della Schelda ad Anversa, chiese il ritiro dei presidî olandesi nel Belgio e la franchigia alla foce della Schelda; ma nel trattato concluso nel 1785, a Fontainebleau, non ottenne successo che per la prima delle sue domande. Quindi ritornò al suo progetto di ottenere la Baviera, questa volta per mezzo dello scambio col Belgio; ma dovette definitivamente desistere da quell'idea di fronte all'opposizione della Confederazione dei principi tedeschi convocata a quello scopo dal re Federico II il 23 luglio 1785, e anche dell'alleata Francia. Anche l'intenzione ch'egli ebbe nel dicembre 1786, dopo la morte del re Federico, di riconciliarsi con la Prussia, non ebbe seguito per l'appassionata opposizione del Kaunitz, e non ne derivarono che nuove inimicizie. In ultimo l'imperatore, in virtù dell'alleanza con la Russia del 1781, si lasciò trascinare a una guerra con la Turchia (9 febbraio 1788), in cui assunse senza fortuna il comando personale dell'esercito e in tal modo, già malato di polmoni, si procurò la malattia che lo portò alla morte.

Intanto lo stato era arrivato a un completo scompiglio nell'interno. Ben preparato dagli studî e dai viaggi, G. intendeva formare uno stato fortemente centralizzato, per mezzo di un'organizzazione governativa rigidamente condotta, per la Boemia, l'Austria e l'Ungheria, e ciò senza tener conto delle tradizioni costituzionali e nazionali e delle particolari aspirazioni delle singole parti del regno. Dopo la morte della madre, assai più prudente di lui, egli giunse a un sistema d'ipercentralizzazione, che, semplificata soverchiamente e con troppo lieve considerazione dell'importanza storica delle classi nei singoli paesi, non fece che portare in ultimo verso la disunione. Questo stato centralizzato doveva essere tenuto insieme dall'esercito, dalla diplomazia, dalla burocrazia; da un sistema fiscale senza riguardi; da un'organizzazione centrale di polizia (1786), che comprendeva tutti i paesi a eccezione dell'Ungheria; e specialmente dalla lingua tedesca dichiarata lingua di stato (marzo 1784), che egli voleva divulgare con la colonizzazione in Galizia, Ungheria e Bucovina, con la scuola, col teatro. L'abolizione della soggezione ereditaria dei contadini, effettuata con diversi decreti, dall'aprile 1781 al giugno 1782, fu preparata completamente in precedenza da Maria Teresa, che con maggior diritto del figlio può venir chiamata la liberatrice dei contadini. Un'imposta uniforme creata in conseguenza di questo atto andò a colpire, benché con trattamento di favore, anche la nobiltà sin allora esente da tasse. In ciò G. era un fisiocrate, desideroso di portare a un livello più alto la trascurata agricoltura. Nell'industria e nel commercio egli fu, con forti dazi protettori e con l'intervento del potere sovrano nel campo economico, un mercantilista. Nella vita culturale G. sì mostrò un efficace organizzatore della scuola, che indirizzò alla germanizzazione dei suoi dominî; ma il prudente procedere di sua madre aveva più giovato politicamente alla nazionalità tedesca nell'Austria intera che non l'attività irruente di lui. Inoltre, egli raddolcì il potere della censura (11 giugno 1787), abolì la tortura, limitò l'applicazione della pena di morte, senza però mostrare qualsiasi mitezza nelle sue leggi punitive (13 gennaio 1787), e s'interessò in tutti i modi anche nelle questioni di riforma del diritto civile.

Ma il suo nome sopravvive anzitutto per la sua politica ecclesiastica in cui inaugurò quel sistema giurisdizionalista, che da lui prese il nome di giuseppinismo. Le sue riforme ecclesiastiche non corrispondono rigidamente a un piano tracciato, ma furono effettuate piuttosto caso per caso. Egli si servì senza riguardi del supremo diritto di revisione dello Stato sulla Chiesa. Nella Tolleranzpatent (Editto di tolleranza) del 13 ottobre 1781 accordò completa libertà di culto ai protestanti e ai greco-ortodossi, senza però scalzare la posizione della religione cattolica, che restò dominante ma non intollerante; soppresse gli ordini religiosi che non erano dedicati alla cura degl'infermi e all'educazione della gioventù, circa un terzo dei 2000 conventi e quasi altrettante confraternite religiose in Austria. Le disposizioni prese contro le usanze popolari religiose non fecero per lo più che produrre irritazione. Il tentativo fatto dal papa Pio IV di distogliere con un viaggio a Vienna nel 1782 l'imperatore dal suo indirizzo rimase senza effetto.

Le riforme di G. provocarono verso la fine del suo regno aperte opposizioni, con pronunciato carattere nazionalistico nell'Ungheria nel 1788 e con pronunciato carattere politico nel 1789 nel Belgio. Furono violati dall'imperatore gli antichi statuti, la Bolla d'oro in Ungheria, e la Joyeuse Entrée nel Belgio. Gl'insuccessi della guerra con la Turchia diedero occasione allo scoppio della ribellione. L'imperatore era sulle prime per l'applicazione di misure più severe, e aboliva il 18 giugno 1789 la Joyeuse Entrée. Ma l'esercito austriaco dovette cedere ai ribelli nel Belgio, dove il 13 dicembre gli stati si dichiararono indipendenti e furono riconosciuti tali il 9 gennaio 1790 dalle potenze marittime e dalla Prussia. Pure nell'Ungheria si era acceso un movimento sostenuto dai nobili, che si manifestò col rifiuto del pagamento delle tasse e della prestazione del servizio militare, col licenziamento degl'impiegati e l'abolizione della lingua di stato. L'imperatore dovette rinunziare a una buona parte delle sue riforme anche negli altri paesi. ll fratello e successore di lui, Leopoldo II, dovette ristabilire dopo di lui la tranquillità politica con prudenti concessioni.

La figura di G. è incerta come poche altre nella storia; la sua memoria fu esaltata con entusiasmo e anche attaccata senza pietà, la sua personalità è piena di contraddizioni. Ma queste contraddizioni si spiegano col fatto, che egli, figlio dell'illuminismo, ne possedeva tanto i lati negativi quanto i positivi. Da un lato egli è decisamente l'uomo dell'illuminismo teorico ed esige un'assoluta sottomissione alle leggi della ragione, secondo le quali ci si deve affidare all'assoluto governo del capo dello stato; ed è in ciò duro, impaziente, intollerante e senza comprensione delle vicende della vita. Dall'altro lato è l'uomo dell'illuminismo pratico ed è il benevolo "apprezzatore degli uomini", è l'uomo che vuol rendere felice il suo popolo. Il ricordo di lui vive nella tradizione popolare sotto questo aspetto, ma la scienza storica deve richiamare anche quell'altro suo aspetto. Una vita, in fondo, priva di gioie; il senso di grandi cambiamenti politici sovrastanti possono aver acuito la durezza e l'impazienza del suo carattere. L'aver assistito al crollo di tutte le sue idee fa di lui una figura veramente tragica. Ma gli effetti della sua attività politica e delle sue idee, che si sono prodotti nel secolo seguente, sono evidenti e mantengono viva la memoria di lui.

Bibl.: V. le lettere dell'imperatore (mit Maria Theresia, voll. 3, Vienna 1867; mit Leopold II, voll. 2, Vienna 1872, pubblicate da A. v. Arneth; mit Leopold II und Kaunitz, Vienna 1873, pubblicate da von Beer; mit Graf Ludwig Cobenzl, voll. 2, Vienna 1901, pubblicate da von Beer e Fiedler; mit Ferd. Trautmannsdorf, Vienna 1902, pubblicate da Schlitter), e cfr.: A. Fournier, Jopseh II. Historische Studien und Skizzen, Praga-Lipsia 1885; A. Wolf e H. Zwiedineck-Südenhorst, Österreich unter Maria Theresia, Joseph II. und Leopold II., Vienna 1884; P. v. Mitrofanoff, Joseph II., voll. 2, Vienna 1910; K. u. M. Uhlirz, Handbuch der Geschichte Österreichs, Graz, I e II, 1927 e 1930, con eccellente e ricca bibliografia. Non è stata ancora scritta una soddisfacente monografia storica su Giuseppe II.

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