LECHI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)

LECHI, Giuseppe

Luciano Faverzani

Nacque all'Aspes di San Zeno, nei pressi di Brescia, il 20 dic. 1766, primogenito maschio del conte Faustino e della contessa Doralice Bielli.

Ebbe tre sorelle; una, Francesca (detta Fanny), poi sposata Gherardi, condivise le passioni politiche dei fratelli e in seguito fu tra le conoscenze di Stendhal. Quattro dei fratelli (Luigi, Teodoro, Giacomo e, per breve tempo, Angelo) scelsero come lui la carriera delle armi e furono su posizioni rivoluzionarie. Sulla sua formazione giovanile influì, parte per contrasto parte per imitazione, lo zio paterno Galliano (nato a Brescia il 1° ag. 1739). Questi, dopo una vita irregolare, con atti frequenti di vero banditismo nel feudo subalpino della famiglia, che lo portarono alla detenzione nei Piombi di Venezia dal 1779 al 1785 (fu il secondo, dopo G. Casanova, che riuscì a fuggirne), si era convertito alla causa rivoluzionaria. Durante la Campagna d'Italia, in un periodo in cui il nipote fu talora presso di lui, cercò di incidere sulla collocazione politica della Valtellina, ma fu catturato e passato per le armi il 23 luglio 1797 a Cepina Valdisotto. Stendhal ne presentò la figura in Roma, Napoli e Firenze con il nome di conte Vitelleschi.

Il L. effettuò gli studi secondari nel collegio Teresiano di Vienna, arruolandosi nel reggimento di ulani a Modena (1785). A Vienna strinse amicizia con il principe G. Poniatowski, futuro maresciallo di Francia, e con il conte G. Palffy, generale austriaco che sarebbe morto a Marengo. Passato come ufficiale nel reggimento di cavalleria "Kaiser", il 7 ott. 1792 fu all'assedio di Spira, dove fu ferito e ottenne la promozione a capitano. Fu poi temporaneamente a Vienna, dove iniziò ad avvicinarsi alle idee rivoluzionarie. Congedatosi nel 1795, il L. fece ritorno a Brescia, dove con i fratelli Giacomo, Angelo, Bernardino e Teodoro frequentò il Casino dei buoni amici, club allora filofrancese. Nell'agosto dello stesso anno fu in Valtellina presso lo zio Galliano e successivamente a Milano, dove strinse maggiormente i contatti con gli ambienti rivoluzionari.

Il 18 marzo 1797 fu fra i protagonisti dell'insurrezione antiveneta che portò alla nascita della Repubblica bresciana; fu il L. che lesse la dichiarazione di secessione al provveditore della Serenissima. Nominato dal Governo provvisorio comandante in capo delle milizie rivoluzionarie, guidò le truppe che fra la fine di marzo e il giugno del 1797 combatterono con esito incerto nelle valli bresciane e nella Patria di Salò per porre fine alle insurrezioni antirivoluzionarie. Nel luglio, a Milano, entrò nei ranghi dell'esercito della Repubblica Cisalpina.

Nel gennaio 1798 venne nominato generale e posto al comando di una brigata; guidò la campagna nelle Romagne, in Umbria e nelle Marche (già nel dicembre 1797 era stato a capo delle truppe che avevano occupato Pesaro). A Città di Castello ricevette in dono dalla Municipalità (ma la circostanza è stata discussa) lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, poi passato nella Pinacoteca di Brera. Nel 1799 fu alla testa di una delle due brigate dell'esercito della Cisalpina che operarono in Valtellina e nei Grigioni, dove contribuì alla sconfitta degli Austriaci del generale G. Laudon a Tubre (Taufers). L'esito non favorevole alle truppe francesi in altri scontri lo costrinse a ritirarsi e a fare ritorno a Milano; tuttavia, il comportamento tenuto nelle operazioni gli valse il conferimento di una spada d'onore.

Di fronte all'avanzata austro-russa il L. lasciò la Lombardia e raggiunse la Francia. Su incarico di Napoleone Bonaparte, organizzò a Digione una legione italica, della quale il 19 dic. 1799 fu nominato comandante, con il grado di generale di brigata; suo aiutante generale fu P. Teulié, futuro ministro della guerra della Cisalpina. Da circa 1200 effettivi la legione giunse poi a più di 4000; incorporata nell'armata di riserva, della quale Bonaparte assunse il comando il 9 maggio 1800, dopo avere passato il Gran S. Bernardo batté a Varallo il principe C.-A.-G. de Rohan e il 4 giugno fu a Varese, da dove marciò su Lecco e Bergamo. Il 10 giugno entrò trionfalmente a Brescia. Il L., con la legione, contribuì all'esito della battaglia di Marengo (14 giugno) bloccando i rinforzi austriaci provenienti da Mantova. Riunitosi a Pisogne con le truppe di E.A. MacDonald, marciò sul Trentino e il 6 genn. 1801 occupò Trento. Dopo la pace di Lunéville (9 febbr. 1801) gli fu affidato il comando della divisione di Milano; nel novembre fu eletto deputato ai Comizi di Lione, e nel gennaio 1802 entrò a far parte del Corpo legislativo della Repubblica Italiana. Ma la pausa politica nell'attività militare fu breve, forse anche per incomprensioni con il vicepresidente F. Melzi d'Eril.

Nel 1803 il L. lasciò il comando della piazza di Milano e sotto il comando di L. Gouvion-Saint-Cyr partecipò alla campagna militare in Puglia. Nel dicembre 1803 partì da Milano per Parigi dove, nel dicembre 1804, partecipò alla cerimonia di incoronazione di Napoleone a imperatore dei Francesi. Nel gennaio 1805, alle Tuileries, ricevette la croce di cavaliere della Legion d'onore (prima nomina) e il 26 maggio, a Milano, presenziò all'incoronazione di Napoleone a Re d'Italia. Fra il 13 e il 15 giugno 1805 fu a Montirone (Brescia), dove i Lechi ospitarono l'imperatore. Nel novembre 1805 partecipò, ancora sotto Gouvion-Saint-Cyr, all'assedio di Venezia, ostacolando a Castelfranco le truppe austriache; agli ordini del maresciallo A. Massena partecipò poi, tra la fine del 1805 e il 1806, all'occupazione del Regno meridionale, soggiornando per diversi mesi a Napoli.

Il 24 nov. 1807 fu incaricato di costituire ad Avignone una Divisione italiana, poi inserita nella Divisione di osservazione dei Pirenei orientali, della quale il 6 dic. 1807 assunse il comando provvisorio; dal gennaio 1808 partecipò all'occupazione della Spagna, e il 29 febbraio occupò la cittadella di Barcellona. Il 30 giugno, agli ordini del generale P.-G. Duhesme, partecipò allo scontro del ponte di El-Rey (sul Llobrégat), e l'8 nov. a quello di Sant'Andrea. Dal 13 luglio al 10 sett. 1809 fu comandante superiore di Barcellona e il 22 maggio, agli ordini del generale J.A. Verdier, fu all'assedio di Gerona.

Il 10 sett. 1810, accusato di violenze e concussione, il L. fu posto in congedo su ordine del maresciallo C. Augereau; il 15 successivo fu chiamato a Parigi, e il 3 ottobre arrestato. Per i servigi resi all'Impero Napoleone gli risparmiò il Consiglio di guerra; in seguito il L. fu liberato senza che vi fosse stata una sentenza, e il fondamento delle accuse resta incerto. Avendo J. Murat, che dopo il 1800 era entrato in amicizia con lui (si parlò anche di influenza del L. su Murat, dal 1808 sovrano di Napoli), chiesto i suoi servigi all'imperatore, Napoleone fece scortare il L. fino alla frontiera del Regno (30 ott. 1813).

A Napoli fu nominato tenente generale e aiutante di campo del re, divenendo anche governatore delle Puglie e incaricato di alta polizia. Maturò frattanto, anche per effetto del trattamento subito, una crescente ostilità verso Napoleone e simpatia per le posizioni indipendentiste, che forse influenzarono la successiva svolta della politica del Murat. Nel febbraio 1814, nel quadro della campagna murattiana, occupò la Toscana, fu nominato governatore di Firenze e cedette Livorno all'Inghilterra.

Nel 1815 il L. partecipò alla campagna indipendentista del Murat contro l'Austria e al comando della 3ª divisione si distinse nelle battaglie di Massa (11 aprile), Forlimpopoli, dove fu sconfitto (21 aprile), e Tolentino (3 maggio). Dopo la sconfitta definitiva del Murat tentò di riparare in Francia, ma catturato dagli Austriaci che presidiavano la Toscana fu processato e condannato a tre anni di fortezza, che scontò prima a Timişoara (Transilvania), poi a Lubiana. Liberato nel febbraio del 1818, fece ritorno in Italia stabilendosi nella villa di Montirone. Da allora fu costantemente sorvegliato dalla polizia austriaca, ma il suo comportamento non offrì alcun motivo di sospetto.

Negli anni napoleonici il L. aveva conseguito onorificenze e titoli. Fu conte di Bagnolo, di Nogarole e della Meduna, conte dell'Impero (con concessioni di terre in Pomerania), "commandeur" dell'Ordine della Legion d'onore, commendatore dell'Ordine della Corona di ferro, gran dignitario dell'Ordine reale delle Due Sicilie e insignito della medaglia d'Onore e fedeltà del Regno di Napoli.

Il L. morì di colera a Brescia il 9 giugno 1836.

Il 15 giugno 1818 il L. aveva sposato Sextia-Eléonore Siméon, figlia del conte J.-J. Siméon, pari di Francia e segretario di Stato di Luigi XVIII.

Fonti e Bibl.: Brescia, Arch. privato Lechi (in corso di riordinamento: contiene ampia corrispondenza, documenti della carriera militare e altri di conferimento di onorificenze e titoli); Brescia, Biblioteca Queriniana, Mss., 1.VI.24: [G. Lechi], Memorie riguardanti la mia vita; G. Lombroso, Vite dei marescialli, generali ed ammiragli francesi, italiani… che hanno comandato in capo gli eserciti e le flotte dal 1794 al 1815, Milano 1841, pp. 194-200, 269, 274, 276, 327; Id., Biografie dei primari generali ed ufficiali, la maggior parte italiani, che si distinsero nelle guerre napoleoniche, Milano 1857, s.v.; A. Lumbroso, Il generale d'armata conte Teodoro Lechi da Brescia (1778-1866) e la sua famiglia, in Riv. storica del Risorgimento italiano, III (1898), 4, pp. 352-359; P. Molmenti, I banditi della Repubblica veneta, Firenze 1898, pp. 290-299 (sullo zio Galliano); C. di Somma Circello, Il generale L. e una congiura contro il dominio francese in Italia (1803), in Arch. stor. per le provincie napoletane, XXXVI (1911), 1, pp. 35-55; A. Pingaud, Les hommes d'État de la République Italienne (1802-1805). Notices et documents biographiques, Paris 1914, pp. 157-163; U. Da Como, La Repubblica bresciana, Bologna 1926, pp. 278-286; T. Urangia Tazzoli, La contea di Bormio, Sondrio 1932, IV, pp. 191 ss. (sullo zio Galliano); G. Six, Dictionnaire biographique des généraux et amiraux français de la Révolution et de l'Empire (1792-1814), II, Paris 1934, pp. 81 s.; U. Da Como, I Comizi nazionali in Lione per la Costituzione della Repubblica Italiana, III, 2, Bologna 1940, pp. 67-69; Storia di Brescia, IV, Brescia 1961, ad ind.; P. Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino 1962, ad ind.; A. Viviani, Storia della massoneria lombarda dalle origini al 1962, Foggia 1992, ad ind.; C. Baroni - M. Comini, Brescia contro, Roccafranca 2000, s.v.; S. Onger, Vita, viaggi e avventure del giovane conte G. L. (1766-1795), in Scritture di desiderio e di ricordo. Autobiografie, diari, memorie tra Settecento e Novecento, a cura di M.L. Betri - D. Maldini Chiarito, Milano 2002, pp. 82-94.

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