MARCHI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)

MARCHI, Giuseppe

Maria Cristina Molinari

Nacque a Tolmezzo, in Carnia, il 22 febbr. 1795 da Giovan Battista, agiato possidente e amministratore di una fabbrica di damaschi, e da Maria Pidutti, originaria di Gemona del Friuli. Come lo stesso M. ricorda nei Monumenti delle arti cristiane primitive nella metropoli del cristianesimo disegnati ed illustrati… (Roma 1844), la madre lo volle educato secondo i precetti cristiani del farsi "scala a Dio" (p. 105); perciò, vissuto nove anni nella cittadina natale, il M. completò la formazione a Udine presso il seminario arcivescovile, ove intraprese gli studi di grammatica e umanità.

Il 12 nov. 1814, appena tre mesi dopo la ricostituzione della Compagnia di Gesù, entrò nel noviziato di S. Andrea al Quirinale a Roma. Nel 1818 passò nel collegio di Terni per insegnarvi umanità e due anni dopo si spostò a Reggio nell'Emilia dove soggiornò qualche tempo insegnando anche la lingua greca.

Risale a questo periodo la traduzione di un testo di P. Braus, Del leggere libri malvagi, orazione detta in Reggio nell'apertura degli studii dell'anno MDCCCXXI dal precettore di retorica della Compagnia del Gesù (Venezia 1822).

Nel 1824 il M. passò all'insegnamento di retorica in Modena, ma l'anno successivo ritornò a Roma come docente di umanità presso il Collegio romano. Il 25 ag. 1825 l'Accademia reale delle scienze di Lisbona lo nominò corrispondente nella classe di scienze morali, politiche e belle lettere. Alla fine dello stesso anno si applicò allo studio della teologia, per poi essere nominato nel 1827 docente di retorica a S. Andrea al Quirinale. Qui compilò il manuale di preghiere per artisti L'artiere cristiano, ovvero Preghiere, meditazioni, orazioni e laudi spirituali adattate ad una comunità di artieri cristiani (Roma 1827), ispirato al proposito di conformare l'arte alla religione. Nel 1830 venne destinato a Fano per compiere il ritiro detto di "terza probazione" e nei due anni seguenti soggiornò nel collegio di Tivoli per completare il corso di teologia. Finalmente, il 2 febbr. 1833 venne ammesso alla professione religiosa: chiamato a insegnare retorica presso il Collegio romano, vi restò fino al 1842.

Accanto all'attività didattica, il M. coltivò lo studio delle antichità profane, e nel dicembre 1837 fu nominato socio soprannumero della Pontificia Accademia di archeologia: di lì a poco divenne prefetto del Museo Kircheriano, carica che mantenne fino alla morte. Nel 1839 insieme con P. Tessieri, che diresse l'esecuzione delle tavole, diede alle stampe L'aes grave del Museo Kircheriano ovvero Le monete primitive de' popoli dell'Italia media ordinate e descritte aggiuntovi un ragionamento per tentarne l'illustrazione (ibid. 1839), opera che, nelle intenzioni originarie, doveva semplicemente documentare la raccolta dei bronzi fusi dei padri gesuiti, descrivendone brevemente la storia collezionistica; in seguito, però, i due studiosi non poterono esimersi, per desiderio di chiarezza, dall'aggiungere al testo alcune annotazioni circa "la storia de' particolari trovamenti e delle località diverse delle monete: da' quali indizi […] dipende talora unicamente la loro illustrazione" (ibid., p. VI).

Il volume aveva il merito di riunire e mettere insieme organicamente una raccolta assai rilevante e unica nel suo genere, permettendo agli autori di verificare la diminuzione del peso delle diverse produzioni, nonché di definire due differenti sistemi ponderali, riconducibili ipoteticamente, da un lato, a una eterogenea cronologia relativa, e dall'altro all'identificazione di due aree di circolazione monetale disgiunte. Nondimeno il volume venne particolarmente criticato da C. Cavedoni che ne sottolineava forti debolezze (in Memorie di religione, di morale e di letteratura [Modena], s. 2, VIII [1839], pp. 122 s.) soprattutto in relazione alle nuove datazioni assolute proposte (come l'origine dell'aes grave presso i Latini in età regia) e ad alcune discutibili attribuzioni di zecca (mediante l'assegnazione a Roma di tutte le serie d'argento "romano-campane") che erroneamente non tenevano conto delle teorie dei "due sommi Archeologi" L.A. Lanzi e J. Eckhel. In soccorso del M. si schierarono alcuni accademici dell'Arcadia con una serie di interventi a sostegno delle sue tesi (G. Melchiorri, in Bull. dell'Instituto di corrispondenza archeologica, XI [1839], pp. 113-128; P.E. Visconti, Osservazioni… intorno alla notizia bibliografica posta dal chiarissimo don Celestino Cavedoni…, in Giorn. arcadico di scienze, lettere ed arti, XXI [1839], vol. 80, pp. 307-330; Lettera del prof. S. Betti al ch. p. G. M. …, ibid., vol. 81, pp. 275-287). Comunque sia, la notorietà assunta dal M. dopo questa prima pubblicazione (cui si aggiunse il progetto editoriale sui Monumenti, secondo quanto anticipato in Annali delle scienze religiose, XI [1840], pp. 285-288) indusse Gregorio XVI a nominarlo il 12 dic. 1840 membro del Collegio filologico dell'Archiginnasio romano e, l'anno seguente, a fargli l'onore di una visita al museo del Collegio, insignendolo di una medaglia per la collaborazione prestata alla pubblicazione del Museo etrusco in Vaticano.

Nel 1842 il M. ricevette la nomina a "conservatore dei Sacri Cimiteri di Roma" che gli consentì di proseguire tra l'altro le ricerche sotto S. Agnese sulla Nomentana e poi di intraprendere rilevanti scoperte sotto il cimitero di S. Sotere in Callisto; inoltre nel periodo in cui attese alla redazione dei Monumenti, venne esonerato dall'insegnamento. Per adempiere alla stesura dell'imponente fatica editoriale, che ab origine prevedeva la pubblicazione de "i monumenti più venerandi della pittura, scultura ed architettura cristiana, quali conservansi nelle catacombe e nelle basiliche, nelle chiese e nei musei" (Annali delle scienze religiose, cit., p. 287), egli chiese la collaborazione di un giovane, l'allora ventenne Giovanni Battista De Rossi. Usciti sotto forma di dispense, i Monumenti vennero successivamente ampliati con un lavoro sull'architettura basilicale, edito senza titolo e con annesse altre 20 tavole.

Secondo il M., divenuto nel 1847 consultore della Congregazione delle Indulgenze e Sacre Reliquie, un forte carattere morale doveva essere alla base dell'opera, poiché si avvertiva la necessità di indicare agli artisti "i modelli su' quali venirsi formando. I modelli più antichi e autorevoli sono quelli che serbansi dalla Chiesa romana" (Annali delle scienze religiose, cit., pp. 286 s.). Per compiere l'impresa il M. dovette vincere una sua naturale ripugnanza a percorrere gli antichi cimiteri, come egli stesso confessava nella prefazione del volume. E una delle prime domande cui volle rispondere nella medesima premessa, riguardava la vexata quaestio relativa all'origine pagana o cristiana delle catacombe ovvero alla primigenia funzionalità degli ambienti per l'estrazione del tufo: "Debbo innanzi tutto far palesi le ragioni, per le quali credo, che ne' nostri cimiterj il pagano non abbia dato mai un colpo né di piccone né di scalpello" (Monumenti…, cit., p. 7). Disconoscendo la derivazione pratica per l'estrema complessità del procedimento estrattivo e la cattiva qualità del materiale, il M. distingueva, tra "arenarie ed i cemeteri", attribuendone la creazione al solo mondo cristiano, secondo la definizione codificata più tardi da G.B. De Rossi (v. La Roma sotterranea cristiana, I, Roma 1864, p. 68).

L'opera ancora una volta venne duramente criticata da Cavedoni che, pur ammettendo di non poter "entrar giudice in cotale questione" accusava lo scavatore di lasciarsi "troppo sovente" trasportare dal desiderio di "trovare in essi più di quello che realmente ci sia, o saper si possa in tanta distanza di tempi e difetto di memorie positive. Tanto è ciò vero che, ch'io nel leggere che feci tutto di un tratto questo bel Libro, mi sentii non di rado stanco e quasi oppresso da' lunghi tratti d'interpretazioni congetturali sopra monumenti presso che muti, per difetto di dati positivi"; infine gli rimproverava la pretesa di risolvere la querelle avendo passato nei cimiteri di Roma sette o otto anni, mentre il settecentesco M. Boldetti aveva avuto un'opinione contraria dopo essersi ivi aggirato "per oltre a trenta anni" (Ragguaglio critico, in Memorie di religione, di morale e di letteratura, s. 3, 1849, vol. 9, pp. 6 s.). La replica, talvolta ironica, non si fece attendere (Antichità cristiane in Roma, in La Scienza e la fede, XIX [1850], pp. 257-272), firmata con la sigla C. N., dietro la quale si celava certamente il Marchi.

Di là da qualunque possibile critica, secondo De Rossi andava riconosciuto al M. il merito di avere per la prima volta - seppure in parte - condotto la descrizione topografica all'interno dei cimiteri ed eseguito la raccolta dei testi a essi relativi. Tra il 1848 e il 1849, durante la Repubblica Romana, il M. dovette interrompere le ricerche, riparando presso la casa S. Cuore di Galloro vicino ad Ariccia e, in seguito, una volta tornato al Collegio romano, dovette occuparsi del restauro della biblioteca dell'edificio, danneggiata da un incendio.

Tuttavia, in quel periodo riuscì a dare alle stampe La cista atletica del Museo Kircheriano: invenzione ed intaglio di Novio Plauzio pittore romano (Roma 1848), forse preparata da tempo, come si desume da quanto riportato nella tavola IV in cui l'artista F. Severati afferma di aver preparato il disegno nel 1846.

Finalmente nel 1851 il M. volle redigere con De Rossi una breve relazione dal titolo Roma sotterranea, in La Civiltà cattolica, II (1851), vol. 5, pp. 621-624, in cui dava conto delle scoperte avvenute nel corso dell'anno.

Nel gennaio 1852 dapprima venne eletto socio corrispondente della Société des antiquaires de France; successivamente firmò per la Civiltà cattolica due note: una su un Antico diploma in bronzo contenente una formula di divozione pagana antierotica novellamente ritrovato (III [1852], vol. 8, pp. 243-246), l'altra sul ritrovamento a Vicarello, presso Bracciano, di una stipe votiva di epoca romana (Le Acque Apollinari e la loro stipe, ibid., pp. 468-471), poi dettagliatamente edita in volume (La stipe tributata alle divinità delle Acque Apollinari scoperta al cominciare del 1852, Roma 1854). Seguirono, nel 1853, alcune pagine sui sepolcri dei Sabazii e Mitriaci (in La Civiltà cattolica, s. 2, 1853, vol. 1, pp. 462-464), che costituivano di fatto una recensione all'opera di p. R. Garrucci. L'anno successivo pubblicò una nuova edizione del Marangoni (Il giubileo dell'anno santo ovvero la visita alle quattro basiliche patriarcali di Roma del canonico d. Giovanni Marangoni con mutazioni e aggiunte necessarie, Roma 1854) e nello stesso tempo preparò il testo di numerose iscrizioni in latino, fra cui si ricorda quella in onore del card. A. Mai. Nel settembre ricevette dal pontefice l'incarico di provvedere al Museo cristiano Lateranense e nel febbraio seguente fu eletto socio onorario dell'Accademia romana di S. Luca.

Alla metà di luglio del 1855 un colpo apoplettico lo lasciò privo di forze: il M. morì a Roma nel Collegio romano il 10 febbr. 1860.

Oltre alle opere a stampa citate, sulla base di manoscritti e lettere a lui dirette la critica ha attribuito al M. un volume pubblicato a nome di D. Bartolini, Il cimitero di Aproniano detto anche di S. Eugenia sulla via Latina (Roma 1840).

Fonti e Bibl.: Un cospicuo numero di manoscritti e lettere del M. è conservato nel fondo omonimo dell'Archivio della Pontificia Università Gregoriana e nell'Archivum historicum Societatis Iesu (comprendente anche una memoria autografa del 1831: Rom., 1016, XVIII); lettere e autografi del M. si conservano in Roma, presso l'Istituto archeologico germanico e la Biblioteca nazionale. Sul carteggio Marchi - De Rossi, in parte conservato alla Biblioteca apost. Vaticana, si veda E. Kirshbaum, Padre G. M. S.I. (1795-1860) und Giovanni B. De Rossi (1822-1894), in Gregorianum, XXI (1940), pp. 564-606. Necr., in La Civiltà cattolica, s. 4, 1860, vol. 5, pp. 618-620; A. Atti, Il p. G. M., in L'Album, XXVII (1860), pp. 17 s. (con ritratto); P.E. Visconti, Commemorazione del 1° marzo 1860, in Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di archeologia, XV (1864) pp. 134 s.; G. Bonavenia, D'un manoscritto inedito del p. G. M. D.C.D.G intorno all'architettura di Roma cristiana fuor de' sacri cimiteri, in Atti del II Congresso internazionale di archeologia cristiana… 1900, Roma 1902, pp. 123-126; G. Celi, G. M. S.I. dopo cinquant'anni, in La Civiltà cattolica, LXI (1910), vol. 1, pp. 308-322, 447-465; P. Galletti, Memorie storiche intorno alla provincia romana della Compagnia di Gesù dall'anno 1814 all'anno 1914, I (1814-1849), Prato 1914, p. 420; R. Fausti, Documenti inediti sull'azione innovatrice del p. G. M. S.I. (†1860) negli studi di archeologia, in Atti della Pontificia Accademia romana di archeologia, Rendiconti, XIX (1942-43), pp. 105-179; Id., Il p. G. M. S.I. (1795-1860) e il rinnovamento della archeologia cristiana auspici Gregorio XVI e Pio IX, in Miscellanea historiae pontificiae, VII (1943), pp. 445-514; A. Ferrua, Del p. G. M. S.J., in La Civiltà cattolica, XCVI (1945), vol. 2, pp. 254-264; R. Fausti, Gregorio XVI e l'archeologia cristiana, in Gregorio XVI. Miscellanea commemorativa, I-II, Roma 1948, pp. 405-456; G.C. Menis, L'archeologo friuliano G. M. nel centenario della morte, Udine 1960; Id., G. M. "instauratore dell'archeologia cristiana", in Memorie storiche forogiuliesi, XLIV (1960-61) pp. 181-189; A. Frondoni, Le trattative editoriali per i monumenti delle arti cristiane primitive del p. G. M. con appendice di documenti inediti e repertorio bibliografico, in Archivum historicum Societatis Iesu, XLV (1976), pp. 149-183; Id., Contributo alla biografia di G. M., in Memorie storiche forogiuliesi, LV (1976) pp. 155-194; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, V, Bruxelles-Paris 1894, pp. 528-531; Dict. d'archéologie chrétienne et de liturgie, X, Paris 1932, pp. 1821-1825 (C.H. Leclercq); Enc. cattolica, VIII, Firenze 1952, pp. 31 s. (R. Fausti); Diccionario histórico de la Compañía de Jesús, Biográfico-temático, III, Roma-Madrid 2001, pp. 2501 s. (Ch.E. O'Neill - J.M. Domínguez).

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