CAMBINI, Giuseppe Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CAMBINI, Giuseppe Maria (Giovanni Giuseppe, Giangiuseppe)

Raoul Meloncelli

Nacque a Livorno il 13 febbraio 1746(secondo quanto attesta il Fétis, 1873), ma fino a questo momento nessun documento ha potuto confermare né il luogo né la data di nascita. Il vero nome di battesimo, Giuseppe Maria, e non quello di Giovanni Giuseppe, con cui il C. è stato finora conosciuto, risulta da un doc. degli Arch. del Dipart. della Senna e della città di Parigi (Trimpert). Sembra che, fanciullo, sia stato avviato allo studio della musica nella sua città con un certo maestro Polli. Fu poi allievo del lucchese F. Manfredi e nel 1763venne inviato a Bologna, ove fino al 1766avrebbe studiato sotto la severa guida del padre Martini. Nel 1767 sirecò a Firenze e, in qualità di violista, fece parte di un quartetto d'archi (forse il più eccezionale che la storia della musica ricordi), costituito da L. Boccherini (violoncello), W. Manfredi e P. Nardini (violini).

Questa esperienza, durata peraltro solo sei mesi, gli consentì senza dubbio di perfezionare le sue qualità di esecutore e gli offrì probabilmente l'occasione per mettere in evidenza le sue doti di autore di musica d'archi. Inoltre il contatto con Boccherini esercitò un significativo influsso sulla sua formazione musicale, affinandone il gusto e schiudendo nuovi orizzonti alla sua concezione musicale in campo creativo.

Successivamente il C. si recò forse a Napoli, ove avrebbe iniziato la sua carriera d'operista facendo rappresentare una opera, peraltro ignorata dalle cronache teatrali del tempo; di questi anni è una notizia scarsamente attendibile, secondo la quale, durante il viaggio di ritorno da Napoli a Livorno, venne catturato dai pirati e venduto poi come schiavo in Barberia, e in seguito condotto in Spagna, ove un mercante veneziano, certo M. Zamboni, gli fece riacquistare la libertà pagandone il riscatto. Dopo questa ipotetica avventura, che contribuì a gettare sulla sua vita un alone di leggenda e di cui non resta altra testimonianza che una cronaca anonima del 1776, riportata da F. M. Grimm su Correspondance littéraire e riferita dal Fétis (1873), nel 1770 si recò a Parigi, ove probabilmente si era recato già nel 1768al seguito di Boccherini. Nella capitale francese ottenne la protezione dell'ambasciatore di Napoli che, raccomandatolo al principe di Conti, poté farlo presentare da questo a F. J. Gossec, direttore dei "Concerts des amateurs" e personaggio di grande rilievo nella vita musicale parigina. Il compositore francese, ben disposto verso il giovane musicista italiano, offrì subito al C. l'opportunità di far eseguire sue composizioni, tra cui vane sinfonie, che ottennero un buon successo.

Infatti già nel dicembre 1773, secondo quanto annunciato nel Mercure de France, venivano stampati i suoi Sei quartetti op.1, composizioni in cui si rivelano i frutti dell'esperienza acquisita nell'ambito della sua attività cameristica maturata accanto al Boccherini. Sarà poi lo stesso C., ricordando questo periodo come una delle tappe fondamentali della sua formazione artistica, a riconoscere in essa l'avvio alla sua prodigiosa e fecondissima attività di compositore di musica strumentale, che troverà poi nella forma-quartetto le sue espressioni migliori.

Frattanto la fama di operista che lo aveva accompagnato nel suo arrivo a Parigi facilitò il suo inserimeneo nel mondo musicale francese e molte sue opere vennero gradualmente inserite nei programmi dei "Concerts spirituels" e nel 1774 un suo mottetto fu eseguito insieme a composizioni di Gossec, Boccherini, Stamitz e Pergolesi; due suoi oratori in particolare, Le sacrificed'Isaac del 1774 e, Joad del 1775, oltre ad un Miserere, furono accolti con grande favore sia dal pubblico che dalla critica e, più volte eseguiti negli anni successivi, gli valsero la stima degli ambienti musicali francesi e gli procurarono la fama di "célèbre compositeur", tanto che in breve tempo la pubblicazione di oltre quaranta quartetti concertanti, curata dai maggiori editori parigini, contribuì a diffondere la fama del suo talento di compositore.

Nello stesso periodo scrisse varie opere per i teatri parigini, rivelando grande facilità di scrittura e una grazia tutta italiana, caratterizzata da una piana e scorrevole struttura melodica d'impronta chiaramente pergolesiana, che tuttavia non sempre venne apprezzata dalla critica francese, la quale gli rimproverava certe inflessioni troppo superficiali; in esse infatti si poteva individuare la mancanza d'una ispirazione drammatica veramente sentita, che la pur irreprensibile struttura musicale e l'eleganza stilistica non sempre riuscivano a celare. Riferisce a questo proposito il Fétis (1873) come in tutte le sue composizioni di questo genere si ritrovassero "des idées assez jolies, et la facture en était assez pure; mais l'empreinte du génie y manquait". Comunque la fama dei suoi meriti valicò i confini di Francia e sappiamo che sue composizioni erano già conosciute in Germania; infatti Mozart, che pur nutriva per il C. una certa animosità, attribuendo al musicista italiano la cagione di uno dei suoi insuccessi parigini per il sospetto di essere stato da lui danneggiato nei suoi rapporti con J. Legros, direttore dei "Concerts spirituels", scrivendo da Parigi al padre Leopoldo (1º maggio 1778) non poté fare a meno di ricordare come in presenza dello stesso C. avesse lodato un suo quartetto già ascoltato a Mannheim e si fosse poi espresso in termini altamente elogiativi nei confronti di altre composizioni del genere.

Frattanto il C. affiancava a questa attività anche quella di operista, ma un suo "ballet héroïque", Les Romans (giàmusicato da J. B. Niel nel 1736 e in parte rifatto dal C.; libretto di M. de Bonneval, Parigi, Opéra, 2 ag. 1776), con cui si alternavano le rappresentazioni dell'Alceste di Gluck, non ebbe successo e fu ben presto tolto dal programma; tuttavia la critica francese, concorde nel biasimare la povertà del testo, non poté esimersi dal lodare lo stile elegante dell'ouverture e alcune arie dell'atto secondo. Lo stesso Gluck, in una lettera inviata da Vienna il 14 ag. 1776 ai musicisti dell'Opéra, volle aiutare il musicista italiano, di cui aveva probabilmente potuto conoscere le innegabili qualità musicali, esprimendosi in questi termini: "...mettez tout le soin possible pour faire réussir l'opéra de M. Cambini, car on me dit qu'outre ses talens, il est très honnête homme..." (Prod'homme).

Tuttavia, nonostante una così autorevole presentazione, le sue prove in campo melodrammatico si rivelarono poco convincenti e la sua "comédie héroïque" in 3 atti, Rose d'amour (libr. di Dubreuil, Parigi, Comédie-Italienne, 24 apr. 1779), avrà scarso successo e soltanto dieci anni più tardi, dopo numerosi cambiamenti nel testo e nella musica, il lavoro dato con il nuovo titolo di Rose d'amouret Carloman (ibid.3 4 luglio 1789) riporterà buoni consensi, sebbene la critica esprimesse alcune riserve sulla piena validità del lavoro, in cui ritrovava una certa "uniformité, et quelque chose de trop vague dans l'expression" (Mercure deFrance, luglio 1789, p. 140). Evidentemente le qualità migliori del compositore non si manifestarono nel melodramma e la sua attività in questo campo, peraltro abbastanza intensa, si rivelò alquanto discontinua e comunque poco convincente per l'assenza d'una naturale predisposizione per il teatro in musica. Ciò nonostante, la stima di cui era circondato e la considerazione dei suoi meriti come autore di sinfonie e musica da camera gli valsero dapprima la nomina a compositore della cappella reale e nel 1788 quella a direttore della musica al théâtre des Beaujolais, ove già nel marzo 1787 aveva fatto rappresentare una sua rielaborazione dell'opera di Anfossi Le tuteur avare (libretto di Gabiot de Salins), per cui aveva scritto un'ouverture, numerose arie e tutto l'atto terzo. Purtroppo della sua produzione di operista prima e dopo l'attività al théâtre des Beaujolais non restano molte testimonianze e gran parte dei suoi lavori sono andati perduti. Di questa sua esperienza, peraltro non del tutto priva d'interesse, soprattutto per la sapiente e accurata struttura delle parti strumentali, si ricordano in particolare le opere (tutte rappresentate a Parigi): La Statue (libretto del marchese di Montalembert, hôtel Montalembert, agosto 1784); La croisée (th. des Beaujolais, 1785); Fourberies de Mathurin (1786); Le bon père (th. des Beaujolais, 1788); Colas et Colinette (ibid., 1788); Les deux frères ou La Revanche (ibid., 1788); Adèle et Erwin (ibid., 1789); Mantilde et Dagobert (in collab. con Prosper Didier Deshayes, théâtre Louvois, novembre 1791); Les trois gascons (libr. proprio, ibid.), oltre a balletti, un vaudeville, musiche di scena e la "scène comique" Le compositeur (pubblicato a Parigi, 1800).Nel 1791, in seguito alla chiusura del théâtre des Beaujolais, passò a dirigere il théâtre Louvois, ove rimase fino al 1794, allorché quest'ultimo fallì.

Caduto in difficoltà economiche e non avendo la possibilità di trovare un'altra sistemazione conveniente, venne aiutato dal ricco mercante Armand Séguin, che gli affidò la direzione dei concerti privati che si tenevano nel suo palazzo parigino. Tuttavia dopo qualche anno il C. perse anche questa risorsa e si diede all'insegnamento del violino, che esercitò insieme a quello del canto e della composizione, non trascurando l'attività creativa, cui anzi si dedicherà in maniera costante e con risultati interessanti sia per la mole sia per la varietà dei lavori prodotti; tuttavia le tristi condizioni economiche in cui versava e le alterne vicende della sua travagliata esperienza di uomo e d'artista lo costrinsero a disperdere il suo talento in attività marginali che, oltre a non consentirgli di mettere in luce le sue doti migliori, si rivelarono negative per la sua attività di compositore. Messosi dapprima al servizio del governo rivoluzionario, per incarico del quale compose inni e canti patriottici, in segno di riconoscimento dei suoi meriti nel campo dell'istruzione pubblica, nel 1794gli venne conferita dalla Convenzione una "somme d'encouragement" di 2.000 livres;successivamente collaborò con vari editori alla rielaborazione di arie d'opera in voga, rinunciando completamente ad ogni tentativo di tornare ad inserirsi attivamente nella vita musicale parigina, che nonostante alcune riserve, legate in prevalenza alla sua attività di operista, non gli era stata avara di riconoscimenti soprattutto come autore di musica strumentale. Nel 1804 collaborò all'Allgemeine Musikalische Zeitung di Lipsia e dopo aver concluso nel 1807un contratto con l'editore Sieber per la ristampa del trattato di F. Geminiani The Art of the Playing on the Violin, nel 1810-11lavorò nella redazione del periodico parigino Tablettes de Polymnie e pubblicò vari articoli in cui poté rivelare non soltanto una approfondita e sicura competenza sui più disparati argomenti di carattere musicale, ma dimostrò di possedere un singolare acume critico, animato sovente da una vivacissima felicità d'espressione e spirito caustico. Dopo questa esperienza fu probabilmente costretto a rinunciare ad ogni genere di attività e si ignora come abbia concluso la sua esistenza, poiché mancano ulteriori notizie sulla sua vita. Scarsamente attendibile appare la notizia, riportata ancora dal Fétis (1873), secondo la quale sarebbe morto pazzo e in condizioni di estrema indigenza nel manicomio di Bicêtre il 29dic. 1825, manca infatti ogni testimonianza che possa avvalorare tale ipotesi e sembra più probabile che, recatosi nei Paesi Bassi, ove si era trasferito, sia morto intorno al 1818(Michaud). Della immensa produzione musicale disseminata nei maggiori archivi e biblioteche del mondo, per il cui elenco si rimanda al catalogo del Trimpert e alla pubblicazione curata da K. Schlager in Einzeldrucke vor 1800, si ricordano sommariamente le opere pubblicate a Parigi e in parte quelle tuttora conservate manoscritte.

Musica strumentale. Per orchestra: 3 sinfonie, op. 5 (1776); 82 Sinfonie concertanti (pubbl. tra il 1774 e il 1795); 3 concerti per violino (1782-1785); 3 concerti per pianoforte, op. 15 (1780); 9 concerti per flauto, op. 37 (1777-1785); concerto per oboe (1785); 112 quintetti per 2 violini, viola, 2 violoncelli; 1 per 2 violini, 2 viole e violoncello (dei primi 110 si conserva la partitura manoscritta autografa a Washington, Library of Congress, mentre gli altri fanno parte dell'op. 23); 15, per flauto e quartetto d'archi, op. 8 (1777), op. 13 (1782); 2, per fiati; 1, per clavicembalo e archi; 149 quartetti, per 2 violini, viola e violoncello, op. 1, 4, 7, 9-11, 13, 16-18, 22-24, 27, 29, 31-32; 41, senza numero d'op. (1773-1809); 6, per violino, 2 viole e violoncello; 18, per flauto e archi op. 9, 23, 24; 1, per oboe e archi. Trenta trii, per 2 violini e viola, op. 1, 3, 53 30, 34; 24, per 2 violini e violoncello, op. 6, 8, 15, 18; 33, per violino, viola e violoncello (3 nell'op. 2; 3, nell'op. 6: 3, nell'op. 10: 6, nelle op. 17, 31, 40); 6, per flauto, violino e viola op. 26 (1783); 24, per flauto, violino e violoncello, op. 3, 4, 8 (6 senza op.); 18, per 2 flauti e violoncello; 6 per flauto, oboe, fagotto, op. 45. Quarantadue duetti, per violini, Op. 2, 43 16, 21, 28, 52; 42, per violino e viola, op. 12, 143 18, 46; 12, per 2 viole, op. 13, 6, per violino e violoncello, op. 35, 12, per violino e flauto, op. 16, 20, 6, per flauto e viola, op. 4, 48, per 2 flauti, op. 5, 11, 60 (24 senza numero d'op.). Sei sonate, per clavicembalo o pianoforte e violino, op. 21 (1779); 6, per violino e basso continui (1786); 12, per flauto e basso continuo (1783). Inoltre, varia musica vocale sacra, tra cui l'oratorio Samson (da Voltaire, 1779, 5 messe, mottetti e un Hyerodrame sacré (1775); la cantata profana Andromaque e gli inni: A l'Egalité, A la Liberté, A l'Etre suprême e l'ode Au peuple français sur le nouveau triomphe de la liberté à l'époque du 9 au 10 thermidor. Infine lasciò una tangibile testimonianza della sua interessante attività di teorico e didatta pubblicando vari trattati, tra i quali si ricordano: Différents solfèges, d'une difficulté graduelle, pour l'exercise du phrasé, du style et de l'expression, Paris 1788, Nouvelle méthode theorique et pratique pour le violon (ibid. 1795); L'art de moduler sur le violon (ibid. 1799); Méthode pour la flûte traversière (ibid. 1799); Méthode pour le flageolet (ibid. s.d.); Ausführung der Instrumental-quartetten, in Allgemeine Musikalische Zeitung, VI (1804), coll. 781 ss.; Über den Charakter, den die italien. und deutsche Musik haben, und die französ. haben sollte, ibid., VII (1804), n. 10, coll.149 s.

Considerato un imitatore per quanto si riferisce alla sua produzione operistica, in cui si ammiravano tuttavia le tipiche inflessioni ricche di grazia e vivace linearità proprie dello stile italiano, cui venivano ad aggiungersi un'ammirevole condotta delle parti strumentali e una sapiente e complessa struttura armonica, non riuscì mai a raggiungere accenti di sofferta e vibrante drammaticità e si mantenne sempre entro i limiti d'una concezione teatrale garbata, non priva di spunti felici e sorretta dal pieno dominio dei mezzi espressivi, ma incapace di conquistare uno stile personale, libero dagli schemi più convenzionali della tradizione settecentesca.

Ben diversa appare invece la sua posizione storica in campo strumentale, soprattutto per i suoi 174 quartetti concertanti, in cui determinante si rivela il contributo da lui recato alla conquista della forma del quartetto, che, specialmente per il nuovo ruolo assegnato al violoncello, seppe svincolare dallo statico incedere del basso continuo proprio della sonata a quattro o del concerto da camera (Barblan) e ancor prima di Haydn seppe conferire a questa forma la sua struttura moderna affidando ad ogni strumento un suo preciso e ben definito ruolo concertante; tale procedimento darà luogo ad uno stile scorrevole, ove ogni strumento contribuirà con pari importanza all'organico fluire del discorso polifonico. La sua produzione strumentale, che secondo il Roncaglia presenta "disuguaglianza di scrittura e di valore dovute alla fretta", una fretta che sapeva "di fame", si rivela in realtà ricca di pagine ammirevoli per finezza di stile e per commossa ispirazione e altresì animata da presentimenti romantici individuabili sia nella freschezza e abbondanza delle idee melodiche sia nell'arditezza del disegno timbrico e dinamico. I suoi quartetti conquistarono rapidamente non soltanto i paesi europei ma anche quelli americani e vennero eseguiti nel 1786 a Filadelfia e nel 1794 a New York. Figura singolare, cui solo studi recenti hanno restituito la sua reale posizione storica nell'ambito della tradizione strumentale italiana, contrariamente a quanto sostenuto dal Fétis (1873), che giudicò le sue composizioni deboli e puerili per il fatto di non aver avuto la possibilità di scegliere le sue idee dovendo sottoporsi ad un'attività senza soste cui lo costringeva la precarietà delle sue condizioni economiche, il C. affermò invece senza incertezze una sua ben definita personalità non soltanto nella produzione cameristica, ma anche nei Concerti per pianoforte op. 15, ove diede prova di grande modernità e lasciò un modello di fondamentale importanza nella storia del concerto per strumento a tastiera, che forse, primo in Italia, seppe svincolare dalla tipica concezione settecentesca di stile clavicembalistico (Barblan).

Fonti e Bibl.: Mercure de France, luglio1781, p. 140; F. J. Fétis, in Gazette mus. de Paris, dicembre 1862, p. 29; J.-G. Prod'homme, in Zeitschrift der Internationale Musikgesellschaft, XIII (1912), p. 257; F. Torrefranca, Le origini italiane del romanticismo musicale, Torino 1930, pp. 577 s.;G. Roncaglia, Di G. G. C. quartettista padre, in La Rassegna musicale, XII (1933), 5-6, pp. 267-74; Id., Ancora di G. G. C., ibid., XIII (1934), 2, pp. 131 ss.; Id., G. G. C. quartettista romantico, ibid., pp. 423 s.; A. Bonaccorsi, Dialcuni quintetti di G. G. C., ibid., XX (1950), I, pp. 32-36; A. Einstein, W.A. Mozart. Il carattere e l'opera, Milano 1951, pp. 28, 192; G. Barblan, G. G. C., in Musicisti toscani, a cura di F. Schlitzer, Siena 1954, pp. 15 ss.; W. A. Bauer-O. E. Deutsch, Mozart. Briefe und Aufzeichnungen. Gesamtausgabe, II, 1777-1779, Kassel 1962, p. 346, B. S. Brook, La symphonie française dans la seconde moitié du XVIIIe siècle, Paris 1962, I, pp. 406-425; II, pp. 138-163; G. Roncaglia, G. G. C. quartettista, in Musiche italiane rare e vive da Gabrieli a Verdi, Siena 1962, pp. 293-299; F. Torrefranca, Avviamento allo studio del quartetto italiano, a cura di A. Bonaccorsi, in L'Approdo musicale (Torino), n. 23, 1966, pp. 62, 65, 69, 78, 95, 100 ss.; L. Trimpert, Die Quatuors concertants von Giuseppe Cambini, Tutzing 1967, pp. 38 ss., 46; U. Sirker, Die Entwicklung d. Bläserquintetts in der ersten Hälfte des 19. Jh., in Kölner Beiträge zur Musikforschung, Regensburg 1968, ad Ind.;H. Unverricht, Geschichte des Streichtrios, Tutzing 1969, ad Indicem;G. Gaspari, Catalogo della Biblioteca del Liceo musicale di Bologna, IV, Bologna 1905, p. 7; Catalogue of printed Music in the British Museum - Accessions, part 53 - Music in the Hirsch Library, London 1951, p. 14; The British Union-Catalogue of Early Music printed before the year 1801, a cura di B. Schnapper, I, London 1957, pp. 153 ss.; Rép. int. des sources mus., Recueils imprimés XVIII siècle, a cura di F. Lesure, München-Duisburg 1960, ad Indicem;Genova, Biblioteca dell'Istit. music. Nicolò Paganini, Catalogo del Fondo antico, a cura di S. Pintacuda, Milano 1966, pp. 23, 133-135; F. Abbiati, Storia della musica, II, Milano 1967, pp. 396, 552, 589; Rép. intern. des sources mus., Einzeldrucke vor 1800, a cura di K. Schlager, II, Kassel 1972, pp. 15-28; J. Michaud, Biographie Universelle ancienne et moderne, IV, Paris 1843, p. 548; F. J. Fétis, Biographie Universelle des Musiciens, Paris 1873, pp. 162-164; J. D. Brown, Biographical Dictionary of Musicians, London 1886, p. 139; Enc. d. Spett., II, coll. 1554 s.; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, I, Graz 1959, pp. 290 s.; Riemann Musik-Lexikon, I, Mainz 1959, p. 270; Id., Erganzungband, I, Personenteil, ibid. 1972, p. 184; Enc. della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 371; G. Grove's Dict. of Music and Musicians, II, London 1966, p. 26; La musica, Enc. stor., Torino 1966, I, pp. 541, 694; II, pp. 96, 842; IV, pp. 391, 405; Diz., I, ibid. 1968, pp. 330 s.; A. E. Choron-F. J. Fayolle, Dict. histor. des musiciens..., I, Hildesheim 1971, p. 114; G. Barblan, G. M. C., in Enc. della Musica Rizzoli Ricordi, I, Milano 1972, pp. 448 s.

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