OLIVERI, Giuseppe Mario

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

OLIVERI, Giuseppe Mario

Luigi Spinelli

OLIVERI, Giuseppe Mario. – Nacque a Palermo il 28 gennaio 1921, secondogenito di Antonino e di Rosa Pisciotta.

Rimase fino a vent’anni a Palermo, dove si diplomò nel 1939 in decorazione all’Istituto d’arte di via Schiavizzo, e iniziò a lavorare come pittore di affreschi.

Dopo il servizio militare negli anni dal 1941 al 1945, si iscrisse alla facoltà di architettura di Firenze; al termine del terzo anno, nel novembre 1947, approdò a Milano in cerca di lavoro. Bruno Munari, con il quale collaborò all’allestimento di una vetrina in Galleria per l’ottico Vanzina, gli presentò Marcello Nizzoli, che in quegli anni stava lavorando all’estetica del prodotto industriale per aziende emergenti come l’Olivetti e la Montecatini. Alla fine di febbraio 1948 entrò nello studio che Nizzoli aveva dal 1911 al numero 3 di via Rossini, in un cortile storicamente sede degli atelier di pittori, scultori e architetti. Venne assunto per 1000 lire al giorno come disegnatore di bozzetti, modellista e garzone di studio, ma ben presto gli fu affidata la collaborazione a progetti di rilievo, come l’ampliamento degli uffici della Olivetti a Ivrea, di fronte alla fabbrica, e le case unifamiliari per i dipendenti, realizzate nello stesso anno.

Durante il periodo di cantiere ebbe modo di frequentare l’ambiente intellettuale che gravitava attorno a Adriano Olivetti e che aveva nell’hotel Dora il suo quartier generale. Si laureò intanto in architettura nel 1950 al Politecnico di Milano e poté ufficializzare la sua associazione professionale con Nizzoli, con il quale realizzò nella zona di Castellamonte le case a 4 alloggi (1951) e la casa a 18 alloggi (1954) per i dipendenti della Olivetti.

Nel 1952 sposò Giusi Giuliani, compagna di università conosciuta nel 1949. Il 1955 fu l’anno di avvio della realizzazione del palazzo per uffici dell’ENI (Ente nazionale idrocarburi) a San Donato Milanese, commissionato da Enrico Mattei – presentato a Nizzoli da Olivetti – che approvò entusiasta il ‘castello di vetro’ proposto dai due architetti. Nello stesso anno Nizzoli e Oliveri, che ormai avevano definito i rispettivi ruoli, iniziarono a disegnare la serie di copertine per la rivista L’architettura cronache e storia, un incarico che Oliveri mantenne fino al 1998 con varie collaborazioni. Alla soglia degli anni Sessanta Nizzoli si dedicava sempre più al disegno industriale, agli allestimenti e alla pittura, e incominciò ad accusare i sintomi di una malattia che lo costrinse a interrompere il binomio con Oliveri nel 1962.

In una fase povera di incarichi, l’incontro con Alessandro Mendini nel 1964 durante una visita al palazzo ENI, e conseguentemente con l’operatore visuale Paolo Scheggi e il progettista grafico Angelo Giuseppe Fronzoni, portò al progetto di uno studio professionale aperto, al quale aderì anche il giovane ingegnere Paolo Viola. Una struttura che non prevedeva la presenza di un leader e differenze economiche per i ricavi professionali, e conteneva nel nome Nizzoli Associati un omaggio al maestro, fu costituita nel 1965 da Mendini, Oliveri e Viola, mentre Scheggi e Fronzoni, autore del marchio con la N formata da un triangolo in mezzo a due quadrati, preferirono collaborare da esterni.

Alla ricerca di un impegno culturale, il gruppo propose al nuovo direttore della rivista Casabella Gian Antonio Bernasconi una collaborazione che prevedeva la gestione della redazione da parte di Mendini, il nuovo progetto grafico di Fronzoni, una rubrica intitolata Industrializzazione dell’edilizia curata da Oliveri. Il libro Prefabbricazione o metaprogetto edilizio pubblicato da Etas Kompass (Milano) nel 1968 con la prefazione di Giuseppe Ciribini nacque dalla rielaborazione e integrazione dei 13 articoli (dal n. 297 del 1965 al n. 313 del 1967) pubblicati in questa rubrica.

In una foto di gruppo scattata nel 1969 sui gradini del cortile di via Rossini sono allineati i componenti della Nizzoli associati: Paolo Viola, Mario Oliveri e Alessandro Mendini insieme ad Antonio Susini, con il ruolo di urbanista, Francesco Mendini, coordinatore dei progetti, Michele Rossi, Giorgio Decursu, Pier Achille Barzaghi e Paolo Molesti, ai quali andrebbero aggiunti numerosi altri nomi che costituivano quella che loro stessi definivano un’alternante e interdisciplinare ‘comunità progettante’, come l’ingegnere Andrea Bolocan, il designer Ettore Zambelli, l’operatore visuale Antonio Trotta.

Lo studio urbanistico presentato nel 1967 al concorso internazionale per il distretto sud della città di Bratislava ottenne una menzione d’onore dalla giuria; tra il 1967 e il 1971 furono realizzate le case del distretto Taranto 2 per i dipendenti Italsider e la direzione del centro siderurgico.

La sperimentazione attivata dallo studio sul lavoro di squadra entrò in crisi all’inizio degli anni Settanta: Mendini si dedicò alla direzione di Casabella, assunta nel 1970. Al termine di un sofferto dibattito, la tesi di Oliveri di un’immagine unica per la Nizzoli associati non passò: nel novembre 1971 Viola si dimise e il mese successivo lo studio si sciolse. Dopo la conclusione di questa intensa esperienza Oliveri, rimasto solo in studio, riunì un gruppo di progettazione con Giusi Giuliani, Roberto Ingegnere, Fabio Lunelli, Enrico Picciani e, per breve tempo, Carla Matessi e Antonio Trotta, sotto il nome di Nizzoli Sistemi. Susini rimase in via Rossini occupandosi individualmente di urbanistica.

Il gruppo lavorava su temi di progettazione ambientale e disegno industriale: fu progettata e prodotta la Caravan serie blu per Laverda; il radiatore per Solar-Saim ottenne nel 1973 la medaglia d’oro alla IV Bio di Lubiana.

Tra la fine del 1972 e l’inizio dell’anno seguente il sodalizio con Susini e Viola si riattivò: i tre costituirono, non senza differenze di vedute, un gruppo di lavoro denominato Studio Nizzoli, firmando alternatamente per dieci anni insieme a Giusi Giuliani il villaggio turistico ai laghi Alimini di Otranto (1973-78), la scuola sindacale CISL (Confederazione italiana sindacato lavoratori) del Mezzogiorno a Taranto (1978), il centro turistico e il porto di Punta Faro e l’arena civica e la piazza del Municipio a Lignano Sabbiadoro (1977-81).

Alla fine degli anni Settanta, numerosi prodotti industriali disegnati per aziende italiane vennero accolti nel fondo internazionale di design al Centre Pompidou di Parigi: il telefono per la SAFNAT (Società azionaria fabbrica nazionale apparecchi telefonici) entrò a far parte delle collezioni permanenti del Museo del design di Londra e della Triennale di Milano.

Nel 1982 Susini decise di uscire dallo studio, che si assottigliò ulteriormente e vide l’introduzione, non senza problemi iniziali, dell’uso del computer. Oliveri e Viola firmarono una serie di progetti che avevano come filo conduttore il tema, già introdotto nella casa a 18 alloggi di Ivrea, dell’edificio come luogo di architetture, che interagisce con lo spazio circostante e offre «tante immagini di sé quanti sono gli spazi da cui è visto»: la palazzina degli uffici dell’Editoriale Domus a Rozzano per l’editore Gianni Mazzocchi (1980); l’autostazione con parcheggio pluripiano a Voghera (1981); l’edificio per uffici in via Montecuccoli a Milano (1981).

I progetti confluirono nell’aprile 1983 nella mostra che il Comune di Milano organizzò a palazzo Dugnani dal titolo Gli Studi Nizzoli, architettura e design 1948/1983, accompagnata da un libro curato da Benedetto Gravagnuolo. Fu questo uno dei primi riconoscimenti della figura di Oliveri, insieme agli inviti nel 1983 come instructor and critic alla European study program a Blevio (Como) e come visiting professor nell’anno successivo alla School of architecture and environmental design della Kent state university in Ohio. Durante il viaggio negli Stati Uniti ebbe l’occasione di vedere i lavori dell’artista Richard Haas, che usava la decorazione muraria come valenza strutturale aggiunta all’architettura: un’esperienza che permise all’architetto di definire la sua equazione sull’architettura come somma di edificio e decorazione, intendendo questa non solo come pittura o rilievo applicato, ma come qualsiasi elemento dotato di valenza espressiva.

Degli anni 1986-87 furono la proposta per la rivitalizzazione del centro storico di Palermo e quella di una sottovia per i viali della circonvallazione di Firenze, con l’ingegnere Cetto Bianchi.

Nel 1987 Viola lasciò lo studio, e Oliveri si associò con Giusi Giuliani e Giancarlo Smurra. Questa terza fase dello Studio Nizzoli fu contrassegnata da un diradamento dell’attività professionale, se si escludono i lavori per la sede dell’Editoriale Domus: l’ampliamento degli uffici e il museo dell’automobile con le sale di posa fotografiche. La partecipazione ai concorsi internazionali di idee tra il 1991 e il 1992 per l’area Garibaldi Repubblica a Milano, che ottenne una segnalazione della giuria, e per Berlino Spreebogen furono la premessa allo scioglimento dell’associazione.

Nel maggio 1992 la facoltà di architettura di Palermo chiamò Oliveri per un contratto come professore di architettura tecnica. A Palermo, nella chiesa di S. Antonio allo Steri, fu allestita da Giusi Giuliani una piccola mostra intitolata Architettura e design dello Studio Nizzoli aperta dal 5 al 21 maggio.

In quello che Oliveri stesso definiva il periodo ‘dell’attività solitaria’, corrispondente al biennio 1993-94, si dedicò alle ‘architetture improbabili’, riflessioni sulla morfologia urbana di architetture immaginarie per luoghi immaginari e complessi, libere da vincoli e normative e concentrate su aspetti espressivi. Ai modelli di queste autocommittenze collaborò la figlia Valentina, mentre l’attività professionale era dedicata alla partecipazione a concorsi di architettura insieme a Giusi Giuliani e Domenico Cavallo. I progetti di questi anni, come la proposta per la pedonalizzazione del corso Buenos Aires a Milano, mostravano l’apertura degli interessi artistici e culturali di Oliveri ed erano l’occasione di verifica della personale visione architettonica su temi quali il ruolo del progetto e i limiti dello strumento urbanistico, l’attenzione al dibattito e ai nuovi linguaggi comunicativi.

L’incontro con due studenti di architettura, che parteciparono al gruppo di concorso per l’ampliamento del Museo del Prado a Madrid, portò alla costituzione nel 1995 di un nuovo studio denominato Nizzoli Architettura, del quale facevano parte, con Oliveri, Domenico Cavallo, Michele e Nicola Premoli Silva e Gabriele Tosi. Oltre a una proposta per lo sviluppo turistico della vetta del Mottarone, sviluppata nella seconda metà degli anni Novanta, la nuova stagione di partecipazioni a concorsi internazionali vide Oliveri nel ruolo di maestro per questo giovane gruppo. Gli anni a cavallo del secolo segnarono anche una ripresa della progettazione di oggetti di design, sempre più vicina alla sperimentazione artistica: la lampada da tavolo Valentina e le lampade Atmosfera 1 e 2, il tavolo Airone e la poltroncina per la catena di negozi Brioni.

Dal 6 al 20 aprile 2001 fu allestita alla Casa della cultura italiana a New York la mostra G. Mario Oliveri e gli Studi Nizzoli. Architecture and design - since 1948, replicata alla Triennale di Milano e corredata da un convegno e da un libro curato da Luigi Spinelli: ultimi riconoscimenti di un intellettuale che era senza dubbio l’elemento di continuità storica e familiare delle numerose esperienze comuni che, attraverso l’architettura italiana del Novecento, resero omaggio al nome di Nizzoli, contaminando una formazione artistica e architettonica con proposte urbane, oggetti di design industriale, operazioni visive e comunicative.

Morì a Milano il 19 giugno 2007.

Fonti e Bibl.: G. Celant, Nizzoli, Milano 1968; Gli Studi Nizzoli. Architettura e design 1948-1983, a cura di B. Gravagnuolo, Milano 1983; G.M. O. e gli Studi Nizzoli. architecture and design - since 1948 (catal.), a cura di L. Spinelli, Rozzano 2001.

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