MAZZA, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MAZZA, Giuseppe

Ilaria Sgarbozza

– Nacque a Milano il 13 sett. 1817, primogenito di Carlo, stimato ragioniere alle dipendenze del marchese Giuseppe Arconati Visconti. Il padre ne favorì l’inclinazione artistica, permettendogli l’iscrizione ai corsi dell’Accademia di Brera.

Sono piuttosto scarse le notizie in merito alla sua formazione, che fu lenta e meticolosa. Il M. gravitò intorno alla cattedra di pittura dell’istituzione braidense, seguendo i corsi di L. Sabatelli e di F. Hayez, dal quale prese pure lezioni private. Tra il 1838 e il 1847 frequenti soggiorni fuori Milano raffinarono le sue qualità. Lettere, schizzi e fogli sparsi, conservati presso gli eredi, documentano la sua presenza a Genova, Venezia, Firenze, Roma e Napoli (I Mazza…, 1999, pp. 11-13).

Le due tele di esordio del M. (presentate alle esposizioni di Brera del 1846 e del 1847) propongono iconografie di matrice strettamente hayeziana, rievocando personaggi ed eventi della storia medievale dalle scoperte finalità patriottiche. Il dipinto con I Milanesi, aiutati dai cavalieri della Lega lombarda, ritornano nella loro città distrutta da Federico Barbarossa (ubicazione ignota), commissionato dal marchese Arconati Visconti, fu recensito nel 1846 nella Rivista europea dal critico C. Tenca, che lo apprezzò per il soggetto, ma non mancò di annotare la carenza di elementi patetici, la debolezza del colorito e lo scarso vigore delle forme (ora in Romanticismo storico, p. 180). Meglio andò a Le vedove di Ottone e Lanfranco da Carcano… presentano all’arcivescovo Giordano le spoglie dei mariti uccisi dai comaschi (ubicazione ignota), che ricevette le lodi di G. Elena (Guida critica all’Esposizione delle belle arti in Brera, Milano 1847, p. 27).

Il coinvolgimento del M. nel 1848 nella lotta antiaustriaca guidò anche successivamente la sua ispirazione. Nei mesi precedenti e seguenti alle Cinque giornate di Milano, alle quali partecipò insieme con il fratello Carlo, il M. ideò e portò a compimento la tela con Il giuramento di Pontida, ispirata ai versi di G. Berchet (Milano, Museo nazionale della scienza e della tecnica Leonardo da Vinci).

Acquistata entro il 1849 dal marchese Arconati Visconti ed esposta nel 1851 alla mostra della Società promotrice delle belle arti di Torino (Romanticismo storico, p. 33), l’opera è caratterizzata da un’intonazione austera e retorica al tempo stesso. Rigorosa è la ricostruzione dell’ambiente e dell’abbigliamento di età medievale; equilibrato, il rapporto tra le parti in luce e quelle in ombra; unitaria, la ricerca delle tinte. I gesti tuttavia sono manifestamente declamatori e le pose solenni.

Chiusa la parentesi eroica del 1848, e salvo l’eccezione di due dipinti celebrativi della guerra di Crimea e della seconda guerra d’indipendenza (Bivacco in Crimea del 1855 e Scontro tra zuavi al castello di Melegnano del 1859: quest’ultimo, a Milano, Museo del Risorgimento, è riprodotto in Rebora come autografo di Salvatore Mazza), il M. ridusse la produzione di dipinti di soggetto storico-patriottico. Nel sesto e settimo decennio del secolo, nonostante continuasse a scandagliare le fonti storiche e letterarie romantiche, prese a cimentarsi nella scena di genere.

Le opere presentate annualmente a Brera propongono una variegata galleria di personaggi del passato e, insieme, di soggetti tratti dalla vita popolare e borghese contemporanea. Il M. mise in scena uomini e donne illustri quali Giovanna d’Angiò, regina di Napoli (Giovanna di Napoli, prigioniera al Castello dell’Ovo, raggiunta da un sicario di Luigi d’Ungheria: 1850), Oliver Cromwell (Un millenaro spiega la Bibbia ai soldati di Cromwell: 1853, ripr. in Gemme d’arti italiane VII [1853], p. 51), Castruccio Castracani (Castruccio Castracani liberato dal carcere dal popolo, che lo proclama signore di Lucca: 1855), Gerolamo Savonarola (Frate Gerolamo Savonarola eccita i Fiorentini a riscuotersi onde liberare la patria dal giogo e dalla corruzione medicea: 1856), Masaniello (Masaniello tribuno del popolo: 1857, Milano, Museo Leonardo da Vinci), Lucrezia Borgia e Alessandro VI (1860), Cristoforo Colombo (Cristoforo Colombo, dopo il suo terzo viaggio nel Nuovo Mondo, viene rimandato carico di catene in Europa: 1865), con il fine di proporre esempi di patriottismo, di moralità, ma anche di dissolutezza e di corruzione. Celebrò, inoltre, poeti e artisti in dipinti di gusto troubadour, dal carattere spiccatamente sentimentale o patetico, a metà strada fra la pittura di storia e quella di affetti. Nel 1852 espose Camõens morente all’ospedale di Lisbona; nel 1854 Giacomo Callot in Italia; nel 1856 Rembrandt tra gli ebrei di Amsterdam; nel 1860 La gioventù di Salvator Rosa; nel 1861 Torquato Tasso relegato all’ospedale dei pazzi in S. Anna; nel 1863 Benvenuto Cellini detta le sue memorie e Pietro Aretino e la sua corte; nel 1864 Cola Montano incita i suoi discepoli a liberare la patria dalla tirannia del duca Galeazzo Maria Sforza; nel 1865 Giovanni Boccaccio e la Fiammetta. Nelle due opere oggi note, ovvero Rembrandt tra gli ebrei di Amsterdam e Benvenuto Cellini detta le sue memorie (conservate a Milano, la prima nel Museo Leonardo da Vinci, l’altra nella Galleria d’arte moderna), sono ancora l’accuratezza della ricostruzione storica, la chiarezza dell’impaginazione e la diligenza del disegno le qualità distintive.

Furono il dibattito lombardo sul rinnovamento dei soggetti della pittura (animato da intellettuali del calibro di Pietro Estense Selvatico e Giuseppe Rovani) e il successo arriso ai fratelli Domenico e Girolamo Induno a convincere il M. della necessità di cimentarsi nella narrazione pittorica della realtà ordinaria. In quella direzione dovette inoltre spingerlo il fratello Salvatore, personalmente impegnato a contestare il primato del genere storico. A partire dal 1852 egli presentò dunque a Brera dipinti di ambientazione domestica e popolare, coevi a una produzione grafica che regala momenti di estrema vivacità (La curiosa, disegno a matita: 1866, ripr. in I Mazza…, 1952, tav. 15). Del 1866 è La soppressione del monastero (Milano, Museo Leonardo da Vinci), una tela che racconta la contemporaneità in chiave intimista: in uno spoglio interno conventuale una piccola comunità di suore, raggiunta dalla notifica di sfratto, si abbandona a un dolore composto e misurato. Intimista è anche la cifra dei pochi ritratti eseguiti in quegli anni: l’Autoritratto (1850) e il Ritratto di Carlo Borella (1862) conservati a Milano, rispettivamente nel Museo Leonardo da Vinci e nell’ospedale Maggiore (Ca’ Granda).

Nella produzione dell’ultimo quindicennio di attività il M. non abbandonò il doppio binario della pittura di storia e della pittura di genere.

A Brera, dove pure non espose con la costanza registrata in precedenza, continuò a presentare opere di gusto troubadour, dal carattere aneddotico, ambientate in scenari rigorosamente ricostruiti. Si succedettero Goldoni e i comici del teatro italiano (1870), L’infanzia di Metastasio (1872), Aldo Manuzio a Venezia visitato da Lucrezia Borgia e dal cardinale Bembo (1876), Galileo Galilei, nella cattedrale di Pisa, scopre le oscillazioni del pendolo (1877), Gli ultimi giorni di Maria de’ Medici (1881: Milano, Galleria d’arte moderna).

La produzione di genere non godette invece che in parte della ribalta braidense. Al suo interno vanno tuttavia annoverate alcune fra le opere più originali del M., svincolate dal diligente accademismo di metà secolo. Ancora sulla scia degli Induno, il M. si avvicinò al naturalismo seicentesco e insieme al realismo intimo e poetico di G. Toma.

Pennellate guizzanti e morbide accensioni luministiche caratterizzano due tele d’intonazione leggera quali La bottega dell’antiquario (1878: Milano, Museo Leonardo da Vinci) e Un suonatore di cantina (1882: collezione privata, ripr. in I Mazza…, 1952, tav. 27). Mentre un’impaginazione essenziale contraddistingue L’anticamera di don Patrizio, il monsignore (1876: Milano, Museo Leonardo da Vinci), denso spaccato di un interno domestico abitato da un’umanità dimessa e assorta.

La versatilità dell’ultimo M. è infine attestata da opere quali il Mattino di Quaresima, Alla fonte, l’Addio, il Baciamano di un cavaliere e Busto di donna, dipinte nel biennio 1881-82 e conservate tutte a Milano nel Museo Leonardo da Vinci. Con esse il M. sposò la causa romantica della scapigliatura, ricorrendo a temi galanti, di stampo neosettecentesco, e a una tecnica esecutiva inedita. In particolare, sfumò i passaggi di colore tra figura e sfondo, ricercando un’unica intonazione d’ambiente, alla maniera di T. Cremona e D. Ranzoni. Negli anni estremi il M. assunse la cattedra di disegno presso il collegio Calchi-Taeggi e il Pio Istituto dei sordomuti di Milano (Rebora).

Il M. morì a Milano il 14 febbr. 1884. È sepolto nella cappella di famiglia a Gavirate.

Fonti e Bibl.: A. Caimi, Delle arti del disegno e degli artisti nelle provincie di Lombardia dal 1777 al 1862, Milano 1862, p. 77; S. Mazza, Le Cinque giornate di Milano, Milano 1885, p. 49; A. De Gubernatis, Diz. degli artisti italiani viventi, Firenze 1906, p. 288; La Galleria d’arte moderna. I dipinti, a cura di G. Nicodemi - M. Bezzola, I, Milano 1935, pp. 347 s.; II, ibid. 1939, n. 2763; Opere di G. M. e Salvatore Mazza esposte nella Galleria d’arte moderna (catal.), a cura di G. Nicodemi, Milano 1942; G. Nicodemi, La mostra di G. e Salvatore Mazza, in Milano, II (1943), pp. 63-66; I Mazza…, Milano 1952; Romanticismo storico (catal.), a cura di S. Pinto, Firenze 1974, pp. 33, 90, 101 s., 113, 180; Musei e gallerie di Milano, Galleria d’arte moderna. Opere dell’Ottocento, II, a cura di L. Caramel - C. Pirovano, Milano 1975, p. 357; Musei e gallerie di Milano, Ospedale Maggiore/Ca’ Granda. Ritratti antichi, a cura di M.T. Fiorio, Milano 1986, pp. 85 s., 254; S. Rebora, in La pittura in Italia. L’Ottocento, II, Milano 1991, pp. 912 s.; Musei e gallerie di Milano, Pinacoteca di Brera. Dipinti dell’Ottocento e del Novecento. Collezioni dell’Accademia e della Pinacoteca, II, Milano 1993, pp. 464-466; I Mazza: 1817-1964. Arte, poesia, costume: storia di una famiglia, a cura di A. Garavaglia, Gavirate 1999; C. Fiordimela, I Mazza, in R. De Grada, Ottocento Novecento. Le collezioni d’arte al Museo nazionale della scienza e della tecnica «Leonardo da Vinci» di Milano, Milano 2000, pp. 189-204; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 304.