FERRI, Giustino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 47 (1997)

FERRI, Giustino

Franco D'Intino

Nacque a Picinisco (oggi in provincia di Frosinone, già in provincia di Caserta) nel 1857. Nel 1878 si laureò in giurisprudenza a Napoli. Fu introdotto nell'ambiente giornalistico romano da G. Minervini, che lo presentò alla redazione del Capitan Fracassa, dove esordì il 10 ag. 1880 con un pezzo firmato Leandro. A questo giornale collaborò nella prima e nella seconda serie: il suo nome appare fra i "cooperatori" fino al 1º ott. 1884; in seguito fu tra i redattori insieme con U. Fleres, E. Mezzabotta e A. Morini, occupandosi soprattutto di cronaca letteraria, e, nella rubrica "Fondi e figure", di cronaca mondana, anticipando in qualche modo la forma novecentesca dell'elzeviro.

Al Capitan Fracassa è legato anche il suo esordio di narratore: sul numero domenicale del 22 ag. 1880 comparve infatti il bozzetto "Faust" a Napoli; in seguito, fra gli altri, vi furono pubblicati i racconti Salto mortale (7 maggio 1882), Mancia competente (27 ag. 1882), Ilmonologo dell'atto V (19 nov. 1883), Inchiostro azzurro (15 genn. 1884) e Cielo e terra (5 giugno 1884), nonché, in appendice, i romanzi Un dramma dell'Alhambra (dal 31 luglio al 16 ott. 1881), L'ultima notte (dal 26 febbraio al 17 maggio 1882) e, con lo pseudonimo "J. Willis Nevermore", La vergine dei sette peccati (dal 29 agosto al 24 nov. 1884, poi in volume con una sua introduzione [Roma 1885]).

Dal 30 nov. 1881 aveva anche avuto inizio la sua collaborazione alla Cronaca bizantina di A. Sommaruga, su cui videro la luce tra il 16 ott. 1883 e il A dic. 1884 i Paradossi immorali (firmati "Nigerrimus"), che, a metà tra la narrazione e il commento discorsivo, tendono a sviluppare a livello di massa una polemica eminentemente etica rivolta contro l'ipocrisia e l'inautenticità della società borghese.

Sempre sulla Cronaca bizantina furono pubblicati fra il 1883 e il 1884 gli scritti intitolati Roma gialla, il terzo dei quali, dal sottotitolo Fine champagne, è indicato come un "capitolo, o meglio svolgimento di un capitolo del Duca di Fonteschiavi".

A firma Leandro, e con il titolo generale Roma gialla, scelto probabilmente come espediente pubblicitario, furono appunto pubblicati in volume nella collezione sommarughiana il romanzo Il duca di Fonteschiavi, originariamente apparso in appendice al Supplemento del Caffaro, e i due romanzi già citati (il primo dei quali con il nuovo titolo Gliorecchini di Stefania, Roma 1884).

I romanzi analizzavano crudamente il passaggio dalla Roma papale alla città moderna, affidando "la satira e la riprovazione ai personaggi della provincia che introduce a gareggiare con spiriti colti e viziati della nuova civiltà, e lasciando urtare l'elegante e talvolta delittuoso scetticismo di costoro contro la sordida e grossolana ma tenace fede di vita di quegli altri" (Russo, p. 121).

Sulla Cronaca bizantina collaborò anche, insieme con Matilde Serao, alla rubrica "Salotti romani" e intervenne nella polemica scoppiata a proposito della pubblicazione del Libro delle vergini di G. D'Annunzio (1884), del quale fu grande amico fin dalla gioventù e del quale anticipò in alcuni romanzi certe atmosfere torbide impregnate di un erotismo morboso e malato e alcuni "tipi" diffusi nel decadentismo europeo, come quello della donna sadica e sensuale (ad es. Vera, la "russa "demoniaca"" [Praz, p. 238] nel già citato L'ultima notte). Il F.continuò a collaborare alla rivista nel periodo in cui era diretta dal G. D'Annunzio: con lo pseudonimo "Justinus" pubblicò sei pezzi intitolati Ifondi d'oro e Figure retoriche, nei quali ancora una volta veniva ironicamente ritratto il clima fastoso e decadente della Roma aristocratica.

Nella sua lunga attività di giornalista e romanziere, il F. si firmò spesso con vari pseudonimi, fra cui ricordiamo, oltre ai già citati, Maffio Savelli, Marchese di Carabas, Matamoros, Furio Ginestri, Plongiak, Furio Stiniger, Razzola, Kappa d'Ics; inoltre, essendo superstizioso ed avendo notato che il suo nome si componeva di tredici lettere, si firmò Giustino L. Ferri, dove la L. stava per Lorenzo, suo secondo nome.

Nel 1884 collaborò sporadicamente anche alla Domenica letteraria, nel periodo in cui questa fu diretta da L. Lodi. A questa stessa data risale l'inizio della sua collaborazione al Fanfulla, di cui fu redattore capo per alcuni anni, e sul quale, sotto lo pseudonimo di "Marchese di Carabas", si occupò di politica parlamentare, di varietà, e stese la rubrica "Corriere di Roma". Dalla fine del 1885 fino alla morte, anche se a fasi alterne, collaborò anche al Fanfulla della domenica con novelle, racconti, pezzi di varietà e note letterarie. Per brevi periodi fu inoltre redattore del quotidiano sommarughiano Nabab e collaboratore (con lo pseudonimo Furio Ginestri) del settimanale Il Parlamentarismo.

Molto stimato nell'ambiente letterario romano, fra i suoi amici annoverava G. Mantica, R. Artom, L. Capuana e L. Pirandello, con i quali diede vita al gruppo degli "arielani", fondatori nel 1885 della rivista Ariel, della quale uscirono solo pochi numeri.

Frequentava inoltre assiduamente il caffè Bussi, all'angolo fra via Veneto e via Ludovisi, ed era capo riconosciuto dei cosiddetti "istitutori della banda Bussi", della quale facevano parte, oltre ai già citati Pirandello e Capuana, L. D'Ambra, N. Martoglio e G. Cantalamessa.

Il F. fu anche molto legato al gruppo composto da L. A. Vassallo, L. Bertelli, L. Lodi, E. Faelli, come dimostra la sua collaborazione al Don Chisciotte della Mancia (dal 20 dic. 1887 al 7 apr. 1892), di cui fu redattore, e al Don Chisciotte di Roma (dal 15 ott. 1893 al 9 dic. 1899), entrambi diretti dal Vassallo. Sul Don Chisciotte della Mancia teneva, con lo pseudonimo Leandro, la rubrica "Fondi e figure", e pubblicò in appendice dal 15 luglio al 31 ott. 1891 il romanzo La crisi, ambientato in una Roma in piena crisi edilizia. In seguito continuò a collaborare al giornale nato dalla fusione del Fanfulla con il Don Chisciotte di Roma, Il Giorno, e poi ancora alla Tribuna, da cui IlGiorno fu assorbito nel 1901. Delle numerosissime altre testate cui il F. collaborò nel corso della sua vita ricordiamo La Lettura, Noi e il mondo, La Rassegna contemporanea, L'Alfiere, La Preparazione, Roma e Il Messaggero, sul quale venne pubblicato in appendice con lo pseudonimo Maffo Savelli il romanzo Le sette e i milioni (dall'8 settembre al 1º nov. 1885).

Un posto particolare spetta alla sua attività di critico teatrale, che si svolse sulle pagine della Rivista d'Italia (1889-1900) e del Tirso (di cui fu redattore insieme con Lucio D'Ambra dal 1906 al 1908), ma soprattutto su quelle della Nuova Antologia, di cui fu critico drammatico dal 1905 (anno in cui sostituì E. Boutet, che passò a dirigere la compagnia drammatica stabile) fino alla morte.

Su questa rivista fu pubblicato (dal 16 aprile al 16 giugno 1908) il romanzo La camminante (poi in volume, Roma 1908), definito dallo stesso F. autobiografico (cfr. Fleres, p. 397), che raccolse molti consensi, tra i quali quello di L. Capuana e quello, entusiastico, di Pirandello.

Nel 1892 il F. aveva già pubblicato, in appendice al Caffaro, il romanzo Il capolavoro (poi in volume, Torino-Roma 1901), il cui intreccio si incentra sempre più, come è caratteristico del genere romanzesco sullo scorcio del secolo, su un unico personaggio che si staglia su uno sfondo di figure poco definite.

Il F. ereditò "una cultura, già elaborata nell'ambito della cosidetta scapigliatura, formatasi sulla base di un ibrido oscillante tra nostalgia della tradizione e sensibilità ed aspirazione al "progresso"" (Briganti, p. 7). Instancabile lavoratore, forse spinto dalla necessità di mantenere, affiancato dalla moglie Augusta, quattro nipoti (Letizia, Natalina, Raffaella e Aldo), dei quali si definiva "zio di famiglia" (cfr. Fleres, p. 400), della sua vastissima produzione narrativa e giornalistica (non praticò mai la poesia) ci restano dodici romanzi, un centinaio di novelle e circa un migliaio di articoli.

Tra le altre opere ricordiamo Il castello fantasma (Roma 1899), comprendente una parte della sua produzione narrativa per i giornali, Avventure ai bagni. Tuffolina si diverte (ibid.

1885), raccolta - firmata Leandro - di novelle e testi di varietà d'ambientazione marina, La fine del secolo XX (Milano 1906), romanzo d'interesse sociologico legato al filone avveniristico, Dea passio. Studio di vita provinciale (Napoli 1910). Inoltre, a quanto riferisce L. Capuana (in Noi e il mondo, p. 51), pubblicò una serie di opuscoli dedicati alle scienze occulte, delle quali si interessava.

Nei mesi precedenti la sua morte, avvenuta a Roma il 13 maggio 1913 dopo una lunga malattia - aveva sempre sofferto di diabete -, stava scrivendo il romanzo Ilre di Roma (inizialmente intitolato La Vispa Teresa), che avrebbe dovuto costituire il seguito della Camminante.

Tra i lavori lasciati incompiuti sono poi i romanzi Flirt-Hôtel, racconto satirico di cui fu pubblicato un saggio nella Rassegna illustrata dell'Esposizione del 1911, La spira, il cui protagonista avrebbe dovuto essere un giovane sacerdote, e una commedia intitolata La strada, di cui fu trovato l'abbozzo tra le sue carte.

Fonti e Bibl.: Necrol. in Il Marzocco, 19 maggio 1913, pp. 3 s.; in Fanfulla della domenica, XXXV (1913), 20, pp. 3 s.; in Noi e il mondo, III (1913), 7, pp. 49-54; in Nuova Antologia, 16 maggio 1913, pp. 344 s.; U. Fleres, G.L.F., in Nuova Antologia, 1º ag.1913, pp. 397-509; L. D'Ambra, Le opere e gli uomini. Note, figure, medaglioni e saggi (1898-1903), Torino-Roma 1904,pp. 197-208; A. Chierici, Il quarto potere a Roma, Roma 1905, pp. 211, 224; A. Lauri, Dizionario dei cittadini notevoli di Terra di Lavoro antichi e moderni, Sora 1915, pp. 77-84; L. Lodi, Giornalisti, Bari 1930, pp. 35, 43; Le più belle pagine di E. Scarfoglio scelte da Alberto Consiglio, Milano 1932, pp. 45, 48 s.; A. Sommaruga, Cronaca bizantina (1881-1885). Note e ricordi, Milano 1941, pp. 17, 45, 85, 161; P. Pancrazi, Scrittori d'oggi, s. 4, Bari 1946, p. 323; G. Marzot, Battaglie veristiche dell'800, Milano 1946, pp. 155, 183, 194 s.; B. Croce, La letteratura della nuova Italia. Saggi critici, VI,Bari 1950, pp. 163 s.; G. Squarciapino, Roma bizantina. Società e letteratura ai tempi di A. Sommaruga, Torino 1950, pp. 52, 127 s., 131 ss., 208, 258, 285,290, 301, 307, 424, 444; L. Russo, I narratori (1850-1950), Milano-Messina 1951, pp. 121 s.; N. Vian, Sommaruga, ruga, ruga ... ruga, in Strenna dei romanisti, XII (1951), p. 205; U.Fleres, Il caleidoscopio di Uriel, Roma 1952, pp. 109, 112, 119 ss.,126, 129 s., 133-36; M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Firenze 1966, p. 238; A. Briganti, Un intellettuale fra utopia e professione: G.L.F., in Letteratura italiana contemporanea, II (1982), pp. 1-39.

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