GIUSTINO I

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

GIUSTINO I (᾿Ιουστίνος, Flavius Anicius Iustinus)

C. Bertelli

Imperatore romano, 518-527. Nato nel 450 a Berediana, nella provincia di Illiria. Detto Illirico e anche Trace. Dal 1° aprile del 527 sino alla morte, avvenuta nell'agosto dello stesso anno, associò al potere, come Augusto, il nipote Pietro Sabazio, cui impose il nome di Giustiniano.

La sua iconografia è affidata alle monete, nelle quali, però, compare un tipo del tutto simile a quello a) di Anastasio (v.), ripreso in seguito da altri imperatori, come Giustiniano I (v.), Giustino II (567-578), Tiberio II (578-582), Maurizio (582-602). Tuttavia nei rovesci delle monete egli introdusse una innovazione di grande importanza, sostituendo alla figura femminile della vittoria (che appare tuttavia in alcuni suoi aurei: di profilo, intenta a scrivere il numero dei voti sullo scudo) nei conî con la leggenda victoria aug (usti) quella maschile, con tunica e pallio, dell'angelo, visto frontalmente e reggente il globo sormontato dalla croce. Reinterpretazione cristiana di un tema fondamentale del repertorio imperiale che fu accolta dal suo successore Giustiniano e in cui è stato visto (Vasiliev) giustamente un rapporto con il grande successo del regno di G.: la riunione delle chiese di Roma e di Costantinopoli (28 marzo 519). Seguendo un suggerimento di A. Friend jr. il Vasiliev riconobbe lo stesso concetto nel celebre avorio con l'angelo nel British Museum e attribuì questa valva di dittico a G., supponendo che facesse riscontro a un'altra valva con il ritratto dell'imperatore. Si può dire che l'intaglio, comunque debba essere datato, difficilmente potrebbe essere anteriore al regno di Giustiniano I. È stata erroneamente identificata con Eufemia, la consorte di G., una figura femminile nel rovescio di un conio di bronzo (Sabatier, II, 167), su cui si deve invece riconoscere più verosimilmente la Tyche di Antiochia. Notevole un medaglione argenteo, di cui si conservano tre repliche a Dumbarton Oaks, con la testa di G. I di profilo e, nel retro; l'iscrizione dei vota (il loro numero, osserva il Pick, è del tutto indifferente per fissare la cronologia in questo periodo). Vi è un vago sospetto che G. I appaia in questi medaglioni barbato. Il Pick ricorda che, secondo Malalas, Giustiniano riesumò, almeno per qualche tempo, l'uso della barba, che più d'un secolo innanzi era stato un distintivo pagano (confronta eugenio e vedi s. v. filosofi). Il Bellinger si chiede se questa innovazione non fosse potuta partire appunto dal contadino illirico che era stato Giustino. Sulle monete con G. e Giustiniano v. giustiniano i.

Zecche: Costantinopoli, Salonicco, Nicomedia, Cizico, Antiochia. Molti conî intestati a G. sono in realtà prodotti di zecche vandaliche, ostrogote, burgunde e dell'Italia.

Giustiniano aveva innalzato nel portico della Chalkè ricostruita (v. vol. II, p. 911) la statua di G. e di sette membri della famiglia (Πάτρια, ii, 28 = ed. Preger, p. 165, 14-15). Nel IX sec., secondo la testimonianza di Niceta Paflagone (P. G., 105, c. 520) il terremoto abbatté una statua di Giustino "recidendola alle ginocchia" ἐκ τῶν γονάτων κοπεῖσα: altri intendono la statua di G. inginocchiato).

La popolarità dei ritratti imperiali in questo periodo è confermata tra l'altro dalla descrizione di Malalas di un Persiano che indossava, oltre a una veste aurea su cui era un medaglione con il proprio ritratto, "una bianca tunica paragaudion, ancor più coperta d'oro, con un simile ritratto dello Czar Giustino".

Il Liber pontificalis, ed. Duchesne, i, pp. 271-276, ricorda vari doni di G. I a S. Pietro; tra questi qualcuno ha voluto vedere la croce d'argento dorato (cm 33 × 25) conservata nel Tesoro di S. Pietro con la dedica: dat romae iustinus opem et socia decorem e in cui appaiono, tra l'altro, le raffigurazioni di un imperatore e di un'imperatrice oranti. Ma l'identificazione più probabile non è con questo, bensì con il secondo G. (545-578).

La Cronaca dello Pseudo-Zaccaria di Mitilene racconta una curiosa storia a proposito di un certo Marinus di Apamea (v.) che dipinse con realismo la carriera di G. dalle sue umili origini ai maggiori successi riscuotendo la pericolosa antipatia del monarca.

Bibl.: A. A. Vasiliev, Justin the First. An Introduction to the Epoch of Justinian, Cambridge, Mass. 1950: W. Wroth, Catal. Imp. Byz. Coins Brit. Mus., I, Londra 1908, p. XIV, n. 4 e pp. 21-22; H. Goodacre, A Handb. of the Coinage of the Byz. Emp., II, pp. 64-67; J. Sabatier, Description générale des monnaies byzant., I, Londra 1862, p. 167; B. Pick, in Numism. Zeitschr., 1927, pp. 21-26; F. Dvorschak, Studien zum byz. Münzwesen, in Num. Zeitschr., XXIX, 1936, p. 75; A. Grabar, L'Empereur dans l'art byzantin, Parigi 1936, p. 9; J. Babelon, Le portrait dans l'antiquité d'après les monnaies, Parigi 1942, p. 171; A. Grabar, L'Iconoclasme Byzantin. Dossier Archéologique, Parigi 1957, indice; M. C. Ross, in Dumbarton Oaks Papers, XI, 1957, p. 250; A. Bellinger, Roman a. Byzant. Medallions, in Dumbarton Oaks Papers, XII, 1958, specialm. p. 152 ss.