Giusto processo

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Espressione con la quale si indica l’insieme delle forme processuali necessarie per garantire, a ciascun titolare di diritti soggettivi o di interessi legittimi lesi o inattuali, la facoltà di agire e di difendersi in giudizio.

L’insieme dei principi emergenti dalla Costituzione intorno al diritto processuale impongono al legislatore ordinario la ricerca delle forme procedurali più idonee allo scopo sopra enunciato, pur nel rispetto di alcuni snodi cardine. I principi costituzionali del giusto processo sono stati tradizionalmente tratti dagli artt. 2, 3, 24 e 111 della Costituzione.

L’art. 111 (riformato con la l. cost. n. 2/1999) è riferibile sia al processo penale sia a quello civile, pur essendo alcune disposizioni dedicate solo al primo. Il 1° co. stabilisce una riserva di legge in materia di giusto processo. Il 2° co. racchiude una serie di principi. In primo luogo quello contraddittorio (Principio del contraddittorio. Diritto processuale civile; Principio del contraddittorio. Diritto processuale penale) in virtù del quale il giudice non si può pronunciare sopra alcuna domanda se colui contro cui essa è proposta non è stato prima regolarmente citato, o non è comparso. In secondo luogo il principio dell’imparzialità del giudice, garantito dai meccanismi di reclutamento dei magistrati oltre che da una serie di prerogative e di divieti connessi al loro status. In terzo luogo il principio della ragionevole durata del processo, di controversa interpretazione.

Con riferimento alla dottrina del processo civile, infatti, se da una parte si ritiene che questa disposizione legittimi il ricorso a procedimenti sommari, soprattutto con riguardo all’istruzione probatoria e al sistema delle impugnazioni, limitate al reclamo e al ricorso straordinario in cassazione (ricavabile direttamente dall’art. 111 Cost.), si ritiene che questo principio comunque importantissimo, debba recedere davanti alla necessità di garantire a ognuno la possibilità, assicurata dal combinato disposto degli artt. 2, 3 e 24 Cost., di accedere a un processo a cognizione piena – caratterizzato essenzialmente dalla predeterminazione dei termini e dei modi per formulare istanze e per essere rimesso in termini, nonché dal sistema delle impugnazioni ordinarie – e che possa solo prevedersi, quando sia in gioco la tutela di un diritto o di uno status, una fase iniziale sommaria e una successiva ed eventuale fase a cognizione piena a seguito di impugnazione.

I successivi tre commi dell’art. 111 sono dedicati al processo penale – o meglio alle garanzie spettanti a ciascuna persona accusata di un reato nella fase delle indagini preliminari e nel processo stesso, con speciale riserbo all’affermazione del principio del contraddittorio nella formazione della prova. Il 6° co. enuncia la necessità che ciascun provvedimento sia motivato, soprattutto ove abbia natura decisoria (Provvedimento decisorio). Questa parte del provvedimento è direttamente connessa con il diritto di impugnare il provvedimento giudiziale pregiudizievole. Il 7° co. fornisce la sola impugnazione di legittimità di copertura costituzionale. Soggetti a ricorso in cassazione sono tutte le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale. Con riferimento al termine ‘sentenza’, la giurisprudenza di legittimità lo ha interpretato – considerando anch’esso, come l’altro (i provvedimenti sulla libertà personale), a cui è legato da una congiunzione, come un termine che si riferisce al contenuto del provvedimento più che alla sua forma – come sinonimo di provvedimento decisorio su di un diritto.

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