GODEPERTO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 57 (2001)

GODEPERTO

Vasco La Salvia

Figlio del re longobardo Ariperto I, G. apparteneva alla cosiddetta dinastia bavarese dei regnanti longobardi: suo nonno paterno, Gundoaldo duca di Asti (m. circa 615), e la sorella di questo, la regina Teodolinda, erano figli del duca di Baviera Garibaldo e della longobarda Walderada di stirpe letingia. G. ebbe un fratello, Perctarit (Pertarito, Bertarito), e due sorelle: una fu badessa del monastero di S. Agata in Pavia (Poetae Latini), l'altra sposò Grimoaldo di Benevento che fu poi re dei Longobardi.

Morto il padre Ariperto I (660 circa), Perctarit e G. - ambedue giovanissimi - si affermarono in qualità di re ciascuno in una propria capitale, Milano per il primo e Pavia per il secondo.

I due fratelli non sono, però, ricordati insieme né dall'Origo gentis Langobardorum, né dall'Historia Langobardorum codicis Gothani, che ignorano, quindi, la coreggenza menzionata da Paolo Diacono e databile proprio al 661; dopo Ariperto I, queste due fonti pongono, infatti, direttamente il regno di Grimoaldo. La compresenza dei due fratelli al potere e il loro antagonismo sono, però, confermati da un giudicato di Perctarit del 674 sui confini delle diocesi di Parma e Piacenza, che qualifica come usurpazione - invasio - il regno di G. invalidandone gli atti. L'estrema vicinanza di Milano e Pavia rende, comunque, difficile credere a una divisione del Regno secondo un principio territoriale sul modello franco; quindi, o Ariperto I aveva effettivamente ritenuto possibile una conduzione congiunta del Regno, presto fallita per l'azione degli oppositori della dinastia bavarese o per difficoltà oggettive, o ci fu una doppia elezione; oppure, come riportato nel diploma di Perctarit del 674, vi fu vera e propria usurpazione.

Alcuni studiosi, quali G.P. Bognetti, hanno sostenuto che G., residente in Pavia, città dei Longobardi tradizionalisti e ariani, sarebbe stato eletto dagli stessi ariani, mentre Perctarit, organizzatosi nella cattolica Milano, dai cattolici. Tuttavia, tale ipotesi non ha riscontri diretti nelle fonti, ed è difficile pensare a G., figlio del cattolico Ariperto I, come a un ariano, né ci sono prove che fossero ariani Garibaldo e Grimoaldo, ai quali si rivolse Godeperto.

I contrasti fra i due fratelli si fecero aspri e G. si rivolse a Garibaldo, duca di Torino, incaricandolo di organizzare in suo favore l'alleanza del duca di Benevento Grimoaldo che avrebbe dovuto aiutare G. a conquistare definitivamente il Regno eliminando Perctarit. Garibaldo però istigò Grimoaldo a impadronirsi del Regno.

Nel 661 Grimoaldo giunse a Pavia insieme con Garibaldo che gli lasciò credere che G. volesse tradirlo. Grimoaldo allora uccise G. nella sala del palazzo reale.

Grimoaldo divenne re nel 662. L'usurpazione venne legittimata attraverso il matrimonio di Grimoaldo con la sorella di Godeperto. Perctarit fuggì presso gli Avari e poi presso i Franchi. G. lasciava un figlio, Ragimperto che, risparmiato da Grimoaldo per la sua giovane età, divenne prima duca di Torino e poi re per pochi mesi alla morte di Cuniperto, figlio di Perctarit, nel 700, nel tentativo di contrastare l'elezione del cugino Liutperto.

Proprio il sanguinoso conflitto nato fra Perctarit e G. deve, così, essere considerato l'inizio della serie di colpi di Stato tra i loro discendenti, tutti membri della cattolica dinastia bavarese, che caratterizzarono gli anni 700-702.

In relazione all'usurpazione di Grimoaldo, le motivazioni che Paolo Diacono attribuisce al tradimento di Garibaldo sono pienamente in linea con la cultura tradizionale longobarda, sempre restia a lasciare il potere a re troppo giovani, o a elementi non ritenuti ancora all'altezza del compito e, al contrario, sensibilissima al merito personale. La parte giocata da Garibaldo nella storia dell'usurpazione, in qualità di ideatore della trama e di suggeritore malefico di ogni dettaglio, è riportata nelle fonti in modo talmente evidente che si può ritenere che egli sia stato trasformato nell'unico responsabile su cui Grimoaldo ha scaricato interamente il biasimo per l'avvenuta usurpazione. Nello stesso racconto vi sono anche elementi che giustificano il comportamento di G. e Perctarit, e appaiono funzionali alla regalità longobarda nel suo complesso che non risulta mai macchiata da vere colpe. Inoltre, la narrazione dell'uccisione di Garibaldo, sopravvenuta poco dopo, nata nello stesso ambiente di G., e avvenuta per mano di un familiare dello stesso G. il giorno di Pasquetta nella chiesa di S. Giovanni Battista di Torino, venne, da un lato, assorbita anche dalla pubblicistica grimoaldiana, per completare la demonizzazione del colpevole e, dall'altro, costituì la giusta e sufficiente vendetta per la sanguinosa eliminazione del giovane re. Nello stesso passo, l'accento posto sulla fedeltà dovuta dal sottoposto al suo capo, pur essendo un tratto germanico tradizionale, sottolinea l'inizio di un processo di costruzione gerarchica del Regno basato sul legame di fedeltà personale.

Fonti e Bibl.: Paolo Diacono, Historia Langobardorum, a cura di L. Bethmann - G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Langob. et Italic. saec. VI-IX, Hannoverae 1878, pp. 116, 138 s., 142, 155, 171 (libri IV, V, VI); Epitomae ex Pauli Historia factae, a cura di G. Waitz, ibid., p. 197; Pauli Continuationes, a cura di G. Waitz, ibid., p. 207; Andreas Bergomas, Historia, a cura di G. Waitz, ibid., p. 223; Catalogus regum Langobardorum et ducum Beneventanorum, a cura di G. Waitz, ibid., p. 491; Catalogi regum Langobardorum et Italicorum Brixiensis et Nonantolanus, a cura di G. Waitz, ibid., p. 504; Catalogus regum Langobardorum et Italicorum Lombardus, a cura di G. Waitz, ibid., pp. 508 s.; Catalogus regum Tuscus, a cura di G. Waitz, ibid., p. 518; Rythmi aevi Merovingici et Carolini, a cura di K. Strecker, Ibid., Poetae Latini aevi Carolini, IV, 2, Lipsiae 1914-23, p. 729; Codice diplomatico longobardo, III, 1, a cura di C. Brühl, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], LXIV, Roma 1973, n. 6 p. 24; O. Bertolini, I Germani. Migrazioni e regni nell'Occidente già romano, Milano 1965, pp. 249 s., 256; G.P. Bognetti, Il gastaldato longobardo e i giudicati di Adaloaldo, Arioaldo e Pertarito nella lite fra Parma e Piacenza, in Id., L'età longobarda, Milano 1966, pp. 236 s., 241, 252; Id., S. Maria foris Portas di Castelseprio e la storia religiosa dei Longobardi, ibid., pp. 334 s.; J. Jarnut, Prosopographische und sozialgeschichtliche Studien zum Langobardenreich in Italien (568-774), Bonn 1972, pp. 133, 352 s.; J. Misch, Die Langobarden, Ilm 1977, pp. 130 s., 136; P. Delogu, Il Regno longobardo, in Storia d'Italia (UTET), I, Torino 1980, pp. 89-91; C. Brühl, Storia dei Longobardi, in Magistra barbaritas, Milano 1984, pp. 102 s.; A. Melucco Vaccaro, I Longobardi in Italia, Milano 1988, p. 86; Paulus Diaconus, Storia dei Longobardi, a cura di E. Bartolini, Milano 1988, pp. 351 s.; S. Gasparri, Il Regno longobardo in Italia. Struttura e funzionamento di uno Stato altomedievale, in Langobardia, a cura di S. Gasparri - P. Cammarosano, Udine 1990, pp. 249, 251, 295; L. Capo, Paolo Diacono. Storia dei Longobardi, Milano 1992, pp. 180, 234-238, 246, 360, 530 s.; J. Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino 1995, pp. 57 s., 63; C. Wickham, L'Italia nel primo Medioevo, Milano 1997, p. 54; J. Jarnut, Garibaldo, in Diz. biogr. degli Italiani, LII, Roma 1999, pp. 341 s.

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