Granada

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Città della Spagna meridionale (236.988 ab. nel 2008), in Andalusia; capoluogo della provincia omonima (12.647 km2 e 901.220 ab. nel 2008). Sorge presso il fiume Genil che qui riceve il Rio Darro (Salon per i Romani, Hādarrū per gli Arabi), il quale traversa l’abitato, disegnando un ampio gomito. G. si espande in buona parte a N di questo corso d’acqua, sopra l’ampio pianoro (650-700 m s.l.m.) che domina la sua confluenza con il fiume Genil. Oltre alle tradizionali industrie di origine araba (lavorazione del ferro, dei mobili e del cuoio, produzione di ceramiche), ne conta altre, attive nei settori alimentare (oleifici, distillerie, conservifici e zuccherifici), meccanico e del tabacco. Molto sviluppato è il turismo.

La città di G. si sviluppò su di un antico municipio romano, il Municipium Florentinum Iliberritanum (Elvira), portato alla luce dagli scavi nell’odierno quartiere dell’Albaicín, il cui nome fa riferimento al nucleo dei colonizzatori autoctoni iberici: Iliberis o Iliberri. Tuttavia, le indagini hanno rivelato anche resti che testimonierebbero la frequentazione del sito fin dall’8°-7° sec. a.C. (strutture, necropoli, ceramica, moneta ecc.). Con il governo di Augusto la città entrò a far parte della Hispania Baetica o Ulterior, divenendo un centro di consistente importanza: le iscrizioni ne ricordano i duoviri, i decuriones e il pontifex.

Fondata dagli Arabi presso il sito dell’antica Iliberis, nell’11° sec., alla caduta del califfato di Cordova, fu soggetta alla dinastia berbera degli Zairiti (1015-90). Il secondo e più noto periodo della sua storia musulmana è l’emirato dei Banū’l-Aḥmar o Banū Naṣr (Nasridi), che nel 1232 stabilirono a G. la dinastia destinata a essere l’ultimo caposaldo del dominio arabo in Spagna. La sua posizione di Stato cuscinetto fra la cristianità spagnola e l’Islam maghrebino favorì la prosperità economica e culturale dell’emirato, ma la condannò insieme a lenta morte per consunzione. Rivalità interne fra gli ultimi emiri nasridi favorirono la caduta della città (1492) in mano cattolica e i superstiti furono pochi anni dopo obbligati alla conversione o all’esilio. La grande rivolta dei moriscos del 1566, scoppiata nel territorio di G. (Alpujarras), fu l’ultimo guizzo di vitalità dell’arabismo spagnolo e alla lunga repressione seguì il decreto generale di espulsione (1609).

G. conserva importantissimi monumenti, primo fra tutti l’Alhambra, città e fortezza araba del 13° e 14° sec. su una collina che domina la città. Nell’Alhambra è anche il palazzo di Carlo V (iniziato nel 1526) che ospita istituzioni museali; nelle vicinanze sorge il Generalife, residenza di campagna dei re arabi (14° sec.) famosa per la bellezza dei suoi giardini. Nella città bassa è la grandiosa cattedrale, iniziata nel 1523, continuata da G. de Siloé e compiuta nel 18° secolo. Addossata al duomo è la Cappella Reale (1506-21) con i sepolcri dei re cattolici Ferdinando e Isabella. Notevoli le chiese di S. Giuseppe e S. Giovanni dei Re, gotiche, con antichi minareti; il convento di S. Isabella in un palazzo arabo del 15° sec.; S. Gerolamo, gotico-rinascimentale con festose decorazioni plateresche; la chiesa secentesca dell’Assunzione e il barocco Ospedale di S. Giovanni di Dio (1737-59).

Trattato di G. Stipulato segretamente l’11 novembre 1500 fra il re di Francia Luigi XII e Ferdinando il Cattolico, re d’Aragona, mirava a facilitare l’invasione e l’occupazione da parte di Luigi XII del Regno di Napoli dove regnava Federico d’Aragona. Luigi XII avrebbe compiuto le operazioni militari, prendendo poi il titolo regio e occupando Campania, Terra di Lavoro e Abruzzo, mentre Ferdinando il Cattolico avrebbe facilitato la spedizione e si sarebbe tenuto Puglia e Calabria. Gli Spagnoli, venuti nell’Italia meridionale su richiesta dello stesso re di Napoli, contribuirono invece alla resa di Federico, che dichiarò Luigi XII suo erede; dal trattato derivarono altresì i dissensi sulla modalità della spartizione del regno tra Francesi e Spagnoli, di cui profittò Ferdinando il Cattolico per impadronirsene (1504).

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