GRANO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

GRANO (XVII, p. 726; App. I, p. 688; II, 1, p. 1078; III, 1, p. 784)

Franco Salvatori

Produzione mondiale del grano. - Sulla spinta delle notevoli realizzazioni conseguite in campo agricolo dai paesi del Terzo Mondo, la produzione mondiale di g. ha visto, dal 1960 in poi, accrescere continuamente il proprio volume, e questo malgrado i paesi che tradizionalmente si annoverano tra i principali produttori abbiano sensibilmente contratto il loro apporto relativo. La situazione quale si desume dalla tab. 1 mostra con sufficiente evidenza come i progressi quantitativi si sono realizzati, oltre che attraverso un'estensione della superficie messa a coltura, anche, e soprattutto, grazie a un sensibilissimo miglioramento delle rese per ettaro. Infatti, nel periodo 1960-74, contro un aumento di 24,4 milioni di ha pari al 12,2% si è realizzato un incremento della produzione di 116,5 milioni di t pari al 47,8%, con un maggior rendimento per ha del 32,2%. Ciò è tanto più notevole se si tiene conto che le rese unitarie erano aumentate soltanto del 16% dal 1934 al 1958, in un periodo quindi assai più lungo.

Scendendo nel dettaglio (v. tab. 2) si nota che la produzione dell'URSS resta preminente rispetto a quella degli altri paesi. Tuttavia, mentre nei primi anni Sessanta la produzione sovietica superava anche quella di ciascun continente preso singolarmente, negli ultimi anni considerati essa ha visto assottigliarsi il divario che la divideva dall'Europa e dall'Asia, dalla cui produzione è stata anche occasionalmente superata. Nel 1964, anno in cui si dispone di valutazioni attendibili della produzione di g. per la Cina popolare, la produzione europea rappresentava il 22,1% del totale mondiale, quella del continente asiatico il 21,1%, dell'Africa il 2,3%, dell'America il 24,1%, dell'Oceania il 3,7% e dell'URSS, infine, il 26,7%. Nel 1974 la situazione risultava alquanto modificata; la produzione dell'Europa raggiungeva il 25,1%, dell'Asia il 25%, dell'Africa il 2,4%, dell'America il 21,1%, dell'Oceania il 3,1%, e dell'URSS il 23,3% del totale mondiale. Dei principali paesi produttori europei i miglioramenti più vistosi sono stati raggiunti dalla Francia che ha incrementato la propria produzione del 72% grazie soprattutto a un eccezionale miglioramento della resa per ettaro passata dai 25,3 q del 1960 ai 45,9 del 1974. Gl'incrementi altrettanto sensibili della Rep. Fed. di Germania e della Polonia si sono verificati per la maggiore superficie dedicata alla coltura del grano. Nel continente asiatico, ha registrato i più vistosi incrementi la produzione della Rep. popolare cinese e quella dell'Unione Indiana; quest'ultima anzi è riuscita a migliorare sensibilmente le rese medie per ettaro passando da 7,7 q nel 1960 a 11,5 nel 1974. In Africa è emersa la produzione della Repubblica Sudafricana, che ha realizzato un aumento del 107%, e del Marocco, mentre si sono ridimensionati gli apporti relativi dell'Algeria e della Tunisia. Più moderati gl'incrementi avuti dai principali produttori del continente americano, in particolare dal Canada. La produzione degli Stati Uniti, pur registrando soltanto un modestissimo miglioramento delle rese per ha (17,6 q nel 1960; 18,4 nel 1974), ha realizzato nel complesso un aumento di produzione del 32%. Interessanti infine i miglioramenti ottenuti dalla produzione australiana che ha avuto un incremento del 50,3%.

Commercio mondiale del grano. - La sempre crescente importanza del g. nell'alimentazione dell'uomo e l'aumento dei consumi pro-capite (vedi tab. 3), specie nei paesi emergenti, che rappresentano oltre i due terzi della popolazione terrestre, stimola le autorità economiche dei principali stati produttori e consumatori al raggiungimento di efficaci strumenti di stabilizzazione commerciale capaci d'instaurare un equilibrio d'interessi fra le diverse categorie di paesi che accedono al commercio internazionale del grano. Il mercato registra infatti ampie fluttuazioni dell'offerta e della domanda, e di conseguenza degli stocks e dei prezzi. È in questo quadro, malgrado alcune critiche avanzate nel corso della sua applicazione, che l'Accordo internazionale del g., già rinnovato per la terza volta nel 1959, è stato ulteriormente prorogato nel 1962, nel 1967 e nel 1971. L'accordo del 1962 non apportò, nella sostanza, cambiamenti notevoli rispetto a quello del 1959. L'accordo del 1967, firmato a Roma, e quello del 1971, firmato a Ginevra e ancora in vigore, hanno presentato invece rispetto ai precedenti notevoli caratteri di diversificazione essendo stata introdotta, per la prima volta, una convenzione relativa all'aiuto alimentare avente per oggetto l'istituzione di un programma d'intervento a beneficio dei paesi in via di sviluppo. L'accordo del 1971, inoltre, rispetto a quello del 1967 non prevede disposizioni circa i prezzi. È da segnalare che quest'ultima circostanza, la mancanza di mezzi idonei per la realizzazione degli obiettivi previsti, le spinte autarchiche e protezionistiche registrate in alcune aree economiche, i massicci acquisti da parte dell'URSS regolati da accordi bilaterali, e alcune annate agrarie particolarmente scarse tendono di fatto a limitare e svuotare di contenuti gli effetti della convenzione. Le accennate difficoltà spingono verso una ridefinizione degli accordi che appare assai contrastata ma che un sempre crescente numero di paesi, tanto esportatori che importatori, auspica. Dalla capacità della Comunità internazionale di trovare un accordo, su basi adeguate, dipenderà il futuro di un così vitale settore del commercio mondiale, qual è quello del grano.

Per una valutazione di dettaglio del livello degli scambi internazionali di g., nel periodo 1962-74, si rinvia alla tab. 4, in cui sono riportati i valori quantitativi dell'export-import di g. e di farina di g. in equivalente g. secondo il coefficiente, adottato dalla FAO, di 72 t di farina per 100 t di grano.

Nel novero dei paesi principali esportatori, che comprendeva fino al 1960 gli SUA, il Canada, l'Australia e l'Argentina, si è stabilmente inserita la Francia, il cui apporto relativo ha superato di larga misura quello argentino e si avvicina a eguagliare l'australiano. Sempre crescente inoltre la quantità di g. esportata dall'URSS la cui situazione va però esaminata nel particolare contesto del COMECON: la quasi totalità delle esportazioni sovietiche sono dirette verso i paesi partners dell'area economica socialista; la stessa URSS del resto acquista in occasione di raccolti sfavorevoli ingenti quantità che provvede poi a ridistribuire. Nel periodo considerato, il livello mondiale delle esportazioni di g. è aumentato del 30%. I maggiori incrementi sono stati realizzati dalla Francia (143%) e dagli Stati Uniti (29%). Sul fronte delle importazioni il ruolo di maggiore acquirente, esclusa l'URSS, tradizionalmente rivestito dalla Gran Bretagna, è stato occupato dal Giappone e dalla Cina, mentre assumono sempre maggior peso le importazioni di alcuni paesi dell'Europa occidentale quali l'Italia, il Belgio e i Paesi Bassi.

La situazione italiana. - La tendenza, già manifestatasi sul finire degli anni Cinquanta, a una contrazione della superficie agraria coltivata a g. è perdurata e si è consolidata nel corso del periodo 1960-74. Tale fenomeno ha comunque riguardato soltanto la coltivazione di g. tenero, mentre risulta in moderato incremento la superficie destinata alla produzione di g. duro. Questo in accordo alla volontà dell'autorità economica nazionale che, accogliendo le direttive della CEE, ha incentivato la produzione di g. duro e praticamente disincentivato, perché eccedente, la produzione di tenero. La contrazione delle superfici destinate alla coltura di g. tenero ha interessato, ovviamente, le terre meno produttive, con conseguente miglioramento della produttività tecnica della coltura. L'aumento delle rese unitarie, registrato nella produzione di g. tenero, va quindi considerato in questa luce, e non testimonia un sostanziale accrescimento del livello tecnologico della produzione. Più significativi invece i miglioramenti di resa ottenuti per il duro che evidenziano una certa evoluzione positiva delle strutture agricole del Mezzogiorno d'Italia, area in cui, com'è noto, la coltivazione di g. duro ha la sua maggiore diffusione.

L'ammontare totale del g. tenero prodotto è passato pertanto da 6,6 milioni di t del 1961 a 6,8 del 1974 (tab. 5), mentre la quantità di g. duro è salita, nello stesso periodo, da 1,6 a 2,8 milioni di tonnellate.

Il migliorato tenore economico della popolazione italiana ha naturalmente, in via prioritaria, influito sui consumi alimentari determinando anzitutto una maggior domanda di g., il cui soddisfacimento ha richiesto una continua lievitazione delle quantità importate. In particolare la maggior domanda ha riguardato il g. duro che ha registrato un'espansione di consumo, nella media degli anni dal 1968-74, del 134% rispetto alla media 1960-67; nel contempo con riferimento agli stessi anni il consumo di g. tenero si è accresciuto soltanto del 12%. Ciò spiega l'andamento del commercio internazionale di g. del nostro paese (v. tab. 6) che per tutto il periodo osservato si è mantenuto su saldi negativi via via sempre più marcati, in specie per il g. duro. Si è perciò mostrata illusoria la tesi, manifestatasi sul finire degli anni Cinquanta, secondo la quale il nostro paese si avviava a essere, addirittura, un esportatore di grano.

Bibl.: Bibliography of wheat, New York 1971; G. Everaert, Le blé dans le monde, Bulletin des Anciens élèves de l'École française de meunerie, maggio-giugno 1966, pp. 157-66; FAO, Production yearbook, Roma, vari anni; id., Trade yearbook, ibid., vari anni; id., The state of food and agricolture, ibid., vari anni; Il frumento nell'economia italiana, in Agricoltura d'Italia, giugno 1965, pp. 49-58; INEA, Annuario dell'agricoltura italiana, Roma, vari anni; ISTAT, Annuario di statistica agraria, ibid., vari anni; L. P. Reitz, World distribution and importance of wheat, in Agronomy, 1967, pp. 1-18.

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