Green economy

Lessico del XXI Secolo (2012)

green economy


<ġrìin ikònëmi> locuz. sost. ingl., usata in it. al femm. – Modello teorico di sviluppo economico che prende in considerazione l’attività produttiva valutandone sia i benefici derivanti dalla crescita, sia l’impatto ambientale provocato dall’attività di trasformazione delle materie prime. In particolare la g. e. è una forma economica in cui gli investimenti pubblici e privati ​​mirano a ridurre le emissioni di carbonio e l'inquinamento, ad aumentare l'efficienza energetica e delle risorse, a evitare la perdita di biodiversità e conservare l’ecosistema. Tali investimenti devono essere supportati dalla spesa pubblica, da riforme politiche e da cambiamenti delle regole miranti a mantenere, migliorare e, se necessario, ricostruire il capitale naturale come un bene economico di importanza critica. Anche la crescita dell’economia, misurata tradizionalmente dall’incremento del prodotto interno lordo (PIL), subisce le conseguenze dei danni ambientali provocati nel corso del processo di produzione (estrazione di materie prime, trasporto, lavorazione, consumo di energia, produzione dei rifiuti, ecc.) e può diminuire per il calo di produttività delle attività economiche che ne consegue. Occorre quindi innescare un meccanismo virtuoso per l’economia basato sul risparmio delle risorse energetiche e naturali. L’ecosistema non è in grado di assorbire tutti gli scarti derivanti dall’impatto antropico ed essendo le risorse limitate l’obiettivo dei sistemi economici non può essere quello della crescita illimitata. Ciò significa avviare un percorso di sostenibilità. Questo non implica un’economia stagnante, ma richiede soltanto di differenziare il concetto di crescita da quello di sviluppo. La crescita è espressa in termini soltanto di quantità, mentre lo sviluppo implica anche l’attribuzione di un valore ai processi qualitativi e non soltanto quantitativi e non richiede un consumo progressivo e illimitato delle risorse. Lo sviluppo sostenibile (v.) si realizza infatti attraverso un ammontare di consumo che continua ma non porta al degrado dello stock di capitale naturale. È opportuno però effettuare misurazioni di tale processo di sviluppo in modo che i policy makers dispongano degli adeguati strumenti di intervento per garantire il passaggio verso la green economy. Devono quindi essere utilizzati indicatori economici (per es. la quota di investimenti o la quota della produzione e dell'occupazione sostenibili, il PIL verde), ambientali (tassi di inquinamento, perdita di biodiversità, ecc.), settoriali (rapporto fra consumo energetico e PIL, rapporto fra consumo di acqua e PIL). Inoltre occorrono indicatori aggregati di progresso e benessere: aggregati macroeconomici che riflettano il deprezzamento del capitale naturale, la contabilità integrata ambientale ed economica, o più ampie interpretazioni di benessere al di là di definizioni ristrette di PIL pro capite. Nel modello della g. e., piuttosto che essere visto come un recettore passivo di rifiuti generati da attività economica o uno dei tanti fattori di produzione sostituibili, l'ambiente è un fattore determinante della produzione economica, di valore, stabilità e prosperità a lungo termine, ed è fonte di crescita e stimolo all'innovazione. L'ambiente è un enabler della crescita economica e del benessere umano. Inoltre, poiché i poveri sono più dipendenti dalle risorse naturali per il loro sostentamento, la g. e., contrastando il degrado ambientale, promuove anche l’equità della crescita. La g. e. determina una trasformazione nelle modalità di produzione economica e favorisce la creazione di nuove tipologie di lavoro (green jobs) in una vasta gamma di settori: l’agricoltura biologica, la produzione di energie rinnovabili, le costruzioni per l'efficienza energetica, la bioarchitettura, il trasporto pubblico ecologico, la bonifica, la riqualificazione e lo sviluppo di siti brown-fields (aree industriali dismesse), il riciclaggio e la trasformazione dei rifiuti e così via. Ma ciò richiede adeguate politiche sociali, ambientali ed economiche, investimenti in nuove competenze, adeguati strumenti di intervento e cambiamenti comportamentali nella società.

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