GREGORIO VIII

Enciclopedia dei Papi (2000)

Gregorio VIII

Tommaso di Carpegna Falconieri

Alberto di Morra, nato a Benevento nel primo decennio del sec. XII, era figlio di un certo "Sartorius", di una importante famiglia di quella città. Come numerosi chierici provenienti da famiglie di rango, egli compì parte della sua formazione in Francia: qui ebbe frequenti contatti con la canonica regolare premostratense di S. Martino di Laon, nella quale è possibile che pronunciasse i voti in un periodo imprecisato della sua vita. Dopo avere studiato diritto canonico a Bologna, acquisì il titolo di "magister", esercitò l'insegnamento e fu autore di alcune glosse al Decretum di Graziano. La fama raggiunta nel magistero giuridico e l'appartenenza all'ambiente canonicale furono gli elementi che favorirono il suo ingresso nella Curia romana. Adriano IV, che era stato anch'egli canonico regolare, nel 1156 lo creò cardinale diacono di S. Adriano; nel periodo ottobre-dicembre 1157 gli affidò l'ufficio di vicecancelliere della Chiesa romana e, nel marzo 1158, lo ordinò cardinale prete di S. Lorenzo in Lucina. Dopo la morte di quel pontefice (1° settembre 1159), Alberto si schierò contro l'antipapa Vittore IV e contro l'Impero, per appoggiare apertamente il neoeletto Alessandro III che sarebbe stato, secondo la tradizione, suo compagno di studi a Bologna.

Raggiunto il cardinalato in età matura, egli trascorse numerosi anni lontano dalla Curia, impegnato in legazioni pressoché continue. Nel 1161-1162 fu in Dalmazia e in Ungheria; nel 1163 fu latore di una offerta di riconciliazione all'imperatore Federico Barbarossa. Nel 1165-1167 si recò nuovamente in Dalmazia, dove fu eletto arcivescovo di Spalato. Tra il 1171 e il 1173 si trattenne in Francia e presiedette, insieme al cardinale Teodino di S. Vitale, la legazione che era stata inviata al re Enrico II d'Inghilterra dopo l'assassinio di Tommaso arcivescovo di Canterbury. Negli incontri con il re, avvenuti a Caen e ad Avranches in Normandia (maggio 1172), egli riuscì a conseguire il riavvicinamento tra il sovrano inglese e la Curia romana: Enrico II fu assolto dall'interdetto personale che lo colpiva e fu stabilito un concordato tra la Corona e il papato. Il cardinale fu inviato come legato in tre altre occasioni in Italia settentrionale (1177, 1179, 1180), mentre gli è attribuita anche una legazione nella penisola iberica, della quale non si possiedono attestazioni sicure. Questo viaggio, tuttavia, spiegherebbe la devozione del cardinale nei confronti dell'Ordine militare di S. Giacomo della Spada, che egli avrebbe favorito anche durante il suo breve pontificato. In ogni caso, è certamente da ascriversi a lui la composizione della Regola di quell'Ordine, sorto solo pochi anni prima al fine di combattere gli infedeli e di proteggere coloro che si recavano in pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Nel 1175 Alberto provvide l'Ordine di una efficace struttura organizzativa e di saldi principi normativi, collegandolo altresì con il mondo canonicale.

L'abilità diplomatica di Alberto era dovuta, oltre che alla vasta cultura giuridica, ad una sorprendente capacità dialettica, riconosciutagli anche dagli autori coevi. Per queste ragioni Alessandro III, il 22 febbraio 1178, volle affidargli la direzione della Cancelleria della Chiesa romana, collocandolo in tal modo al vertice della gerarchia e conferendogli l'incarico più prestigioso della Curia, lungamente esercitato dal pontefice medesimo. Il cardinale, che pure era ormai decisamente anziano, affrontò l'impegno con determinazione, tanto che oggi si ritiene che gli atti della Cancelleria apostolica abbiano raggiunto in quegli anni un grado insuperato di perfezione formale. Alberto, che rimase cancelliere anche dopo l'assunzione al papato, fu autore di un trattato, la Forma dictandi, nel quale stabilì il "cursus" - ovvero le regole metriche cui dovevano sottostare le sillabe conclusive di ogni frase - che da lui prese il nome di "stylus gregorianus". Benché il testo che è stato tramandato non sia ascrivibile direttamente a G., esso deriva certamente dalla sua opera, che va considerata come la più antica codificazione della "ars dictandi" nei documenti pontifici.

Negli anni conclusivi della sua vita, Alberto confermò la sua fedeltà all'ideale canonicale e alla Regola di s. Agostino fondando una congregazione di Canonici Regolari che ebbe sede nelle chiese di S. Andrea in Platea e della Ss. Trinità di Palazzolo della nativa Benevento. Questa austera congregazione fu provvista di una normativa rispettosa dell'"ordo antiquus", che nulla concedeva alle novità introdotte dai Canonici Premostratensi e si rifaceva piuttosto all'esempio dell'antica canonica di S. Rufo di Avignone, della quale era stato abate Adriano IV. Confermata da Urbano III nel 1187, la congregazione non conobbe, tuttavia, uno sviluppo consistente.

La morte di Urbano III, avvenuta a Ferrara il 20 ottobre 1187, lasciava il papato in una condizione di estrema debolezza. Il pontefice, infatti, era morto durante la sua fuga verso Venezia, seguita ad un inasprimento del conflitto con l'imperatore. La caduta di Gerusalemme nelle mani di Saladino, avvenuta il 2 ottobre 1187, ma la cui notizia giungeva solamente in quei giorni, aveva gettato la cristianità nello sconcerto. La scelta del pontefice cadde su Alberto di Morra, eletto il 21 ottobre in seguito a una serie di circostanze fortuite (malattia del cardinale Paolo Scolari, rinuncia del cardinale Enrico di Albano) anche per volontà dei cittadini di Ferrara, che ne apprezzavano l'integrità morale. Con l'assunzione del nome Gregorio, il nuovo papa si dichiarò volontariamente e manifestamente il successore diretto del grande Gregorio VII. E quello di G. fu un pontificato "che nel suo brevissimo spazio segna tuttavia uno dei punti più alti dell'idea di Riforma della Chiesa nel secolo XII" (M. Maccarrone, Romana ecclesia-Cathedra Petri, p. 809). La sua volontà di azione, rimasta in gran parte inattuata, ma espressa con efficacia fin dai primi giorni di pontificato, seguì quattro direzioni fondamentali: pace con l'Impero, riforma della Chiesa, riforma della Curia, appello alla crociata. G. mostrò subito l'intenzione di conseguire la pace con l'Impero, inviando proposte di riconciliazione a Federico Barbarossa e a Enrico (VI) e dichiarandosi disposto a risolvere la grave questione della doppia elezione dell'arcivescovo di Treviri che, scoppiata nel 1183, era stata motivo di forte attrito tra l'imperatore e i suoi due immediati predecessori. Gli Annales Romani, opera di parte imperiale, affermano inoltre che il papa intendeva cedere molti diritti all'Impero, poiché era convinto che il papato fosse investito di una missione esclusivamente spirituale. Per questa ragione, narrano i medesimi Annales, il Barbarossa avrebbe inviato al papa Leone "de Monumento", il potente nobile romano che, pur capeggiando la fazione imperiale, era noto per la sua abilità di mediazione con la Curia. La durata troppo breve del pontificato non consentì di ottenere alcun risultato, ma la presenza di Leone sul luogo della morte di G. condizionò l'elezione del successore Clemente III e introdusse i presupposti per stipulare una pace durevole tra quel pontefice e la città di Roma.

Anche se non è verificabile l'attribuzione a G. di una concezione esclusivamente spirituale del papato, è tuttavia certo che egli considerasse la riforma generale della Chiesa come una necessità assoluta. Rigoroso al pari dei suoi predecessori Lucio III e Urbano III, fervente sostenitore dell'esperienza canonicale e di quanto stabilito dal III concilio Lateranense in materia di disciplina ecclesiastica, G., viaggiando per l'Emilia e la Toscana, fu prodigo di concessioni e di privilegi ai grandi enti ecclesiastici di quelle terre, tenne un concilio il 29 novembre e si sforzò di imporre in più occasioni severe regole di comportamento al clero e ai laici. Significativo, poi, fu il suo tentativo di diffondere la vita comune presso il clero secolare delle diocesi di Lombardia (Regesta Pontificum Romanorum, nr. 16074).

L'ideale di riforma e la lunga esperienza di governo suggerirono al pontefice nuove vie da percorrere nell'ambito dell'amministrazione curiale. Egli, contrariamente ai papi precedenti e a quelli successivi, mostrò la volontà di alleggerire la burocrazia, tentando di limitare il ricorso in appello al papa, affinché la Curia fosse maggiormente libera di esercitare la sua missione spirituale e i vescovi non si vedessero esautorati nelle loro prerogative. Tuttavia egli portò avanti anche una politica di accentramento: essendo cosciente del grande rilievo assunto dall'ufficio di cancelliere, evitò di conferire quella carica a un cardinale, ritenendola per sé. Questa prassi di governo, iniziata sotto Alessandro III, ma canonizzata da G., si mantenne fino al 1205. Uomo di elevata cultura nel campo del diritto, compartecipe della grande stagione dei papi giuristi, G. emanò numerose decretali che, poco tempo dopo la sua morte, sarebbero state raccolte nella Compilatio prima, e fu tra i primi pontefici a servirsi delle costituzioni generali per promulgare decisioni in materia legislativa. Tuttavia, il tema dominante del breve pontificato di G. fu l'appello alla crociata, e numerose sono le epistole che invitavano in modo pressante la cristianità a recuperare subito Gerusalemme. Nel suo viaggio di avvicinamento verso Roma, G. raggiunse Pisa il 10 dicembre e, proprio in vista dell'allestimento di una flotta cristiana, compose la pace tra quella città e Genova. Ma, ammalatosi improvvisamente, vi morì il 17 dicembre 1187, dopo soli cinquantasette giorni di pontificato, e fu sepolto nella cattedrale.

fonti e bibliografia

Epistolae, in P.L., CCII, coll. 1537-64.

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Gregorii VIII Epistolae de pace inter ecclesiam et imperium restauranda, in M.G.H., Leges, Legum sectio IV: Constitutiones et acta publica imperatorum, I, a cura di L. Weiland, 1893, pp. 585-87.

Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1955², pp. 349 (Annales Romani), 425-26, 451.

E. Valois, Étude sur le rythme des bulles pontificales, "Bibliothèque de l'École des Chartes", 42, 1881, pp. 161-98.

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S. Kuttner, Repertorium der Kanonistik (1140-1234), Città del Vaticano 1937, ad indicem.

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C.D. Fonseca, La professione canonicale del cardinale Alberto de Morra, "Rivista di Storia della Chiesa in Italia", 16, 1962, pp. 136-37.

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M. Maccarrone, I Papi del secolo XII e la vita comune e regolare del clero, in La vita comune del clero nei secoli XI e XII, Milano 1962, pp. 349-98 (ripubblicato in Id., Romana ecclesia-Cathedra Petri, a cura di R. Volpini-A. Galuzzi-P. Zerbi, I-II, Roma 1991, pp. 804, 809-12).

E. Sastre Santos, Alberto de Morra, "cardinal protector" de la Orden de Santiago, "Hidalguía", 31, 1983, pp. 369-92 (con appendice bibliografica).

A. Paravicini Bagliani, Il trono di Pietro. L'universalità del Papato da Alessandro III a Bonifacio VIII, Roma 1996, pp. 116-17, 219, 236.

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