GRIMALDI

Enciclopedia Italiana (1933)

GRIMALDI

Vito Antonio Vitale

. Una delle quattro maggiori famiglie genovesi che tardi genealogisti vollero far originaria dalla Provenza, mentre altri la fanno derivare da Vezzano nella Riviera di Levante. In realtà le più antiche notizie sicure risalgono a un Grimaldo che compare la prima volta in un documento del 2 ottobre 1158 e fu spesso console e ambasciatore a Federico I e all'emiro del Marocco. Suo figlio Oberto fondò col suocero Oberto Spinola la chiesa di S. Luca e dai quattro figli di lui, Grimaldo, Ingo, Oberto, Nicola derivarono i molteplici rami della casa, della quale nel 1333 si contavano 110 personaggi viventi. Arricchiti col commercio e la navigazione, acquistarono importanza prevalente nel sec. XIII per opera dei figli di Ingo, Luca, podestà di Milano nel 1242, e Lanfranco e Bovarello rappresentanti la parte più accesa della fazione guelfa e nobiliare che capitanarono, coi Fieschi, prima nella lotta contro Federico II, poi contro il capitano del popolo Guglielmo Boccanegra, eletto anche per reazione al loro predominio: e abbattendolo rafforzarono la propria autorità. Contrastati violentemente dai ghibellini, riuscirono a stringere sempre più i rapporti di Genova con Carlo d'Angiò; Bovarello G. e Tedisio Fieschi stipularono il 21 luglio 1262 con lui, ancora signore di Provenza, un trattato di reciproca amichevole neutralità, e nel patto del 12 agosto 1269 con l'Angioino divenuto re di Napoli, che rappresenta per Genova l'accettazione di un vero protettorato, la prima firma è di Luca Grimaldi. Questa condizione umiliante provocò la reazione ghibellina coi capitani del popolo Oberto Doria e Oberto Spinola (1270) e ne fu causa occasionale la nomina a podestà di Ventimiglia ottenuta con la violenza da Luchetto, lo stesso che nel 1267 aveva compiuto un'infelice spedizione ad Acri. I G. e i Fieschi spodestati si accordarono allora con Carlo d'Angiò per ridurre il comune sotto la sua signoria. Ne venne una guerra nella quale Gabriele, figlio di Luca e padre di numerosa discendenza, fu a capo delle galee angioine e le condusse contro Genova. Più volte amnistiati e nuovamente banditi, rimasero tenacemente avversi ai capitani del popolo ghibellini per tutto il tempo del loro dominio. Cacciati nuovamente in esilio nel 1295, si annidarono a Monaco, di cui Franceschino, detto Malizia, appartenente al ramo primogenito dei discendenti di Oberto, si impadronì nel gennaio 1297; e ne fecero il centro delle incursioni e delle lotte contro i ghibellini al governo, tentando persino nel 1299 un colpo di mano con improvviso assalto dal mare. Nella pace stipulata dal comune con Carlo II d'Angiò nel 1302 era compresa la restituzione di Monaco, che il re diede in possesso a Ughetto Spinola, e il richiamo dei G. in città ove avrebbero riavuto case e possessi. Particolarmente notevole in questo periodo Ranieri G. (1267-1314) capo di un'armata contro Genova nel 1282, governatore di Ventimiglia, che, al servizio del re di Francia, vinse nel 1304 a Zierikzee alle foci della Schelda la flotta del conte di Fiandra alleato del re d'Inghilterra. Passato al servizio di Roberto di Napoli, ne capitanò l'esercito contro Arrigo VII nel 1312. Sempre in prima linea nelle torbide agitazioni del principio del sec. XIV, i G. ebbero parte notevole nella cacciata di Opizzino Spinola nel 1310 e nella rinnovata guerra tra guelfi e ghibellini dopo il breve dominio di Arrigo VII di Lussemburgo, finché nel 1317 s'impadronirono del potere con due capitani del popolo guelfi, Carlo Fieschi e Gaspare figlio di Gabriele. Incapaci di difendersi contro le forze ghibelline venute in aiuto dei Doria e degli Spinola, i capitani cedettero il potere a Roberto di Napoli e durante la signoria angioina i Grimaldi esercitarono incontrastato predominio in città, mentre investiti di feudi e possessi nel regno di Napoli davano origine anche ai rami della famiglia che finirono col trapiantarvisi.

La dipendenza di Genova dall'Angioino nemico dell'imperatore di Costantinopoli danneggiava le colonie orientali che si ribellarono. Carlo intraprese una spedizione per sottometterle; ma, fatto prigioniero, fu mandato a morte (1324). Maggiore importanza e fortuna ebbe un altro Carlo, detto il Grande, che, come il padre Ranieri, fu più volte a servizio della Francia ed ebbe vita molto agitata e rapporti complessi con la Repubblica Ligure. Signore di Ventimiglia dal 1329 al '35, dopo la rivoluzione del 1339 che portò al dogato, nel 1341 acquistò Monaco comperandola dagli Spinola, ma gli fu ritolta nel 46. Tornato allora in Francia, fu ferito alla battaglia di Crécy e dopo molteplici vicende morì nel 1357, due mesi prima che Monaco, di cui si era impadronito, tornasse in possesso della Repubblica. Al servizio della Francia rimase anche il figlio Ranieri, signore di Mentone, siniscalco di Provenza e poi capitano nel regno di Napoli per Luigi d'Angiò. Esclusi dalle cariche supreme come gli altri nobili maggiori dalla rivoluzione del 1339, i G. ebbero rapporti varî con la Repubblica e, specialmente nei rami rimasti in città, comandi militari e uffici diplomatici. Un periodo di accordo ci fu durante la guerra coi Catalani, nella quale il cugino di Carlo, Antonio figlio di Gaspare e capostipite del ramo di Antibo, respinse dapprima vittoriosamente i Catalani che avevano minacciato Monaco e Mentone, ma fu poi sconfitto dai Veneto-Catalani ad Alghero (La Lojera) nel 1353 e morì nel regno, ucciso da Artale di Aragona ammiraglio di Sicilia. Nel 1354 Visconte, alla testa di dieci galee, reduce da una spedizione sulle coste di Catalogna, rinforzando nell'Adriatico la flotta di Pagano Doria, contribuì alla vittoria dell'isola della Sapienza. Approfittando delle discordie interne genovesi, nel 1395 Giovanni e Luigi del ramo di Beuil occuparono Monaco, che fu poi ritolta loro da J. de Boucicault. Nel 1419 i figli di Ranieri la riebbero, e da allora rimase nella famiglia (v. grimaldi di monaco).

Gli altri rami della numerosa famiglia rimasti a Genova e con possessi nelle altre terre della Riviera di Ponente, parteciparono alla vita cittadina. Luciano, figlio di Percivalle, e risalente come i più degli altri alla discendenza di Gabriele, molte volte ambasciatore ai diversi stati d'Italia nella prima metà del sec. XV, fu specialmente benemerito per opere benefiche; Boruello, figlio di Dorino e cugino di Luciano, ebbe parte notevole nel passaggio di Genova alla Francia nel 1458, occupò Savona per Giovanni d'Angiò ed ebbe anche sotto i dogi locali e sotto il dominio sforzesco una serie di missioni diplomatiche sino al 1477; Giambattista, spesso ambasciatore anche lui tra il 1471 e il 1510, occupò Sarzana nel 1484; suo figlio Ansaldo (1471-1539), saldo sostenitore di Giano II Fregoso, che aiutò a farsi doge nel 1512, e incaricato di missioni diplomatiche, è noto specialmente per cospicue donazioni e lasciti a opere pie e religiose che gli valsero il soprannome di "grande benefattore".

L'Albergo Grimaldi, costituito fino dal 1448 con l'aggregazione delle famiglie Cebà, Bracelli, Rosso, De Castro, tutte estinte, nella riforma costituzionale del 1528 fu riconosciuto con funzione politica. Da allora i Grimaldi apparvero tra i maggiori rappresentanti di quella splendida aristocrazia che gareggiava in magnifiche costruzioni. Niccolò principe di Salerno, duca di Eboli, marchese di Diano e di altre terre, detto per le sue ricchezze fastose il Monarca, implicato nelle contese tra nobili vecchi e nuovi tra il 1572 e il 1576, faceva costruire da Rocco Lurago la principesca dimora, poi passata ai duchi di Tursi, ora sede del Municipio. Nell'età dei dogi biennali i Grimaldi ebbero numerosi senatori e magistrati e sei dogi, anche a non tener conto di altri appartenenti a famiglie ascritte al loro albergo: Alessandro di Pierfrancesco (1621-1683) che vide durante il suo governo (1671-73) la congiura di Raffaele della Torre e la guerra col duca di Savoia; Antonio di Niccolò (16401717) doge dal 1703 al 1705; Luca di Nicola (1675-1750) doge dal 1728 al '30 al principio della grande guerra in Corsica; Giambattista (1678-1757) celebre per la parte avuta nell'insurrezione del 1746 e doge dal 1752 al 1754; Gian Giacomo (1705-77) doge dal 1756 al 1758, noto per aver avuto il comando delle forze contro gli Austriaci nel 1746 e per infelici imprese in Corsica; Pier Francesco (1715-81) doge dal 1773 al 1775. Alcuni della famiglia servirono varî principi d'Europa: ricordiamo il duca Gerolamo, grande di Spagna (1710-1789), ambasciatore presso varie potenze, che, primo ministro di Carlo III, stipulò nel 1761 il celebre Patto di famiglia.

Importanza notevole ebbe negli ultimi momenti della repubblica aristocratica Francesco G., inquisitore di stato: particolarmente avversato dai democratici e dai rappresentanti della Francia. La famiglia, che si estinse nel 1824 col marchese Giuseppe, marito della naturalista Clelia Durazzo, ebbe molti insigni prelati e alcuni cardinali; Gerolamo nominato da Clemente VII nel 1527, morto nel 1543; Domenico, legato papale a Lepanto, morto nel 1592; Gerolamo (1597-1685) eletto nel 1621, governatore di Roma (1628), ambasciatore a Luigi XIII, autore di una vita, in francese, di Enrico IV; Nicola (1645-1717) e suo nipote, anch'esso Gerolamo (1674-1733).

Bibl.: Oltre alle storie di Genova, A. Giscardi, Origine e fatti delle nobili famiglie genovesi, ms. Bibl. Berio; N. Battilana, Genealogia delle famiglie nobili di Genova, Genova 1826, voll. 2; G. Saige, Monaco, ses origines et son histoire, Parigi 1897; Théophile de Cavallerone, Généalogie Gênoise, Parigi 1918. - Sui G. di Ventimiglia, Miscellanea di storia ital., s. 3ª, V (1899); su quelli di Boglio, Toselli, Biog. niçoise anc. et mod., Nizza 1860-61, voll. 2.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata