BECHI, Guglielmo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 7 (1970)

BECHI, Guglielmo

Arnaldo Venditti

Nacque a Firenze nel 1791. Compiuti nel 1805 i suoi studi, divenne, nel 1815, ufficiale dello Stato maggiore napoletano (Giucci). Stabilitosi definitivamente a Napoli, fu nominato, su invito di A. Niccolini, segretario del R. Istituto (oggi Accademia) di belle arti, costituito con decreto del. 22 marzo 1822.In occasione dell'inaugurazione, il B. pronunciò un retorico e prolisso Discorso, dato alle stampe nello stesso anno. Nell'Istituto egli tenne anche l'insegnamento di cultura. storico-artistica (Lorenzetti) e a tale sua attività vanno riferiti i numerosi scritti: in particolare egli collaborò, dal 1824al '43, al la pubblicazione sistematica delle opere conservate nel museo borbonico. Infatti numerose incisioni (riproduzioni di dipinti dei più importanti pittori, da S. Rosa a Raffaello, da Schedoni a Tiziano, a Bruegel, ecc.) che illustrano i volumi del Real Museo Borbonico sono accompagnate dal dotto commento storico-critico del Bechi. Ma più ampio interesse conserva il saggio Del retto uso degli ordini di architettura e dell'abuso che si fa da alcuni moderni dell'ordine dorico (Napoli 1826), che dimostra ancora piena adesione alle idee dei Milizia.

Vi si rinnova agli architetti l'esortazione ad imitare "le opere dei felici secoli" (cioè dell'antichità classica) per evitare "abusi e scorrettezze" e si critica, d'altro canto, il "dorismo", che, nella nuova scala determinata dai programmi edilizi ottocenteschi, tradiva il principio della "euritmia". Pur nel persistere della critica formalistica, che considera le forme esteriori e non lo spazio intemo, appare chiara, già in questo scritto, la piena coscienza dei maestri del tempo della dignità insita nella tradizione classicistica.L'amore per l'antico ed il particolare clima dell'epoca ponevano anche l'archeologia tra gli interessi del Bechi. Intorno al '20egli scrisse una memoria Del calcidico e della crypta di Eumachia, illustrando edifici messi in luce a Pompei, e, più tardi, un Sommario degli scavamenti di Pompei (1851); a partire dal 1842egli iniziò, nel suo stesso. podere presso la Gajola (Marechiaro), gli scavi della presunta villa di Asinio Pollione: qui scoprì un complesso di ruderi "che si credono essere stati un Teatro, un Odeo, un Ninfeo, e parecchie vaste peschiere e tempietti" (Chiarini), descritti da Francesco Alvino con i disegni di Achille Gigante.

Il notevole impegno del B. nello svolgimento di un'ampia attività culturale non gli impedì di compiere esperienze architettoniche che ne rivelarono il versatile ingegno. La prima, il palazzo per il duca di S. Teodoro, del 1826, è forse la sua opera di maggiore interesse, poiché in essa il B., imponendo a tutta l'articolaiione dell'edificio il gusto pompeiano, aderiva all'esempio già fornito dal Niccolini in villa Lucia, nel parco della Floridiana, dal quale derivarono molte altre case patrizie del primo Ottocento napoletano. Il successo ottenuto con quest'opera che il Catalani definì nel 1845 "il più elegante fra i palazzi situati lungo la Riviera di Chiaja" - indusse Ferdinando Acton, venuto in contrasto con l'architetto Pietro Valente, a chiamare il B. per il compimento della sua villa (oggi Museo Aragona Pignatelli Cortes) nella medesima strada.

Se l'opera è da attribuirsi al Valente per la quasi totalità, va pur detto che il B. "fece la scala, coprì il portico di marmo, ideò tutti gli ornamenti delle stanze, disegnò il giardino" (Catalani); ma, mentre lo splendido prato inglese, ricco di araucarie, palme ed altre piante ornamentali ancora sussiste, tra le poche zone verdi superstiti della città, le decorazioni interne del B. sono andate poi perdute nei vari rimaneggiamenti della villa.

Il gusto raffinato del B.., arredatore e decoratore di notevole talento, è invece ancora riconoscibile all'intemo del palazzo Ruffa della Scaletta, anch'esso alla Riviera, dove la sua opera (dal marzo 1832 all'aprile '35) seguì il rifacimento già intiziato dal col. del Genio F. S. Ferrari.

Nella successione di spazi dall'androne al giardino e nella pregevole scala ottagonale a doppia rampa, coperta a padiglione, il B. dimostrò la rara capacità di infondere nuova vita alla plastica tratta dai rilievi e dagli stucchi dei monumenti antichi.

Chiamato a decorare gli interni del casino del principe Doria d'Angri (oggi istituto S. Dorotea) a Posillipo, costruito da B. Grasso nel 1833, il B. vi svolse decorazioni pompeiane, animando la sala centrale, aperta verso il mare attraverso laloggia palladiana, mediante specchi, consoles, candelabri, stucchi e maioliche. Ancora, per il principe russo di Lieven, egli costruì a Quisisana uno chalet "tutto su i modi settentrionali di legni e muratura" (Sasso), dopo averne studiato i migliori modelli tedeschi.

Non abbiamo notizie precise dei lavori che il B. avrebbe fatto, a detta del Sasso, "per altri signori stranieri, presso cui era in molta stima, avendone parecchi egli conosciuti nei viaggi che più fiate intraprese nell'estere contrade"; ma le numerose cariche ch'egli ricoprì (oltre a queue, ricordate, di segretario e socio onorario del R. Istituto di belle arti, fu socio corrispondente dell'Accademia Ercolanese di archeologia, socio dell'Accademia di scienze e, belle lettere di Palermo, membro della Società di storia ed archeologia di Odessa, membro del Reale Istituto degli architetti britannici) concorrono a far ritenere che il B. raggiunse un certo successo, e non soltanto nell'ambiente napoletano.

Si spense a Napoli il 26 giugno 1852.

La figura del B., finora del tutto trascurata dagli studiosi, deve considerarsi, lungi da ingiustificate esaltazioni, come quella di. un architetto colto che svolse a Napoli, per oltre un trentemúo, un'insostituibile opera di educazione e d'insegnamento dalla quale ebbe origine un'edilizia corale che, pur nei. limiti della concezione accademica e nell'assenza d'invenzioni poetiche, mostrava un innegabile carattere di dignitosa compostezza. Egli stesso, nelle opere affidategli, accogliendo il linguaggio allora di moda, cioè gli ordini classici, dirnostrò, coerentemente con quanto aveva scritto, di "saper questi ordini accomodare agli usi, bisogni e alle qualità dei moderni edifizi".

Scritti del B.: Discorso detto alla solenne apertura del R. Istituto di Belle Arti in luglio 1822, Napoli 1822; Del calcidico e della crypta di Eumachia scavati nel Foro di Pompejal'anno 1820, ibid. s. d.; Pinacoteca di S. E. il sig. Principe di Cutò, Palermo 1822. Vedi anche i commenti ai dipinti dei Museo di Napoli in Real Museo Borbonico, I (1824), tavv. XV s., XXVIII, XLI s., XLIII s.; II (1825), tavv. I-III, XVII, XXXIII s.; III (1827), tavv. I-III, XXXIII s., XLIX; IV (1827), tavv. I, XVI, XXXI, XLVI; V (1829), tavv. I, XVI, XXXI, XLVI; VI (1830), tavv. I, XVII; VII (1831), tav. XVII; VIII (1832), tav. XLVI; IX (1833), tavv. I, XVI, XLVI; X (1834), tavv. I, XVII, XXXIII; XI (1835), tav. XIV; XIII (1843), tav. XLIX, e La cappella del Pontano, XIV (1852), tav. XXVII; Funerali di S. M. Ferdinando I re del Regno delle Due Sicilie, Napoli 1825; Del retto uso degli ordini di architettura e dell'abuso che si fa da alcuni moderni dell'ordine dorico, ibid. 1826; Sul ritratto di Leone X, ibid. 1842; Lettera al cav. Michele Santangelo sul ritratto di Leone X, ibid. 1842; Sommario degli scavamenti di Pompei eseguiti nel corso del mese di agosto 1851, in R. Accad. Ercolanese di archeol., VII (1851), append., p. 39.

Bibl.: F. Alvino, Il Regno di Napoli e Sicilia descritto: la collina di Posillipo, Napoli 1845, pp. 101-107, tavv. 29-32; L. Catalani, I palazzi di Napoli, Napoli 1845, pp. 475.; G. Giucci, Degli scienziati ital. formanti parte del VII Congr. in Napoli, Napoli 1845, p. 320; G. Quattromani, Napoli dal 1763 al 1852, in La Sirena, Napoli 1853, VII, p. 37; C. N. Sasso, Storia dei monumenti di Napoli e degli architetti che li edificavano, Napoli 1858, II, pp. 237-244; P. Calà Ulloa, Pensées et souvenirs sur la littér. contemp. du royaume des Deux Siciles, Genève 1859, II, p. 241; C. Celano, Notizie del bello, dell'antico e del curioso della città di Napoli, con aggiunte di G. B. Chiarini, Napoli 1860, V, pp. 557, 563 s., 654; F. Colonna di Stigliano, I palazzi della Riviera, in Napoli nobilissima, VIII(1899), pp. 35, 130; G. Ceci, Bibliogr. per la storia delle arti figurat. nell'Italia merid., Napoli 1937, pp. 116-121, 279, 406, 418, 427, 585, 595, 654; E. Gione, Napoli romantica (1830-1848), Milano 1942, p. 442; C. Lorenzetti, L'Accad. di Belle Arti di Napoli (1752-1952), Firenze 1952, pp. 77, 81; B. Molaioli, Il museo principe Diego Aragona Pignatelli Cortes, Napoli 1960, pp. 13, 31; A. Venditti, Archit. neoclassica a Napoli, Napoli 1961, v. Indice; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, III, p. 134.

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