CAPITELLI, Guglielmo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 18 (1975)

CAPITELLI, Guglielmo

Francesco Barbagallo

Nacque a Napoli il 6 nov. 1840 da Domenico, presidente del Parlamento napoletano nel 1848, e da Rosa Lopiccoli. Studiò sotto la guida di Raffaele Masi e si laureò nel 1860 in lettere e filosofia e in giurisprudenza nell'università di Napoli. Nel 1859 entrò nel liberale Comitato dell'ordine e prese a collaborare alla Nazione di Firenze e al Risorgimento di Torino. Nel 1860 fece parte del Comitato d'insurrezione presieduto dal marchese D'Afflitto; all'arrivo di Garibaldi in Napoli si arruolò alla guardia nazionale. Nel 1862, durante un lungo viaggio in Europa con lo zio materno Giacomo Lacaita, si recò a Londra dove fu presentato ai maggiori uomini politici, dal Gladstone al Disraeli. Tornato a Napoli iniziò un'intensa attività pubblica, come membro della Commissione per il censimento e della Società per gli asili infantili; fu quindi eletto aggiunto della Sezione avvocata. Collaborò - con Camillo Caracciolo, Floriano del Zio, Federico Quercia, Giovanni Manna - al periodico Diorama, diretto da Antonio Capecelatro, e scrisse con assiduità sul Piccolo di Rocco De Zerbi, sulla Nuova Patria di Raffaele De Cesare e sull'Unità nazionale di Ruggero Bonghi. Nel 1865 viene eletto consigliere comunale di Napoli con 1866 voti, ed è incaricato dal sindaco Nolli di preparare il regolamento interno del Consiglio. Il 24 ott. 1866 sposa Maria Maddalena Lazzari de' Papini. Il 26 novembre viene eletto assessore e diviene presto l'oratore ufficiale della maggioranza di Destra contro la Sinistra di Nicotera e San Donato. Dopo il favorevole esito delle elezioni amministrative generali del 1º marzo, è nominato sindaco di Napoli il 25 apr. 1868.

L'amministrazione Capitelli - di cui la R. Commissione d'inchiesta per Napoli nominata nel 1900 diede un giudizio complessivamente positivo - si caratterizzò per l'attuazione di un vasto programma di opere pubbliche. In questo ebbe il pieno appoggio del prefetto marchese di Rudinì, giunto a Napoli il 2 marzo 1868, che favorì la conclusione di un prestito al comune di sedici milioni ed ottenne dal governo una riduzione sugli arretrati del canone daziario dovuti dal comune e una dilazione dei pagamenti. Furono così completati i lavori di apertura o di ampliamento di alcune principali arterie napoletane da via Duomo al Museo nazionale, dalla Marina alla riviera di Chiaia, al corso Vittorio Emanuele; fu approvato il progetto di Antonio Dohrn per la costruzione dell'Acquario, in preparazione dell'Esposizione internazionale marittima del 1871. Nel dicembre 1868 il Consiglio deliberò la sistemazione della contrada denominata Fosse del grano, tra port'Alba e il Museo nazionale; e decise quindi l'inalveamento della "lava dei Vergini": le acque che scendevano dalle colline di Antignano e Capodimonte sino a formare un grosso torrente in via Foria furono fatte confluire in un canale collettore scaricante le acque nell'alveo della Arenaccia, alle spalle dell'albergo dei poveri. L'amministrazione Capitelli incrementò anche l'istruzione popolare e secondaria attraverso l'apertura di nuovi asili infantili, scuole elementari, scuole tecniche municipali; trattò anche, con la mediazione del prefetto di Rudinì, la cessione al municipio del Castelnuovo da parte dell'amministrazione militare.

Le elezioni parziali del 31 luglio 1869 per il rinnovo di un quinto dei consiglieri comunali rafforzarono notevolmente l'opposizione di sinistra, e il prefetto attribuì la sconfitta del partito moderato al generale malcontento suscitato nel paese dall'aumento delle imposte. I costosi festeggiamenti decretati dal C. nel novembre 1869 in occasione della nascita del principe di Napoli, il futuro Vittorio Emanuele III, sollevarono numerose ed acute critiche di prodigalità al C., che frattanto aveva ricevuto il titolo di conte quale padrino del neonato principe. Di fronte al progressivo indebolimento politico delle posizioni della Destra nel Consiglio comunale di Napoli, il nuovo prefetto D'Afflitto - succeduto il 1º nov. 1869 al di Rudinì nominato ministro dell'Interno cercò di rafforzare il partito moderato favorendo, con scarso successo, accordi con gruppi di cattolici conservatori e di autonomisti. Ma il sostegno prefettizio alla parte filogovernativa non bastò a superare il crescente malcontento per la politica fiscale del governo e per la denunciata prodigalità dell'amministrazione, che nelle elezioni del 31 luglio 1870 per il rinnovo del quinto dei consiglieri fu messa in minoranza dalla vittoria della Sinistra, accordatasi con i clericali e gli autonomisti. Privo ormai di una maggioranza il C., benché confermato sindaco per il triennio 1870-1872, rassegnò subito le dimissioni. Questa decisione non fu condivisa dal presidente del Consiglio e ministro dell'Interno Lanza che inviò, da Firenze il 7 agosto, una lettera "riservatissima" al prefetto D'Afflitto per far recedere il C. dalle dimissioni, invito che a sua volta il prefetto rivolgeva al Capitelli. Ma nonostante queste ripetute pressioni - sintomatiche di quali rapporti intercorressero tra il potere politico, l'autorità prefettizia e i rappresentanti delle amministrazioni locali anche durante i governi della Destra storica - il C. mantenne le dimissioni perché, come egli stesso dichiarava, non riteneva opportuno "rimanere in un Uffizio, che non potrei più esercitare con piena libertà di convincimenti".

Accettate le dimissioni del C. con r. decreto del 15 sett. 1870, la nuova Giunta interamente di sinistra, deliberò subito, su proposta del Nicotera, di nominare una Commissione d'indagine sulle condizioni amministrative e finanziarie del comune.

La Commissione - presieduta dall'assessore Marciano e formata da Nicotera, Abignente, Englen e Brescia Morra - presentò, nel febbraio 1871, una relazione in cui si accusava la passata amministrazione per i criteri ispiratori dei bilanci preventivi, la destinazione di parte del danaro del prestito pubblico, la prodigalità in alcune spese. E il 21 febbraio il prefetto D'Afflitto inviava al C. una lettera di solidarietà, che tradiva apertamente l'insofferenza per la nuova giunta comunale.

Il C. difese quindi l'operato della sua amministrazione sia in Consiglio sia in un volume pubblicato nell'agosto 1871 ed intitolato Risposte alla relazione della Giunta municipale di Napoli sulla passata Amministrazione. Partecipò ancora attivamente alle sedute del Consiglio comunale, intervenendo criticamente nelle discussioni dei bilanci, fin quando il Consiglio non fu sciolto nel giugno 1872.

Presidente della Associazione unitaria che raccoglieva i moderati napoletani, il C. fu eletto nell'agosto 1872 consigliere provinciale di Napoli per il mandamento di Pozzuoli. Nel dicembre 1872 si presentava candidato alle elezioni politiche nel collegio di Manfredonia, ma il prefetto di Foggia, Solinas, gli comunicava immediatamente di non poter appoggiare la sua candidatura, perché già impegnato nel sostegno di un altro candidato moderato. Questa posizione del prefetto venne accettata dal ministero dell'Interno, interessato innanzitutto alla vittoria del candidato "governativo", e sensibile quindi alle ragioni elettorali dell'autorità periferica. Cadevano quindi nel vuoto i ripetuti interventi a favore del C. operati dal Pisanelli e da Raffaele De Cesare, cosicché il mancato sostegno del governo e della prefettura destinò all'insuccesso questa prima candidatura politica del Capitelli.

La formazione del ministero Minghetti inaugura la lunga, tormentata attività prefettizia del C. che, esempio tipico di prefetto politico, viene destinato il 1º nov. 1873 a Bologna, città natale del nuovo presidente del Consiglio. La scelta si dimostra particolarmente felice nelle elezioni politiche del 1874, quando la provincia di Bologna elegge sette candidati governativi su otto e assicura l'elezione in ballottaggio al Minghetti, candidato in città, che, per l'insuccesso del 1870, era stato insultato dall'opposizione quale "reietto di Bologna".

Il trionfo elettorale della Destra nel Bolognese, proclamata per questo provincia modello dal primo ministro, era stato preparato dal prefetto C. mediante la costituzione in città del Comitato Codronchi, poi Malvezzi, e un intenso rapporto con i sindaci, i segretari comunali, i medici, i maestri, i pretori, i dispensieri di sale e tabacchi di ogni centro della provincia. Per queste elezioni il C. riceveva le congratulazioni anche da Antonio Labriola, allora schierato sulle posizioni della Destra storica, che gli scrisse da Roma: "Desidero avvicinare il Minghetti, ma non voglio arrivarci per altra via se non per mezzo della presentazione vostra... Le elezioni vostre, dico le Bolognesi, hanno fatta qui una eccellente impressione. Figuratevi che io non ho mancato di rilevare con quanti ho potuto, la difficoltà dell'impresa, e l'abilità usata per compierla...".

La caduta della Destra, nel marzo 1876, induce il C., prefetto politico, a presentare le dimissioni, così come fanno Gadda prefetto di Roma, Torre di Milano, Mordini di Napoli e Gerra di Palermo.

Tornato a Napoli, il C. viene eletto presidente dell'Associazione unitaria che, dopo la formazione dell'Associazione costituzionale centrale di Roma, si trasforma, il 19 luglio 1876, in Associazione costituzionale di Napoli, che promuove immediatamente la costituzione di sedi dell'Associazione a Taranto, Bari, Corato, Lecce, Teramo, Salerno, Pozzuoli, Catanzaro. Il C. diviene così il capo dell'organizzazione elettorale della Destra nel Meridione ed è costretto a registrare, nelle elezioni del novembre 18-76, le innumerevoli proteste dei candidati moderati - da Massari a Bonghi, a Pisanelli, a Serena, a Sannia - contro i continui soprusi della Sinistra, diretta dal nuovo ministro dell'Interno Nicotera. Le elezioni del 1876 segnano il totale disfacimento del partito moderato particolarmente nel Mezzogiorno; e lo stesso C., candidato nel collegio di Vergato in provincia di Bologna su invito del Minghetti, esce ancora sconfitto dalla competizione elettorale.

Le posizioni dei moderati nel Mezzogiorno erano sempre state molto deboli. Il trionfo della Sinistra meridionale nel 1874 e nel 1876, fondato sui risentimenti e sugli interessi dei proprietari terrieri e della piccola borghesia intellettuale alla perenne ricerca di una sistemazione, segnò il tracollo definitivo del partito moderato nel Sud. Mentre perdevano gli ultimi legami con l'elettorato, i notabili moderati si dividevano al loro interno. Nel 1878 il C. si dimise da presidente dell'Associazione costituzionale di Napoli e, con Pisanelli e De Zerbi, fondò e diresse il Comitato costituzionale dell'ordine; soltanto nel 1880 rientrò quale vicepresidente nell'Associazione costituzionale, presieduta dal Bonghi. Dopo le elezioni del 1880, comunque, i resti del partito moderato nel Napoletano erano frantumati in cinque associazioni: la Costituzionale, il Comitato dell'ordine, il Comitato per gli interessi economici, la Nazionale e il Circolo di commercio.

Intanto si andava sviluppando il processo di "trasformazione dei partiti" e il Minghetti era tra gli antichi capi della Destra uno dei più decisi sulla strada dell'accostamento alla Sinistra del Depretis, nella prospettiva della formazione di un partito costituzionale di governo in cui fossero definitivamente superate le tradizionali distinzioni. Il C. fu, con il Turiello, il maggiore sostenitore del trasformismo tra i moderati napoletani, nel riserbo del Bonghi edel De Zerbi. In occasione delle prime elezioni a suffragio allargato - che non potevano non accrescere i timori dei notabili di destra - il C. sostenne in un comizio al Circo nazionale di Napoli, il 12 marzo 1882, la necessità che il moto trasformista sfociasse nella creazione di un nuovo partito. Questa ipotesi risultò di difficile attuazione, anche perché erano sempre più numerosi i candidati di destra che aderivano al programma esposto dal Depretis a Stradella.

Per un certo periodo il C. aveva cercato di allargare anche a Napoli il disegno politico del Minghetti, rivolto sempre più apertamente ad offrire il sostegno dei moderati, che nella sua guida si riconoscevano, all'azione governativa del Depretis. D'altra parte però il C. aveva poi avviato, questa volta sulla scia delle diverse indicazioni del Sella, un tentativo di accordo col Nicotera in funzione antigovernativa: ma le trattative, giunte a buon punto nel periodo elettorale come avevano notato la Perseveranza e l'Opinione, si conclusero bruscamente. Ciò risulta da una lettera del 4 dic. 1882 inviata dal C. al Nicotera, in cui si adducevano contrasti sul programma per abbandonare definitivamente il progetto di una associazione unitaria a Napoli della destra capitelliana e della sinistra nicoterina, in opposizione al Depretis. Fallito dunque, in questa fase, il procesco di "trasformazione dei partiti", si poté attuare la ricomposizione delle residue frange della Destra napoletana, con la ricostituzione - il 5 marzo 1883 - della Associazione nazionale che nominò presidente il Bonghi e vicepresidente il Capitelli.

Intanto il C. era uscito ancora sconfitto dalle competizioni elettorali: dopo il fallimento della sua candidatura nel 1880 per il collegio napoletano di S. Ferdinando, candidatosi per la quarta ed ultima volta nelle elezioni del 1882, egli non riuscì eletto nel collegio di Capua in provincia di Caserta.

Nel luglio 1884 il C. fu eletto consigliere provinciale di Napoli nel collegio cittadino di S. Ferdinando e, durante l'epidemia di colera, svolse un'opera di intenso soccorso ponendosi al servizio della Croce Bianca, prima quale comandante la compagnia di S. Ferdinando, poi come vicesindaco aggiunto della sezione Pendino.

Sul finire del 1885, anche per i buoni rapporti politici da tempo intercorrenti tra Depretis e Minghetti, il C. è nominato prefetto, all'Aquila con decorrenza 1º dicembre. Sovrintende così alle elezioni politiche del maggio 1886 che vedono, nella provincia aquilana, la vittoria della maggior parte dei candidati governativi, sollevando quindi numerose proteste dei giornali d'opposizione contro le interferenze prefettizie. Nell'estate 1887 scoppia a Messina una violenta epidemia di colera che non risparmia il prefetto e il questore: su proposta del Crispi il C. è quindi trasferito come prefetto a Messina, dal 27 settembre, per organizzare l'opera di soccorso. Il 16 febbr. 1890 è promosso alla seconda classe e lo stipendio aumenta da 9.000 a 10.000 lire annue. Tra il 1891 e la prima metà dell'anno seguente il C. non riesce ad ottenere il trasferimento in una sede più importante dal suo amico di Rudinì, che era allora a capo di un ministero prevalentemente di destra. Salito per la prima volta al potere Giolitti, nel maggio 1892, si svolsero nel novembre le elezioni politiche che, nel Messinese, videro eletti i candidati governativi. Così agli inizi del 1893 sembrò che il C. dovesse essere trasferito a Venezia, il che non avvenne, anche per fortissime opposizioni locali alla sua candidatura.

Con decreto del 12 marzo 1893, firmato dal ministro Giolitti, il C. è quindi trasferito da Messina a Firenze, dove rimane oltre un anno, per essere poi trasferito a Genova con decreto 9 ag. 1894 del ministro Crispi. Le ragioni di questo imprevisto trasferimento risultano evidenti in due lettere inviate al C. dal De Cesare e dal marchese Pietro Torrigiani, senatore e sindaco di Firenze, che mettono in luce come Lina Crispi avesse sostenuto fino in fondo la destinazione del prefetto De Seta a Firenze. Il vecchio statista siciliano quindi aveva dovuto trovare una nuova ed equivalente sede per il C., che si ritrovò così a Genova, dove rimase peraltro pochi mesi. La vittoria del candidato progressista Argenti contro il ministeriale Daneo nel collegio di Pontedecimo suscitò difficoltà e contrasti per cui il prefetto di Genova fu collocato in aspettativa, per dissensi col ministero, a decorrere dal 16febbr. 1895, e, passato un anno, fu collocato in disponibilità. Richiamato in attività di servizio a decorrere dal 1º marzo 1896, fu destinato, con decreto del 9 ott. 1896, dal nuovo ministero di Rudinì a Livorno, non essendo disponibili - come scriveva all'amico C. il primo ministro - sedi più importanti. Intanto nell'agosto 1896 il C. si era risposato con la triestina Emma Morpurgo, essendo morta nel 1880 la prima moglie. Con decreto 15 apr. 1897 il C. otteneva poi la promozione alla prima classe, con lo stipendio annuo di 12.000 lire.

La presenza del di Rudinì alla presidenza del Consiglio consente al C. di ritornare in una sede importante, viene infatti destinato come prefetto a Catania, con decorrenza 26 sett. 1897.

Pochi giorni dopo, il 18 ottobre, il primo ministro invia alcune raccomandazioni al nuovo prefetto della città etnea, circa l'atteggiamento da tenere verso il deputato socialista De Felice Giuffrida e i costituzionali di San Giuliano e Finocchiaro Aprile: "...De Felice... sarebbe caduto nelle ultime elezioni politiche se non fosse stato combattuto con vivacità. Il mezzo migliore per lasciarlo cadere si è quello di non dargli soverchia importanza. È naturale però che gli avversari di De Felice non saranno dello stesso parere. Da qui una difficoltà che vuole essere superata con tatto...". Queste linee di comportamento verso gli oppositori vengono ribadite dal di Rudinì in una lettera del 21 dicembre, che contiene però anche un invito al C. ad agevolare maggiormente i deputati ministeriali "nei limiti, ben inteso, del giusto e dell'onesto...". Il 25 maggio 1898 il prefetto di Catania, in ottemperanza alle disposizioni governative, ordina lo scioglimento del circolo socialista "Avanti" e la sospensione della pubblicazione del giornale Unione.

Salito al governo il Pelloux, e bandite le elezioni politiche, il C. si trova in disaccordo con le istruzioni del ministero, per alcuni mutamenti da questo apportati alla prima designazione dei candidati ministeriali. Il 1º ott. 1898 il prefetto di Catania viene così messo a disposizione, e in questa condizione rimarra per due anni. Risulteranno inutili, peraltro, tutti i tentativi esperiti dal C. attraverso R. De Cesare perché il ministero Pelloux lo richiami in servizio: non avranno alcun effetto i ripetuti interventi del Salandra, del Chimirri, del Lacava, del San Giuliano, del Bettolo e del Boselli.

Durante questi anni il C. intensificherà la sua tradizionale attività letteraria di scrittore, poeta e collaboratore di riviste culturali, dall'Illustrazione popolare a Il Risveglio educativo,L'Illustrazione italiana,Cordelia,Roma letteraria,Rassegna nazionale,Il pensiero educativo. D'altra parte il C. aveva alternato, sin da giovane, la composizione di versi alla preparazione di conferenze e di studi biografici.

Ai sonetti e ai canti dedicati agli amici e ai familiari aveva infatti accompagnato una lunga serie di studi e conferenze dedicate innanzitutto al padre Domenico, e poi a Vittoria Colonna, Giuseppe Massari, Alessandro e Carlo Poerio, Giuseppe Pisanelli. Nel mondo letterario corrisponderà frequentemente col Pascoli, Vittoria Aganoor, Ada Negri. Successivamente, durante il soggiorno toscano, rìtroverà a Viareggio il D'Annunzio e incontrerà spesso il Puccini, dal quale ascolterà le prime note di Madame Butterfly.

Il sostegno del ministro Chimirri nel nuovo governo Saracco accelera il richiamo in servizio del C., che viene però destinato il 1º nov. 1900 in una sede poco importante, Lucca. Nella nuova atmosfera politica dell'età giolittiana, poco favorevole agli ultimi esponenti della Destra storica, cadranno nel vuoto i ripetuti tentativi del C. di ottenere la nomina per una grande città, come pure di entrare finalmente in Senato. Significativa al riguardo è una lettera del De Cesare del 27 marzo 1901: "Che cosa dirti delle ultime nomine senatorie? Tu hai mille ragioni... È triste ma è fatale, se, ora per una circostanza, e ora per un'altra, il governo vien meno a quei doveri, che dovrebbe sentire verso di te, e che non sente, e altri non sente! Quasi è da sperare che ti renderanno giustizia i socialisti...". A Lucca, dove tra l'altro si svolge nel 1902 il processo Musolino, il C. rimane fino all'agosto del 1905, quando viene trasferito a Messina, anche in seguito ad alcuni contrasti sorti con due deputati lucchesi (come risulta da una lettera spedita il 12 agosto al C. da Francesco Bandoni, consigliere provinciale di Lucca). S'insedierà così nella prefettura di Messina pochi giorni prima del gravissimo terremoto dell'8 sett. 1905. Caduto nel vuoto l'ultimo tentativo esperito dall'amico Raffaele De Cesare presso il sottosegretario De Nava, durante il ministero Sonnino del 1906, per ottenere il trasferimento in una sede più importante, il C. verrà collocato bruscamente a riposo da Giolitti con decreto del 31 genn. 1907.

L'antico capo dell'organizzazione elettorale della Destra storica nel Mezzogiorno si ritira quindi a Nervi, presso Genova, e in questa località muore il 7 maggio 1907.

Fra i suoi scritti: Prose, Capolago 1862; Pochi versi, Napoli 1863; Della vita e degli studi di DomenicoCapitelli, Napoli 1871; Studi biografici, Napoli 1881; Memorie e lagrime, Lanciano 1886; Patria ed arte, Lanciano 1887; Riposo ed oblio, Messina 1888; Cuore ed intelletto, Lanciano 1891; Excelsior, Lanciano 1891; Erato, Lanciano 1892; Humana, Torino 1896; Un libro sul papa futuro, Napoli 1900; Prose, Firenze 1906.

Fonti e Bibl.: Fonte essenziale è l'archivio privato del C., conservato ed ordinato accuratamente dalla figlia Maria Quazza Capitelli; le lettere inedite citate nel testo sono tutte tratte da questo ricchissimo fondo, che raccoglie - oltre a documenti ufficiali e a giornali dell'epoca - la fitta, importante corrispondenza intrattenuta col C. da parte dei maggiori rappresentanti della Destra storica, da Minghetti a di Rudinì, da Sella a Bonghi, da Turiello a De Cesare. Questo epistolario fu soloparzialmente utilizzato da Romolo Quazza negli scritti: La capitale da Torino a Firenze ("Municipalismo" e "Unificazione" nei giudizi di Nicola Nisco), Novara 1919, passim; La Destra e le elezioni del 1874nel pensiero di Marco Minghetti, in Rass. stor. del Risorg., X (1923), pp. 601-616; La disfatta della Destra (Cenni sul partito moderato a Bologna e a Napoli dalla rivoluzione parlamentare del 18 marzo alle elezioni politiche del novembre 1876), ibid., XII (1925), pp. 229-60; Idee e programmi nel partito moderato alla vigilia del trasformismo, in Scritti storici in onore di Camillo Manfroni, Padova 1925, pp. 103-20. Cfr. inoltre Atti del Consiglio comunale di Napoli, 1867-1872, passim; R.Commissione d'inchiesta per Napoli, Relazione sulla amministrazione comunale, Roma 1901, I, pp. 92 s.; G.Procacci, Le elez. del 1874 e l'opposizione meridionale, Milano 1956, ad Ind.; G.Carocci, A. Depretis e la politica interna ital. dal 1876 al 1887, Torino 1956, pp. 268, 271; Dalle carte di G. Giolitti. Quarant'anni di polit. ital., II, a cura di G. Carocci, Milano 1962, pp. 204, 207; A.Berselli, La Destra stor. dopo l'Unità. Italia legale e Italia reale, Bologna 1965, pp. 424, 444, 476, 484; G. Russo, Napoli come città, Napoli 1966, pp. 85, 244 s.; E. Ragionieri, Politica e ammin. nella st. dell'Italia unita, Bari 1967, pp. 104 ss.; A. Capone, L'opposizione merid. nell'età della Destra, Roma 1970, pp. 308 ss.; A. Scirocco, Dall'Unità alla prima guerra mondiale, in Storia di Napoli, X, Napoli 1971, pp. 27-33; G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, VI, Lo sviluppo del capitalismo e del movimento operaio, Milano 1971, passim.

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