GUGLIELMO II, imperatore di Germania e re di Prussia

Enciclopedia Italiana (1933)

GUGLIELMO II (Friedrich Wilhelm Viktor Albrecht), imperatore di Germania e re di Prussia

Mario Menghini

Nato nel castello di Potsdam, presso Berlino, il 27 gennaio 1859. È figlio di Federico III di Hohenzollern e della principessa Vittoria, primogenita di Alberto principe consorte e di Vittoria regina d'Inghilterra. Quando venne al mondo aveva il braccio sinistro paralizzato, l'articolazione dell'omero strappata, la fascia muscolare circostante gravemente danneggiata. Energiche cure riuscirono a sanare in gran parte quelle imperfezioni. A dieci anni fu iscritto nel 1. reggimento della Guardia reale a piedi. Nel 1874 fu mandato a frequentare il ginnasio di Cassel, che lasciò quando raggiunse la maggiore età (27 luglio 1877). Nominato luogotenente nella Guardia reale a Potsdam, frequentò per due anni i corsi di diritto all'università di Bonn, e quindi riprese il suo posto nella Guardia reale, di cui nel settembre del 1885 fu nominato colonnello. Il 27 febbraio 1881 sposò Augusta Vittoria, primogenita di Federico di Augustenburg, eccellente madre di famiglia ma non perfetta imperatrice. Sia pure attendendo alle cure del suo reggimento, G. negli anni successivi non rimase del tutto estraneo agli affari politici; nel maggio del 1884 andò infatti alla corte di Russia per assistere alla proclamazione della maggiore età del granduca Nicola; ma già prima (1882) suo padre, al fine di metterlo al corrente dell'amministrazione civile, lo aveva inviato in missione presso il preside della provincia di Brandeburgo. Quando però si trattò d'istradarlo negli affari politici, il padre (28 settembre 1886) scrisse di lui al Bismarck: "La sua cultura generale è ancor piena di lacune. Questa doppia mancanza di maturità e di esperienza di mio figlio, accresciuta dalla sua tendenza all'esagerazione, mi fanno considerare come pericoloso di accostarlo fin d'ora agli affari di politica estera". Il 9 novembre 1887 G. raggiunse a S. Remo il padre affetto da un cancro alla gola; e quando, dopo un consulto che non lasciava alcun dubbio sul carattere inguaribile del male dal quale il Kronprinz era stato colpito, G. si dispose a tornare in Germania, scrisse freddamente: "Mio padre è perduto; il suo male è assolutamente cancrenoso. È questione di giorni, forse di settimane. Parto, perché non v'è nulla da sperare da un prolungamento della mia visita. Mio nonno è debolissimo, lo zar sta per giungere e la mia presenza a Berlino è indispensabile. Spero che avrò ancor tempo di tornare qui". Infatti, egli cominciò ad esercitare fin d'allora le funzioni di sovrano. Dopo di essere stato promosso maggior generale, con decreto del 17 novembre 1887 firmato da Guglielmo I e dal Bismarck, ricevette una specie d'investitura che faceva di lui un vice imperatore. G. rivide una seconda volta il padre il 2 marzo 1888; tornò a Berlino cinque giorni dopo, in tempo per assistere il nonno negli ultimi momenti di vita. Il 15 giugno anche Federico III morì a Potsdam.

Appena salito al trono, G. II lancîò due proclami all'esercito e alla marina e tre giorni dopo, nel giorno dei funerali di suo padre, ne fece uno al popolo, affermando fin d'allora che il diritto a regnare gli veniva da Dio. Animato da buona volontà di fare si mise all'opera. Del resto, le circostanze nelle quali egli iniziava il suo regno erano particolarmente favorevoli. Alla potenza economica della Germania, in continuo aumento da parecchi anni, corrispondeva la potenza militare, la quale era in armonia con la forte situazione che la Triplice Alleanza garantiva in Europa all'impero tedesco. La Germania aveva piena coscienza della sua supremazia, e riteneva che potevano sempre più consolidarla le energiche dichiarazioni fatte dal sovrano assumendo il potere, le quali rispondevano alle aspirazioni della grande maggioranza dei Tedeschi. Ma non si doveva dimenticare, e la grande maggioranza dei Tedeschi non lo dimenticavano, che gli artefiei di quella potenza erano Bismarck e Moltke; e molta fu la sorpresa quando si seppe (agosto 1888) che quest'ultimo aveva pregato l'imperatore di esonerarlo dalle funzioni di capo dello Stato maggiore, che quel desiderio era stato esaudito e che a succedergli era stato nominato il generale A. v. Waldersee. D'ingegno vivace, ma vanitoso e desideroso, fin dai suoi primi atti, di tener desta su di lui l'attenzione dell'Europa, G. II iniziò subito la serie dei suoi numerosi viaggi.

La sua prima visita fu in Russia (18 luglio 1888); da Pietroburgo G. passò per Stoccolma e Copenaghen, per incontrarsi con Oscar II e con Cristiano IX. Rientrato a Kiel (31 luglio), percorse gran parte della Germania, quindi visitò a Vienna Francesco Giuseppe. Argomento di vive discussioni in tutta Europa fu la visita che egli fece a Roma: era stata preparata da Crispi, allora presidente del Consiglio, e doveva considerarsi come una consacrazione della Triplice Alleanza. Se non che, G. II aveva promesso di renderla pure al pontefice, e in proposito era stato preparato un minuzioso protocollo. Nella capitale del regno d'Italia G. II ebbe accoglienze festosissime. Al Vaticano andò partendo dalla legazione tedesca presso la S. Sede. Leone XIII lo accolse nel suo studio privato, si lamentò con l'imperatore della situazione che gli avvenimenti del 1870 avevano fatto alla Santa Sede; e qui va notato che il giorno prima, in un pranzo al Quirinale, G. II aveva brindato a Roma capitale d'Italia. Dopo dodici minuti di conversazione, che era stabilito dovesse durare mezz'ora, il principe Enrico di Prussia e Herbert Bismarck, ministro degli Affari esteri, che avevano accompagnato l'imperatore nella visita al pontefice, forzata la consegna, aprirono bruscamente la porta dello studio, dove entrò dapprima il principe, poi il ministro. Questo incidente ebbe un seguito diplomatico; e fu detto che era stato preparato tra Crispi e Bismarck, per non lasciare a Leone XIII il tempo di continuare nelle sue lamentele e nelle sue proteste. Nel 1889 G. continuò nei suoi viaggi e nei ricevimenti ufficiali. Il re d'Italia, accompagnato da Crispi, gli restituì la visita; e così pure l'imperatore d'Austria: e con ciò la Triplice Alleanza riceveva agli occhi dell'Europa una nuova consacrazione. Nell'ottobre anche lo zar andò a Berlino; ma già dall'agosto G. II era andato in Inghilterra, e nell'ottobre egli andò ad Atene per concludere il matrimonio di sua sorella sofia con re Costantino, quindi proseguì per Costantinopoli, iniziando col sultano ‛Abd ul-Hamīd quelle relazioni che dovevano mettere la Turchia alla dipendenza della Germania. Nel suo viaggio di ritorno sbarcò a Venezia; di là visitò a Monza Umberto I e a Innsbruck Francesco Giuseppe. Rientrò a Potsdam il 15 novembre e così chiuse per allora il ciclo delle sue peregrinazioni.

Nel suo primo anno di regno G. II ebbe speciali cure per il principe di Bismarck. Se non che, il vecchio cancelliere si era persuaso fin dai primi giorni che il giovine imperatore voleva essere il solo padrone. Essi avevano una diversa opinione nel considerare le questioni politiche, specialmente d'intonazione sociale; il Bismarck non s'interessava delle ultime se non in quanto potessero avere una ripercussione politica; G. II invece considerava come un dovere di sovrano moderno quello di portare rimedî ai mali della società. Da parte sua, Bismarck riteneva che il suo sovrano non assumesse un atteggiamento netto nella politica estera. Il 15 marzo 1890 scoppiò il conflitto, per una meschina questione di procedura. Il 20 marzo, dopo alcuni incidenti, nei quali gli sembrò si fosse menomata la sua autorità, il cancelliere di ferro inviò le proprie dimissioni che furono subito accettate; gli fu dato un successore nel conte G. L. v. Caprivi. Contemporaneamente, anche Herbert Bismarck si dimetteva da ministro degli Affari esteri.

Libero dalla personalità dominante di Bismarck, con un cancelliere che eseguiva ciecamente gli ordini del suo imperatore, con una grande fiducia in sé stesso, G. II volle dare un'impronta tutta sua personale agli affari di governo; e quando si avvide che il Caprivi, per quanto docile, non lo secondava in alcune idee, lo licenziò (1894), scegliendo Chl. Hohenlohe-Schillingsfürst che era il tipo del vecchio funzionario perfetto, al quale sei anni dopo sostituì B. von Bülow, che nelle sue Memorie mostrò a nudo le deficienze del suo sovrano, poi Th. v. Bethmann-Hollweg (14 luglio 1909), rimasto in carica nove anni, fra i quali tre di guerra; e dal 1917, non potendo ormai più padroneggiare la marea che doveva inghiottirlo, avvicendò in brevissimo tempo tre cancellieri: G. Michaelis, G. v. Hertling e il principe Max del Baden. Convinto che l'impero tedesco avesse da compire una missione politica e religiosa, analoga a quella alla quale si era accinto Carlomagno e che egli ne dovesse essere l'esecutore, ebbe grandi cure per l'esercito e per la marina, i maggiori sostegni per porre in atto questo suo mandato; e ai problemi militari subordinò i problemi coloniali, culturali, religiosi, sociali, artistici. L'inaugurazione d'un monumento, la costruzione d'una caserma, d'una scuola, d'una chiesa, un anniversario, tutto porgeva a lui l'occasione di discorsi, nei quali aveva cura di far emergere la sua personalità. Ma più spesso, nonostante reiterate dichiarazioni di pacifismo tutto ciò valeva a tenere agitata l'opinione pubblica europea. La sua politica estera fu sempre ondeggiante, specialmente nei riguardi della Russia, contro la quale versò a piene mani la sua esasperazione, quando si rafforzò l'alleanza russo-francese, da lui del resto provocata. Anche con l'Inghilterra egli, di fronte a uomini che ne reggevano le sorti, sentì l'inferiorità sua, e se ne adirò più volte; e allora fu sua grande preoccupazione quella di costruire una flotta che rivaleggiasse con la flotta inglese; ed è noto con quanta pompa esteriore egli compisse lunghe crociere, come ad esempio durante il suo viaggio in Palestina (agosto-novembre 1898), che fu il prologo di quel disegno d'una ferrovia transasiatica del sud, specie di contraltare all'espansione coloniale e commerciale dell'Inghilterra; della quale, già due anni innanzi, aveva commosso l'opinione pubblica per il suo telegramma (3 gennaio 1896) a P. Kruger, quando L. S. Jameson invase il Transvaal, facendosi sconfiggere dai Boeri. E fu pure l'indirizzo della sua politica estera che persuase la Francia e l'Inghilterra a intendersi e a concludere il trattato dell'8 aprile 1904, per cui la prima riconosceva la situazione inglese in Egitto, la seconda la penetrazione pacifica francese nel Marocco. Né il suo intervento in quest'ultimo paese fu nella sua finalità fortunato poiché l'incidente di Agadir e la conferenza d'Algeciras non condussero a risultati favorevoli per la Germania. È tuttavia da riconoscere che G. II assicurò al suo paese un vasto impero coloniale e una marina mercantile potente; e in ciò ebbe un sagace consigliere in A. Ballin. Così, il 14 novembre 1897 avvenne l'occupazione di Kiao-chow che sotto abili mani tedesche divenne in breve una perla coloniale; così nel 1899 l'acquisto del gruppo delle Caroline e delle Marianne, cedute dalla Spagna; così nel 1900 la conquista definitiva delle isole Samoa. Ma dove l'espansione coloniale tedesca ebbe maggiore attività fu in Africa, per l'acquisto del Camerun (1894 e 1911), e dei possedimenti dell'Africa orientale e del sudovest (1890), contributo per il vasto disegno d'una Mittel-Afrika, da contrapporre all'espansione coloniale inglese in Africa.

Quando avvenne l'assassinio di Sarajevo (29 giugno 1914) G. II, dopo un consiglio tenuto a Potsdam il 5 luglio, al quale intervennero i rappresentanti dei due gabinetti di Vienna e di Budapest, sembra avesse dichiarato che l'Austria poteva contare sulla sua fedeltà, e che anzi avrebbe rimpianto non si dovesse trarre profitto dell'occasione che si era presentata così favorevole. Del resto, la pubblicazione assai documentata di K. Kautsky (Die deutschen Dokumente zum Kriegsausbruch, Charlottenburg 1919), prova quale fosse lo stato d'animo dell'imperatore tedesco all'inizio del conflitto mondiale. Scoppiata la guerra, l'inquietudine del suo carattere, l'impulsività e la mutevolezza delle decisioni furono, sebbene non sempre, arginate dagli elementi militari; dopo qualche tempo egli parve quasi prigioniero nel quartiere generale, e sembrò "un borghese messo a capo del più colossale esercito, senza le virtù, anche senza la maggior parte dei vizî, del soldato", ossessionato d'avere a nemica quasi tutta l'Europa. Travolto dalle vicende della guerra, dopo più giorni d'ondeggiamenti, costrettovi dal cancelliere Max del Baden e dal consiglio dei generali, i quali gli descrivevano l'esercito in rotta, la rivoluzione in Germania, i soldati che facevano causa comune con i socialisti, e quando già G. Scheidemann aveva proclamata la repubblica a Berlino, il 9 novembre 1918 si decise ad abdicare, rifugiandosi a Dorn, in Olanda.

Bibl.: Vastissima è la bibliografia su G. II. Qui citeremo dapprima: Politische Gedankbuch, Proclamation, Erlasse, Reden unter der Regierung Kaiser Wilhelms der Zweiten, Berlino 1888-1890; Kaiser Wilhelm II., als Redner. Eine Sammlung der Reden des deutschen Kaisers, Lipsia 1888-1895; Mémoires de Guillaume II, Parigi 1922; Briefe Wilhelms II. an den Zaren, 1894-1914, Berlino s. a.; e quindi: A. Bremer, Am Hofe Kaiser Wilhelms II., Berlino 1888; G. Hintpeter, Wilhelm II., Bielefeld 1888; E. R. Schröder, Ein Tagebuch Kaiser Wilhelms II., Breslavia 1903-06; J. Hoche, L'Empereur Guillaume II intime, Parigi 1903; A. Tardieu, La conférence d'Algesiras, Parigi 1907; id., Le Mystère d'Agadir, Parigi 1912: A. V. Schwering, The Berlin Court under William II, Londra 1915; F. Bac, Notes et souvenirs sue Guillaume II, in Revue de Paris del 1° aprile 1916; E. Laloy, La diplomatie de Guillaume, Parigi 1917; A. N. Davis, Guillaume II raconté par son dentiste, Parigi 1920; G. Lacourt-Gayet, Guillaume II le vainçu, Parigi 1920; W. v. Massow, Die deutsche innere Politik unter Kaiser Wilhelm II., Berlino 1923; W. Ratenau, Wilhelm II., Berlino 1919; E. Ludwig, Wilhelm II., Berlino 1926 (traduz. italiana, Milano 1927).

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