PANZONI, Guglielmo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2015)

PANZONI, Guglielmo (Pançoni, Panconi, Panthonus). – Ignoto l’anno di nascita, la figura di Guglielmo Panzoni (figlio di un Alberto) emerge, saltuariamente e sempre apparendo con contorni mal definiti e tratti non di rado contraddittori, in quella per Bologna fertilissima prima metà del Dugento, che vide rinnovati gli studi giuridici da maestri celeberrimi, quali Azzone, Accursio o il geniale Odofredo (il quale conobbe di persona Panzoni ed è il riferimento principe per gli eruditi che se ne occuparono)

Bernardo Pieri

, intanto che personaggi del calibro di Salatiele o Rolandino Passeggeri definivano l’ars notarie assicurando alla categoria quello statuto privilegiato in seno al Comune cittadino, che in seguito non ha più perduto.

La memoria più antica di cui si dispone per Panzoni si trova negli Annali genovesi di Caffaro (III, 103), secondo cui nel 1241 Panzoni sarebbe stato a Genova console dei Placiti, «in palacio burgi». Partendo da questo dato, e poiché «non è probabile che vel chiamassero i Genovesi quando il Panzoni era tuttora sul primo pelo, e prima che si fosse fatto in Patria molto buon nome», Fantuzzi ne deduce la nascita tra la fine del XII e i primi anni del XIII sec. (cfr. Bumaldi che pone accanto al nome di Guglielmo la data muta – il dottorato? – ma più attendibile di altre che vedremo: 1188). Già nel 1242 Panzoni non figura più nell’elenco di magistrati annotato da Caffaro, e senz’altro era a Bologna nel 1244, quando rogita a Poggiale. Qui lo ritroviamo nel 1248, quando da una matricola dei notai «che nel pubblico archivio nostro fù veduta dall’eruditissimo Dottor Gaetano Monti, e da lui indicata al Padre Sarti» (Fantuzzi, p. 273) si ricava che egli sedesse tra i giudici del Comune, «deputati all’esame, ed alla creazion de’ Notaj: perciocché a questi tempi il Notariato non aveva per anche Collegio proprio, e proprj Esaminatori, che a ciò presedessero» (ibid.).

La chiosa fantuzziana tuttavia non risponde al vero: il "Collegio proprio" i notai l’avevano, quella commissione era però presieduta da un giudice del podestà. Solo dal 1263 i consoli del Collegio notarile avrebbero assunto tale compito: «manifestazione del potere della corporazione in materia di nomina dei nuovi notai; un potere che condizionò il successivo processo di acquisizione della qualifica di notaio in Bologna» (Tamba, Formazione professionale del notaio).

Pochissimi sono dunque i dati certi su Guglielmo Panzoni; su un altro punto importante – se cioè egli fu o meno un maestro dello Studium – si può solo congetturare. Diplovatazio lo definì senz’altro «doctor legum excellentissimus»; Bumaldi accostò al nome un secco I.V.D. (Iuris Vtriusque Doctor), Orlandi scrisse solo che si addottorò. Sarti, non curandosi di quanto sostenuto da Diplovatazio, per negare «che il Panzoni si addottorasse giammai» (Fantuzzi, p. 274), risalì direttamente alla fonte Odofredo, il quale: «illustrem advocatum [eum] dicit, doctorem legum non dicit». Alidosi affermò però che Odofredo lo chiamava  dottore e famoso. Mazzetti: «fu professore famoso di Gius Civile»; mentre Savigny diede credito a Sarti e scrisse che «fu celebre avvocato in Bologna, ma non dottore». Panciroli (De claris legum interpretibus) l’aveva ignorato. La questione occupò più di tutti Fantuzzi, il quale, pur riconoscendo che la distinzione odofrediana tra dottore e avvocato era ragione «di qualche efficacia per que’ tempi antichissimi», si richiamò ad Alidosi (confermato, aggiungiamo, da Orlandi: ma cfr. il problema delle date), nonché all’affermazione di Diplovatazio e, soprattutto, al consolato dei placiti (una magistratura per giuristi, avente competenza in diritto civile), che farebbero propendere per il magisterio.

In tempi recenti un accenno a Panzoni – fuggevole, ma in un saggio di grande interesse per ricostruire l’ambiente in cui egli operò – lo ha fatto Conte (I diversi volti di un testo, p. 365), qualificandolo senz’altro «grande avvocato». Dottore o no, Panzoni fu testimone e attore comprimario degli accadimenti di quei decenni tumultuosi che segnarono il passaggio dal Comune magnatizio al Comune di Popolo, in cui ebbe un ruolo di primissimo piano quel Rolandino che tra l'altro, fu anche uno dei principali esponenti del partito neoguelfo. Il che non è pleonastico a sapersi perché, se non Guglielmo stesso (di cui nulla al proposito si può dire né arguire), la famiglia Panzoni è attestata da Ghirardacci (p. 249) quale partigiana dei Lambertazzi (dovette presto cambiar bandiera, se nel 1284 troviamo un Primirano Panzoni tra gli incaricati di «mandare a forza i ribelli alle loro confine, et ispurgare il contado, et la Città da simili disturbatori della uniuersal quiete»).

Da Ghirardacci, che nomina spesso i Panzoni, Fantuzzi dedusse la «nobiltà de’ lor discendenti», mentre quella di Guglielmo e del padre Alberto sarebbe attestata da una «carta, o sia pubblico instrumento dell’archivio de’ padri di S. Francesco», rogato «a’ 17 di luglio del 1244» e «actum Bononie in pozali sub porticu domus domini Gulielmi filii q. domini Alberti Panzonis». Proprio per quel dominus «può aversi per certo che fosser costoro di nobile condizione», ché i «notaj di quella età non iscialacquavano i titoli a tutto pasto» (Fantuzzi, p. 273).

Il documento citato è ricordato anche da Odofredo, il quale, commentando l’Auth. Principales, post C. de jurejurando (2.59.2), così chiosò: «Quam fraudem excogitavit do. Gull. Panthonus (qui fuit valde nobilis advocatus in civitate ista) dum vendidisset domos suas quas habebat in podiali» (Lect. Cod., f. 127ra). Benché Sarti affermi che Odofredo: «ejus memoriam aliquando usurpat», è questa l’unica citazione che egli ne riporti, ed è anche l’unica di cui possiamo disporre.

Si può dunque solo prender nota del fatto che Odofredo non ritenesse Guglielmo solo un avvocato truffaldino benché nobilis (illustris, secondo Sarti), come risulterebbe dagli antichi scrittori: primo Alidosi, che dà su Panzoni un’unica notizia, che «l’Odofredo lo cita per Dottore famoso» (oltre a una data, 1158, poco comprensibile anche a leggerla, come Fantuzzi, 1258); poi il Bumaldi (Minervalia bononon.) che scrive: «Odofredus hunc citat tanquam Doctorem valde celebrem, et memorandum», e Orlandi, che traducendo la frase del predecessore, puntualizza ch’egli era «degno di memoria per i suoi Consegli, molti dei quali sono stati osservabili in varj casi».

L’ultimo documento a ricordare l’esistenza di Guglielmo, anch’esso proveniente dall’archivio di S. Francesco e redatto il 24 dic. 1252, contiene gli atti d’una causa tra Cirsacco, abate di Nonantola, e il Comune di San Giovanni in Persiceto, per la quale  Panzoni  «sententiam dixit» insieme a Gerardo Figliogari  (Sarti, p.175). Fantuzzi ricama sopra la notizia e aggiunge: «sentenziò [...] qual giudice».

In realtà, la sentenza di Panzoni (incipit: «Conscilium domini Guilielmi Panzonis, et mei Gerardi Figlogarij») è un consilium sapientis. Ben diverso nella forma, nell’articolazione, nella sottigliezza giurisprudenziale, nella cura dei riferimenti giuridici e delle allegazioni di norme e di dottrina, dai consilia che avrebbero fatto le fortune dei giuristi dalla fine del secolo seguente; esso appare un poco rudimentale, ma il tono sentenzioso – di fatto può ben vedersi come una sentenza data in luogo del giudice e a questi consegnata perché la pronunzi (a suo nome) – va efficacemente dritto al segno. Il documento è pubblicato da Sarti nell’appendice al II. vol. «de claris professoribus». In questa causa – ennesimo incrocio d’un dedalo che potrebbe rivelare sorprese, a esplorarlo con cura – era presente quale fidejussor anche Odofredo.

Panzoni morì in data imprecisata, successiva al 1252. Fantuzzi, prendendo come base l’affermazione di Sarti e la constatazione (tratta da Alidosi che «pare indicarlo laureato nel 1258») che, dunque, quell’anno Guglielmo era ancora vivo, gli concede «tre o quattr’anni di vita dopo quest’anno medesimo». Ma Alidosi aveva scritto 1158 (cfr. Orlandi: «addottorato in L. L. l’anno 1158»). Diplovatazio, aveva annotato genericamente «hoc tempore floruit», interpretato da Sarti (Fantuzzi lo ripete tralatiziamente) come fine del XIII sec.: «Eum ponit circa finem saeculi XIII», donde il rimprovero a Diplovatazio di avere: «aetatem non bene perspecta […] cum multo ante vixerit». Ora, la data più prossima allo «hoc tempore», che si ritrova in Diplovatazio è, poco prima, l’«anno Domini 1268», allorché «floruit Nepos de Monte Albano». Sarebbe quello, comunque, un anno semmai estremo per Guglielmo, difficilmente indicabile con un floruit, come si può constatare dai documenti. Sulla scorta dei quali Sarti afferma che Panzoni «annis aliquot ante Odofredum decessit cui fere aequalis fuit» (lo stesso Odofredo ne avrebbe parlato «quasi de homine cujus esset recens memoria»). Dunque, Panzoni sarebbe morto poco prima del 1265.

A Panzoni sono attribuibili con certezza solo dei Casus in Authenticas, menzionati da Diplovatazio e censiti negli antichi cataloghi degli Stationarii, oltre che nell’elenco dei libri di Cervotto d’Accursio. Il quale assegna a Panzoni anche dei Casus do. Guilielmi super Institutionibus, che già Sarti riattribuì però a Guglielmo di Capriano (discepolo di Bulgaro e arcivescovo di Ravenna; m. 1201), mentre Savigny propone, meno convincentemente, Guglielmo d’Accorso.

Fonti e Bibl.: Odofredus, In primam Codicis partem […] Prælectiones…, Lugduni 1552; Ch. Ghirardacci, Della historia di Bologna…, Bologna 1605; G.N. Pasquali Alidosi, Li dottori bolognesi di legge canonica, e ciuile, Bologna, 1620, p. 91; G.A. Bumaldi, Minerualia Bononiensium…, Bononiae 1641, pp. 84; P.A. Orlandi, Notizie degli scrittori bolognesi e dell'opere loro stampate…, Bologna 1714, p. 184; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna, 1781-94, VI, pp. 273 s.; S. Mazzetti, Repertorio de’ Professori della Università di Bologna, Bologna 1847, p. 234; F.C. von Savigny, Storia del Diritto Romano nel Medio Evo, trad. it. a cura di E. Bollati, Torino 1857, II, p. 406; M. Sarti - M. Fattorini, De claris archigymnasii Bononiensis professoribus, Bononiae, 1888, I, pp. 175 s.; Annali genovesi di Caffaro e de' suoi continuatori, 3. Dal 1225 al 1250, a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo, Roma, 1923, p. 103; Th. Diplovatatius, De claris iuris consultis, pars posterior, a cura di F. Schulz - H. Kantorowicz - G. Rabotti, in Studia Gratiana, X, Bononiae 1968, p. 164; E. Conte, I diversi volti di un testo del XII secolo. La Summa di un giudice fra aule universitarie e tribunali, in Juristische Buchproduktion im Mittelalter, a cura di V. Colli, Frankfurt a.M. 2002, pp. 351-366; G. Tamba, Formazione professionale del notaio (Genova, 18 aprile 2007), in www.centrostudicostamagna.it/testi/GiorgioTAMBAGenova163 (31 luglio 2013)].

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