GUGLIELMO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 60 (2003)

GUGLIELMO

Rinaldo Merlone

Conte e marchese, terzo di questo nome, della stirpe degli Aleramici marchesi di Monferrato. Figlio di Oddone di Aleramo e fratello germano di Riprando, nacque nella seconda metà del X secolo. Non si conosce il nome della madre; è probabile che G. avesse due sorelle: Otta (sposa di Oddone, signore di Sarmatorio, Manzano e Monfalcone - presso Cherasco -, madre di Odilo, detto anche Guido, e di Richilda) e Gualderada che possedeva beni nel comitato di Modena. Egli visse, come i suoi antenati, secondo la legge salica.

G. riprende un nome assai noto nella stirpe aleramica: così si chiamavano infatti il padre di Aleramo, Guglielmo (I), e uno dei figli di Aleramo, Guglielmo (II), che risulta già morto nel 961.

Nel 991, per volontà del padre defunto, G., con il fratello Riprando, istituì sui propri beni di Spigno (comitato e diocesi di Acqui) un monastero dedicato al Salvatore, a S. Tommaso e a S. Quintino martire. Accanto ai due fratelli agiva lo zio Anselmo con la moglie Gisla.

Da un diploma dell'imperatore Enrico II (1014) risulta che tra il 1000 e il 1014 G. e Riprando, con i figli del marchese Anselmo, avevano donato anche beni all'abbazia di Fruttuaria (comitato e diocesi di Ivrea). La donazione si inseriva nel programma di politica religioso-familiare intrapreso dagli Aleramici e da Olderico Manfredi, segnando per di più un punto di unione con la politica di Arduino o dei suoi successori.

Negli anni 991-1002 G., sempre con il fratello Riprando, donò alla Chiesa di Acqui la porzione di un castello e di una torre lignea, in località Monte Alberto nel territorio di Acqui, con 40 iugeri di terreni coltivabili e boscosi, una frazione di beni e altri possessi che i donatori detenevano in località attigue alla città ("Sabana", "Montecellum", "Parandaria").

La tradizione storiografica aleramica, a partire da G.A. Irico nel XVIII secolo e a seguito di un probabile errore di trascrizione, volle ancora vedere G. impegnato a favore del monastero di S. Maria della Rocca (detto anche di S. Maria di Rocca delle Donne), nel territorio di Camino Monferrato (comitato e diocesi di Vercelli).

Il 23 febbr. 1004 - nel terzo anno del regno di Arduino - G., in qualità di conte e marchese, presiedette, con il cugino Oberto, un placito in Vado riguardante una altercatio tra il vescovo della città ligure e gli abitanti di Noli.

I due accordarono insieme giustizia al vescovo di Vado-Savona, cui nel 991 avevano già affidato la consacrazione dell'abate di Spigno. È evidente che fino ai primi anni dell'XI secolo due rami aleramici mantenevano in comunione il patrimonio e la gestione del potere marchionale. L'unione di interessi patrimoniali e amministrativi non impedì tuttavia alle due stirpi di assumere atteggiamenti politici contrapposti.

Dopo la morte di Arduino (1014), G., in opposizione ai cugini Oberto e Anselmo, abbandonò l'alleanza con il potere imperiale, che aveva caratterizzato, per più di un secolo, la linea seguita da tutti gli Aleramici, per intervenire apertamente nelle lotte politiche che nel 1016 scoppiarono nell'Italia settentrionale. Si costituì quindi una resistenza armata contro la politica imperiale, rappresentata dal vescovo Leone di Vercelli.

Nella lotta antimperiale oltre a G. intervennero il conte Uberto il Rosso, il marchese Olderico Manfredi di Torino, i figli di Arduino e altri avversari di Enrico II. L'accanimento maggiore non era però tanto fra l'imperatore e i suoi avversari, quanto fra essi e Leone. Con il vescovo di Vercelli militavano anche i marchesi Oberto e Anselmo, i quali aiutarono Leone a espugnare Santhià, dove era impegnato Guglielmo.

La resistenza dei soldati di G. impedì a Leone e ai suoi alleati di riconquistare, nonostante quindici giorni di assedio, la fortezza imperiale di Orba, la cui occupazione aveva determinato un'ostilità sempre più aperta verso l'imperatore. Per vendicarsi dell'attacco di Leone e dei suoi consorziati, G. saccheggiò e incendiò anche la sede vescovile di Vercelli, poi marciò, con Olderico Manfredi, contro Leone; ma, non potendo vincere le forze imperiali, il marchese di Torino consigliò segretamente Leone di togliere l'assedio da Orba, mentre G., d'accordo con Manfredi, avrebbe incendiato il castello. Leone accettò il compromesso, giacché le sue milizie, prese da gran terrore di G., non volevano più combattere. La lotta attorno a Orba terminò così con un compromesso: G. giunse con Olderico Manfredi, liberò i suoi soldati e incendiò il castello, mentre le truppe di Leone si ritirarono.

Dopo l'incendio del castello di Orba, Uberto il Rosso e la sua famiglia vennero scomunicati, mentre Olderico Manfredi nel 1026 sembra riconciliato con l'Impero. Non altrettanto può dirsi di G. il quale, proprio in quell'anno, compare nuovamente in lotta contro l'Impero. Vipone narra che Corrado II, sceso in Italia, dopo la Pasqua del 1026 attaccò gli alleati di Pavia - dove si era coalizzata l'opposizione - e in particolare G., il marchese Adelberto cognato di Manfredi e gli altri potenti limitrofi. Dopo aver infierito contro diverse fortificazioni, Corrado mise fine alla lotta, distruggendo il castello di Orba, fatto probabilmente ricostruire dallo stesso G. dopo il 1016.

Nel frattempo i legami tra G. e Olderico Manfredi si erano rafforzati ulteriormente: in un atto di vendita compiuto in Torino nel 1031 dal marchese di Torino e da sua moglie Berta a favore del monastero di S. Solutore si trova infatti la sottoscrizione di G. accanto a quella dei marchesi obertenghi Adalberto e Opizone, fratelli di Berta. Nel 1042 il marchese Enrico figlio di G. sposò Adelaide, figlia di Olderico Manfredi.

Nel 1035 G. risulta possessore, per via ereditaria, delle terre tra il Tanaro e il Po nei pressi di Pavone (Alessandria).

Nei Miracula sancti Bononii si ricorda infine la moglie di G., la contessa Waza, che, scortata da soldati, si recò a pregare sulla tomba di s. Bononio, abate dei Ss. Michele e Genuario di Lucedio (Vercelli).

G. morì prima del 29 genn. 1042, data in cui il marchese Enrico, ricordato espressamente come figlio del fu G. marchese, fece una donazione alla Chiesa di Torino insieme con sua moglie Adelaide.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Museo diplomatico, sec. XI, perg. 247 (582); Wipo, Gesta Chuonradi II. imperatoris, a cura di H. Bresslau, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Germ. in usum scholarum, LXI, Hannover-Leipzig 1915, p. 33; Vita et miracula sancti Bononii abbatis Locediensis, a cura di G. Schwartz - A. Hofmeister, ibid., Scriptores, XXX, 2, Lipsiae 1934, p. 1033; Heinrici II et Arduini diplomata, a cura di H. Bresslau, ibid., Diplomata regum et imperat. Germaniae, III, Berolini 1957, pp. 379-382, doc. 305; Die Urkunden Konrads II., a cura di H. Bresslau, ibid., IV, ibid. 1957, pp. 423-426, doc. DH.II. 305 (300 bis); G.A. Irico, Rerum patriae libri III…, Mediolani 1745, pp. 158 s., doc. 1408; H. Bloch, Beiträge zur Geschichte des Bischofs Leo von Vercelli…, in Neues Archiv, XXII (1897), pp. 17-22; Carte inedite e sparse dei signori e luoghi del Pinerolese…, a cura di B. Baudi di Vesme - E. Durando - F. Gabotto, Pinerolo 1900, p. 183; Cartari minori, I, Cartario dei monasteri di Grazzano…, a cura di E. Durando, Pinerolo 1908, pp. 12-14; Cartario dell'abazia di S. Solutore di Torino, a cura di F. Cognasso, Pinerolo 1908, p. 12; Le carte della prevostura di Oulx…, a cura di G. Collino, Pinerolo 1908, pp. 1 s.; Le carte dello Archivio capitolare di Vercelli, a cura di D. Arnoldi et al., I, Pinerolo 1912, pp. 43-46; Carte del monastero di Rocca delle Donne, a cura di P. Loddo, Torino 1929, p. 10; Wipo, Gesta Chuonradi II. imperatoris, a cura di W. Trillmich, Darmstadt 1968, pp. 564-567; Le carte medievali della Chiesa d'Acqui, a cura di R. Pavoni, Genova 1977, pp. 46-48; I Regesti della Catena del Comune di Savona. Regesto I, a cura di D. Puncuh - A. Rovere, in Atti e memorie della Soc. savonese di storia patria, n.s., XXI (1986), pp. 125-127; E. Cau, La "carta offersionis" dell'abbazia di Spigno…, in Riv. di storia, arte, archeol. per le prov. di Alessandria e Asti, C (1991), pp. 27-41; R. Merlone, Gli Aleramici. Una dinastia dalle strutture pubbliche ai nuovi orientamenti territoriali…, Torino 1995, pp. 276, 284; H. Bresslau, Jahrbücher des Deutschen Reichs unter Konrad II., I, Leipzig 1879, pp. 125, 391, 393, 404-407; F. Gabotto, Gli Aleramici fino alla metà del secolo XII, in Riv. di storia, arte, archeol. per la prov. di Alessandria, XXVIII (1919), pp. 18-21; L. Usseglio, I marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente…, a cura di C. Patrucco, I, Casale Monferrato 1926, pp. IX, 27, 102-107; F. Cognasso, Ricerche sulle origini aleramiche, in Atti dell'Accademia delle scienze di Torino, II, classe di scienze mor., stor. e filologiche, XCII (1957-58), pp. 41, 51 s.; R. Merlone, Gli Aleramici, cit., ad ind.; Id., Nuove forme di potere nel secolo XI. Il "signifer regius" di stirpe marchionale inquadrato nella "militia regni", in Bull. dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo e Archivio muratoriano, CI (1997-98), pp. 125, 127-129; Id., Gli Aleramici: strutture e organizzazione del territorio…, in Incastellamento, popolamento e signoria rurale tra Piemonte e Liguria. Seminario di studi, Acqui Terme… 2000, Bordighera-Acqui Terme 2000, pp. 86-88; Id., Monasteri, chiese e santi nei territori appartenenti agli Aleramici…, in De strata Francigena: Studi e ricerche sulle vie di pellegrinaggio del Medioevo. Annuario del Centro studi romei, IX (2001), 1, pp. 82-84, 88.

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