MANSUELLI, Guido Achille

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)

MANSUELLI, Guido Achille

Giuseppe Sassatelli

Nacque a Monopoli, presso Bari, il 15 aprile1916 da Mario e da Giulia Montagna, ma trascorse l'infanzia e la giovinezza a Sant'Arcangelo di Romagna, paese natale del padre, prima di intraprendere gli studi universitari in archeologia presso l'Università di Bologna.

Il padre, ingegnere civile, era titolare di un cementificio e forse gli trasmise l'interesse per i problemi tecnici della costruzione degli edifici, a quei tempi insolito per un archeologo.

Si laureò, giovanissimo, con P. Ducati col quale ebbe tuttavia un rapporto conflittuale, mentre ricordava con grande affetto A. Solari, evocandone il ruolo di precursore nel campo della topografia storica. Pur mantenendo i contatti con l'Università di Bologna, dove era impegnato come assistente volontario della cattedra di archeologia e storia dell'arte, iniziò la sua carriera nelle soprintendenze, dapprima a Bologna come ispettore, poi a Firenze, alla Galleria degli Uffizi, e infine di nuovo a Bologna, come soprintendente per i Beni archeologici dell'Emilia Romagna. Dopo avere tenuto per alcuni anni l'incarico di storia romana all'Università di Bologna, nel 1964 vinse la cattedra di archeologia e storia dell'arte greca e romana a Pavia dove insegnò solo per pochi anni.

Della commissione che lo aveva inserito nella terna dei vincitori, facevano parte M. Pallottino e R. Bianchi Bandinelli, con i quali mantenne sempre un rapporto molto stretto di amicizia oltre che di condivisione scientifica e istituzionale.

Nel 1967, alla morte di L. Laurenzi, fu chiamato all'Università di Bologna dove rimase fino al termine della sua carriera e dove profuse grandi energie intellettuali e organizzative nel rilanciare le attività e il ruolo dell'allora istituto di archeologia, trovandogli una nuova sede e dotandolo di una grande biblioteca specialistica, ma avviando anche una serie importante di scavi archeologici, tra i quali in particolare quelli nella città etrusca di Marzabotto, che ancora oggi costituiscono una consolidata tradizione e una importante risorsa del dipartimento di archeologia.

Nel 1980, il M. lasciò l'archeologia classica e assunse la titolarità di etruscologia e archeologia italica sulla cui cattedra terminò la carriera universitaria, andando fuori ruolo nel 1986. Fu membro di numerose accademie e istituti culturali, tra i quali l'Accademia nazionale dei Lincei e l'Istituto di studi etruschi e italici.

Il M. morì a Bologna il 21 maggio 2001.

Egli apparteneva ancora a quella categoria di studiosi che fondava la visione e la conoscenza del mondo antico sulle fonti scritte, sulla cultura materiale, sulle manifestazioni artistiche, spaziando senza difficoltà alcuna dalla preistoria all'archeologia classica e dalla protostoria all'etruscologia. Per quanto riguarda l'archeologia classica e segnatamente l'archeologia romana, nell'ambito dei suoi interessi molto innovativi sull'architettura e l'urbanistica antica, a lavori puntuali, sempre comunque di notevole respiro, si alternarono lavori di ampia sintesi che sono ancora un punto di riferimento per gli studi del settore.

Si veda: El arco honorífico en el desarrollo de la arquitectura romana, in Archivo español de arquelogía, XXVII (1954), pp. 93-178; Architettura e città. Problemi del mondo classico, Bologna 1970; La città romana nei primi secoli dell'impero. Tendenze dell'urbanistica, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, II (1982), 2, 12/1, pp. 145-178; Forme e significati dell'architettura in Roma nell'età del principato, ibid., pp. 212-232; Roma e le province, II, Topografia, urbanizzazione, cultura, a cura di G.A. Mansuelli, Bologna 1985.

Sul tema più generale dell'archeologia e della storia dell'arte romana vanno segnalate alcune opere di sintesi come Roma e il mondo romano (I-II, Torino 1981) e La fine del mondo antico (ibid. 1988), all'interno delle quali viene tracciato un profilo coerente e completo delle manifestazioni artistiche del mondo romano dall'età repubblicana fino alla tarda antichità con una grande capacità di sintetizzare temi complessi e nello stesso tempo di suggerire nuovi spunti di ricerca. In tale ambito restano fondamentali i lavori del M. sulla Gallia Cisalpina.

In essi urbanistica, architettura e manifestazioni figurative si fondano in una sintesi storica di notevole solidità come per esempio Studi sull'arte romana dell'Italia settentrionale. La scultura colta, in Riv. dell'Istituto nazionale d'archeologia e storia dell'arte, VII (1958), pp. 45-128; Elementi ellenistici nella tematica monumentale della valle del Po, in Arte antica e moderna, III (1960), pp. 107-131; I Cisalpini (III sec. a.C. - III d.C.), Firenze 1962; Les monuments commémoratifs romains de la vallée du Po, in Monuments et mémoires. Fondation Eugène Piot, LIII (1963), pp. 19-93; Le stele romane del territorio ravennate e del Basso Po. Inquadramento storico e catalogo, Ravenna 1967; Urbanistica e architettura della Cisalpina romana fino al III sec. e.n., I-II, Bruxelles 1971. Su questo fronte lo stesso Bianchi Bandinelli ne apprezzò l'apertura verso temi e metodi nuovi riconoscendogli esplicitamente, tra le altre cose, il merito di avere "rivelato" la cultura artistica della Cisalpina romana.

Un altro settore nel quale il M. fu molto impegnato fu quello dei musei e delle mostre.

Esemplare per il primo aspetto il grande impegno dedicato al Museo etrusco Pompeo Aria di Marzabotto, annesso alla zona archeologica, da lui allestito nella prima organizzazione del dopoguerra (1958) e nell'ampliamento di venti anni dopo (1979), portato a termine con la collaborazione dei suoi più giovani allievi. Così come sono esemplari i due cataloghi delle sculture conservate nella Galleria degli Uffizi: Galleria degli Uffizi. Le sculture, I-II, Roma 1958-61, in cui, all'inquadramento critico dei singoli monumenti, si accompagna una fine ricostruzione storica delle complesse vicende costitutive delle stesse collezioni.

Per le mostre va ricordata la Mostra dell'Etruria padana e della città di Spina, tenutasi a Bologna (catal., I-II, ibid. 1960), la quale è sicuramente il punto di arrivo delle principali elaborazioni scientifiche del dopoguerra, ma è anche un punto di partenza per tutte le ricerche successive sul problema storico della presenza degli Etruschi in quest'area. Un anno dopo fu realizzata in varie città la Mostra dell'arte delle situle dal Po al Danubio, VI-V secolo a.C. (catal., Firenze 1961), una mostra itinerante, nell'ambito della quale il M. pur essendo solo segretario del comitato scientifico presieduto da M. Pallottino, fu in realtà l'ideatore e l'animatore dell'iniziativa che ripropose all'attenzione del mondo scientifico la complessa esperienza di quest'arte per la prima volta analizzata nella sua globalità e con taglio fortemente innovativo. Nel 1964 fu il turno di un'altra grande mostra bolognese dedicata all'arte romana: Arte e civiltà romana nell'Italia settentrionale dalla repubblica alla tetrarchia (catal., I, a cura di G.A. Mansuelli, Bologna 1964), nella quale vengono delineati gli elementi di continuità e di discontinuità della Cisalpina, in una dialettica fra arte colta e linguaggi locali che passa attraverso il recupero di molti materiali "minori".

L'altro filone di studi al quale il M. dedicò grandi energie è quello dell'etruscologia.

Qui vanno ricordati i suoi lavori giovanili e pionieristici sugli specchi (Gli specchi etruschi figurati, in Studi etruschi, XIX [1946-47], pp. 3-137), nei quali si assiste per la prima volta a un tentativo di individuare gruppi omogenei, botteghe, sequenze artigianali e cronologiche: la grande esperienza in questo campo è stata decisiva per l'avvio della pubblicazione del nuovo Corpus speculorum Etruscorum all'interno dell'apposito comitato costituito dall'Istituto di studi etruschi e italici di cui lo stesso M. faceva parte. Come esemplari del suo spiccato interesse per l'urbanistica e l'architettura dell'area tirrenica, oltre che dell'attenzione verso alcuni importanti fenomeni artistici, si vedano: Le sens architectural dans les peintures des tombes tarquiniennes avant l'époque hellénistique, in Revue archéologique, s. 7, II (1967), pp. 41-47; Individuazione e rappresentazione storica nell'arte etrusca, in Studi etruschi, XXXVI (1968), pp. 3-19; La necropoli orvietana di Crocefisso del tufo. Un documento di urbanistica etrusca, ibid., XXXVIII (1970), pp. 3-12; Τυϱ̓ϱ̔ηνοί ϕιλοτέχνοι. Opinioni di antichi sull'arte etrusca, in Studi di antichità in onore di G. Maetzke, Roma 1984, pp. 355-365; Urbanistica ed architettura etrusco-italica. Prospettive di ricerca, in Atti del II Congresso internazionale etrusco, Firenze… 1985, I-III, Roma 1989, I, pp. 407-440. E anche in questo campo non mancano lavori di sintesi come Etruria, Baden-Baden 1963 o come L'ultima Etruria. Aspetti della romanizzazione del Paese etrusco. Gli aspetti culturali e sacrali, Bologna 1988.

Ma è soprattutto sull'Etruria padana che il M. ha indirizzato i suoi interessi etruscologici. Qui lavorò dapprima come soprintendente e poi come professore universitario, rivisitando criticamente l'intero problema della presenza etrusca nella valle del Po che, nell'immediato dopoguerra, ancora ristagnava nelle secche metodologiche e di contenuto di Ducati, molto vicino di fatto alle ormai superatissime posizioni di E. Brizio.

Con i suoi numerosi lavori - tra i quali vanno ricordati quanto meno Problemi storici dell'Etruria padana, in Spina e l'Etruria padana. Atti del I Convegno di studi etruschi, Ferrara… 1957, in Studi etruschi, XXVII (1959), supplemento, pp. 95-112; nonché Formazione delle civiltà storiche nelle pianura padana orientale. Aspetti e problemi, ibid., XXXIII (1965), pp. 3-47 - la presenza degli Etruschi nella valle del Po cessa di essere quel fenomeno marginale e cantonale al quale l'avevano relegato gli studi precedenti. L'atteggiamento critico del M. in tutti questi lavori è ben lontano da qualsiasi indulgenza localistica, ma è al contrario teso a una visione ampia dei fenomeni e dei problemi esaminati, sempre ricondotti a un quadro storico di grande respiro, che tocca l'intera penisola e anche il Mediterraneo.

Tra le città etrusche di area padana dedicò molta attenzione a Bologna (Una stele felsinea di tradizione villanoviana, in Riv. dell'Istituto nazionale d'archeologia e storia dell'arte, V-VI [1956-57], pp. 5-28; La terza Bologna, in Studi etruschi, XXV [1957], pp. 13-30) anche se fu soprattutto la città etrusca di Marzabotto che lo vide impegnato.

Qui fu animatore e direttore delle campagne di scavo che l'Università di Bologna vi condusse per tanti anni: sul piano scientifico ebbe modo, così, di affrontare su basi nuove tutti i principali problemi storici, urbanistici, architettonici della città etrusca e sul piano didattico inaugurò, con largo anticipo sui tempi, quella formula dello scavo-scuola, poi così profondamente radicato nelle Università italiane.

A Marzabotto dedicò molti contributi: La città etrusca di Misano (Marzabotto), in Arte antica e moderna, V (1962), pp. 14-27; La casa etrusca di Marzabotto, in Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts. Römische Abteilung, LXX (1963), pp. 44-62; Una città etrusca dell'Appennino settentrionale, in Situla. Dissertationes Musei nationalis Sloveniae, 8, Arheološke študije, II (1965), pp. 79-92; Marzabotto. Dix années de fouilles et de recherches, in Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité, LXXXIV (1972), pp. 111-144, nei quali prende corpo una nuova e diversa interpretazione complessiva della città, della sua planimetria urbana, della sua articolazione interna, delle sue funzioni economiche e produttive, delle sue esperienze artistiche, della sua composizione sociale, dei suoi livelli artistici e culturali.

Sulla scia dei suoi interessi per gli Etruschi e per l'età preromana si collocano anche alcuni importanti lavori sulla presenza nella pianura padana (ma non solo) dei Celti.

Si veda, per esempio, Problemi storici della civiltà gallica in Italia, in Hommages à Albert Grenier, I-III, a cura di M. Renard, Bruxelles 1962, III, pp. 1067-1093; Etruschi e Celti nella valle del Po. Proposte e revisioni per una nuova impostazione problematica, in Hommages à Marcel Renard, a cura di J. Bibauw, I-III, Bruxelles 1969, II, pp. 485-504. Il loro ruolo nella storia dell'Italia antica viene qui rivalutato con una posizione critica di avanguardia considerato che solo molto più tardi alcune importanti testimonianze archeologiche avrebbero finito col dare peso a queste intuizioni. Sulla scia dell'interesse per i Celti si colloca anche la monografia Les civilisations de l'Europe ancienne (Paris 1967) in cui, lungo un arco cronologico e geografico molto ampio, si cerca di risalire alle radici storiche del "vecchio continente".

Il M. appartenne a quella categoria di studiosi a tutto campo, che con lui si esaurisce, i quali furono soprintendenti, direttori di musei e professori universitari, unificando nella loro persona mansioni diverse e ricavando, proprio dall'ampiezza e dalla complessità di tali funzioni, ricchezza e qualità di lavoro, ma anche intesità di impegno. Del M. si deve sottolineare in primo luogo la straordinaria validità del metodo e la grande facilità di approdare, in tutti i suoi lavori, a conclusioni sempre innovative e a solide interpretazioni storiche.

Fonti e Bibl.: C. Morigi Govi, L'Etruria padana e la città di Spina, in L'arte. Un universo di relazioni, a cura di A. Emiliani - M. Scolaro, Milano 2002, pp. 168-171; S. Settis, Arte e civiltà romana nell'Italia settentrionale dalla repubblica alla tetrarchia, ibid., pp. 184-187; L. Cozza Luzzi - G. Sassatelli - D. Scagliarini, G.A. M. (1916-2001), in Rendiconti della Pontificia Acc. romana di archeologia, LXXIII (2000-02), pp. 339-350; G. Sassatelli, Ricordo di G.A. M., in Studi etruschi, LXV-LXVIII (2002), pp. IX-XIII; Id., G.A. M. maestro di etruscologia a Bologna, in Il Carrobbio, XXXII (2006), pp. 5-13.

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