BORROMEO, Guido

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 13 (1971)

BORROMEO, Guido

Lucio Villari

Discendente dalla storica famiglia lombarda, nacque a Milano il 21 nov. 1818 dal conte Vitaliano e dalla marchesa Maria d'Adda. Il clima tollerante e aperto della famiglia, l'intelligente sensibilità politica del padre Vitaliano (una delle figure più in vista dell'aristocrazia lombarda, esperto finanziere e coraggioso imprenditore, che spinse il figlio alla vita pubblica, sostenendolo con l'esempio e i consigli) furono propizi alla sua maturazione civile e politica.

Sull'esempio del padre, nel 1848 il B. fu sulle barricate di Milano distinguendosi per atti di valore che lo fecero scegliere, tra i tanti, a far parte del governo provvisorio rivoluzionario. Dal 29 giugno al 26 luglio ebbe anche l'incarico di inviato straordinario del governo provvisorio centrale della Lombardia presso Carlo Alberto al campo di Pavia, in sostituzione di Antonio Beretta.

Costretto ad abbandonare Milano al ritorno degli Austriaci e a interromperela sua carriera di avvocato fiscale, nel 1849 il B. veniva nominato dal governo sardo segretario di legazione a Parigi. Tornato a Torino, s'inserì rapidamente nella febbrile attività politica della capitale, avvicinandosi a Cavour e al suo entourage. Nell'aprile 1860 Cavour nominò il B., che era stato intanto eletto deputato per la circoscrizione di Desio, suo segretario particolare: il B. ebbe così la ventura di essere accanto al grande statista nella fase conclusiva del Risorgimento nazionale.

In quell'anno decisivo l'ufficio del B. fu, tra l'altro, quello di seguire la mosse dei democratici (e in particolare di Garibaldi e di Mazzini); ed egli interpretò nel modo più rigido possibile le direttive e le preoccupazioni di Cavour di fronte all'impresa dei Mille e alla liberazione del Mezzogiorno. Nonostante l'avversione verso i democratici e l'assoluta sfiducia nelle capacità di inserimento del Mezzogiorno nello Stato unitario, il B. fu indicato, nell'ottobre 1860, come collaboratore del luogotenente Eugenio di Savoia a Napoli.

Egli rimaneva però a Torino, su richiesta del Minghetti, e nel dicembre di quell'anno veniva nominato segretario generale del ministero dell'Interno, di cui era titolare il Farini (e dal 31dic. 1860 lo stesso Minghetti). Rieletto al Parlamento, dopo ballottaggio, nelle elezioni del febbraio 1861 per i collegi di San Benedetto del Tronto e di Melegnano, il B., il 13 marzo 1861, optava per quest'ultimo. In seguito alle dimissioni del Minghetti dal ministero Ricasoli, il 1º sett. 1862, lasciava anch'egli la segreteria generale degli Interni, dopo aver provvisoriamente conservato la carica nel primo periodo di interinato, il 15 ottobre seguente. Con il ministero Minghetti, nel 1863, tornava ancora a coprire un alto ufficio amministrativo, come segretario generale alle Finanze, carica che conserverà poi con il Sella.

La scomparsa di Cavour (e con lui di una politica liberale duttile e progressista), l'amicizia sempre più stretta col Minghetti, una francofilia che, comune a gran parte del gruppo moderato, raggiungeva nel B. forme parossistiche non fecero che spingere sempre più quest'ultimo verso posizioni di intransigente conservatorismo. La liberazione di Roma contribuirà poi a rinchiuderlo in una sorta di stizzoso isolamento ideologico e politico da lui giustificato con la preoccupazione che la classe dirigente liberale, il costume civile del Piemonte, la stessa società italiana si venissero inesorabilmente "meridionalizzando".

Le sue tesi erano tuttavia condivise da una parte dello schieramento moderato, che comprendeva personalità come Nigra, Visconti Venosta, Lanza, Dina, Bonghi. Figura di minore rilievo, il B. fu però tra coloro che, come ha osservato Federico Chabod, esercitarono "un influsso continuo e notevole sulla cosa pubblica".

Fu proprio il problema di Roma e quello dei rapporti con la Francia, che portarono al limite della rottura la polemica del B. con le direttive di governo e che gli fecero prendere la decisione di cessare di svolgere un ruolo attivo nella vita politica dello Stato unitario. Nelle elezioni del 1871 non presentava più la propria candidatura; l'anno seguente veniva nominato senatore. Tra il 1871 e il 1878 fu presidente del Consiglio provinciale di Milano e della Cassa di risparmio per le Provincie lombarde.

Il B. morì a Nizza Marittima il 19 novembre del 1890.

Fonti eBibl.: Carteggio Casati-Castagneto, a cura di V. Ferrari, Milano 1909, p. 197; Carteggio tra M. Minghetti e G. Pasolini, a cura di G. Pasolini, I-III, Torino 1924-30, ad Indices;C. Cattaneo, L'insurrezione di Milano nel 1848…, Torino 1949, ad Indicem; Carteggi di C. Cavour,La questione romana negli anni 1860-61, I-II, La liberazione del Mezzogiorno e la formaz. del Regno d'Italia, I-V, vedi Indice gener. dei primi quindici volumi (1926-1954), Bologna 1961, p. 24; I Doc. dipl. ital., s. 1, I, Roma 1952, p. 388; III, ibid. 1965, p. 204; XIII, ibid. 1963, pp. 209 s.; s. 2, I, ibid. 1960, pp. 482 s.; A. Monti, Un italiano: F. Restelli, Milano 1933, ad Indicem;C.Spellanzon, Storia del Risorg. e dell'unità d'Italia, IV, Milano 1938, p. 852; L. Lipparini, Minghetti, II, Bologna 1942, pp. 141 s., 267, 272 s., 275 s., 282 s., 305-307; F. Chabod, Storia della polit. estera dal 1870 al 1896. Le premesse, Bari 1951, ad Indicem; C.Pavone, Amministr. centrale e amministr. periferica, Milano 1964, p. 158; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale..., Roma 1896, ad vocem;M. Rosi, Diz.del Risorg. Naz., II, ad vocem.

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