GUINIZELLI, Guido

Enciclopedia Italiana (1933)

GUINIZELLI (Guinizzelli), Guido

Mario Casella

Poeta, nacque a Bologna tra il 1230 e il 1240 dal giudice Guinizello di Magnano e fu giudice (1268) egli stesso. Come tutta la sua famiglia seguì la fazione ghibellina dei Lambertazzi. Al trionfo dei guelfi Geremei (1274), fu messo al bando da Bologna insieme coi fratelli e la moglie Beatrice della Fratta e il piccolo figliuolo Guiduccio. A Monselice, che gli esuli s'erano scelto a dimora di confino, lasciando in patria il vecchio padre demente, il poeta morì nel 1276.

Nella storia della letteratura italiana il G. è l'iniziatore di quella poesia "dolce e nuova" che, fuori dall'astratto e generico contenuto della lirica idealistica siciliana provenzaleggiante, seppe cogliere con immediatezza espressiva l'essenza della passione amorosa nei momenti in cui internamente trepida e trabocca. Dante lo riconobbe maestro suo, e degli altri migliori di sé, nel dettare "dolci e leggiadre rime d'amore" (Purg., XXVI, vv. 97-99). Il G. cominciò come guittoniano, e in faticose canzoni aderì ai luoghi comuni della lirica e della trattatistica erotica contemporanea, intesi a liberare da ogni elemento sensuale il concetto d'amore ereditato dai provenzali. Ma nelle viete situazioni e nelle vecchie figurazioni letterarie egli tosto immise e tradusse un'esperienza intima e nuova, più sofferta che contemplata, e fissata nel suo impeto con rigidi accenti e senza sfumature. Il conflitto d'amore, sciolto dal retaggio cavalleresco della moderazione e del dominio di sé, e affermato nei termini concreti della vita di ogni giorno, si ricompone da ultimo in una visione fantastica che è contemplazione della bellezza serenante e aspirazione verso la bontà, l'umiltà e la fede. Il G. attua nella sua esperienza quanto era stato astrattamente teorizzato: che amore, principio di virtù, è la vera nobiltà del cuore, naturale e permanente, non ereditaria coi diritti del sangue. Nella canzone Al cor gentil ripara sempre amore il G. sublima la donna all'altezza degli angeli per la virtù beatifica e perfettiva che la sua bellezza infonde nel cuore di chi l'ama. Egli non nega il "vano amore" verso la donna che tiene "d'angel sembianza"; ma sentimentalmente lo dichiara un'illusione benefica per i mirabili effetti che esso amore produce. Egli compone così, praticamente, il dissidio tra l'amore umano e il divino; e tale conciliazione pratica, attraverso la teoria amorosa di Guido Cavalcanti, costituisce il fondamento psicologico dell'aristocratico sentire di Dante nella sua Vita nuova.

L'opera del G. è in T. Casini, Le rime dei poeti bolognesi del sec. XIII (Scelta di curiosità ined. e rare, n. 185), Bologna 1881.

Bibl.: F. Pellegrini, La Canzone d'amore di G. G., in Nuovi Studi Medievali, I (1923), p. 9 segg. Per le ricerche storico-biografiche, V. Rossi, Scritti di critica letteraria, I, Firenze 1930, p. 19 segg.