GUISCARDI, Traiano, marchese del Cerro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 61 (2004)

GUISCARDI, Traiano, marchese del Cerro

Alice Raviola

Figlio di Antonio, dei consignori di Terruggia, nacque a Casale Monferrato nel 1554.

Vari esponenti della famiglia paterna, originaria di Vercelli e presente a Casale dal XV secolo, si erano distinti servendo i marchesi di Monferrato in qualità di segretari e cancellieri. Antonio ricoprì l'incarico di console di Casale tra il 1561 e il 1563; negli anni immediatamente successivi, caratterizzati dall'aspra opposizione di parte del patriziato urbano verso il nuovo marchese di Monferrato, il duca di Mantova Guglielmo Gonzaga, a differenza dei fratelli Marc'Antonio e Cristoforo, restò fedele al sovrano.

In sintonia con la tradizione familiare, il G. fu avviato agli studi giuridici, che condusse presso lo Studium di Pavia, laureandosi nel 1589. L'anno seguente iniziò la sua carriera nella Cancelleria mantovana. Nel 1592 sposò Vittoria, figlia di Giovanni Francesco Dalla Valle e di Lucrezia Magnocavalli, sorella di Ottavio. Nel 1598, mentre quest'ultimo esercitava la carica di podestà della capitale del Ducato, lo mise a parte del suo ingresso a corte in occasione di una sontuosa recita del Pastor fido. Da alcuni anni, infatti, era divenuto segretario di Vincenzo I Gonzaga e il suo ruolo andava assumendo maggiore spessore. Nel 1607 fu destinato alla segreteria dell'ambasciata mantovana a Parigi e, nonostante l'assenza forzosa, non interruppe la corrispondenza con la famiglia affidando talora il compito di scrivere al segretario Giustiniano Preandi. Nei dispacci diplomatici inviati a Mantova e a Casale, il G., "assai bene visto da queste Maestà" (Preandi a Ippolito Magnocavalli, 25 febbr. 1608), fornì informazioni di varia natura: da quelle sul mercato librario parigino - cui era direttamente interessato - e sulle mode musicali della corte a quelle, più sostanziose, sulle imprese di carattere coloniale tentate dalla Francia o sulle tensioni politiche interne.

Grazie alle sue notevoli capacità e al buon grado di inserimento raggiunto a corte, ricevette l'ordine di restare a Parigi anche dopo l'assassinio di Enrico IV (14 maggio 1610), di cui diede pronto ragguaglio al duca e ai congiunti dimostrandosi profondamente impressionato. Proprio il G., nei due anni successivi, tentò di mediare tra la posizione francese, sempre più vicina a quella sabauda, e quella mantovana, tradizionalmente filospagnola. La morte di Vincenzo I Gonzaga (18 febbr. 1612) e quella del suo primogenito Francesco (22 dic. 1612) fecero precipitare gli eventi: la Corona francese decise di sostenere Carlo Emanuele I di Savoia nel tentativo di occupare e annettere il Monferrato, eretto al rango di Ducato nel 1574. All'inizio del conflitto, il G. fu richiamato dal duca Ferdinando Gonzaga come consigliere di Stato di Mantova.

Lì gli vennero presto a mancare lo stipendio di 2712 scudi percepito come inviato straordinario, gli agi della corte parigina ("Dubito ch'a Mantova m'habbiano per un camaleonte, ché mi pascono d'aria" scrisse al cugino Curzio Magnocavalli il 16 marzo 1614) e, soprattutto, i contatti che era riuscito a instaurare con alcuni ministri francesi.

Per questo, nonostante la formale rottura delle trattative diplomatiche, si recò spesso in missione a Parigi occupandosi in prima persona dei rapporti tra il suo sovrano e Luigi XIII.

La difficile impresa, che lo portò spesso a riflettere sulle "tragedie che si rappresentano sul teatro dell'infelice Monferrato" (lettera del 13 febbr. 1617 a Ippolito Magnocavalli), gli valse, a conflitto concluso, la promozione al rango di gran cancelliere dello Stato di Monferrato. L'incarico, conferitogli con patenti del 3 dic. 1620, prevedeva la facoltà di "poter ributtare et cancellare tutte le gratie, concessioni, donationi o remissioni" stabilite dal Senato e garantiva al G. il ruolo di plenipotenziario del Ducato. Prima di lui, solo l'acquese Guido Avellani, presidente del Senato, aveva raggiunto un simile status e alla morte del G. la carica sarebbe stata abolita.

Impegnato a sorvegliare il funzionamento delle magistrature casalesi nel corso dei primi e difficili anni Venti, il G. tornò con vigore alla diplomazia non appena si profilò lo scenario che avrebbe portato alla seconda guerra per la successione del Monferrato (1628-31). Postosi subito a capo del partito filofrancese, rappresentato a Mantova dal ministro Alessandro Striggi, alla morte del duca Ferdinando sostenne la successione di Carlo Gonzaga Nevers, di cui divenne confidente e che servì gestendo i negoziati in corso. Durante il conflitto, celebre per l'assedio di Casale del 1628, insieme con il generale delle armi in Monferrato Giovanni Tommaso Canossa, riuscì a garantire al pretendente al trono l'appoggio di Luigi XIII e di Richelieu, vincendo le resistenze dell'entourage della regina madre Maria de' Medici, ostile ai Gonzaga-Nevers. Nel 1629 fu tra i protagonisti delle trattative di Susa tra don Gonzalo Consalvo de Córdova, i ministri francesi e gli inviati del duca di Savoia Carlo Emanuele I. In quell'occasione si oppose fermamente al progetto della cessione di Trino al Piemonte, proposta al duca di Mantova per porre fine alle ostilità.

Questa e altre missioni del G. ebbero esito sostanzialmente negativo a causa delle rigide posizioni del duca sabaudo, sostenitore della successione al trono della principessa Maria, nata da sua figlia Margherita e dal defunto Francesco Gonzaga, e del temporaneo disinteresse dei Francesi, impegnati a La Rochelle. La guerra riprese con furia e solo al principio del 1631 le parti decisero di riunirsi per raggiungere un accordo; per l'incontro fu scelto il luogo di Cherasco, terra sabauda ma assai vicina alla città monferrina di Alba.

Il G., il solo rappresentante di Carlo Gonzaga Nevers, vi giunse il 27 febbraio e impostò il dialogo auspicando la sostanziale salvaguardia dei confini del Monferrato settentrionale, il saldo del pagamento delle doti di Margherita di Savoia e l'imposizione di spese di guerra moderate. In realtà, il G. incontrò numerose difficoltà e a poco valse, se non a suscitare lo sdegno dell'ambasciatore francese A. Servien, la sua riluttanza a firmare le disposizioni finali del trattato, siglate in tre date (31 marzo, 6 aprile e 19 giugno). Con esso furono imposte pesanti condizioni al duca di Mantova e Monferrato: oltre a pagare un indennizzo di 15.000 scudi d'oro, Carlo Gonzaga Nevers avrebbe dovuto cedere al Ducato di Savoia Trino, Alba e l'Albese, per un totale di settantaquattro località che costituivano "la miglior parte del già florido Monferrato" (Quazza, II, p. 277).

Lo stesso G., consapevole dello scarso favore che avrebbe potuto incontrare la sua missione, il 24 apr. 1631, appena rientrato da Cherasco, si schermì con l'amico Vincenzo Picco: "Io me la vo passando al meglio e, se non mi è riuscito di servire nella conferenza di Cherasco il serenissimo signore nostro secondo 'l mio desiderio, non l'ho almeno disservito e 'l mondo me ne dà assai buon testimonio: la necessità è una dura legge alla quale è prudenza alle volte di soggiacere". In effetti, prestando fede alla cronaca dello speziale Giovanni Domenico Bremio, prezioso testimone della storia casalese del Seicento, alcuni contemporanei imputarono la responsabilità del fallimento proprio al G., accusato di esser sempre stato "parziale per il re di Francia" (Annali casalesi… Bremio, p. 404): pur essendo "ritenuto dal mondo per l'uomo il più giudizioso et superiore agli antichi filosofi" e avendo conservata sempre intatta la sua fedeltà ai Gonzaga, "per esser stato molti anni in Francia, si era troppo affezionato alla medesima, forse anche per ottenerne delli onori e delli feudi", tra i quali il marchesato di Lumel (ibid., p. 406).

Il G. continuò però a godere della stima incondizionata del sovrano che, nel 1634, volle ricompensare i suoi servigi con alcune porzioni del feudo di Villanova Monferrato e con il titolo di marchese del Cerro. A Casale, inoltre, continuò a rivestire un ruolo politico di primo piano favorendo la permanenza del presidio francese. Anche per questo divenne bersaglio di attentati della fazione filo-spagnola prezzolata da emissari di Diego Felipe Guzmán marchese di Leganés. Il rischio, negli ultimi anni della sua vita, si fece tale da indurre i membri del Consiglio di Stato di Monferrato a modificare gli orari delle riunioni, anticipandole al mattino, poiché quelle pomeridiane terminavano solitamente "ben tardi e nello scuro della notte e così in tempo più atto alle tradigioni e assassinamenti" (Arch. di Stato di Torino, Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche, m. 7).

Il G. morì a Casale il 26 marzo 1639. Il suo corpo fu tumulato nella cappella di famiglia della chiesa cittadina di S. Francesco.

Appassionato bibliofilo, erudito e poeta dilettante, il G. fu anche protagonista della società casalese e del modesto mondo intellettuale cittadino attraverso l'Accademia degli Illustrati, di cui fece parte dal 1590 con il nome di Rapito. Fu anche membro dell'Accademia dei Desiosi di Pavia. A parte la sua ricca biblioteca, "lasciata a pubblico comodo della città" (De Conti, VII, p. 539), il patrimonio del G., che non ebbe figli maschi, andò in eredità all'unica figlia, Irene, moglie dal 1613 del patrizio casalese Mercurino Tarachia, governatore della cittadella di Casale. I loro figli avrebbero poi aggiunto al cognome paterno quello del nonno, dando origine al ramo dei Tarachia Guiscardi marchesi del Cerro e, dopo il matrimonio tra Vittoria Tarachia Guiscardi con l'ufficiale francese Jules Floremont, a quello dei Floremont Guiscardi, conti di Villanova.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Corte, Paesi, Monferrato, Registri concessioni, reg. 8, c. 235v; Materie economiche ed altre, mm. 13, f. 55; 14, f. 1; Arch. di Stato di Alessandria, Arch. Picco Gonzaga d'Uviglie, cass. 105 (24 apr. 1631); Casale Monferrato, Arch. stor. del Comune, Arch. Magnocavalli di Varengo, mm. 155, f. 11 (21 febbr. 1592); 208, f. 1 (1° luglio 1589, 20 genn. 1607, 25 febbr. 1608, 16 marzo 1614, 13 febbr. 1617); Arch. De Conti, Raccolta di materiale storico monferrino (ex B), m. 4, f. 51: Serie, ossia Cathalogo degli illustri scrittori del Monferrato raccolto… da Gio. Francesco Razzani, ad vocem; Arch. di Stato di Mantova, Mss.: G.B. Vassallo, Annali (1613-1693), c. 14; Roma, Biblioteca dell'Istituto dell'Enc. Italiana, A. Manno, Il patriziato subalpino, vol. GOR-GUT (dattiloscritto), pp. 687 s.; Cronaca monferrina di Giovanni Domenico Bremio, speciaro di Casale Monferrato (1613-1631), a cura di G. Giorcelli, in Riv. di storia, arte, archeologia per le provincie di Alessandria e Asti, XVI (1907), 4, p. 504; XVII (1908), pp. 143, 277, 287, 423, 429, 570, 579, 595 s., 600, 602; Annali casalesi di Gian Domenico Bremio, speciaro di Casale Monferrato (1632-1661), a cura di G. Giorcelli, ibid., XVIII (1909), 3, pp. 397, 401-408; V. De Conti, Notizie storiche della città di Casale, Casale 1840, VI, pp. 297, 483; VII, pp. 57, 103, 404, 435, 538 s.; F. Valerani, Le accademie di Casale nei secoli XVI e XVII, in Riv. di storia, arte, archeologia per le provincie di Alessandria e Asti, XVII (1908), pp. 378, 381, 519, 547-550; G. Giorcelli, Storia della delegazione mandata da Carlo I Gonzaga… al congresso di Cherasco nell'anno 1631, ibid., XXI (1912), 2, pp. 73-80; R. Quazza, La guerra per la successione di Mantova e del Monferrato (1628-1631), Mantova 1926, I, pp. 22, 62, 182, 265, 325-328, 331 s., 335, 344, 346-349, 356, 359, 364, 381, 398; II, pp. 79, 255-257, 259, 266-269, 271, 273, 279, 293, 295, 307.

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