GUNZONE

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 61 (2004)

GUNZONE (Gonzone)

Paolo Chiesa

Due diverse epistolae redatte in latino nel X secolo, una indirizzata al vescovo di Vercelli, Attone, l'altra ai monaci Augienses, cioè dell'abbazia di Reichenau, recano nell'intestazione il nome Gunzone; si è a lungo discusso se gli estensori delle due lettere siano la medesima persona e il dibattito non pare per il momento concluso.

L'Epistola ad Attonem, un breve rescritto conservato con qualche lacuna all'interno dell'epistolario di Attone di Vercelli (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 4322, e Vercelli, Biblioteca capitolare, ms. 40), venne redatta fra il 924 e il 960 da un Gunzone che si definisce "Novariensis ecclesiae levitarum extimus", e dunque diacono della chiesa di Novara. Attone aveva sollecitato a Gunzone un parere circa una questione di diritto canonico, cioè la liceità del matrimonio fra il figlio del padrino di battesimo e la figlioccia del medesimo; Gunzone gli rispose citando una lettera di papa Zaccaria a Teodoro, vescovo di Pavia, in cui tale unione veniva condannata. Il fatto che Attone, uno dei vescovi e degli intellettuali più importanti dell'epoca, riconoscesse come autorevole il parere di Gunzone, spinge a ritenere che il diacono novarese fosse personaggio di notevole levatura culturale; d'altro canto, come è stato notato, la biblioteca del capitolo di S. Maria a Novara disponeva del materiale necessario per studi di carattere canonistico. Di questo Gunzone non abbiamo altre attestazioni certe, essendo impossibile stabilire se si tratti del suddiacono del medesimo nome che risulta proprietario di un terreno in un documento novarese del 924.

L'Epistola ad Attonem è stata pubblicata in L. d'Achery (Dacherius), Veterum aliquot scriptorum… spicilegium, Parisiis 1723, I, pp. 437 s.; in J.-P. Migne, Patr. Lat., CXXXIV, coll. 111 s.; in The letters of Atto, bishop of Vercelli, a cura di G.A. Willhauck, diss., University Microfilms International, Ann Arbor, MI, 1992, pp. 69-71.

L'Epistola ad Augienses fu scritta probabilmente dopo il gennaio 965 da un Gunzone che si definisce semplicemente "Italicus", e rappresenta uno dei più interessanti e singolari documenti letterari del X secolo. Si tratta di un testo di una certa estensione, suddiviso in 18 capitoli nell'edizione Manitius e seguito da un epilogo in 32 esametri ricchi di echi virgiliani. In esso Gunzone racconta che, cedendo alle insistenze di Ottone I che lo voleva in Germania, certo per svolgervi un insegnamento, si era unito all'imperatore che rientrava coi suoi uomini dall'Italia nel cuore dell'inverno. Attraversate con fatica le Alpi, l'esercito si era accampato presso il monastero di San Gallo; qui Gunzone si era scontrato con un monaco - forse il maestro della schola Eccheardo (II), precettore di corte - che lo aveva dileggiato per avere sbagliato un caso latino nel corso di una conversazione. Volendo vendicare quella che aveva sentito come una cocente offesa, Gunzone scrisse ai monaci di Reichenau - tappa successiva del viaggio, dove aveva goduto di ottima accoglienza -, ridicolizzando i loro confratelli di San Gallo e facendo sfoggio della sua cultura classica e biblica, di cui è specchio il consistente bagaglio di libri che Gunzone dichiara di avere al seguito (fra gli altri, anche testi filosofici come il Timeo di Platone, il De interpretatione e i Topica di Aristotele, certo nelle loro traduzioni latine di Calcidio e Boezio). La lettera, scritta in un linguaggio allusivo e ricercato che utilizza al meglio gli strumenti della retorica, è infarcita di citazioni classiche e di reminiscenze scolastiche: Gunzone mostra di conoscere Terenzio, Virgilio, Sallustio, Orazio, Cicerone, la Rhetorica ad Herennium, Persio, Giovenale, Stazio, Servio, Prisciano, Marziano Capella, Girolamo, Macrobio, Boezio, Cassiodoro, Gregorio Magno, Isidoro, Remigio di Auxerre. Al di là dell'intendimento polemico, che rende la situazione paradossale e conduce l'ostentazione di cultura al confine del ridicolo, l'Epistola rappresenta un documento impressionante dei libri che si potevano leggere e delle competenze retoriche che si potevano raggiungere nelle scuole italiane settentrionali dell'epoca. È stata invece recentemente ridimensionata la pretesa che i codici che Gunzone dichiara di avere con sé siano stati un importante anello di passaggio nella trasmissione dei classici dall'Italia alla Germania, poiché per nessuno di essi pare possibile dimostrare una filiazione diretta e una diffusione successiva oltre le Alpi; del resto non si può fugare il sospetto di Manacorda che Gunzone non si riferisca a manoscritti di sua proprietà, ma voglia alludere a libri che Ottone portava con sé dall'Italia per la biblioteca imperiale, forse curati da Gunzone nel periodo del viaggio.

La traversata delle Alpi di Gunzone avvenne, secondo le opinioni più accreditate, nell'inverno 964-965, al seguito di Ottone che rientrava definitivamente vittorioso su Berengario II; l'imperatore è attestato a San Gallo il 18 genn. 965, poi a Reichenau il 23 dello stesso mese. Scarso valore si attribuisce a due elementi che potrebbero portare ad anticipare la datazione del viaggio, cioè al fatto che nell'Epistola Ottone è definito rex e non imperator, titolo che gli fu attribuito dal novembre 962 (il contesto non richiede infatti una qualifica ufficiale) e al fatto che alla cacciata da San Gallo dell'abate Craloh, avvenuta nel 953, si allude come a un evento che sembrerebbe recente (i termini cronologici restano infatti molto vaghi). Quanto alla data di composizione della lettera, la virulenza polemica indica che essa venne scritta a non grande distanza dal conflitto fra Gunzone e i monaci di San Gallo; il testo potrebbe essere stato redatto nella stessa Reichenau, durante il soggiorno che Gunzone vi fece nel gennaio medesimo del 965, o nei mesi immediatamente successivi.

La lettera ebbe qualche diffusione nei secoli centrali del Medioevo. Essa è conservata in un manoscritto di Tegernsee (ora Ginevra-Cologny, Bibl. Bodmer, 80), una copia molto vicina all'autore, che potrebbe essere l'esemplare di dedica per i monaci di Reichenau, e in un manoscritto dell'XI secolo di St-Amand (ora Valenciennes, Bibliothèque municipale, 288); degli estratti si trovano inoltre nel florilegio classico che costituisce il ms. Douai, Bibliothèque municipale, 749, del XIII secolo. Altre copie, ora non più reperibili, sono attestate nelle biblioteche di Toul e di Gorze nell'XI secolo e in quella di Stavelot nel 1105. Gunzone potrebbe aver avuto fama di grande erudito al di là delle Alpi anche prescindendo dalla sua Epistola: è probabile infatti che sia lui quel Gunno il cui nome ricorre nella lista dei maestri medievali che si legge nel codice Leiden, Biblioteca dell'Università statale, Vossianus lat. O.15.

L'Epistola ad Augienses è stata pubblicata in E. Martène - U. Durand, Veterum scriptorum… amplissima collectio, I, Parisiis 1724, coll. 294-314; J.-P. Migne, Patr. Lat., CXXXVI, coll. 1283-1302; Gunzo, Epistola ad Augienses…, a cura di K. Manitius, in Mon. Germ. Hist., Quellen zur Geistesgeschichte des Mittelalters, II, Weimar 1958, pp. 3-57.

L'identificazione fra i Gunzone autori delle due Epistolae, introdotta dalle edizioni settecentesche, venne accettata senza riserve fino al termine dell'Ottocento. Essa fu respinta per la prima volta dal Novati, che propose di considerare il Gunzone dell'Epistola ad Augienses un magister di condizione laicale, e in seguito dall'editore critico dell'Epistola ad Augienses, Karl Manitius, secondo i quali gli indizi a favore dell'identificazione fra i due risultavano inconsistenti, riducendosi all'identità di nome, alla comune origine italiana e alla compatibilità cronologica. Lo scetticismo di Novati e di Manitius è per lo più condiviso dagli studi successivi: Manacorda nega l'identificazione fra i due Gunzone, ma in base a indizi interni ritiene comunque il Gunzone Italicus un ecclesiastico; Bullough propone di identificare il Gunzone Italicus con un omonimo prete milanese estensore di un documento del 963; Gavinelli, senza arrivare a escludere l'identificazione del Gunzone Italicus con il Gunzone di Novara, la ritiene tuttavia al momento indimostrabile. Ripropongono invece l'identificazione fra i due Lomaglio e, più cautamente, Cau. Lomaglio sottolinea che l'eccellente preparazione culturale del Gunzone Italicus è perfettamente compatibile con l'autorevolezza che Attone di Vercelli riconosce al Gunzone novarese; alcune differenze di stile fra i due testi potrebbero essere attribuite a epoche compositive diverse. A favore di un'identificazione del Gunzone Italicus con quello di Novara viene altresì invocato il buon livello raggiunto dalla scuola novarese nel X secolo (inferiore tuttavia a quello del secolo precedente) e il possibile parallelismo con la vicenda del magister novarese Stefano, chiamato a insegnare in Germania da Ottone I e da Poppone di Würzburg fra il 952 e il 970.

Fonti e Bibl.: J.C. Gatterer, Commentatio de Gunzone Italo, Norimbergae 1756; G. Becker, Catalogi bibliothecarum antiqui, Bonnae 1885, p. 153 n. 211; Th. Gottlieb, Über mittelalterliche Bibliotheken, Leipzig 1890, p. 289 n. 196; L. Delisle, Notices et extraits des manuscrits de la Bibliothèque nationale et autres bibliothèques, XXXV, Paris 1896, pp. 311 s.; F. Novati, L'influsso del pensiero latino sopra la civiltà italiana del Medio Evo, Milano 1899, pp. 32-40, 145-149; G. Morin, Le catalogue des manuscrits de l'abbaye de Gorze au XIe siècle, in Revue Bénédictine, XXII (1905), p. 11; G. Manacorda, Postille gunzoniane, in Scritti vari di erudizione e critica in onore di Rodolfo Renier, Torino 1912, pp. 99-118; M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, I, München 1921, pp. 531-536; R. Ordano, Attone di Vercelli, Vercelli 1948, p. 70; H. Silvestre, Note sur l'épître de Gunzo de Novare, in Revue Bénédictine, LXXI (1961), pp. 135-137; D.A. Bullough, Le scuole cattedrali e la cultura dell'Italia settentrionale prima dei Comuni, in Vescovi e diocesi in Italia nel Medioevo (secoli XI-XIII), Padova 1964, pp. 131 s.; E. Cau, Scrittura e cultura a Novara (secoli VIII-X), in Ricerche medievali, VI-IX (1971-74), pp. 6-67; H. Zimmermann, Gatterer über Gunzo, in Storiografia e storia. Studi in onore di E. Dupré-Theseider, II, Roma 1974, pp. 913-926; L.D. Reynolds, The lacuna of Sallust's "Jugurtha", in Revue d'histoire des textes, XIV-XV (1984-85), pp. 68 s.; E. Lomaglio, Gunzo levita Novariensis. Gunzo Italicus, in Boll. stor. per la provincia di Novara, LXXVI (1985), pp. 41-64; S. Gavinelli, Lo studio della grammatica a Novara tra l'VIII e il XV secolo, in Aevum, LXV (1991), pp. 262-264; F. Brunhölzl, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, II, München 1992, pp. 392 s., 615; G. D'Onofrio, "Sapientia terrena" e "philosophia coelestis" tra decadenza e "renovatio" dell'Impero, in Storia della teologia nel Medioevo, I, Casale Monferrato 1996, pp. 355-359; Rep. font. hist. Medii Aevi, V, p. 362; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXI, coll. 714 s.

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