Arendt, Hannah

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Filosofa e studiosa di teoria della politica (Hannover 1906 - New York 1975). Allieva di E. Husserl, K. Jaspers e M. Heidegger, fu costretta a emigrare per motivi razziali dapprima in Francia, poi negli USA, dove ha insegnato nelle università di Berkeley, Princeton, Chicago (dal 1963) e alla New School for Social Research di New York (dal 1967). Con The origins of totalitarianism (1951, trad. it. 1967) la A. ha dato una delle prime e più significative analisi di un sistema politico manifestatosi, per la A., essenzialmente nella Germania nazista e nell'URSS: il totalitarismo si lega al declino dello stato nazionale e al sorgere dell'imperialismo, alla rottura del sistema classista e all'atomizzazione della società di massa; principali strumenti del totalitarismo sono l'ideologia e il terrore, che si esprimono nel partito unico. Nella sua opera più controversa, Eichmann in Jerusalem: a report on the banality of evil (1963, trad. it. 1964), ha sollevato il problema delle responsabilità dei capi delle comunità ebraiche nell'aver agevolato la politica di sterminio nazista. Si ricordano inoltre On revolution (1963, trad. it. 1983) e la raccolta di saggi apparsa in Italia (1985) con il titolo Politica e menzogna. Il volume di A. Grunenberg Hannah Arendt und Martin Heidegger (2006; trad. it. 2009) ha ricostruito attraverso carteggi privati e altre fonti a oggi inedite la complessa relazione tra la filosofa e il suo maestro, delineata sullo sfondo delle vicende politiche e della vita intellettuale della Germania dei primi decenni del 20° secolo.

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