GEORGE, Heinrich

Enciclopedia del Cinema (2003)

George, Heinrich

Serafino Murri

Nome d'arte di Georg August Friedrich Hermann Schulz, attore cinematografico tedesco nato a Stettin (od. Szczecin, Polonia) il 9 ottobre 1893 e morto a Sachsenhausen il 26 settembre 1946. L'immagine forte e fiera del capo degli operai da lui interpretato nel capolavoro di Fritz Lang Metropolis (1927) resta uno dei ritratti più celebri di questo attore corpulento di formazione teatrale, dalla recitazione intensa e vigorosa, a tratti enfatica, spesso legata a figure paterne, che ha rappresentato una delle massime espressioni dell'eroismo cinematografico nella Germania dell'era nazionalsocialista.

Fin dalla prima giovinezza, G. si dedicò allo studio della recitazione con B. Mejewsky. Nel primo dopoguerra, militante tra le fila del Partito comunista, intensificò la sua attività teatrale con ruoli da protagonista nel teatro politico di Erwin Piscator a Berlino. Debuttò nel cinema con Der Roman der Christine von Herre (1921) di Ludwig Berger e recitò in seguito in diverse opere di buona qualità, tra cui Lucrezia Borgia (1922) di Richard Oswald, Lola Montez, die Tänzerin des Königs (1922) di Willi Wolff, e nel film scritto da Carl Mayer per Leopold Jessner e tratto dal dramma di F. Wedekind Erdgeist (1923), con la diva Asta Nielsen, partecipazioni che lo imposero come uno tra i più dotati attori del cinema muto europeo. Nel 1925 lavorò in Inghilterra, prendendo parte a She di Leander de Cordova, e l'anno seguente fu diretto da Lupu Pick in Das Panzergewölbe; ricoprì quindi il ruolo di Grot in Metropolis, mentre in Orientexpress (1927) di Wilhelm Thiele, affiancò l'attrice Lil Dagover. Con l'avvento del sonoro G. interpretò diversi personaggi di spicco in produzioni di livello internazionale come Manolescu (1929) di Viktor Tourjansky, con il divo russo Ivan Mosjoukine (I.I. Mozžukin) e Dita Parlo, e Menschen im Käfig (1930; Fortunale sulla scogliera) di Ewald Andreas Dupont, mentre fu émile Zola in Dreyfus (1930) di Richard Oswald. Memorabile risultò l'interpretazione dell'ambulante Franz Biberkopf, protagonista di Berlin ‒ Alexanderplatz (1931), film di impegno sociale e di grande compiutezza formale diretto da Phil Jutzi. Con l'ascesa del nazismo, G. cambiò rapidamente orientamento politico e scelse di restare a lavorare in Germania, diventando in breve uno dei più acclamati attori nazionali. Nel 1933 fu nel ruolo dell'ottuso padre comunista del giovane protagonista di Hitlerjunge Quex ‒ Ein Film vom Opfergeist der deutschen Jugend di Hans Steinhoff, dramma urbano su una famiglia lacerata dai contrasti ideologici, mentre sul set del latentemente propagandistico Das Mädchen Johanna (1935) di Gustav Ucicky conobbe l'attore e regista Veit Harlan, del quale sarebbe divenuto uno degli interpreti favoriti. Tra i protagonisti dell'epico Stjenka Rasin (1936; I cosacchi del Volga) di Alexander Volkoff, in una temperie politica sempre più condizionata dalla supervisione propagandistica dell'industria cinematografica, G. partecipò a Unternehmen Michael (1937; Battaglione d'assalto) di Karl Ritter, e Heimat (1938; Casa paterna) di Carl Froelich. Nel 1939 lavorò con Harlan a Das unsterbliche Herz (L'accusato di Norimberga), e l'anno successivo, oltre a prendere parte al film Friedrich Schiller (1940; I masnadieri) di Herbert Maisch, dette vita a due grandi interpretazioni: il ruolo del padre in Der Postmeister (1940; Il postiglione della steppa), che Ucicky trasse da un racconto di A.S. Puškin, e quello del granduca Karl Alexander di Würtenberg, dissoluto compare del subdolo protagonista di Jud Süss (1940; Süss l'ebreo), il più infame film di propaganda antisemita del regime che Harlan realizzò in linea con la politica hitleriana, tradendo il senso originario del romanzo dello scrittore ebreo L. Feuchtwanger. Durante la guerra fu molto attivo e partecipò a opere di un certo valore quali Schicksal (1942; Destino) di Geza von Bolvary e Der grosse Schatten (1942; La grande ombra) di Paul Verhoeven. Offrì la sua ultima, grande interpretazione nel film storico Kolberg (1945), che Harlan realizzò, con chiari intenti metaforici, in vista dell'imminente disfatta del Reich; a G. fu affidato il ruolo dell'eroico Nettelbeck, cittadino a capo della rivolta popolare contro le armate napoleoniche che invadono la Prussia. Arrestato dall'esercito sovietico con l'accusa di connivenza con il regime nazionalsocialista, fu tradotto e rinchiuso nel campo di concentramento di Sachsenhausen, dove trovò la morte.

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