FIELDING, Henry

Enciclopedia Italiana (1932)

FIELDING, Henry

Gu. Fo.

Scrittore inglese, nato a Sharpham Park presso Glastonbury il 22 aprile 1707, morto a Lisbona l'8 ottobre 1754. Fece nel Collegio di Eton i primi studî; dopo che un disastro finanziario ebbe distrutta la sostanza famigliare, andò a compierli a Leida, in Olanda. La vita sociale inglese era allora in quel periodo di essenziale e profondo rivolgimento che si era iniziato con la rivoluzione politica del 1688 che aveva visto la classe media, la borghesia commerciale, insorgere e cacciare gli Stuarts. E anche in letteratura si produsse un rinnovamento analogo: la letteratura passò dalla corte al popolo, cercò un nuovo e più diretto addentellato nella vita: gia il romanzo di De Foe esprime l'indomito spirito d'iniziativa e di avventura delle nuove generazioni. Il rivolgimento sociale portò con sé naturalmente anche i suoi pericoli: la corruzione politica, la mancanza di scrupolo, la sete di guadagni, caratteristici di una società ricca di energie, ma ancora priva di tradizioni. E questo spiega il pessimismo di quella piccola cerchia di poeti che vissero - come Pope e Swift - all'ombra della reazione nella corte della regina Anna. Il F., invece, idealista ma dotato di senso della realtà, critico ma ottimista, capace di spingere lo sguardo al di là degl'interessi del momento, fu colui che intuì come, nonostante tutto, da queste nuove forze vive molto si poteva sperare. Comprese che la nuova anima commerciale e borghese aveva bensì soverchiato l'anima inglese plasmata dalla guerra dei Cento Anni, da Elisabetta e dal puritanesimo; ma che a nulla valeva rifugiarsi in un olimpico ed egoistico pessimismo; era necessario, sì, additare il male, ma per tentare di liberarne le nuove forze ideali.

Dopo aver esordito con alcune commedie: Love in several masques (1728), The Temple Beau (1730), The Author's Farce (1730), il F. si impose definitivamente sulle scene con un dramma fiabesco, che era una diretta satira politica contro gl'intrighi parlamentari e contro il ministro Walpole: Tom Thumb the Great, rappresentato il 24 aprile 1730. Seguirono in breve giro di anni una ventina di altre composizioni, fra cui alcune commedie, che con violenza ancor maggiore rappresentavano la corruzione elettorale e l'immoralità degl'intrighi governativi (v. fra le più importanti Don Quixote in England, 1734, Pasquin, 1736, Historical Register for the year 1736) e indussero il ministro Walpole a promulgare il famoso Licensing Act, che stabiliva una severa censura teatrale. Obbligato allora ad abbandonare il teatro, il F. si volse al romanzo.

Più tardi, nel 1749, fu nominato giudice di pace; e anche questa carica, che fu in certo modo il compenso per la sua linea politica sempre fermamente fedele alla dinastia dei Hannover, doveva riuscire di vantaggio alla sua arte: costretto a dare udienza per giornate intere a persone di ogni condizione sociale, conobbe e osservò la vita nel suo insieme, assurgendo alla serena considerazione dei più vasti problemi umani e sociali.

La sua decisiva rivelazione come narratore fu il Journey from this World to the Next (nel 2° vol. delle Miscellanies, 1743), ispirato manifestamente a Luciano. È, in forma autobiografica, una caricatura degli avvenimenti e dell'ambiente dell'epoca; e vi si avverte, almeno per l'idea generale, anche qualche eco di Dante. Mercurio conduce l'anima del defunto in una vettura, mentre i parenti si bisticciano intorno al corpo per questioni di eredità. Dopo una breve sosta alla City of Diseases, la vettura arriva al palazzo della morte dove è Minosse che giudica se le anime dei trapassati possano aspirare alla felicità dei Campi Elisi o se non debbano invece passare per altre reincarnazioni. La scena del giudizio è ricca di humour, e il Journey from this World to the Next segna, dopo Tom Thumb, la seconda tappa del cammino spirituale di F.

L'anno prima era apparso intanto anche il suo primo vero e proprio romanzo, The History of the Adventures of Joseph Andrews (1742). Già Richardson aveva inteso creare con Pamela un romanzo sociale e psicologico, differenziandosi così dal racconto di avventure in cui gl'imitatori di De Foe avevano degenerato. Ma l'originalità del F. è nel suo modo di considerare il problema morale. Secondo F. il retto operare non deve essere freddo calcolo o formale omaggio alla virtù, ma impulso generoso ad amare gli uomini e a far bene. Pamela, che resiste al giovane padrone per farsi sposare, non gli apparve perciò come mirabile esempio di proverbiale virtù; e nel suo Giuseppe Andrews, che egli immagina fratello di Pamela, giovane timido e inesperto il quale, per serbarsi casto per il matrimonio, resiste ai più svariati allettamenti femminili, il F. diede del romanzo di Richardson una divertente parodia.

La History of Mr. Jonathan Wild the Great (3° vol. dei Miscellanies, 1743) è un'aspra satira sociale, celata sotto la veste di un romanzo di avventure; e ispirata, pare, da un personaggio realmente vissuto. Il F. ha nel suo protagonista creato una figura d'uomo che pretende di porsi al disopra della morale comune. La vita, secondo Gionata Wild, è una lotta in cui riescono gli uomini forti e senza scrupoli; i più volitivi, anche se criminali, e più intelligenti. E la figura di Wild riesce caricaturale, ma mirabilmente viva, sullo sfondo di una deliziosa narrazione umoristica, dove l'elemento paradossale si unisce al grottesco.

Il capolavoro di F., la History of Mr. Tom Jones (1749), si svolge sullo sfondo settecentesco dell'Inghilterra rurale, e propriamente nel Somerset, attraverso due generazioni. Il Richardson, nel suo romanzo Clarissa, aveva descritto il tipo della giovane donna buona, mite, sottomessa, che cade sotto gli artigli di un uomo diabolico, e che, invece di reagire, ama quasi di soffrire, di essere schiacciata, di concepire l'amore come sottomissione al più forte. A questo tipo erotico e mistico il F. contrappose la figura di Tom Jones, tipo esuberante di vita, di energia, di giovinezza, ingenuo e violento. La sua maschia bellezza lo trae in avventure di ogni sorta; ma egli, pur essendo spesso traviato, resta sempre un animo generoso e virile, con tutti gli errori del sentimento, ma pieno di altruismo. Accanto al romanzo psicologico di Tom Jones c'è il quadro sociale del 700: gentildonne scostumate, mariti scapestrati o traditi, osterie che si trasformano in postriboli, la grassa vita provinciale, le strade maestre frequentate da masnadieri.

L'ultimo romanzo, Amelia (1751), affronta il problema della famiglia e del matrimonio; nella figura della protagonista, l'autore volle innalzare un perenne monumento all'amata moglie, verso cui fu qualche volta colpevole d'infedeltà, pur amandola teneramente. È la storia di una famiglia, di un marito e una moglie, che sono legati da grande affetto, ma insidiati dallo spettro della più nera miseria. E falsi amici, persone influenti, cercano di sfruttare questa tragica situazione per arrivare a conquistare Amelia, la quale con fermezza resiste, mentre il marito, più debole, starebbe quasi per cedere. Amelia, che il Thackeray giudicò un capolavoro, per finezza di analisi psicologica e di ambiente, si avvicina più degli altri al romanzo moderno; riproduce momenti e sentimenti che non sono più dell'ambiente settecentesco, ma di ogni tempo e di ogni paese. Pur mancandogli la forma impeccabile di Addison, l'acre ironia di Swift, la fervida fantasia di De Foe, il F. si muove già in un mondo di più moderna e complessa umanità nel quale si sente lo spirito della generazione di Pitt.

Ediz.: La prima ediz. è quella con biogr. di A. Murphy, 4 voll., Londra 1762. Fra le ediz. moderne le migliori sono quelle di G. Saintsbury, 12 voll., Londra 1893, e di E. Gosse, 12 voll., Londra 1898-99. Buona scelta è quella ed. da G. Saintsbury, Londra 1905. La prima traduz. ital. è quella del Tom Jones, Venezia 1759, la quale non fu senza influenza sulla letteratura italiana del Settecento.

Bibl.: Oltre ai noti saggi di Hazlitt, Thackeray e L. Stephen, v. A. Dobson, H. F., Londra 1907; E. Green, H. F. His works, Londra 1909; e particolarmente G. M. Godden, H. F. A memoir, Londra 1910; W. L. Cross, The History of H. F., New Haven 1918. Sulle opere teatrali cfr. F. Lindner, F.s dramatische Werke, Dresda 1895. Sui romanzi: K. Fröhlich, F.s Humor in seinen Romanen, Lipsia 1918; F. T. Blanchard, The novels of F., New Haven 1926.

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