Spencer, Herbert

Dizionario di filosofia (2009)

Spencer, Herbert


Filosofo inglese (Derby 1820- Brighton 1903). Ingegnere ferroviario, poi (1848) viceredattore dell’Economist, pubblicò nel 1850 la sua prima opera, la Social statics, cui seguirono vari saggi, alcuni pubblicati anonimi, raccolti poi in Scientific, political and speculative essays (3 voll., 1891). Dopo il 1853, si dedicò esclusivamente alla composizione del suo sistema filosofico (System of synthetic philosophy), superando difficoltà, scoraggiamenti, cattive condizioni di salute. Nel 1862 uscivano i First principles (trad. it. I primi principi); nel 1867, in 2 voll., i Principles of biology; nel 1872 la seconda ed. dei Principles of psychology (2 voll.; la prima ed. era del 1855); negli anni seguenti le ultime due parti: Principles of sociology (3 voll.; trad. it. Principi di Sociologia); Principles of morality (2 voll.; trad. it. Le basi della morale). Nel 1896 l’opera, in 10 voll., era compiuta, e grandissimo fu l’interesse con cui venne accolta. S. sostenne che l’«evoluzione è l’integrazione della materia e la dispersione concomitante del movimento, mentre la materia passa da una omogeneità indefinita, incoerente, a un’eterogeneità definita, coerente, e in cui il movimento conservato subisce una corrispondente trasformazione» (First principles, par. 145). Questa legge fondamentale, di valore universale, doveva permettere a S. l’edificazione di un monumentale sistema, che, partendo dalla biologia, si estendeva a ricomprendere psicologia, sociologia, teorie etiche ed educative. Va notato peraltro che la sua teoria dell’evoluzione, formulata prima della pubblicazione dell’opera più importante di Darwin, rimane, nonostante la successiva incorporazione di idee darwiniane, essenzialmente predarwiniana e lamarckiana e, nella sua formulazione speculativa, scarsamente suscettibile di una traduzione sperimentale. Particolarmente importanti le sue applicazioni alla psicologia. Dopo una prima fase, influenzata da un modello di psicologia delle facoltà e dalle suggestioni della frenologia, S. aderì più tardi alla psicologia associazionistica, considerata peraltro in una prospettiva evoluzionistica per cui i fenomeni mentali, lungi dal poter essere studiati di per sé, sono visti come prodotto di un continuo adattamento dell’organismo all’ambiente. Tra i riflessi, gli istinti, gli inizi della vita cosciente e le sue più alte manifestazioni, memoria, ragionamento, volontà, sussiste un’ininterrotta continuità, esemplificata nella storia evolutiva della specie. Di rilievo anche le sue teorie sulla società, sempre legate all’idea base dell’evoluzione trasposta all’ambito del sociale, in partic. la distinzione tra società «militare», tipica di una prima fase di sviluppo, in cui la cooperazione è coercizione, e una società («industriale»), successiva, in cui la cooperazione è divenuta (o deve divenire) volontaria. Contrario a ogni interferenza dello Stato sullo sviluppo «naturale» della società, avversò ogni programma d’intervento riformistico, sostenendo tesi di estrema conservazione. La sua ammissione di un «inconoscibile», non accessibile alla conoscenza, limitata agli eventi spazio-temporali, tendeva inoltre, pur sulla base di un fondamentale agnosticismo, a una possibile riconciliazione tra religione e scienza. Enorme fu la sua influenza coeva, per es., sulla psicologia animale (con riferimento all’opera di G.J. Romanes), sulla psicofisiologia (O.H. Jackson), sulla psicologia funzionalistica di James e sulla sociologia americana, in partic. sul darwinismo sociale (derivato da un’estensione analogica dell’idea di selezione naturale, sopravvivenza del più adatto al contesto sociale, e rappresentato specialmente da W.G. Sumner).

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