ZWINGLI, Huldreich

Enciclopedia Italiana (1937)

ZWINGLI, Huldreich (Ulrico Zuinglio)

Delio Cantimori

Riformatore religioso della Svizzera, fondatore della chiesa propriamente detta "riformata". Nacque il 10 gennaio 1484 a Wildhaus, il paese più alto del Toggenburg, dominio del convento di San Gallo, da famiglia agiata e importante. Terzo di otto fratelli, e destinato allo stato ecclesiastico, a dieci anni cominciò a frequentare le scuole preparatorie umanistiche di Basilea e di Berna; negli anni 1498, 1499, e poi nel 1500 studiò a Vienna, dove quell'università era stata di fresco riformata in senso umanistico dal Celtis e da G. Vadiano; è dubbio se nell'inverno 1499-1500 si recasse alla Sorbona; dal 1502 al 1506 invece tornò a Basilea, a terminarvi gli studî, cominciando nello stesso tempo a insegnare nelle scuole preuniversitarie. Gli studî di teologia cominciarono per lo Z. ad avere maggiore interesse propriamente verso il 1505 e in quell'anno egli cominciò a frequentare le lezioni del nuovo professore Th. Wyttenbach (morto nel 1526), che proprio allora era stato chiamato a Basilea, a leggere sulle "Sentenze".

Il Wyttenbach era seguace della via antiqua, che reagiva al predominio delle due scuole principali (occamista e tomista), e cercava di ritornare alle fonti più antiche della dottrina cristiana, risalendo da Scoto e S. Tommaso ai Padri e alla Scrittura, e dedicandosi, oltre che all'insegnamento teologico, alla predicazione popolare. Profonda fu l'influenza di questo insegnamento sullo Z.

Nel 1506, appena ottenuto il titolo di magister e compiuti i ventitrè anni, lo Z. venne eletto parroco dall'importante comune di Glarona, ma non si curò di trasportare immediatamente e direttamente nella pratica le sue idee umanistiche e i motivi di riforma raccolti alle lezioni del Wyttenbach. Nel governare la comunità che gli si era affidata lo Z. si preoccupò soprattutto, anzi esclusivamente, dei costumi e della morale, lasciando per il momento da parte ogni azione di riforma evangelica nel senso specifico che la parola doveva più tardi acquistare.

Fra la cura d'anime, la partecipazione alla vita militare dei suoi glareani, e la scuola (doveva occuparsi anche di far scuola ai ragazzi del paese), lo Z. lavorava incessantemente ad approfondire e completare la propria cultura, mantenendo una viva corrispondenza con gli umanisti, specie svizzeri ed alsaziani.

Il Glareano (Johannes Loriti) fece fare allo Z. la conoscenza personale di Erasmo, a Basilea, nella primavera del 1515; e per molto tempo lo Z. si considerò erasmiano. Fino dal 1513 aveva cominciato a studiare, senza maestro, il greco, per rendersi conto direttamente del testo dei Vangeli. Presto venne considerato fra i più importanti umanisti della Svizzera.

Gli anni che lo Z. passò a Glarona erano gli anni della maggior fama guerriera del cantone di Zurigo, e anche quelli di Glarona prendevano parte alle guerre d'Italia come mercenarî al servizio del papa. Con loro lo Z. partecipò due volte (1513 e 1515), come predicatore al servizio papale, alle guerre in Italia: fino al 1520 ritirò una pensioncina pontificia, e nel 1518 ottenne, su sua richiesta, il titolo di accolito di curia, e prima d'iniziare la sua opera di riformatore fu sempre per il papa contro la Francia, che gli disputava l'influsso sopra gli Svizzeri.

Dopo Marignano, il partito francese riprese forza nei Cantoni, e ottenne la preponderanza anche a Glarona, e lo Z., tanto zelante per la parte avversa, dovette andarsene, lasciando al suo posto un vicario (autunno 1515). Anno importante e pieno d'eventi, questo 1515, per il giovane ecclesiastico umanista: l'incontro con Erasmo, la spedizione nel Milanese, l'abbandono della sua chiesa (per entrare come pievano al santuario di Einsiedeln), che gli fece riflettere sulle conseguenze della politica per gli stati ecclesiastici: e lo Z. farà più tardi risalire proprio a quest'anno gl'inizî delle sue idee di riforma. A Einsiedeln infatti cominciò una predicazione di tipo erasmiano, commentando dal pulpito le pericopi prescritte, sulla esclusiva base della Scrittura. Quando apparve il Nuovo Testamento di Erasmo (1517) egli si ricopiò e imparò a memoria il testo greco delle epistole paoline: e già affermava che i Padri s'allontanavano, specie i latini, dalla originaria purezza della Scrittura.

Da Einsiedeln lo Z. venne chiamato, anche per opera di O. Myconius, a Zurigo, dove divenne pievano della Grossmünsterkirche; entrò nel suo nuovo posto il 1° gennaio 1519, che può venir considerato il giorno iniziale della riforma svizzera: lo Z. cominciò subito a predicare secondo un programma prefissato, commentando il Vangelo, diceva, "con fedeltà, nel modo più chiaro, per quanto a noi possibile", per un rinnovamento religioso-morale della vita cristiana (leggeva: Matteo, gli Atti, la I a Timoteo, l'Epistola ai Galati, la I e la II dî Pietro, l'Epistola agli Ebrei). A questa predicazione scritturale s'aggiungeva la polemica a carattere politico contro la Curia avida di denaro, e quella a carattere umanistico contro il culto dei santi, contro la degenerazione degli ordini religiosi, contro la concezione del purgatorio, per una religione più elevata e semplificata.

Qui la biografia dello Z. s'intreccia con la storia di Zurigo e della Svizzera. La Confederazione era al culmine del suo splendore e della sua potenza; nelle città, e specie a Zurigo, la borghesia, formulava le proprie esigenze anche fuori del campo strettamente economico e sociale, in quello della vita politica e della vita etico-culturale. La situazione religiosa e morale era la stessa che nelle città della Germania. Ma naturalmente qui la predicazione di rinnovamento dello Z. doveva incidere subito su un problema speciale e particolarmente vivo: quello dei rapporti con l'estero, delle "pensioni" che singoli e comunità ricevevano da Francia, Impero, Santa Sede, e del Reislaufen; degli arruolamenti nelle milizie mercenarie. Il primo effetto pratico della predicazione dello Z. fu infatti l'azione contro le pensioni e gli arruolamenti al servizio di signori forestieri (nel 1521 Zurigo si scioglie dal patto obbligante tutti i confederati alla Francia per l'invio di soldati; l'11 gennaio 1522 vengono proibite tutte le pensioni e i rapporti con l'estero; nel 1522 lo Z. si rivolge a tutta la Svizzera perché sia seguito l'esempio di Zurigo). Nel 1522 s'inizia anche la lotta contro le "cerimonie", di canonici e cittadini per rompere solennemente il precetto quaresimale. Quando intervenne il vescovo di Costanza, si trovò contro tutta la città a cominciare dal Consiglio, che già dal 1520 aveva ordinato ai preti di predicare unicamente sulla base dell'Antico e del Nuovo Testamento, lasciando da parte le "aggiunte e interpretazioni e innovazioni", e che aveva nominato canonico lo Z. (29 aprile 1521). All'ammonizione del vescovo, lo Z. rispose con una Supplicatio per la libertà di predica e per la concessione del matrimonio agli ecclesiastici, con l'Archeteles, sulla scrittura come unica autorità e contro il primato del papa - scritto tanto arditamente, che Erasmo ne rimase atterrito - intensificando la sua attività di predicatore, facendosi aprire le varie chiese della città e facendo stabilire dal Consiglio (21 luglio 1522) che anche i monaci dovevano seguire solo la Scrittura, benché venisse ancora rifiutato alle monache il permesso di abbandonare i loro conventi. Alla fine del 1522 il Consiglio dava piena libertà di predicazione agli ecclesiastici, stabilendo che non si doveva più attendere la decisione delle autorità ecclesiastica passata la Pentecoste del prossimo anno (decisione del 1° dicembre 1522). Intanto lo Z. pensava anche a diffondere e ad affermare le sue idee, e specialmente la lotta contro il servizio mercenario e contro le pensioni, anche nel restante della Svizzera; ma questa propaganda ebbe pochi risultati concreti nella Confederazione, mentre la dieta confederale s'era messa dalla parte del vescovo di Costanza, offrendogli anche l'assistenza del braccio secolare contro i predicatori evangelici. Così lo Z. chiese e ottenne che si facesse una disputatio a Zurigo (29 gennaio 1523); e in 67 conclusiones (che sono il primo programma concreto e pratico di azione riformatrice) raccolse i sommi capi della sua fede di riformatore. Il vescovo di Costanza aveva rifiutato di partecipare alla disputatio, ma il programma dello Z. fu accettato dal Consiglio e la vittoria della Riforma in Zurigo fu decisa: il Consiglio di Zurigo si assunse l'amministrazione della Chiesa al posto dell'autorità episcopale, effettuando gradualmente le riforme proposte dallo Z. Specialmente dopo un movimento iconoclasta dell'autunno 1523 il Consiglio si preoccupò di agire gradualmente, insediando una commissione apposita, che poi si sarebbe sviluppata in consiglio ecclesiastico. D'ora in poi nella riforma ecclesiastica è il Consiglio che mantiene l'iniziativa, sempre però sulle direttive fornite dallo Z.: la riforma viene coronata nel 1528 dall'istituzione del Sinodo. La dottrina e la pratica di questa riforma si può dire contenuta nel De vera et falsa religione dedicato dallo Z. nel 1525 a Francesco I.

Mentre da una parte lo Z. si distaccava da Erasmo, venendo alla rottura con lui per aver dato ospitalità a Hutten, acremente avversato dall'antico capo degli umanisti, doveva cominciare la lotta contro le correnti radicali "spiritualistiche" e anabattistiche, la cui teologia più semplificata e razionale era pure in certo modo vicina al suo spirito di umanista.

La lotta con questi elementi fu condotta dallo Z. per quanto più possibile sul piano politico-dottrinale (anche contro i sommovimenti dei contadini si riuscì ad agire senza spargimento di sangue), benché essa fosse, a dire dello stesso Z., più dura della stessa lotta contro Roma. Contro il concetto della Chiesa assolutamente staccata dalla vita dello stato, lo Z. difese ed elaborò i suoi concetti della chiesa del popolo e dell'autorità statale, mentre la sua dottrina dei sacramenti rimaneva vicina alle dottrine propriamente teologiche dei gruppi radicali: nel 1525 anche qui lo Z. e il Consiglio di Zurigo poterono segnare una vittoria. Ma si era dovuto passare attraverso due disputationes, e attraverso la minaccia dell'annegamento a tutti coloro che si facessero ribattezzare; e si era accentuato il carattere politico della riforma zurighese, mentre d'altra parte si dava gran rilievo all'interpretazione dei sacramenti dell'Eucaristia e del Battesimo come semplici cerimonie e segni, onde la polemica contro gli anabattisti era basata sulla negazione di ogni valore sostanziale al Battesimo.

Dalla concezione zwingliana del sacramento dell'Eucaristia ha occasione la famosa disputa sacramentaria, che doveva svilupparsi in un contrasto fra lo Z. e Lutero sulla essenza stessa della fede cristiana e sulla concezione della divinità; e di qui doveva venire la differenza fondamentale fra Chiesa Riformata e Chiesa Luterana. La disputa cominciò nel 1525, quando nel De vera et falsa religione lo Z. ebbe manifestato pubblicamente la sua opinione, che prima aveva esposto solo per lettera. Prima discussero amici e seguaci di Lutero e dello Z., e nel 1527 lo Z. stesso aprì il periodo centrale della disputa con l'Amica exegesis, cui rispose violentemente Lutero con il libello Dass diese Worte... dello stesso anno. La disputa durò così con risposte e controrisposte fino al 1529, quando il langravio Filippo d'Assia organizzò il "Colloquio di Marburgo", nello interesse della sua politica d'alleanza dei paesi e delle forze della Riforma contro gli Asburgo (1-3 ottobre 1529); ma l'atteggiamento di Lutero e dei suoi seguaci, che non volevano conciliazione ma sottomissione, impedì che si venisse a un risultato: la formula più conciliativa cui arrivasse Lutero fu rifiutata da Z. come troppo "papistica" e pericolosa per la Chiesa di Zurigo minacciata dalla reazione cattolica.

La reazione cattolica aveva mostrato la sua forza già nel "Colloquio" di Baden (Argovia), dove J. v. Eck, J. Faber e Th. Murner disputarono contro l'Ecolampadio e B. Haller, e che finì con la condanna dello Z. a opera della dieta confederale (gli unici assenti erano stati i Zurighesi). Ma questa vittoria era rimasta vana, poiché Berna e Basilea erano passate (rispettivamente nel gennaio del 1528 e del 1529) alla Riforma. Per reazione, i cinque cantoni cattolici, insieme con Friburgo e il Vallese, si unirono in alleanza, sotto la protezione di Ferdinando d'Asburgo, per la difesa della fede cattolica (1527-29): lo Z. raccolse intorno a Zurigo, a cominciare dal 1527, Costanza, Berna, San Gallo, Biel, Mülhausen, Basilea, più tardi anche Sciaffusa e Strasburgo. Nel giugno 1529 le forze zurighesi mossero contro gli avversarî: e la loro preponderanza e l'appoggio di Berna assicurava loro la vittoria. Perciò lo Z. sconsigliò con tutte le forze d'accedere alla proposta dell'ammanno provinciale J. Aebli di Glarona per una tregua, che però fu concessa. Tornato a Zurigo, lo Z. cercò di sviluppare l'alleanza delle città svizzere e tedesche con Zurigo in una lega europea antiasburgica, che avrebbe dovuto comprendere i principi e le città tedesche, la Francia, Venezia, la Danimarca, l'Inghilterra, la Boemia, l'Ungheria, perfino il Turco. Ma il fallimento del Colloquio di Marburgo e il rifiuto di Berna, rivale di Zurigo, di conferire diritti di cittadino a Filippo d'Assia, fecero fallire il piano fino dagl'inizî. Si dovette fare una lega separata di Basilea e Zurigo con il langravio: la Francia e Venezia non vi presero parte (estate 1530). La Fidei ratio inviata ad Augusta non venne presa neppure in considerazione da Carlo V.

Lo Z., esasperato, procede con sempre maggiore intransigenza, e pone il blocco del grano, del sale, del vino, del ferro e dell'acciaio contro i cantoni cattolici. Si ripresero le armi, ma i Zurighesi dovettero mettersi sulla difensiva, questa volta. Lo Z. partecipò alla guerra, rapidamente finita, insieme con ventiquattro altri predicatori. Nello scontro di Kappel, il giorno 11 ottobre 1531, lo Z. rimase ferito. Trovato dai nemici sul campo di battaglia, all'ordine di confessarsi, o almeno d'invocare i Santi e la Madonna, rifiutò e fu ucciso; il suo cadavere fu dai cattolici squartato perché di un traditore della Confederazione, e bruciato perché di un eretico.

La dottrina della religione dello Z. ha un'impronta assolutamente originale di fronte a quella di Lutero. A parte la prima formazione teologica dello Z., che comincia come scotista, va osservata la grande influenza su di lui esercitata dallo studio di Erasmo e, già verso la fine del periodo di Glarona, di Pico della Mirandola, dal quale riprese quel concetto universalistico della fede cristiana, per il quale anche i saggi dell'antichità avrebbero ottenuto la salvezza, e che è un primo avviamento teologico alla dissoluzione della confessionalità in religiosità etica. Attraverso di lui questo concetto fu conservato nel mondo protestante, dove poi il Curione doveva raccoglierlo e teorizzarlo più ampiamente, agl'inizî del movimento degli eretici italiani per una religiosità razionale e moderna. Da Lutero lo Z. ha ripreso soprattutto la concezione paolina del Vangelo, del libero arbitrio e della giustificazione per la fede. Mentre però per Lutero la Bibbia è promissio remissionis di fronte alla Legge divina, per lo Z. essa è il Vangelo, il documento scritto sotto dettatura divina, infallibile, la legge divina stessa, di fronte alla quale dottrina e legge umana non hanno valore. Nella concezione di Dio lo Z. si allontana ancor di più dalla tradizione alla quale Lutero rimane fermo: Dio onnipotente, creatore e causa di tutte le cose (anche del peccato) è nettamente distinto e staccato dalla creatura, la quale di fronte a Dio che afferma sempre e soprattutto soltanto la propria maestà, non è nulla, e può raggiungere la salvezza soltanto inchinandosi di fronte alla verità e provvidenza divina (qui il concetto della incomprensibile maestà di Dio, scotistico, e quello del panteismo neoplatonico si fondono in uno); la fede non è fides promissionis come in Lutero, ma consiste più ampiamente nella religio, che a sua volta si identifica con la pietas, la quale consiste poi nello studium innocentiae et iustitiae. Questa è la volontà di Dio, che non altro esige dagli uomini che innocentia et integritas: così si può sostenere che anche fuori della Scrittura si trovino quamvis parcius et obscurius i semina veritatis. Questi concetti di origine filosofica vengono collegati con le dottrine più specialmente teologiche di S. Paolo attraverso la dottrina della predestinazione, intesa in senso biblico, che lo Z. elaborò specialmente in polemica con gli anabattisti. Il concetto della potenza e della maestà assoluta e unica di Dio e della inanità delle opere umane conducono d'altra parte lo Z. a una critica molto più radicale che non quella di Lutero alle cerimonie, ai sacramenti e alle tradizioni della Chiesa cattolica, mentre Lutero inclinava a conservare il più possibile, vedendo la mano di Dio in ciò che la storia tramandava. Queste dottrine e la mentalità umanistica dello Z. lo portano alla sua concezione della Eucaristia e alla negazione assoluta del valore oggettivo di essa, attraverso la critica della transubstanziazione cattolica non solo, ma anche della consubstanziazione luterana, e il suo concetto soggettivo della fede. Di qui la grande importanza della disputa sacramentaria con Lutero, della quale l'umanista Teobaldo Biblikan poté scrivere giustamente all'Ecolampadio: de fide erit contentio et de mysterio divinae operationis in nobis: si poneva per la prima volta da un punto di vista critico la questione della essenza del cristianesimo.

Le dispute e le polemiche dello Z. contro gli anabattisti lo indussero ad abbandonare del tutto il concetto che i sacramenti (Battesimo, Eucaristia) siano mezzi della grazia, per concepirli unicamente come signa vel cerimoniae: e la salvezza cristiana non viene dalla fede e dal battesimo, ma dalla vocatio, destinatio et electio divina, della divina provvidenza che opera e determina tutto: le tracce di paolinismo che c'erano prima nelle idee dello Z. scompaiono qui, cedendo di nuovo il posto all'originario teismo, di tendenza unitaria, al quale si ricollegheranno i sociniani (Serinonis de Providentia Dei Anamnena, 1530). Si capisce come lo Z. - che guardava le cose da umanista e voleva abolire e eliminare radicalmente le "cerimonie" della Chiesa cattolica, che diffidava, per esperienza politica di rivoluzionario, di ogni avanzo d'istituzioni cattoliche, che sapeva come la concezione luterana non potesse venir provata affatto sulla base della Scrittura e dei Padri antichi, come si vide a Marburgo, e che non dava nessuna importanza alla questione dei sacramenti, cose umane, di fronte alla Divinità - si trovasse costretto a trattare Lutero con freddezza e con ironica superiorità di umanista; quest'ultimo poi vedeva risorgere nello Z. tutti i suoi nemici: gli "spirituali" e gli "entusiasti" (Schwärmer), il razionalismo umanistico dal quale proprio in quel momento egli s'era staccato violentemente, il moto popolare e dei contadini, che Lutero e Melantone temevano veder rispuntare con gli Svizzeri repubblicani. Lutero sentì nello Z. "un altro spirito", e non volle smuoversi a discutere da un punto di vista di disinteressata ricerca della verità, nonostante che a un certo momento lo Z. ne lo scongiurasse piangendo. Lutero aveva messo il riformatore svizzero sullo stesso piano di Carlostadio, e non volle più rettificare la sua posizione, senza cercare affatto di informarsi meglio. Lutero si appoggiava a Bartolomeo Usingen, a Gabriel Biel, a Occam, i maestri della "via moderna", lo Z. a S. Tommaso, a Duns Scoto, e a Pico della Mirandola. La forza di Zwingli stava nella maggiore "spiritualità e soggettività" della sua fede, nel rifiuto di separare questa dal generale atteggiamento dello spirito: Lutero, fondandosi sulla sua rigorosa e massiccia concezione della fede come certezza della salute eterna voleva proprio questa separazione: ma doveva così rinunciare proprio alla comprensione della fede stessa, che invece era quel che lo Z. cercava. Dall'Eucaristia la differenza si allargò, attraverso la concezione generale della fede cristiana, alla cristologia, dove lo Z. tacciava d'assurdità la teoria luterana della ubiquità di Cristo. I veri successori dello Z. dovevano essere, non il Bullinger e il Calvino che ne continuano l'opera ecclesiastica e politica nella Svizzera, ma gli eretici italiani, che lo sentivano come più vicino a loro, per mentalità e cultura, di Lutero e Calvino, e che ne riprendono i motivi per costruire la loro dottrina umanistica del cristianesimo. Essi con Camillo Renato applicano la critica zwingliana della Cena anche al Battesimo, ricollegandosi cosi agli anabattisti, e conferendo a tutte le posizioni critiche e rinnovatrici dello Z. la consapevolezza dei motivi sociali che stavano alla loro base e che nello Z. erano stati sopraffatti dalle necessità politiche e dalla sua teoria dell'autorità. Così si usciva dal cristianesimo.

Per lo Z. l'autorità politica ha il compito di eseguire la volontà di Dio, espressa dalla Bibbia: contro un'autorità politica non "cristiana" è obbligatoria per il cristianoo la resistenza, allo scopo di mandare a compimento la legge di Cristo. Questa concezione, che gli eretici e gli anabattisti facevano propria arrivando a un'assoluta separazione della Chiesa dalla autorità politica, viene però sviluppata dallo Z. nel senso teocratico; come la dottrina del diritto naturale viene svolta in senso conservatore. Non ci deve essere una Chiesa di eletti, autonoma e lontana dalla vita politica, puramente spirituale, ma la Chiesa come "popolo dei fedeli", Chiesa del popolo, che abbraccia tutti, e che, se teoreticamente deve essere autonoma, di fatto si identifica con lo Stato (lo Stato repubblicano delle città svizzere, non il principe luterano): e lo Z. costruì a Zurigo, con l'appoggio del Consiglio, un vero e proprio stato teocratico, che assunse tutti i compiti dell'autorità ecclesiastica non esplicitamente ma attraverso una tacita trasmissione del diritto di amministrare la Chiesa compiuta dalla Chiesa stessa in favore del governo; questo a sua volta si giovava dell'assistenza di consiglieri e interpreti della legge provenienti dal campo teologico, attraverso i quali lo Z. esercitava ancor più profondamente la sua influenza. Di questo stato teocratico costruito a Zurigo lo Z. voleva servirsi per realizzare piani grandiosi e amplissimi per aumentare la potenza e la grandezza della sua patria svizzera (di tutta la Confederazione): quando dovette rinunciare a questi piani, non dubitò di spingere lo stato alla guerra, non arretrando neppure davanti alla possibilità di distruggere la Confederazione scindendone l'unità.

Quest'ultimo fatto è stato variamente valutato dagli storici. Si è rimproverato allo Z. d'aver mescolato la religione alla politica internazionale e d'aver portato la guerra intestina nella Confederazione. Lasciando da parte il primo giudizio (che è valido in sostanza per tutti i capi della Riforma), ricorderemo che il secondo è basato su una valutazione insufficiente delle idee dello Z, che pur essendo un vero patriota, era soprattutto uomo di chiesa, per il quale il problema religioso e le decisioni religiose erano al disopra di tutto: così viene in sostanza limitato anche il valore del primo giudizio, poiché la politica non veniva dallo Z. mescolata alla religione, ma ad essa subordinata. Quando gli si oppose che la sua azione metteva in pericolo l'unità dei confederati, egli rispose che doveva affrontare anche un tale pericolo, perché diceva che "per il popolo un ritorno sotto il giogo papale sarebbe stato ancor peggio che la perdita della libertà mondana": detto che rivela la parentela spirituale dello Z. con quegli anabattisti ch'egli combatté per le conseguenze disastrose che il loro radicalismo avrebbe avuto, e per la sua posizione di capo spirituale della borghesia zurighese, e con quel Hutten ch'egli pietosamente accolse e protesse negli ultimi giorni della sua vita.

"Tutto in quest'uomo era grande" ebbe a dire il saggio e moderato Bullinger nel discorso commemorativo tenuto subito dopo la sua morte: e in realtà in lui si trova maggiore armonia e maggiore coerenza politica dottrinale e sociale che in Lutero (il che va messo in rapporto con l'educazione e con l'ambiente dei cantoni svizzeri), e anche maggiore umanita che in Calvino.

Le opere dello Z. furono raccolte la prima volta da R. Gwalter genero dello Z., amico e protettore di L. Sozzini, in 4 volumi (Zurigo 1545 e 1581); una nuova edizione completa fu curata nel 1828-1842 da M. Schuler e J. Schulthess, in 8 volumi, con uno di supplemento (Zurigo 1861). È in corso l'edizione critica nel corpus Reformatorum, iniziata da E. Egli nel 1905, e dopo la morte sua e del Finsler curata da W. Kohler, lo studioso e editore di I. Aconcio, insieme con O. Farner. Il Commentarius de vera et falsa religione è nel III volume (XCI del Corpus), che comprende gli scritti del 1524 e fino al marzo 1525, ed è uscito nel 1914. Delle scelte va citato Das Buch der Reformation Huldreichs Zwinglis, von ihm selbst und gleichzeitigen Quellen erzählt von Walther Köhler, Monaco 1926; per il centenario della morte (1931) è uscita una scelta a carattere popolare ma ben fatta: Zwingli, Abschnitte aus seinen Schriften, ausgenwählt und übersetzt von Chr. Graf, Zurigo.

Bibl.: Dal 1897 si pubblica a Zurigo la rassegna Zwingliana, redatta dal Köhler che raccoglie notizie, documenti, articoli originali, note bibliografiche riguardanti la persona dello Z. e la Riforma svizzera. Nel n. 3 del 1919 c'è una vasta bibliografia, aggiornata, della riforma zurighese operata dallo Z.; un'altra bibliografia di E. Staehelin (Deutsche Z. Literatur) si ha in Zeitschrift für Kirchengeschichte, XXXIX (1921); notevoli anche i numeri di Zwingliana del 1931, e W. Köhler, Die neuere Zwingli-Forschung, in Theologische Rundschau, n. s., IV (1932). Ottimo K. Guggisberg, Das Zwinglibild des Protestantismus im Wandel der Zeiten, Lipsia 1934 (Quellen und Abhandlungen zur Shweizerischen Reformationsgeschichte, VIII), benché limitato alle letterature svizzera e tedesca. Per la formazione filosofica-umanistica dello Z., v. Ch. Sigwart, U. Z., Der Charakter seiner Theologie mit besonderer Rücksicht auf Picus von Mirandula, Stoccarda e Amburgo 1855; per quella teologico-scolastica di scotista: W. Köhler, H. Zwinglis Bibliothek, 1921; id., Aus Zwinglis Bibliothek, in Zeitschrift für Kirchengeschichte, XL (1922); XLV (1926). La biografia principale dello Z. è ancora quella di R. Staehelin, H. Z., Elberfeld, I, 1895; II, 1897; lo Staehelin ha scritto pure la biografia dello Z. per la Realencyclopaedie del Herzog (dove si troverà la bibliografia generale) che nella terza edizione è stata rifusa da E. Egli, il quale, a sua volta, ha scritto la biografia (più dal punto di vista politico e generale) dello Z. per la Deutsche allgemeine Biographie (XLV, 1900). Per aggiornamenti l'articolo del Köhler, in Die Religion in Geschichte und Gegenwart, V, col. 2153; del Köhler, v. anche Zwingli und Italien, in Aus fünf Jahrhunderten schweizerischen Kirchengeschichte (Festschrift per P. Wernle, Basilea 1932). Infine: A. Baur, Zwinglis Theologie, ihr Werden und ihr System..., Halle 1885, 1889; W. Köhler, Die Geisteswelt U. Zwinglis, Gotha 1920; id., Z. und Luther. Ihr Streit über das Abendmahl, nach seinen politischen und religiösen Beziehungen, Lipsia 1924; id., Das Religionsgespräch zu Marburg, 1529, Tubinga 1929; H. Grisar, Luther, Friburgo in B. 1911-12; O. Ritschl, Die reformierte Theologie des XVI. und des XVII. Jahrhunderts in ihrer Entstehung und Entwicklung (vol. III della Dogmengeschichte des Protestantismus, Gottinga 1926), pp. 26-121; A. Barclay, The protestant doctrine of the Lord's Supper..., Glasgow 1927; F. Ruffini, I problemi centrali della Riforma. La questione Eucaristica, in Religio, 1934 (ora nel vol. Francesco Stancaro, Roma 1935, p. 481 segg.); J. Kreutzer, Zwinglis Lehre von der Obrigkeit, Stoccarda 1909; O. Dreske, Z. und das Naturrecht, Halle 1911 (cfr. la recensione del Troeltsch, Gesammelte Schriften, Tubinga 1925, p. 779 seg.).