HUNYADI, Giovanni, reggente d'Ungheria

Enciclopedia Italiana (1933)

HUNYADI, Giovanni (János), reggente d'Ungheria

Giulio de Miskolczy

È il più celebre eroe delle lotte dei cristiani contro i Turchi. Nacque verso il 1387, di famiglia d'origine valacca. Suo padre Voicu (Vojk), nobile della corte ungherese, ebbe in donazione dal re Sigismondo di Lussemburgo, per i servizî resi, la fortezza di Hunyad (Hunedoara) in Transilvania, e questa fortezza con il comune e le miniere di ferro formarono il patrimonio familiare dei H. La madre di H. fu Elisabetta Mărgineanu (ungh. Mozsina), di nobile famiglia romena. Le vicende della gioventù di H. sono poco conosciute. Pare si mettesse al servizio di Ladislao Ujlaki, bano dì Mačva, poi del despota serbo Stefano Lazarević. Più tardi divenne egli stesso nobile della corte ungherese e seguì il re Sigismondo nei viaggi ad Aquisgrana e al sinodo di Costanza. Nel 1420 prese parte alla campagna contro gli ussiti. H. era uno dei capitani ungheresi che avevano accompagnato l'imperatore Sigismondo all'incoronazione di Roma (1433). Dopo l'incoronazione di Roma H. entrò al soldo di Filippo Maria Visconti signore di Milano. Nei due anni che passò a Milano, apprese tutti i segreti dell'arte della guerra. I compagni d'armi ungheresi lo chiamavano Jánko (Giovannino) e questo nome pronunziato da Italiani divenne presto "Bianco", donde venne al H. il nome di "Cavaliere Bianco" conservatosi a lungo in Italia. Il soggiorno nell'Italia produsse nell'evoluzione spirituale di H. un altro effetto, oltre alla pratica fatta nell'arte della guerra. Fu a Milano che imparò a conoscere lo spirito del Rinascimento e per quanto gli mancasse la base della cultura classica, nondimeno ne fu entusiasta per tutta la vita. Si può supporre che avesse conosciuto a Milano Alfonso d'Aragona, re di Napoli, in quel tempo prigioniero del Visconti: nella famiglia dei H. divennero tradizionali l'amicizia per la casa d'Aragona e i buoni rapporti con la corte di Milano, amicizia e rapporti che ebbero poi grandissima influenza sull'umanesimo ungherese.

Verso il 1430 H. si unì in matrimonio con la nobile Elisabetta Szilágyi. Tornato dall'Italia in Ungheria, si distinse presto nelle lotte contro i Turchi tanto che re Alberto d'Asburgo, il successore di Sigismondo sul trono d'Ungheria, lo nominò bano di Szorény (una parte della Transilvania) affidandogli il posto più pericoloso nella difesa della frontiera ungherese (1439). Dopo la morte del re Alberto (1439), H. fu tra coloro che assecondarono l'elezione di Ladislao Jagellone, re di Polonia, al trono d'Ungheria. In una furiosa battaglia batté i partigiani della regina vedova Elisabetta, e, per ricompensa dei suoi meriti, fu nominato capitano di Belgrado e vajda (vojvoda, amministratore regio) della Transilvania. Ricoprendo tale carica riportò una serie di grandi vittorie sui Turchi che, dopo avere rinsaldato la loro posizione nella Serbia e nella Bosnia (1439), non avevano tardato ad approfittare della situazione vantaggiosa offerta loro dalle lotte intestine che infuriavano nell'Ungheria. Nel 1441 scompigliò le truppe turche che avevano fatto un'irruzione sul territorio ungherese e batté sanguinosamente Ishāq, il bey di Semendria. Nell'anno seguente con scarse truppe si gettò contro l'esercito turco di Mezīd bey, e dopo una prima sconfitta (presso Szent-Imre) riuscì ad annientare completamente l'esercito nemico presso Szeben (Sibiu) in Transilvania. Questa vittoria di H. rimane memorabile anche per il sacrificio di un guerriero magiaro, Simone Kemény, che cambiò vestito ed armi con il capitano, per attirare sulla propria persona tutta la furia dell'attacco. Mentre egli cadeva, H. trovò modo di sferrare un attacco inaspettato ai fianchi dell'esercito turco. La battaglia costò ai Turchi la vita del loro generale e di suo figlio, nonché 20.000 guerrieri. Dopo la battaglia di Szeben, H. andò nella Valacchia e costrinse i vojvodi di quella provincia e della Moldavia a riconoscere di nuovo l'egemonia ungherese. Nello stesso anno H. riportò un'altra vittoria sull'esercito cinque volte superiore di Kula Shāhīn, beylerbey di Rumili, presso Vaskapu (fra CaransebeŞ e Haţeg).

Il mondo cristiano fin da allora considerò H. come l'uomo provvidenziale, capace di liberarlo dalla minaccia dei Turchi. Fu in conseguenza delle vittorie di H. che il papato si assunse il compito di organizzare le forze cristiane contro i musulmani dei Balcani. Eugenio IV concepì l'idea di una grandiosa campagna. L'azione sul mare, contro l'impero turco, doveva essere condotta da una flotta allestita dal papato, dalla repubblica veneta e da altre potenze e capitanata dal cardinale Francesco Condulmer. Questa flotta avrebbe dovuto prendere posizione nell'Ellesponto, per impedire il passaggio delle forze turche dall'Asia. Sebbene l'azione sul mare non si potesse effettuare nell'anno 1443 e fosse rimandata al 1444, nondimeno ebbe luogo per terra la gloriosa "lunga campagna" dei Magiari. Fu questa la prima offensiva di grande portata contro il Turco nel Quattrocento, che portò le armi degli Ungheresi e delle truppe ausiliarie polacche e serbe fino ai Balcani. H. con i suoi 12.000 cavalieri si staccò dal campo del re Ladislao, invase la Bulgaria e occupò la città di Niš. Avendo fatto di questa città la base delle sue operazioni, con una rapidità meravigliosa annientò tre eserciti turchi, l'uno dopo l'altro, e vinse anche un quarto esercito nemico che si era diretto contro il campo del re. Nonostante la rigidezza dell'inverno, H. decise di forzare i Monti Balcani, ma, dopo una nuova vittoria, il freddo, la fame, e le malattie, che cominciavano a decimare l'esercito cristiano, lo costrinsero a rinunciare al progetto. Durante la ritirata, nei pressi di Sofia, batté ancora un esercito turco. La gloriosa campagna scosse la potenza turca nell'Europa. Il sultano Murād si affrettò a conchiudere un trattato di pace a Seghedino, molto vantaggioso per l'Ungheria, con il re Ladislao. Tale trattato non fu osservato da parte dei Magiari, principalmente per l'opposizione del legato pontificio, il cardinale Giuliano Cesarini. La campagna dell'esercito magiaro-polacco del 1444 fìnì con la sconfitta di Varna, dovuta all'attacco temerario voluto dal re Ladislao, contro le disposizioni di H. Lo stesso giovane ed eroico re e il cardinale Cesarini perdettero la vita in battaglia.

Nell'interregno seguito alla morte di Ladislao, H. fu eletto prima uno dei sette capitani generali (1445) e nel giugno del 1446 reggente del regno d'Ungheria. Per l'atteggiamento non sincero di Federico III devastò una parte dell'Austria (fine del 1446); poi si vide costretto a lottare per più di tre anni (1447-51) contro il capitano Giovanni Jiskra (Giskra), d'origine boema, chiamato nel regno già da varî anni dalla regina vedova Elisabetta. Ma il suo più ardente desiderio era di vendicare la sconfitta di Varna. Nel 1446 viuse il vojvoda di Valacchia, Dracul, che si era riconquistato il paese con l'aiuto turco, ma due anni appresso il suo esercito subì una nuova grave sconfitta sul Campo dei Merli (Kossovo Polje), - secondo la testimomanza di alcune fonti - per il tradimento del vojvoda di Valacchia, Dan.

Alla fine del 1452 il re Ladislao, figlio postumo del re Alberto d'Asburgo, fu liberato dalle mani dell'imperatore Federico. L'anno dopo H. rinunciò alla sua dignità di reggente, ma venne nominato dal re capitano generale del regno e amministratore dei proventi reali, cioè luogotenente del sovrano. Gl'intrighi dei suoi avversarî e specialmente quelli del conte Ulrico di Cilli, zio del re, non tardarono a far sentire il loro effetto. Nel 1454 re Ladislao esternò l'intenzione di riunire nelle proprie mani il governo del regno e la sorveglianza sui redditi regi, non lasciando a H. altro potere oltre a quello di capitano. Nel 1454 H. presso Kruševac (Serbia) vinse l'esercito di Fīrūz bey e si avanzò fino a Pirot e Vidin. Nello stesso tempo ricominciò a propagare l'idea dell'espulsione dei Turchi dall'Europa con l'aiuto delle potenze cristiane. L'ultima sua azione fu la liberazione della fortezza di Belgrado, assediata dal sultano Maometto II, il conquistatore di Costantinopoli. H. con le sue poche truppe regolari e con i crociati, esaltati dalle prediche di fra Giovanni da Capistrano, riuscì a scompigliare la flotta nemica e ad entrare nella fortezza difesa da suo cognato Michele Szilágyi. Il 21 luglio 1456 ebbe luogo l'attacco generale dei Turchi. L'esercito del sultano occupò la città e si spinse più volte avanti fino alla piazza della fortezza, ma fu sempre ricacciato dalle truppe della guarnigione. Infine H., appoggiato maggiormente dai crociati, dopo una lotta disperata riuscì a mettere in fuga l'esercito di Maometto II, ma pochi giorni dopo la vittoria H. morì a Zimony, vittima del contagio che infieriva fra le sue truppe.

H. rimane una delle più grandiose figure della storia ungherese. Fu suo merito se la nazione magiara dopo decennî di torpore rinsaldò la sua posizione nei Balcani di fronte all'ondata turca, e riebbe lo slancio e lo spirito di sacrificio che la resero capace di affrontare per secoli, con energie sempre nuove e sempre fresche, i continui attacchi del fortissimo nemico orientale. Furono le gesta di H. a creare dell'Ungheria un antemurale del cristianesimo e della cultura occidentale. I tratti più caratteristici di H. furono il genio militare e il sentimento cattolico, che lo fanno paragonare ai più famosi capi delle crociate medievali. La sua azione lasciò tracce profonde nella vita della sua nazione. Nel campo militare fu il primo a introdurre nell'Ungheria il sistema delle milizie mercenarie, le uniche che potessero allora costituire una forza tale da resistere alla pressione turca. Dal punto di vista sociale egli raccolse intorno a sé la piccola nobiltà di fronte alle tendenze egoisticamente oligarchiche della grande nobiltà che si era mostrata incapace di assolvere il compito della difesa del regno. H. raccolse immensi beni per la sua famiglia, ma fu anche solo a portare il peso finanziario di alcune campagne turche. Riconoscendo chiaramente l'importanza dell'azione che poteva esercitare il pensiero cattolico sulle masse popolari, favorì la riforma degli ordini ecclesiastici nell'Ungheria, riforma che doveva contribuire moltissimo alla prima fioritura della letteratura magiara verificatasi verso la fine del Quattrocento. Fu anche fra i primi potenti fautori della civiltà del suo paese con il proteggere il primo grande umanista magiaro, Giovanni Vitéz, vescovo di Nagyvárad (Varadino) e zio di Giano Pannonio.

Bibl.: Oltre alle fonti più importanti contemporanee, come per es. Giovanni Thuroczi, Chronicon Ungarorum; Antonio Bonfini, Rerum ungaricarum decades; Janz Dlugosz, Historia Poloniae; le opere di Enea Silvio Piccolomini; l'eccellente storia turca dello scrittore bizantino Laonico Calcondila, ecc., cfr.: G. Teleky, L'epoca dei Hunyadi nell'Ungheria, 1852-57 (ungh.); F. Chassin, Jean de Hunyad, Parigi 1859; D. Csánki, La geografia storica dell'Ungheria nell'epoca dei Hunyadi, Budapest 1890-1913 (ungh.); G. Fejér, Genus incunabula et virtus Joannis Corvini de Hunyad, Buda 1844; G. Fraknói, L'epoca dei Hunyadi e degli Jaghelloni, Budapest 1896 (ungh.); G. Horváth, Gli inizî della cultura letteraria ungherese, Budapest 1931 (ungh).; G. Fraknói, G. Fogel, P. Gulyás, E. Hoffmann, Biblioteca Corvina, Budapest 1927 (ital.); Ö. Bölcskey, La vita e i tempi di S. Giovanni di Capistrano, Székesfehérvar 1923-1924 (in ungherese).

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