BECCARI, Iacopo Bartolomeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 7 (1970)

BECCARI, Iacopo Bartolomeo

Mario Crespi
Aldo Gaudiano

Nacque a Bologna il 25 luglio 1682 da Romeo, speziale, e da Flaminia Vittoria Maccarini. Molto presto coltivò le lettere e la poesia; a 15 anni intraprese lo studio della filosofia sotto la guida del canonico L. Trionfetti. Studiò anche geometria e trigonometria con D. Pasi, ma soprattutto si dedicò allo studio della medicina sotto la guida di I. Sandri, allievo di M. Malpighi.

Conseguita nel 1704 la laurea in filosofia e medicina presso l'università di Bologna, il B. continuò a studiare nell'ambito della scuola medica bolognese e fece parte di quel gruppo di studiosi che, riunito da E. Manfredi sotto il nome di Accademia degli Inquieti, trovava allora ospitalità in casa del Sandri. Praticò numerose autopsie sotto la guida di G. B. Morgagni, del quale fu allievo e ammiratore, e cominciò a esercitare la medicina pratica soltanto nel 1712. Fu prima (1709) lettore di logica, divenne poi (1712) professore ordinario di medicina teorica e, in seguito, di medicina pratica nella facoltà medica di Bologna. Quando, alla fine del 1711, L. F. Marsigli dette vita all'Istituto e Accademia bolognesi delle Scienze e delle Arti (che incorporò l'Accademia degli Inquieti), definendone costituzionalmente il carattere sperimentale, in contrapposizione a quello soprattutto teorico dello Studio, cioè dell'università, il B. fu incaricato dell'insegnamento di fisica sperimentale. Tale insegnamento egli effettivamente intraprese solo nel 1714, quando si inaugurò l'Accademia, e ad esso aggiunse, dal 1734, quello della chimica. Nel 1724 succedette ad A. M. Valsalva nella presidenza dell'Accademia, e tale incarico ebbe ancora negli anni 1735, 1740, 1750. Nel 1728 fu nominato membro della Royal Society di Londra.

Dalla facoltà medica dell'università di Bologna fu destinato alla cattedra di chimica, ivi istituita con decreto del 16 nov. 1737 (prima cattedra universitaria di chimica in Italia); le sue lezioni furono frequentatissime anche da parte di stranieri. Tra i suoi allievi furono G. B. Borsieri e M. Carburi. Il B. si adoprò molto per accrescere le dotazioni dell'università e non volle lasciare la sua città quando gli furono offerti (1738) la cattedra di medicina a Padova, e successivamente il posto di archiatra di Benedetto XIV. Secondo l'uso del tempo, insegnò anche a casa (in via S. Petronio Vecchio, 8), e a casa proseguì l'attività didattica, pur in non buone condizioni di salute, anche dopo che, nel 1749, si era ritirato dall'insegnamento universitario. A quella didattica unì una vasta attività scientifica, riguardante generalmente discipline connesse con la medicina: la fisiologia, la patologia, la dietetica, la bromatologia, l'idrologia, la meteorologia (in rapporto, quest'ultima, alle manifestazioni morbose a ricorrenza stagionale). Ma compì anche studi di chimica e di fisica, che lo tennero occupato sino alla morte, avvenuta a Bologna quasi certamente la notte tra il 18 e il 19 genn. 1766 (secondo altre fonti il B. sarebbe morto il 30 gennaio o nel febbraio); fu sepolto nella chiesa del Baraccano.

Il B. fu essenzialmente un fisiologo, ma dalla fisiologia, occupandosi di scienza dell'alimentazione e di chimica degli alimenti, passò alla chimica pura e da questa, attraverso ricerche di fotochimica, allo studio dei fenomeni fisici. Mentre Paracelso e gli iatrochimici erano arrivati dalla medicina alla chimica attraverso lo studio dei farmaci, egli seguì una strada diversa, che si dimostrò non meno feconda di risultati, tanto che il Selmi dirà di lui: "Dobbiamo inchinarci a questo nome, dacché può dirsi che incominciò da lui la chimica in Italia a gettare qualche sprazzo di vivida luce" (Enciclopedia di chimica scientifica e industriale, XI [1878], p. 674).

Il B. è passato alla storia della scienza soprattutto come lo scopritore del glutine. Nella celebre memoria De frumento, comunicata all'Accademia bolognese nel 1728, ma inspiegabilmente pubblicata solo nel 1745, egli "duas partium species in triticea farina deprehendit..., altera erat illarum rerum plane similis, quae a corporibus vegetabilibus solent extrahi;... altera sic erat ut non nisi ab animantium corporibus trahi potuisse videretur". Descrisse il metodo di separazione del glutine, consistente nel mescolare e impastare con acqua la farina di grano e spremerne poi per colatura attraverso tela di lino la parte liquida, che porta via con sé l'amido. Egli riconobbe nel residuo una "sostanza glutinosa" simile a quelle di origine animale (il termine "proteine" fu coniato solo nel 1838), ma diversa dalle sostanze amilacee, tipiche dei vegetali: tale asserzione basò su numerosi esperimenti, e soprattutto sull'osservazione che i distillati da materie vegetali in genere sono acidi, mentre quelli da glutine di frumento, analogamente a quelli da materie animali, sono alcalini. Altra analogia egli trovò fra i prodotti di putrefazione del glutine e quelli ottenuti da sostanze animali. Estese tali ricerche a farine di altri cereali (granturco, fava, orzo, ecc.), dimostrando che il loro contenuto in glutine è inferiore a quello del frumento e mettendo così chiaramente in luce il maggior valore alimentare di tale ultimo cereale. L'importanza della scoperta del B. sta non solo nell'aver separato dalla farina di frumento una sostanza nuova, ma anche nell'aver trovato in un vegetale un componente simile a quelli prima ritenuti caratteristici degli organismi animali. Il valore della scoperta del glutine e la sua attribuzione al B. furono riconosciuti da eminenti studiosi italiani e stranieri, tra cui P. J. Macquer, A. A. Parmentier, J. F. Gmelin, T. B. Osborne. Solo nel 1809 l'inglese Green eseguì una prima grossolana analisi chimica del glutine e intorno al 1819 G. Taddei vi identificò due diverse sostanze: la glutenina (o "zimomo") e la gliadina. Proseguendo in tale ordine di ricerche, nel 1767 il B. scoprì la caseina ("il caseo") del latte, trovandola simile al glutine, e osservò come entrambe queste sostanze si trovano preformate in natura, mentre i sali ammoniacali che se ne ottengono per riscaldamento sono prodotti di decomposizione. Con queste due scoperte mise in evidenza la sostanziale analogia chimica tra le due sostanze, che, successivamente furono identificate come il più importante principio nutritivo di due alimenti tipici, uno vegetale e l'altro animale, e pose in tal modo le basi di tutti gli studi ulteriori di scienza dell'alimentazione riguardanti il fabbisogno di azoto dell'organismo animale.

Il B. si occupò inoltre dello studio delle acque minerali, tentando, attraverso una rudimentale analisi chimica, di ricostituirle in laboratorio: questo sogno ambizioso era destinato a restare tale, né, dopo tanti progressi della chimica e della fisica, la situazione oggi è molto diversa da allora.

Accanto alle ricerche che ne fecero un precursore della scienza dell'alimentazione e della chimica bromatologica, sono da ricordare, del B., quelle di fotochimica, menzionate con onore da J. Priestley, J. Senebier, E. Becquerel, H. Kayser e altri.

Il B. è stato il primo a studiare a fondo i fosfori (il primo fosforo artificiale fu ottenuto nel 1602 da V. Cascariolo): in base a numerose osservazioni, effettuate con l'aiuto di un rudimentale apparecchio da lui costruito, formulò una classificazione dei corpi luminescenti in due grandi categorie, secondo che possano emettere luce spontaneamente o in seguito a eccitazione. Distinse quelli spontanei in corpi che emettono luce innata (lucciole, datteri di mare) e corpi che emettono luce avventizia (sostanze organiche putrefatte); e quelli per eccitazione, a seconda che possano essere eccitati dall'attrito (certe pietre), dal calore (alcune pietre preziose, la carta), dall'aria (il fosforo bianco), dalla luce (diamante e molti minerali, eccetto i metalli, molte sostanze organiche disseccate).

Particolarmente interessanti le ricerche del B. riguardanti l'azione della luce su diversi substrati: dal colore dei fiori a quello delle stoffe, e, in particolare, sui sali d'argento. Sebbene l'annerimento della "luna cornea" (cloruro d'argento) per azione della luce sia stato osservato per primo, sembra, da G Fabricius nel 1566, al B. va, incontestabilmente, il merito, di avere studiato scientificamente tale fenomeno che, come è noto, è alla base dei processi fotografici e cinematografici.

Minore importanza hanno alcuni argomenti di chimica e di chimica-fisica, trattati in memorie inedite comunicate all'Accademia di Bologna: un nuovo metodo per differenziare le sostanze acide da quelle alcaline, vari modi di colorare artificialmente la fiamma, uno studio sulla dilatazione dell'aria al calore, un'altra ricerca sul raffreddamento prodotto dalla dissoluzione di alcuni sali nell'acqua.

Del valore del B. nella fisica è testimonianza il fatto che G. B. Beccaria dedicò a lui le sue famose lettere sull'"elettricismo atmosferico". In una lettera al celebre fisico il B. profeticamente scrisse: "Se l'elettrico vapore ha potuto accelerare nei vegetali la vegetazione, perché non potrà egli promuovere, o altrimenti modificare le soluzioni, le fermentazioni e altre siffatte opere intentate dai chimici?".

Nella seduta del 3 marzo 1711 il B. presentò all'Istituto delle Scienze una memoria riguardante lo studio completo della sabbia gialla dei dintorni di Bologna: tale ricerca, effettuata con l'impiego di quel microscopio che molto probabilmente era già servito a M. Malpighi e che il B. volle poi donare all'Istituto, rappresenta il primo saggio di analisi meccanica delle rocce con applicazione del microscopio. Con la sua memoria, che fu poi pubblicata sotto il titolo De Bononiensi arena quadam, egli annunciò la scoperta dei resti di numerosi testacei, cioè di foraminiferi microscopici, che furono più tardi dettagliatamente studiati dal d'Orbigny: questi riconobbe al B. la priorità delle osservazioni sui foraminiferi e volle che fosse denominata Rotaria Beccari una specie comune nelle arene del bolognese e dell'Adriatico.

Dal punto di vista più strettamente medico, il B., dotato di una vasta cultura e di una profonda esperienza derivatagli dalla lunga pratica didattica, fu assai apprezzato e spesso chiamato a giudicare su questioni cliniche, igieniche e medico-legali. In definitiva, però, egli non si impose per il rilievo della propria personalità clinica ed eccelse soprattutto come ricercatore e studioso piuttosto che come medico pratico.

Opere: Lettera al Cav. Tommaso Derham intorno la meteora chiamata "foco fatuo", in Saggio delle transazioni filosofiche della Società Regia dall'anno 1720 fino a tutto l'anno 1730, tradotta da T. Derham, Napoli 1734; De Bononiensi constitutione nyemali anni 1729, in Acta physico-medica Academiae Naturae Curiosorum, III (1752), pp. 142-152; De Bononiensi arena quadam, in De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii, I (1731), pp. 62-70; De Lapide Bononiensi, ibid., pp. 181-205; De motu intestino corporum fluidorum, ibid., pp. 483-496; Parere intorno al taglio della macchia di Viareggio, Lucca 1739; De iuribus variis, in De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii, II, 1 (1745), pp. 95-108; De corporum dissolutionibus, ibid., pp. 112-117; De frumento, ibid., pp. 122-127; De morbis quibusdam popularibus, ibid., pp. 219 s.; De longa cibi potusque omnis abstinentia, ibid., pp. 221-235; De luce dactylorum, ibid., pp. 248-273; De adamante aliisque rebus in phosphororum numerum referendis, ibid., pp. 274-303; De quamplurimis phosphoris nunc primum detectis commentarius, ibid., II, 2 (1746), pp. 136-179(Opuscola); De quamplurimis phosphoris nunc primum detectis commentarius alter, ibid., 3 (1747), pp. 498-519(Opuscola varia); De qualitatibus quibusdam, quae phosphororum luci obstant, ibid., III (1755), pp. 105-113(Commentarii); De medicatis recobarii aquis, ibid., pp. 374-405(Opuscola); De vi, quam ipsa per se lux habet, non colores modo, sed etiam texturam rerum, salvis interdum coloribus, immutandi, ibid., IV (1757), pp. 74-87(Commentarii); De lacte, ibid., V, 1 (1767), pp. 56-59(Commentarii), e ibid.,pp. 1-8(Opuscola); Consulta medica, Bologna 1777-1781, 3 voll.

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