FUSTI, Iacopo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)

FUSTI (Fusti Castriotto), Iacopo

Rossana Torlontano

Figlio di Pierantonio di Iacopo di nobile famiglia, nacque probabilmente a Urbino, intorno al 1510 secondo il Promis (1874), invece, quasi un decennio prima, in data precedente il 25 febbr. 1501, secondo il Provasi (1939). A sostegno della sua ipotesi questi ricorda una notizia riportata dal Catalogo dei fratelli e officiali della Compagnia del Crocifisso detto della Grotta, nella quale si afferma che "Iacopo Castriotti che fu poi Capitano, entrò nella Compagnia adì 25 di Febbraio 1526": secondo gli ordinamenti di questa Compagnia, infatti, non si poteva essere ammessi tra le sue fila prima dei venticinque anni, e il F. militò in essa ricoprendo anche cariche di un certo rilievo, come quella di priore, dal 1531 al 1539.

Nel dicembre 1540 il F. è ancora documentato a Urbino come capitano, prima al servizio di Francesco Maria I Della Rovere, ricordato dallo stesso F. come suo maestro in un passo del suo trattato Della fortificazione delle città (libro I, cap. XV), e poi di Guidobaldo II. Intorno a quegli anni è possibile collocare il momento del suo alunnato presso Girolamo Genga, insieme con altri architetti militari come il figlio e il genero di questi, Bartolomeo e Giovambattista Bellucci, Filippo Terzi, Baldassarre Lancia e Bendetto da Fortecorgnale.

Secondo il Promis (1874) il F. tra il 1540 e il 1542, sempre come capitano e ingegnere, passò al servizio del sovrano di Spagna e si trasferì nel Regno di Napoli dove si unì in matrimonio con una figlia di Giovanni Scanderbeg. Il Provasi, invece, sostiene che intorno a quelle date il F. era non già a Napoli, ma al servizio della Chiesa.

Dal 1542 al 1549 fu a Roma alle dipendenze della Curia pontificia, coinvolto nel programma di rinnovamento delle difese della città, promosso da Paolo III ed elaborato da Antonio da Sangallo il Giovane, programma che prevedeva di cingere la città con un nuovo circuito fortificato al posto delle mura romane.

Alla fine del 1542, quando appunto il F. figurava tra i protagonisti di tale programma, il pontefice si andava indirizzando verso una soluzione di portata più limitata ma di realizzazione più immediata: si prevedeva la costruzione di un nuovo sistema difensivo che cingesse entro un unico circuito il Borgo, quindi la mole di Castel Sant'Angelo e il tratto di mura fin oltre il Passetto. In questa prima fase il F. partecipò in qualità di esperto accanto ad altri ingegneri e architetti, tra cui F. De Marchi, I. Meleghino, F. Montemellino, a una serie di riunioni indette da Paolo III per ricavare utili pareri e indirizzi per la realizzazione del programma. Le consultazioni si svolgevano sotto la direzione di Alessandro Vitelli, che aveva il compito di sovrintendere alle proposte degli architetti.

Successivamente alla morte di Antonio da Sangallo il Giovane nel 1546 e alla nomina del Meleghino nell'incarico di architetto delle mura di Borgo, è documentata la presenza, fra i mandati del marzo 1548, del nome del F., pagato quale "soprastante" con uno stipendio non inferiore a quello del Meleghino, ma sempre a lui sottoposto.

Tra il marzo 1548 e il 1549, anno della morte di Paolo III, il F. partecipò, insieme con altri illustri capitani come Ottavio Farnese, Sforza di Santafiora, Alessandro Vitelli, Sforza Pallavicino, Giulio Orsini, Mario Savorgnano, a una dieta nel corso della quale furono avanzate proposte in certo senso risolutive che determinarono "il da farsi, donde n'è venuta la fortificazione che oggi in tal luogo si vede", secondo quanto è riportato dallo stesso trattato Della fortificazione… (Marconi, 1966, p. 115). Nel corso dei lavori di questa dieta il F. fu il protagonista di un'importante disputa contro il capitano Francesco Montemellino. Questi, pur essendo stato escluso dal papa dalle consultazioni, aveva presentato una proposta, con la mediazione di Ottavio Farnese, di congiungere il Belvedere con Castel Sant'Angelo, sull'orma del progetto michelangiolesco. Il F. da parte sua sosteneva che era viceversa opportuno includere nel tratto da fortificare la parte del Monte Vaticano fino alla porta di S. Spirito. Inoltre elaborava un progetto di recinzione fortificata per Castel Sant'Angelo a otto baluardi con cortine curve e rettilinee, non realizzato, il cui disegno è riprodotto nel libro III, cap. XII, del trattato Della fortificazione. Il testo della relazione prodotta dal F. al papa in occasione di questa disputa è inserito, come lo scritto analogo del Montemellino, alla fine del libro III del trattato e ha per titolo Ragguaglio… sopra la fortificatione di Borgo, per un dubbio che mosse il capitano Francesco Montemellino…

Nonostante il progredire degli studi, mancano a tutt'oggi elementi probanti per poter determinare quale fossero stati realmente la portata e il tracciato del disegno del circuito provvisorio delle mura pensato dal F., in relazione a questa fase dei lavori che va appunto dal 1548 al 1549. Un documento importante, che potrebbe essere richiamato a proposito, è un disegno, già noto e per il quale è stata attribuita una datazione tra il 1548 e il 1550 (Marconi, 1966, pp. 114 fig. 7, 120 s.), in cui è raffigurata sommariamente la cinta provvisoria di Borgo verso sud, verso ovest e, in parte il Belvedere, con l'esclusione del tratto difeso dal Castel Sant'Angelo e dal Passetto.

Sempre nello scorcio degli anni Quaranta il F. prestò la sua opera in vari presidi dello Stato pontificio. Fornì disegni per la fortificazione di Paliano (Della fortificazione…, libro I, cap. XV) e nel maggio del 1548, dopo un sopralluogo condotto insieme con Alessandro Vitelli e Giulio Orsini, di cui si conserva testimonianza in un manoscritto Urbinate ricordato da Promis (1874), venne incaricato di ripristinare la fortezza di Anagni.

Per i duchi Caetani di Sermoneta elaborò un progetto di fortificazione della città, nel quale applicava per la prima volta la "coda di nibbio" avanzata di sua invenzione, come risulta sia da un capitolo del suo trattato (libro II, cap. XXXIII), sia dal testo di una lettera inviata da Urbino il 14 genn. 1550 a Iacopo Seghizzi da Modena detto il Capitan Frate, riportata da Promis (1874).

È possibile (De La Croix, 1960) che, tra il 1549 e il 1552, il F. avesse elaborato l'idea del trattato, pubblicato alla sua morte da Girolamo Maggi.

Tra la fine del 1549 e il 1550 soggiornò nuovamente tra Pesaro e Urbino, come si evince dal testo di due lettere inviate al "Capitan Frate" e a Niccolò Tartaglia, conservate in copia cinquecentesca presso l'Antico Archivio comunale di Urbino (Masotti, 1962, p. 129) e segnalate per la prima volta da Promis (1863). Sempre da questo carteggio, emergono tracce dei ragionamenti e suggerimenti indirizzati dal F. a Guidobaldo II a proposito dei vantaggi militari che potevano essere tratti dalla peculiare posizione topografica di Urbino e dei modi migliori per mantenere sufficientemente armati i confini dello Stato.

Durante la guerra dichiarata nel 1551 da Giulio III a Ludovico Pico signore di Mirandola, colpevole di intrattenere rapporti di amicizia con il Farnese e il re di Francia, il F. partecipò, come ingegnere del papa, al lungo assedio condotto dall'esercito pontificio ai danni del piccolo Stato padano.

La descrizione delle varie fasi dell'assedio e le realizzazioni dei disegni elaborati dal F. per l'occasione, costituiscono il contenuto dei capitoli XIV s., XVII-XIX del libro III del suo trattato. Nel penultimo di questi, in particolare, che reca il titolo di Modo che s'haveva a tenire per espugnare la Mirandola, quando ell'era assediata dallo esercito di papa Giulio III, vi è anche il testo della lettera inviata dal F. "all'Illustrissimo, et Eccell. sig. Giovambattista Monte, capitan Generale della Santa Chiesa, mio Signore sempre osservandissimo et appresso la risposta di quello".

Nel 1553 passò al soldo di Cosimo I de' Medici combattendo, nella primavera di quell'anno, alla guerra di Siena. Fu inoltre presente nel marzo del 1553 alla presa di Monticchiello, a quella di Castiglione, di Rocca di Val d'Orcia e di Montalcino (libro III, capp. XX-XXII).

Tra il 1555 e il 1556 era ancora al servizio del papa, impegnato a costruire fortezze nella Campagna romana.

Ma già dal 1556 doveva essere in Francia al soldo di re Enrico II, incarico forse accettato in seguito alle sollecitazioni del maresciallo di Thermes, conosciuto con molta probabilità durante la guerra di Siena. In quello stesso anno era stato chiamato a partecipare alla disputa che vedeva tra i protagonisti lo stesso sovrano, l'ammiraglio di Coligny, il duca di Guisa e il connestabile di Montmorency, per dotare l'importante avamposto di frontiera di San Quintino, di un adeguato circuito fortificato.

Ampio resoconto di questo e del progetto di fortificare altre città dello Stato è dato nel Ragionamento… sopra le fortezze fino ad hora fatte nella Francia et in molti altri luoghi…, pubblicato a conclusione del trattato del Fusti.

Allontanatosi appena dopo la presa di San Quintino alla volta di Ham e Chastellet in Piccardia, era presente agli inizi del gennaio 1558 all'assedio e alla presa di Calais. Per quest'ultima città aveva proposto un nuovo piano di fortificazione ottagona che duplicava, inglobandolo, il preesistente circuito murario (libro II, cap. XXIV).

È probabile che durante il conflitto, nel corso di un sopralluogo condotto alla fortezza di Amiens alla presenza dello stesso sovrano Enrico II, il F. sperimentasse l'uso di un particolare tipo di squadra con la quale era possibile ottenere la misura dell'inclinazione della scarpata di una cortina; detta squadra fu illustrata nel trattato (libro II, cap. II) ed è stata anche riprodotta da Daniele Barbaro nella sua Pratica di prospettiva (Promis, 1874).

Il F. prese parte all'assedio di Thionville nel 1558 e, all'indomani della pace di Cateau-Cambrésis nel 1559, come ingegnere generale delle fortezze di Francia, seguì e diresse la costruzione di molte di queste in Linguadoca, Provenza, Lionese, Piccardia, Normandia "Sciampagna", fino alla sua morte avvenuta a Calais intorno al 1563.

Il più volte richiamato trattato Della fortificatione delle città di M. Girolamo Maggi e del capitan Iacomo Castriotto ingegnero del Cristianiss. re di Francia, in tre libri, venne dato alle stampe postumo dall'umanista Girolamo Maggi. L'opera conobbe una prima edizione veneziana nel 1564 per i tipi di Rutilio Borgominiero e successivamente nuove ristampe nel 1583 e nel 1584, con traduzioni francesi e un'edizione tedesca nel 1720.

Il F. firmò tutte le parti dell'opera che avevano una stretta connotazione specialistica e fu anche autore dei bellissimi disegni illustrativi. Ma la scarsa capacità letteraria ammessa dal F. stesso nel corso della lettera già richiamata al "Capitan Frate", quando rimetteva alla revisione indulgente del suo più illustre collega la sua prosa scorretta, aveva fatto sì che tutti i testi del F. fossero emendati e riscritti dal Maggi nell'edizione del 1564.

Il trattato, che nel giudizio critico corrente viene considerato come il più ampio e completo tra quelli apparsi nel corso della seconda metà del Cinquecento, presenta una divisione del contenuto in tre libri, ai quali si aggiunge il Discorso del capitan Francesco Montemellino Perugino sopra la fortificazione del Borgo di Roma, all'ill. et ecc. signor duca Ottavio Farnese, gonfaloniero della santa Chiesa, l'anno MDXLVIIII; il Trattato dell'ordinanze, o vero battaglie del capitan Giovacchino da Coniano e il Ragionamento del capitan Iacomo Castriotto, sopra le fortezze fino ad hora fatte nella Francia et in molti altri luoghi, nel quale si dimostra il modo di farle inespugnabili, et ancora da riparare alle batterie.

Nel I libro l'intervento del F. è abbastanza limitato rispetto a quello del Maggi, giacché in esso vengono svolti soggetti generali di urbanistica non necessariamente legati a finalità fortificatorie (illustrazioni delle caratteristiche delle città e parti di esse come, ad esempio, le piante, le rocche, le porte, le vie, ecc.). Nel II è maggiormente evidente la partecipazione specialistica del F.; vengono infatti enumerati i vari tipi di soluzione possibile per i recinti fortificati, sono analizzati di questi parti specifiche e sono illustrati esempi particolari come Sermoneta, Calais e Mirandola. Nel III, infine, dedicato alle fortificazioni d'acqua e alle parti di esse come baluardi, ripari costieri, ecc., vengono anche descritte varie vicende di cui era stato interprete il F. come quella del "Porto di Buceolle nel Regno di Francia", della fortificazione di Borgo, dell'assedio di Mirandola e quelle della guerra di Siena.

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