IDEALISMO

Enciclopedia Italiana (1933)

IDEALISMO

Guido Calogero

. Di "idealismo" e di "idealisti" (e anche, rispettivamente, di "ideismo" e di "ideisti") cominciarono i filosofi a parlare propriamente tra la fine del Sei e il principio del Settecento, facendone dipendere il significato da quello che allora aveva assunto, in forza delle dottrine empiristiche inglesi e particolarmente poi di quelle del Berkeley, il termine originario di "idea" (cfr. quindi la storia di questo termine filosofico, s. v. idea). "Idealisti" furono perciò detti gli gnoseologi soggettivisti, che risolvevano l'esse delle cose nel percipi sensibile: idealistae dicuntur qui nonnisi idealem corporum in animis nostris existentiam concedunt adeoque realem mundi et corporum existentiam negant, definiva Cristiano Wolff. E tale rimase sempre il più immediato senso posseduto dal termine, sul terreno propriamente filosofico. Ma come il significato di cui era passibile l'originario termine di "idea" era assai più vasto e molteplice di quello, singolarmente determinato in una manifestazione storica, ond'era derivato il termine di "idealismo", così anche questo raggiunse a poco a poco un'analoga larghezza di valore, giungendo a significare qualsiasi filosofia che ponesse il fondamento del tutto in una realtà ideale, comunque considerata e comunque messa in rapporto con la realtà non ideale, o senz'altro posta come realtà unica. Si è così potuto, e si può, parlare di un "idealismo" greco, p. es. di Protagora e degli scettici, in un senso, e di Socrate e di Platone e dei neoplatonici, in un altro senso; e studiare come questo "idealismo" abbia contrastato, con fortuna alterna, all'opposto "realismo", nell'antichità stessa e poi, attraverso il Medioevo, fino ai primi tempi dell'età moderna. Ma è chiaro che, in tutti questi casi, s'intende di segnalare, in quei tempi e in quei sistemi, il vario esistere e atteggiarsi di motivi che un odierno spettatore avrebbe potuto chiamare idealistici; e non già di ricostruire una tradizione, onde gli antichi stessi designassero in tal modo le loro dottrine e le proseguissero o modificassero in funzione di tale categoria di giudizio: come del resto appare evidente anche soltanto considerando la formazione linguistica del nome di "idealismo", che se è esteriormente greco nel suo suffisso finale, nell'aggettivo che tale suffisso sorregge tradisce la sua posteriorità a quel Medioevo latino, che coniò l'attributo idealis sull'assorbito termine greco di idea.

La storia vera e propria del termine di "idealismo" comincia dunque, come si è detto, col Settecento. Kant non poteva ammettere l'"idealismo soggettivo" di Berkeley: ma gli oppose a sua volta un "idealismo trascendentale", che giustificava la posizione d'una sfera dell'idealità a fianco di quella della realtà, mostrando come il contenuto oggettivo, noumenico, costituito dalla "cosa in sé" si conformasse di fronte al pensiero in funzione delle forme e categorie ideali, senza cui la stessa esperienza conoscitiva non sarebbe stata possibile. Un carattere anche più singolare aveva poi l'"idealismo" kantiano in quanto dottrina delle "idee" o degli "ideali", considerati come concetti della ragione non costitutivi ma regolativi dell'esperienza intellettuale, termini ultimi che non si sarebbero mai potuti raggiungere ma a cui si doveva tuttavia sempre mirare. E fu principalmente quest'uso kantiano che provocò la fortuna del termine "ideale" nel senso di massimo fine della conoscenza, del vagheggiamento estetico e dell'azione pratica e morale: senso che veniva così, del resto, a continuare e integrare quello già compreso nell'originario termine platonico di "idea", come perfetto modello dell'empirico. Questo parziale idealismo di Kant fu reso totale dai suoi grandi scolari, Fichte, Schelling e Hegel, che insieme coi molti seguaci ed epigoni giunsero in vario modo a risolvere l'intera realtà nell'ideale sfera del pensiero, che la generava nella sua stessa evoluzione dialettica, e così condussero all'idealismo "assoluto" (perché appunto assumeva di non ammetter più in sé alcun residuo di "realismo") o "oggettivo" (perché non più riferente l'intuizione del tutto all'attività conoscitiva del singolo soggetto, preso in considerazione dall'idealismo "soggettivo"). E anche il maggiore dei pensatori che alla scuola dell'idealismo postkantiano acerbamente si opposero, Schopenhauer, era nella sostanza un idealista, che tutta la realtà risolveva nella rappresentazione conoscitiva della originaria e universale volontà.

D'altra parte, caratteristico fu che proprio dagli ultimi sviluppi di questo idealismo assoluto derivasse quell'inversione della dottrina, che da essa generò il "materialismo" (o, in forma più tenue e cauta, il "positivismo"): giacché dalla sinistra hegeliana muovevano quei pensatori che, come Marx, Engels e Lassalle, tradussero il dialettismo genetico dell'idealismo in un evoluzionismo naturalistico, condannando ogni spiegazione delle cose che non si riferisse nudamente alle ferree leggi della natura e tramandando tale fiero odio per ogni "ideologia" e "idealismo" fino ai giorni nostri, in quei paesi, come la Russia, che da essi hanno mutuato la concezione politica. E proprio sul piano storico-politico tale reazione aveva la massima risonanza, perché sosteneva la dottrina del "materialismo storico", secondo la quale gli eventi dell'umanità dovevano essere volta per volta spiegati in funzione dei moventi materiali (e cioè, in primo luogo, economici) che li avevano provocati, senza intervento alcuno di libere volontà e d'idealità morali: concezione ripugnante persino a quella forma più generale d'idealismo, che corrisponde al quotidiano uso linguistico onde si designano e ammirano (anche se, talora, con ironia o rammarico) come "idealisti" coloro che agiscono seguendo un ideale e non un immediato vantaggio, e che potrebbe classificarsi come accezione pratico-empirica del termine. La reazione idealistica, successa nel sec. XX alla prevalenza materialistico-positivistica della seconda metà del secolo precedente, e promossa in Italia da B. Croce e da G. Gentile e nei principali paesi europei e in America da molti altri pensatori, mira appunto a fornire una nuova giustificazione speculativa a tale innata esigenza morale e a concepire l'idealismo, sotto ogni suo aspetto, in forma tale che renda pienamente ragione anche di quei particolari diritti di lavoro delle cosiddette scienze empiriche, che tanto comprimeva l'idealismo assoluto del primo Ottocento.

Bibl.: Manca una vera e propria storia dell'idealismo: ne tengono in certa misura il luogo le trattazioni di storia della filosofia condotte dal punto di vista idealistico. Cfr. per ciò le bibliogrfie date alle voci concernenti

i singoli pensatori e alle maggiori esposizioni storico-filosofiche (filosofia, XV, p. 356, segg.; estetica; etica; logica, ecc.).

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